ERIDANO SCHOOL - Astrologia e dintorni |
Quando l'invisibile varca la soglia del fantastico
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a cura di Patrizia Camandona e Giovina Liastro
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Inserito il su Eridano School - Astrologia e dintorni |
“diventa chi tu sei” (C.G.Jung) La relazione che presentiamo ha come protagonista la fiaba, che viene analizzata al proprio interno evidenziando le dinamiche plutoniane che in essa scandiscono i ritmi più intensi e dolorosi, ma anche i più autentici e liberatori. In un turbinio di luci ed ombre, nel fluttuante gioco degli opposti, si dipanano gli eventi. Plutone diventa l’attore principale che gioca con la vita e con la morte e che, nel suo essere invisibile, varca la soglia del fantastico con la forza e l’impulso di cui solo lui è capace. In questa” commedia della vita”, che la fiaba ci insegna essere a volte anche molto tragica, il lieto fine non manca:la distruzione non resta fine a se stessa, ma illumina il percorso verso la ricostruzione e la rinascita. Fiaba e Mito, sono l’espressione di archetipi sociali, psicologici, tramandati attraverso l’utilizzo di simboli di forte impatto emotivo, anche se presentano alcune differenze tra loro. Nel mito la narrazione è più legata ad un gruppo sociale, ad una cultura nazionale, la sua forma è spesso elegante; la fiaba,pur conservando inalterata la sua struttura narrativa, racconta il quotidiano, sottolineando sempre un forte dualismo (Bene/Male; Luce/Tenebre; Amore/Odio). Ma, il quotidiano che viene espresso, profondamente umano e solo apparentemente banale, si confonde in realtà con lo straordinario,dando vita ad un gioco di magie, di meraviglie, di terrore, ma soprattutto ciò che viene messo in luce è il vero e autentico conflitto interiore,la difficoltà del vivere, i sacrifici, l’inadeguatezza,l’angoscia della separazione, la paura. Nel 1949 V. Propp pubblica un libro di grande interesse intitolato “Le radici storiche dei racconti di fate”. Secondo l’autore, gli elementi che costituiscono le fiabe risalgono a miti e riti primitivi e lo scrittore li riconduce ad una sorta di “ciclo d’iniziazione” e alle “rappresentazioni della morte”. Nel tempo, sempre secondo Propp, questi riti si sono perduti, ma non le loro forme archetipiche, che hanno dato vita a nuovi simboli da cui sono poi nate le fiabe. La Fiaba, in buona sostanza, non è altro che “un viaggio di conoscenza che prevede una trasformazione”. M.L.Von Franz sostiene che tutte le fiabe, al di là della loro complessità,rivelano un unico significato:il sé come totalità psichica dell’individuo e come centro regolatore dell’inconscio collettivo. A tale proposito scrive ” La migliore spiegazione di una fiaba è la fiaba stessa” (Le fiabe interpretate, pag 1). Il “C’era una volta…….”, fuori dal tempo e dallo spazio, in effetti, non è altro che l’apertura verso il regno dell’inconscio, dove tempo e spazio non hanno misurazioni di sorta. Questo viaggio interiore è ben presente nella concezione junghiana della fiaba. Per Jung, il racconto fiabesco è un vero e proprio processo di individuazione e nella psicologia junghiana ciò significa integrare inconscio e coscienza per raggiungere la pienezza della vita. Per Jung il simbolo, avendo una funzione di mediazione fra coscienza e inconscio, può operare come agente trasformatore. La Fiaba,ricca di figure archetipiche, rispecchia i processi dell’inconscio collettivo che diventa patrimonio dell’umanità. Prima di addentrarci nel contesto fiabesco vero e proprio,è essenziale risalire a quella simbologia che nel mito ispira e indirizza l’archetipo “Plutone”. Nel mito, Plutone, Dio degli Inferi per i Romani, Hades per i Greci, é fratello di Zeus, e come lui altrettanto potente; non può essere visto dagli umani perché l’elmo che indossa sulla testa lo rende invisibile. Non è percepibile, ma è ovunque…il “cupo Signore del mondo sotterraneo” è dotato di grande energia, solo apparentemente distruttiva. Ade è un Dio spietato, implacabile, non permette a nessuno di uscire dagli Inferi; esercita il proprio controllo su tutto e tutti. Ma