Nella nostra filosofia è importantissimo il valore del perdono. Al di là della filosofia cristiana però, il perdono, è interessante per come si inserisce nella vita e sul piano psicologico delle persone.
Sentiamo spesso parlare di perdono, ma che cosa è veramente e che cosa, invece, non è?
Molte persone sono convinte che il PERDONO abbia la stessa valenza del dimenticare qualcosa che ha ferito, un’offesa, un fatto subito, un tradimento, ecc.
Ovviamente il perdono non ha nulla a che fare con il dimenticare o con quel “mettiamoci una pietra sopra” che sembra essere logico quando si vuole riprendere contatto con qualcuno; anzi, la sua indubbia potenzialità rigeneratrice nasce proprio dall’essere stati capaci di sperimentare tutto il dolore per poi poterlo trascendere, senza dimenticare i fatti, ma traendo da essi qualcosa di positivo.
Ne risulta che il perdono è un atto personale… ed anche questo sembra in contraddizione con ciò che, invece, è il comune modo di pensare: molti sono convinti che il perdono si applichi nei confronti degli altri mentre, in realtà, si applica prevalentemente verso sé stessi e i propri sentimenti; è un atto di vera generosità e compassione verso sé stessi… dato che permette di non focalizzare più tutta la nostra attenzione sui dolori del passato e, quindi, di non rinnovare nella nostra mente qualcosa che appartiene al passato e non al presente.
Ma allora, quando possiamo parlare veramente di perdono?
Il perdono da un punto di vista psicologico è qualcosa di estremamente importante perché consente di GUARIRE da qualcosa che prima produceva dolore.
PERDONARSI è un atto che consente di LIBERARSI di risentimento, invidia, pensieri ed emozioni negative quali il risentimento e l’odio che si sono provati in seguito a ciò che si è vissuto.
Perdonare è una necessità di chi vuole guarire… quindi è in questo senso che lo dobbiamo intendere e non tanto come atto di generosità verso gli altri o di assoluzione che appartiene più a Dio che agli uomini.
Il perdono è un’esperienza profonda che giunge dopo che il dolore e il risentimento si sono sperimentati fino in fondo; solo allora ci si può congedare e può avvenire quella riconciliazione che permette il risanamento e che, al tempo stesso, consente di provare “compassione” per gli essere umani tutti (noi compresi) e per la loro imperfezione.
Solo allora si è veramente liberi. |