Atena è stata sempre messa in relazione al pianeta Saturno: in particolar modo questa associazione è stata suggerita da Lisa Morpurgo che, addirittura, parla di lei come di un piccolo Saturno al femminile in quanto molto lontana dalle immagini di istintività e di irrazionalità che spesso caratterizzano il mondo femminile.
Atena ha una particolarità: nasce adulta dalla testa di Zeus che, dopo aver ingoiato Meti per timore di essere detronizzato, ha saputo che la Dea aspettava una figlia e non un maschio e che quindi, non avrebbe potuto essere spodestato, come previsto dall’oracolo.
Atena nasce segnata da questa particolarità: resta solo per un piccolo periodo dentro ad un utero femminile, dopo di che viene cresciuta da Zeus stesso che, alla fine, deve farla nascere direttamente dalla sua testa obbligando Efesto d infliggergli un colpo d’ascia in modo da aprire uno squarcio.
Questa prima parte del mito ci parla quindi di una bimba che non può godere di una gravidanza né una nascita normale in quanto è figlia di Meti, una Dea della Saggezza di prima generazione - figlia di Oceano e di Teti - indicata da Urano e da Gea come colei che avrebbe messo al mondo un figlio maschio in grado di spodestare Zeus il Dio dei cieli.
Così, dalla testa aperta del padre Zeus venne fuori questa donna già adulta, munita di elmo, lancia, scudo e corazza. Il mito vuole che quando nacque, fosse subito in grado di lanciare un grido di guerra così forte da far risuonare sia il cielo che la terra.
Manco a dirlo, da queste prime tracce del mito possiamo intuire che Atena manca non solo di madre, ma anche di infanzia e soprattutto di tenerezza e di nutrimento emotivo, ingredienti indispensabili a far nascere la “funzione sentimento”. Infatti la sua condizione è di “adulta corazzata e pronta alla guerra”, indica chiaramente alcuni tratti di lei che hanno origine proprio dalla sua deprivazione.
Appena nata aiutò il padre nella lotta contro i Giganti che combattè meglio e più di un maschio.
Se entriamo un po’ più in profondità dentro a questi simboli ci accorgiamo che la mancanza della madre influisce in modo profondo su di lei: Atena è costretta ad identificarsi con il padre e con il lato maschile della psiche.. quello razionale, competitivo e tagliente, pronto a duellare per ottenere ciò che desidera e per avere successi esteriori.
Atena manca del principio di “eros” ed infatti incarna il “logos”, privilegio del padre e del fratello Apollo.
Possiamo interpretare la figura di Atena come quella di una donna che non può accogliere in sé le qualità femminili, perché non le ha mai viste e manca di modello che, quindi, si identifica con il maschile in modo da avere l’accettazione del padre, portando però dentro di sé una ferita profonda che le crea rancore verso tutto ciò che, se da un lato anela fortemente, dall’altro probabilmente teme e odia proprio perché è negato.
Atena sembra vedere nel femminile solo fragilità e questo è comprensibile in quanto la sua esperienza parla di non protezione da parte di chi avrebbe invece dovuto dargliela. Parlo in questo caso della bisnonna che non esitò ad unirsi ad Urano per suggerire al nipote Zeus di “eliminare” la moglie incinta.
Capita spesso che le donne che non hanno potuto identificarsi con la madre, vuoi perché questa non era presente o perché questa era fragile e vittimizzata, finiscano con il diventare “come il padre”, perché, nel caso è pur sempre meglio identificarsi con un uomo forte e carismatico piuttosto che con una madre che non sembra avere le qualità adatte per salvare la figlia.
In questi casi ci troviamo però di fronte a donne forti esteriormente, ma molto arrabbiate con il femminile che non conoscono e che ritengono solamente negativo.
Nel mito Atena è una Dea Guerriera, famosa per le sue strategie invincibili (fu lei ad essere determinante nella guerra di Troia, città che lei odiava dopo che Paride le aveva rifiutato la mela d’oro). Lei non dimentica nulla e pertanto registra ogni torto ed ogni ferita; non vi è traccia di “perdono” nella sua testa.