Ade/Plutone è anche il simbolo della ricchezza, una ricchezza, però, non facile da trovare. Nel ratto di Persefone, il suo messaggio è chiaro: la trasformazione deve passare attraverso l’accettazione, nulla resta nel tempo mantenendo lo stesso status. Il mito di Plutone e Persefone è uno dei più celebri della tradizione pagana e dal punto di vista astrologico, considerata l’entità del “pianeta Plutone”, forse uno dei più interessanti, proprio perché accompagnandoci verso quell’esplorazione dell’inesplorabile,ci trascina con forza nel mondo del profondo dove dimorano i nostri istinti più bassi, le passioni, tutto ciò che in qualche modo fa parte dell’”ombra”, dell’invisibile, del “non conosciuto”, del “rimosso”, ma anche del potenziale non utilizzato. Scrive Liz Greene “Il Tartaro descrive con il linguaggio del Mito le tenebre umane, il desiderio, la patologia”(Astrologia e Destino,pag.56). Plutone è legato alla nostra “ombra”individuale e collettiva,l’archetipo che si incontra nel proprio percorso nel profondo e che ci offre qualcosa di molto importante: la dialettica degli opposti che coabitano nell’uomo, la cui fusione conduce alla sua completezza. Jung diceva: ”Più siamo Angeli, più siamo Diavoli, e con questo dobbiamo fare i conti”. Il compito di Plutone è proprio questo: portare alla luce ciò che sta nell’ombra. “Se porterete alla luce quello che è dentro di voi, quello che porterete alla luce vi salverà. Se non porterete alla luce quello che è dentro di voi, quello che non porterete alla luce, vi distruggerà” (Vangelo di S.Tommaso). Plutone ci conduce, più che a guardare dentro noi stessi, ad affrontare noi stessi, a riconoscere quei mostri che dimorano nell’inconscio che non possono essere ignorati,pena la totale destrutturazione dell’essere. Plutone è l’energia che trasforma, distrugge e produce nuova vita. H.Sasportas ne “Gli Dei del Cambiamento” scrive”…..Plutone simboleggia una parte della nostra psiche che crea o attira inconsciamente situazioni che hanno su di noi effetti devastanti, ma non semplicemente per la sua natura “malefica”; l’influsso distruttivo che questo pianeta esercita ha uno scopo preciso: quello di permettere una ricostruzione su nuove basi”. La trasformazione che Plutone ci invita ad affrontare, mettendo in azione tutte le nostre energie interiori è una vera e propria metamorfosi personale che ci fa abbandonare le vecchie strutture per lasciare il posto ad altro. Scrive Lidia Fassio ”Ci sono tratti individuali, ben rappresentati nel nostro potenziale innato, che appaiono mostruosi e diversi, energie e contenuti che sembrano rivolti più alla distruttività che alla creatività. In quel territorio, però, giace il tesoro di cui parlano i miti, quello che si trova dopo aver attraversato il mondo dell’Ade, integrando l’ombra e ricontattando il senso della vita che porterà alla spiritualità. Quello sarà il momento in cui l’Essere si manifesterà in tutta la sua pienezza” (I nostri simboli interiori pag.129). A questo punto la domanda che sorge spontanea è: ”che cosa ha a che fare Plutone con la fiaba?”. La correlazione c’è e presenta anche un notevole interesse per quegli elementi di carattere strettamente plutoniano che in essa interagiscono, a volte in modo più criptato, a volte in modo più esplicito, ma sempre connessi al principio della trasformazione. Se si analizza cosa hanno in comune le fiabe si scopre che nella stragrande maggioranza iniziano rappresentando una situazione armonica che però poi precipita nella disperazione: brame di potere, morte, paura, dolore, aggressività, ossessioni, malattia. I fatti possono essere più o meno verosimili, ma stanno sempre nella logica del racconto, un racconto che unisce il fantastico con il magico e il meraviglioso, che è un intreccio di fantasia e realtà e che si presenta come un serbatoio di emozioni, di sensazioni, di sentimenti portati all’estremo. Il tempo, come già detto, non è determinato…” e vissero per sempre felici e contenti…”, e il racconto si conclude con il lieto fine, perché alla fine vince il principio dell’affrancamento, della liberazione da quegli accadimenti sofferti,che