ERIDANO SCHOOL - Astrologia e dintorni
La perdita della nonna
a cura di Lidia Fassio
Inserito il su Eridano School - Astrologia e dintorni
 
Dalla biografia di Elisa
Cari amici, vi sembrerà insolita questa pubblicazione ma io la ritengo originale oltre che interessantissima.
Elisa è stata allieva della scuola, ragazza dolce, molto sensibile e piena di talento per la scrittura e la poesia, oltre che per il teatro. Ha scritto la sua autobiografia inserendo, ad ogni passaggio significativo, anche una nota sui suoi transiti.
Il risultato è eccezionale e spero offra spunti di riflessione anche per voi.

Transito di Saturno quadrato alla Luna

La prima pietra nel cerchio la misi a cinque anni. Forse anche prima di quella data avevo già cominciato a mettere tanti sassolini intorno al mio cuore, ma non in maniera cosciente , studiata, organizzata, meticolosa. Mia nonna materna, l’unica nonna che ho conosciuto, abitava nella porta accanto alla nostra, uscivo nel pianerottolo e c’era la sua porta, mi piaceva un sacco andare lì perché non era come allontanarsi troppo da casa, cosa che non mi piaceva poi tanto, ma era quel poco che mi faceva sentire sicura. Entravo nella sua casa felice, perché aveva una tavolo enorme di legno, che ricordo benissimo, ed aveva il puffo. Il puffo era l’enorme cuscino rosso che se ne stava nella camera in fondo come ad aspettarmi. Io vivevo per quel cuscino enorme, mi ci buttavo sopra, con la schiena, era come una sicurezza su cui cadere, mi piaceva lasciarmi andare sospesa nel vuoto e poi “bum” cadere sul morbido. Negli anni si è lentamente rotto più e più volte, ci sono toppe da tutte le parti. Mi ricordo un giorno mio padre che fu molto duro con me, davanti alla nonna mi fece promettere di non saltare piu’ sul puffo perché ormai era tutto rotto.
Io promisi ma non mantenni. Io sapevo che alla nonna non importava se io lo rompevo. Quando lei dormiva io andavo nella stanza nel puffo e facevo le verticali,e poi giu’ con la schiena all’indietro, sempre piu’ forte. Lei non si arrabbiava mai. In uno di quei giorni ignari e senza tempo cominciai ad accorgermi che la nonna stava a letto sempre piu’ spesso, ed io passavo troppo tempo nella stanza del puffo da sola. La sua ora del pisolino, cominciava a diventare le ore del pisolino. Non dicevo niente a nessuno da principio, ero abituata a non dire nulla a nessuno, perché avrei dovuto dire che la nonna stava più spesso a letto?
Ma lo vennero a sapere, e non mi lasciarono piu’ da sola nella casa con lei. Iniziarono a girare nella casa tante persone e nessuno fece piu’ caso a me e al puffo; io vedevo mio padre, mia madre, medici intorno al letto dove la nonna stava facendo solo il pisolino, perché si preuccupavano tanto? Aveva solo bisogno di dormire , io pensavo. Perché tutta questa confusione? Prima o poi si alzerà, si sarà riposata e tutto tornerà come prima.
Nessuno faceva caso a me e nessuno mi spiegava bene le cose; essere trattata come una bambina non era una cosa che a me piaceva, essere una bambina non vuol dire non essere in grado di capire, ma i grandi non lo sapevano, e mi dicevano frasi come “ E’ tutto a posto non ti preoccupare “ intervallati da discorsi tra di loro come “ E’ tumore, morirà”, che io sentivo. Un giorno mi avvicinai al letto della nonna, e vidi che non dormiva, mi guardava con gli occhi aperti, così spalancati che mi spaventai, le parlai con un filo di voce “ nonna, sono Anna, nonna”, lei mi guardava e non rispondeva. Fu quel giorno che capii qualcosa. Qualcosa che mi entrò nel sangue e mai piu’ mi si tolse. Lei se ne sarebbe andata via, ma questo non era il pensiero che più mi sconvolgeva, il pensiero che mi era entrato come un fulmine era che lei era già andata via da me, lei non era più con me e non mi aveva nemmeno avvertito.
Sentii quel giorno l’abbandono , lo strappo, immediato , violento, improvviso e non previsto. Perché non stava dormendo? Che faceva con gli occhi aperti? E perché non mi parlava? Aveva smesso di volermi bene. Anch’io avrei smesso di volergliene. Da subito. Perché avrebbe dovuto mancarmi in fondo? Che mai aveva fatto per me? Mi aveva insegnato a scrivere, si quel giorno me lo ricordo, io che volevo usare a tutti i costi la mano sinistra e lui che mi diceva, va bè non importa a scuola le maestre poi ti faranno provare anche la destra, guarda questa è la A, e me la disegnava grande e bella sul foglio, e questa è la B. Aveva una pazienza infinita con me, era lenta e calibrata, era il contrario della mamma ed io ero tranquilla quando stavo con lei, la mamma non era così paziente, dalla mamma io imparavo le cose perché la copiavo in tutto e per tutto per esserle vicina, dalla nonna invece imparavo perché me le insegnava. Ed era diverso. La nonna mi faceva vedere i cartoni animati e quando io ero in casa l’attenzione era tutta per me, a volte li guardava insieme a me. Ma comunque io pensavo che invece non mi sarebbe mancata per nulla, e se avessi cominciato ogni giorno a pensarlo , quando sarebbe morta io l’avrei pensato davvero, ci avrei creduto e sarei stata preparata alla sua assenza.
Ogni giorno io la guardavo da lontano con maggiore freddezza, non mi avvicinavo più al suo letto , né le stetti più vicina mentre la portavano all’ospedale o quando la riportarono a casa che ormai non si alzava più. Io non la conosco, pensavo, non so bene chi sia, non m’interessa, io senza di lei so stare benissimo, cosa mi serve in fondo?
Così quando la nonna morì, io non piansi. Fui molto orgogliosa di questo, mi ero preparata così bene alla prova, che non fui triste quando se ne andò. Non provai semplicemente niente, e mentre tutti parevano sconvolti e mamma piangeva ed era distrutta, io rimanevo tranquilla. Anche perché forse se avessi pianto, qualcuno sarebbe giunto ad asciugare le mie lacrime? Ognuno era comunque troppo impegnato a pensare al suo di dolore, che per me rimaneva poco spazio così nel dubbio non piansi proprio per niente e non rischiai nemmeno che qualcuno non mi consolasse, e poi era bello essere forti, in mezzo a quel mare di caos io ero così orgogliosa del mio trucco, del mio essermi preparata in anticipo che mentre tutti piangevano io ero felice, e ridevo.
Fu in quel periodo che la prima pietra andò a posizionarsi nel mio cuore, una pietra così a lungo corteggiata e desiderata che il suo peso non venne nemmeno avvertito ma andò a miscelarsi perfettamente con tutto il resto della mia persona , fino a non avvertirla nemmeno più come un corpo estraneo.
 
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