Questo lascia comprendere come sia identificata con la forza, con la razionalità, con la capacità di combattere e di non cedere mai di fronte a nessuno; nel mondo greco viene considerata la Dea della “ragione”: in una parola lei è una stratega che non può perdere e non può comprendere né la passività né la tenerezza che scambia sicuramente per fragilità; così come odia la femminilità che considera voluttuosa e incapace di indipendenza.
E’ la Dea delle Arti e dei Mestieri. Nella veste di Dea della Letteratura cercò di soppiantare le Muse; non riuscì pienamente in questa impresa in quanto fallì nei confronti della Musica, della Filosofia e della Poesia.
Lei era ingegnosa ma possedeva anche uno spirito profondamente guerriero che l’aveva portata ad inventare la “quadriga”, un vero e proprio carro da guerra. Aveva anche presieduto alla costruzione della nave Argo per il viaggio degli Argonauti: è un prototipo di donna ingegnere in grado di utilizzare ragione e pratica.
Indubbiamente preferiva le qualità maschili; combatteva fianco a fianco con gli uomini, stava volentieri con loro e meno con le donne; fu protettiva con i guerrieri e gli eroi; uno fra tutti fu Eracle che lei amò profondamente e sostenne dal momento in cui lui decise di intraprendere le 12 fatiche.
Aiutò poi Ulisse a ritornare a Itaca alla fine della guerra; sono diversi gli episodi nell’Odissea che indicano il suo costante intervento per sostenere l’eroe.
Difficili furono invece i rapporti con il femminile, sia con le altre Dee sia con le giovinette e le ragazze che ebbero a che fare con lei.
Due episodi in particolare mostrano quanto lei covasse rabbia e proiettasse negatività sul mondo femminile al punto da intervenire sempre in modo negativo e penalizzante in tutte le occasioni.
La prima fu quella di Medusa di cui abbiamo parlato il mese scorso, condannata all’oscurità e alla rabbia; una volta che la Gorgone venne sconfitta lei si fece portare la testa da apporre al suo scudo; l’altro è il caso di Aracne, la giovane esperta in tessitura che fece con lei una gara al telaio.
Aracne vinse il premio per il più bell’arazzo e Atena, arrabbiata per la sconfitta, la trasformò in un ragno condannandola a tessere per l’eternità.
Atena rappresenta incarna alcune qualità della Luna in Capricorno, e della Luna Saturno soprattutto quando questa non ha potuto godere di una madre sensibile e accudente ed ha dovuto fare a meno di questa figura e che, per tollerare il dolore, ha dovuto anestetizzare il cuore, fino a renderlo insensibile e corazzato.
La corazza, lo scudo e l’elmo indicano le “difese” che queste donne hanno dovuto costruire per evitare di “essere toccate nuovamente”. Le loro capacità sono infatti pratiche ed intellettuali, nel senso che usano la razionalizzazione per evitare di “sentire” ciò che anche da adulte non possono tollerare.
Questa privazione drammatica porta ad identificarsi nel padre, snaturando però la parte femminile; questo le porterà a non amare particolarmente le donne che verranno viste come rivali da combattere o come personaggi inferiori. Al tempo stesso, queste donne non riescono neppure a vivere bene un rapporto di reale intimità con un uomo poiché mancano della capacità di accoglienza e di donazione di sé.
Atena deve recuperare la sua femminilità; deve concedersi il pianto, deve “sentire” il suo mondo interiore e ritornare in possesso del suo cuore; solo così il ghiaccio si scioglierà e potrà diventare empatica e compassionevole, in grado di amare realmente.
Questa è anche la storia del segno del Capricorno: recuperare l’infanzia vuol dire lasciar andare il controllo e tornare a vivere con intensità, con passione e sentimento, senza doversi difendere per evitare di soffrire.
|