come una matassa intricata si dipanano lentamente all’interno della fiaba stessa, producendo una vera e propria “catarsi”. Alcuni simboli, palesemente plutoniani, quasi sempre presenti nelle fiabe sono: la foresta o il bosco, l’orco, il lupo, il fuoco, la strega. Tutti ci riportano al dualismo bene/male;luce/tenebre;bruttezza/bellezza. Essi si collocano all’interno della fiaba in qualità di simboli del potere, dell’odio, di quell’ombra tanto temuta che, per non condurre alla separazione del sé, alla destrutturazione, deve essere integrata attraverso un percorso di ricostruzione. Nell’analisi di questi simboli plutoniani, non sorprende la formulazione di V.Propp a proposito della FORESTA ”La foresta del racconto riflette da un lato la reminiscenza della foresta come luogo dove si celebrava il rito, e dall’altro, come ingresso al regno dei morti. Le due rappresentazioni sono strettamente legate fra loro” ( “Le radici storiche dei racconti di fate” pag.93). Non solo, anche il FUOCO del camino, spesso un camino con un fuoco ardente, collocato nelle zone più basse dell’abitazione, presenta una stretta analogia con l’Ade (Cenerentola). Per quanto riguarda i simboli più strettamente collegati a figure umane, non si può tralasciare quella dell’ORCO, colui che nella tradizione confluisce in Plutone. Nella mitologia romana la figura dell’orco è associata al Dio degli Inferi. L’aspetto fisico, descritto sempre come gigantesco e possente, poco articolato, ricorda l’immagine del mito. L’orco è un gran divoratore, mangia i bambini, è “cattivo” ed evoca sostanzialmente la paura. C’è poi la STREGA che si manifesta per creare un danno, prevalentemente fisico, procede con sortilegi, sempre a danno di qualcuno, è esageratamente vecchia e deforme, un aspetto che collega all’idea di una vita che è al limite del confine che la separa dalla morte. La notte è il momento della giornata scelto dalle streghe per apparire. Un’altra figura simbolica, di particolare rilievo, e spesso presente nelle fiabe è il LUPO. Il Lupo rappresenta l’aggressività, la violenza, l’istinto brutale che uccide, l’avidità. In alcune culture il lupo è il simbolo della caverna, quindi degli Inferi. Il lupo, come l’orco, è sempre solo e parla come un uomo, è privo di scrupoli, bugiardo sempre affamato. Quasi sempre il lupo malvagio viene ferito o muore all’interno di un bosco. E’ un predatore e un violento (Cappuccetto rosso; i 3 porcellini) Anche i vestiti hanno una loro valenza all’interno del mondo fiabesco: sono in relazione con l’identità, rappresentano il” travestimento”che, simbolicamente, sta a significare la “metamorfosi” del personaggio, a volte pericolosa (Cappuccetto rosso), a volte protettiva (Pelle d’Asino). CAPPUCCETTO ROSSO presenta una grande ricchezza di simboli legati al potere, alla vita, alla morte, alla rinascita, alla trasformazione; di questa fiaba ne esistono molte varianti. Possiamo considerarla una delle fiabe più popolari scritte da Perrault e dai fratelli Grimm(la più nota risale al 1857). E’ una storia che si sviluppa fra 2 realtà: una,identificabile come “luce”, rappresentata dal villaggio in cui vive Cappuccetto rosso con la mamma, un posto sicuro, conosciuto, e una che chiameremo “oscurità”, rappresentata dal bosco, l’ignoto, il pericolo. La nonna, da cui Cappuccetto deve recarsi, abita proprio in quel bosco. Il bosco, quell’ignoto, racchiude dunque al suo interno l’obiettivo della piccola, quella nonna ammalata, che tanto ama, e che vuole raggiungere per portarle del cibo. Il lupo,incontrando la bambina e sapendo da lei stessa dove è diretta,la distoglie dalla sua meta invitandola a raccogliere dei fiori nel bosco. Nell’ignoto (il bosco), Cappuccetto incontra il pericolo (il male), ma anche i raggi del sole, gli alberi, i fiori, gli animaletti (il bene): ecco rappresentata la dialettica degli opposti che, in quel luogo, raffigurazione metaforica dell’inconscio,si muovono in uno scenario ancora tutto da scoprire. Mentre la piccola, addentrandosi sempre più in quel mondo oscuro, si perde,il lupo raggiunge la nonna, la ingoia e travestendosi con i suoi abiti, compie la trasformazione. Il lupo finge di essere la nonna e all’arrivo di Cappuccetto, ignara, si manifesta con tutta la violenza e la voracità di cui è capace, ingurgitando anche la bambina. Siamo di fronte al binomio vita/morte;luce/ombra;bene/male, così presenti nell’archetipo plutoniano, insieme al travestimento che qui rappresenta l’identità occultata. La morte, però, non è una vera e propria morte fisica, ma solo apparente, perché in realtà è la conclusione di un ciclo, e l’atto dell’”introiettare” bambina e nonna non è altro che una rappresentazione esaustiva dell’integrazione degli opposti. Nonna e Cappuccetto sono un tutt’uno con il lupo. A soccorrere le 2 donne sopraggiunge il cacciatore che,aprendo la pancia del lupo, consente loro di uscirne vive. Sebbene il cacciatore assuma la veste del “salvatore”, in realtà chi compie l’atto finale è Cappuccetto che riempie la pancia del lupo, addormentato,con le pietre, e la ricuce. Scrive M.L. Von Franz ”Quando un opposto raggiunge il culmine del proprio sviluppo, contiene già in potenza il contrario di sé”( “Il femminile nella fiaba” pag.133). Il lupo è punito, concluderà la sua vita al pari di un sacco pieno di “niente”. La violenza subita fa sì che la piccola reagisca con la stessa forza del lupo, affrontando con grande determinazione la situazione: è la vittoria della resurrezione a nuova vita, è soprattutto la vittoria della consapevolezza. La vita che si apre di fronte a Cappuccetto non è più quella di prima, non è più la bambina ingenua ed innocente, anche un po’ sprovveduta, ora ha affrontato la paura, l’oscurità, “che paura ho avuto! Era così buio nella pancia del lupo!”; Cappuccetto è scesa negli Inferi, nella pancia del lupo, simbolo della caverna, è entrata in contatto con quel mondo oscuro così lontano e sconosciuto per chi come lei ha assaporato dalla vita solo la purezza e la bellezza di un quotidiano “sicuro”. Nel suo percorso verso la nonna la bambina incontra e si scontra con una serie di ostacoli , il lupo, il bosco, l’oscurità, la perdita, l’inganno. Non a caso la nonna vive all’interno di quell’ingorgo infernale, perché è proprio lì che per Cappuccetto si rende necessario il confronto con se stessa, è lì che incontra il lupo ed è lì che avviene la trasformazione, in quell’ignoto profondamente oscuro. Cappuccetto si incammina per raggiungere il suo vero obiettivo: la scoperta di sé, la conoscenza, in una parola la “libertà”. E tutto ciò avviene grazie al lupo che, come lo definisce M.L.Von Franz è “Il compagno ombra indispensabile per eseguire le imprese e che dirige il destino”(“Le fiabe interpretate” pag.128). Il tema della morte/rinascita, di una morte non fisica, ma apparente è ben rappresentato anche in BIANCANEVE E I 7 NANI. Questa tematica, intrinseca nella simbologia plutoniana, evidenzia con forza il concetto del Ri-nascere e del Ri-sorgere da qualcosa che in realtà ha solo perso la sua forma originaria per assumerne un’altra nel continuo divenire della vita. E, come Cappuccetto rosso, anche Biancaneve perderà la propria innocenza per farla rinascere a nuova coscienza. Questa fiaba dei fratelli Grimm risale al 1812, trascritta, così come era stata raccontata nella tradizione orale in Germania. La fiaba ci racconta di una fanciulla molto bella, Biancaneve, che, proprio a causa della sua bellezza attira le ire della matrigna che, incontrastata regina del suo regno, la vorrebbe morta. Il tentativo di ucciderla fallisce in quanto il cacciatore, che avrebbe dovuto sopprimerla, non compie l’omicidio e la lascia libera nella foresta, portando alla matrigna malvagia fegato e polmoni, non di Biancaneve, come da sua richiesta, bensì di un cervo. Non a caso la scelta cade su due organi particolarmente significativi poiché rappresentano entrambi la trasformazione (sangue e aria). Dopo aver girovagato a lungo senza meta, Biancaneve, stanca, affamata e impaurita si rifugia in una casetta immersa nella foresta. La casetta è incredibilmente pulita e ordinata, è molto piccola ed ogni cosa al suo interno è minuscola. Vi si trovano 7 piccoli letti, 7 piccoli tavoli, ecc. Dunque un ordine quasi maniacale e una staticità dell’insieme che ci trascina in una dimensione di “non vita”, tutto sembra fermo nel tempo, anche la foresta sembra morta, inanimata. L’arrivo di Biancaneve dinamizza quella staticità, innesca un processo di creazione che, con la comparsa della vita, porta con sé anche la morte e con essa la rinascita. Biancaneve si stabilisce nella casetta, abitata da 7 nani, dopo aver raccontato loro la sua triste vicenda. Il ritorno nella vecchia casa ormai non è più possibile, il passato è alle spalle. La matrigna, intanto, scopre che la figliastra è viva e tenta, con l’inganno, di eliminarla. Per raggiungere il suo scopo si trasforma in ciò che lei è veramente: una strega. Ecco in azione un’altra dinamica plutoniana: il potere. La matrigna, che tutto tiene sotto controllo e tutto sa di ciò che accade nel suo reame, vuole essere la regina più bella, è invidiosa e potente, e, come tutti coloro che detengono il potere, non accetta il confronto, o meglio, lo accetta solo a condizione che sia lei ad avere la vittoria finale: è il potere a tutti costi ed è anche il simbolo delle forze oscure che si muovono nell’ombra. La matrigna, tuttavia, non riesce ad uccidere Biancaneve, la addormenta, la neutralizza. Con la mela avvelenata, la ragazza precipita nel torpore della non coscienza, a causa di quell’ invisibile sostanza nascosta in un cibo incredibilmente allettante. I nanetti, al rientro dal lavoro, vedendola distesa a terra, senza respiro, la credono morta. Il corpo di Biancaneve viene deposto in una bara di cristallo, in modo da poter essere visto da ogni lato. Per molto tempo la fanciulla giace nella bara, senza mai decomporsi, fino a quando un principe, capitato nella foresta, si ritrova a pernottare nella casetta dei nani. Alla vista di Biancaneve, se ne innamora e con un bacio la risveglia. La storia si conclude con il matrimonio di Biancaneve con il principe e la morte della matrigna che fino all’ultimo respiro procede con una ennesima verifica “Specchio fatato, in questo castello, hai forse visto aspetto più bello?” risposta “ Qui sei la più bella oh mia regina, ma molto più bella è la sposina”.Sino all’arrivo del Principe,la nostra eroina è immersa nella non coscienza di sé, il torpore l’ha invasa, è stata sopraffatta dal potere della matrigna, è rimasta intrappolata nella sua rete. Appare, in tutta la sua evidenza, il tema dell’identità falsata: tutti pensano che Biancaneve sia morta, la vedono tutti i giorni giacere nella bara. Il veleno all’interno della mela (altro mascheramento) è quell’ l’invisibile che avvolge ed offusca l’identità di Biancaneve. La fanciulla non è ancora in grado di prendere coscienza dell’accaduto, solo un evento forte la risveglierà a nuova vita. Ma quell’”invisibile” è parte del suo essere, è in lei e sarà proprio quell’”invisibile”a concedere a Biancaneve nuove possibilità creatrici. Il Principe, che rappresenta la vita nella sua massima espressività, è solo l’attivatore delle potenzialità di Biancaneve, ciò che mette in atto deriva, in realtà, dai contenuti interiori della fanciulla. Biancaneve vince l’incantesimo, prende coscienza di sé,esce dall’oscurità e raggiunge la sua maturazione, è finalmente libera. Scrive Liz Greene “Il confrontarsi con il potere, con l’impotenza di agire, con il desiderio frustrato, nonché con la potenziale guarigione che scaturisce dall’accettazione della necessità, sono le caratteristiche di Plutone” (Astrologia e destino pag 63). Anche i nanetti hanno una loro collocazione di tutto rilievo all’interno della fiaba, lavorano in miniera, nel sottosuolo, trasformano i metalli in oro e diamanti, attività che rappresenta, attraverso una simbologia di particolare impatto, la magnificazione della metamorfosi. Essi svolgono un ruolo importante, perché sono coloro che tentano di proteggere e salvare Biancaneve. Sono la rappresentazione di quella” luce “ che coesiste con il suo opposto “l’oscurità” E’ la dinamica degli opposti che si ricongiungono e si integrano per operare la completezza, è la morte-trasformazione che porta alla loro fusione. Biancaneve conduce alla rinascita anche la natura della foresta, e questo ci riporta al mito del rapimento di Persefone. Così come la dea dell’Ade è l’archetipo della terra fertile che risveglia la natura in primavera e in estate, quando risorge dagli Inferi, così Biancaneve porta con sé la creazione della vita in una condizione di staticità. Come Persefone, Biancaneve ci rappresenta la trasformazione della natura, il suo rinnovamento, la sua rigenerazione, l’integrazione con il tutto. Ecco rappresentate due figure entrambe potenzialmente promettenti, ma la cui reale espressione di sé si palesa solo al momento della loro piena consapevolezza interiore. Come Persefone, anche Biancaneve è vittima di un frutto legato alla morte. Per Persefone, il melograno è il frutto degli Inferi che la costringerà a soggiornarvi per l’eternità. La mela di Biancaneve riassume in sé molti significati simbolici che si rapportano all’amore, alla conoscenza, alla morte. La mela di Paride, nella mitologia greca diventa il frutto dell’amore; nella Grecia antica è la rappresentazione della fecondità; nella Bibbia la mela è intesa come albero della conoscenza del male e del bene, della tentazione e del peccato originale. Nella tradizione ebraica, la trasgressione di Adamo ed Eva, viene interpretata come la volontà di trarre conoscenza, elemento spirituale, dalla mela, elemento materiale. In latino, la parola “malum” può riferirsi sia al “melo”, sia al “male”. In ultima analisi, la mela, è il simbolo della morte, poiché al suo interno sono contenuti dei semi velenosi. Tutti significati ricollegabili al ciclo della “morte/resurrezione”. La mela della fiaba, che appare come una co-protagonista, gioca, in realtà, un ruolo di grande rilievo in quella dinamica degli opposti, in quanto nel suo compito di offuscamento della coscienza di Biancaneve, le consente di risorgere a nuova luce. A questo proposito scrive M.L.Von Franz ”Il mezzo di superare una depressione non è quello di combatterla o evitarla, ma di penetrarla. E’ meglio lasciare emergere i pensieri oscuri, non per rimuginarci sopra, ma per chiarirceli…è necessario accettare di confrontarsi con l’Ombra e con l’oscurità dell’inconscio nella morte dell’Io, affinché si produca la trasmutazione” (Il femminile nella fiaba” pagg.133/134). La fiaba è una fantastica metafora della vita, con essa emergono i contenuti profondi di una dimensione in cui gli opposti si succedono, si intrecciano all’interno di una catena di eventi dove il magico e lo straordinario consentono il conseguimento del “ tutto è possibile”. Al suo interno, come abbiamo evidenziato, i simboli plutoniani agiscono al fine di illuminare la coscienza, consentendo il riconoscimento delle parti più criptate attraverso un percorso di vero e proprio smascheramento e di successiva integrazione. Plutone diventa l’ascensore, andata e ritorno, per l’Inferno, e in quel viaggio di sofferenza diventa imprescindibile il riconoscimento dell’ombra, di quegli aspetti oscuri che, se negati, non avranno altra alternativa se non la proiezione all’esterno. Questo grande archetipo altro non è che un principio rigeneratore interno. Scrive Lidia Fassio “L’Io dovrà avventurarsi nei territori che i miti chiamano cielo stellato, regno degli abissi, regno delle tenebre. Sappiamo che queste zone venivano percorse dagli eroi che portavano a compimento il proprio viaggio, tornando trasformati e molto più ricchi, poiché avevano trovato il loro personale tesoro” (I nostri simboli interiori pag.130). BIBLIOGRAFIA Lidia Fassio “I nostri simboli interiori”- Spazio Interiore - Roma 2013 Liz Greene “Astrologia e destino”- Armenia – Milano 1998 Jacob e Wilhelm Grimm “Le più belle fiabe”- Giunti junior - 2005 Vladimir Ja. Propp “Le radici storiche dei racconti di fate”- Univ.Scient. Boringhieri – Torino 1980 Howard Sasportas “Gli Dei del cambiamento”- Astrolabio – Silvia Vegetti Finzi “Storia della Psicoanalisi”- Arnoldo Mondadori – Milano 1986 Marie-Louise Von Franz “Le fiabe interpretate” – Bollati Boringhieri – Torino 1980 Marie-Louise Von Franz “Il femminile nella fiaba” –Bollati Boringhieri – Torino 1990 |
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