Nei miti degli eroi è fondamentale l’incontro con la morte. Non vi è modo di sfuggire a questo passaggio che, ricordiamo, simbolicamente apre alla rinascita. In pratica si tratta della “grande prova”, quella che l’eroe non può fallire perché, in caso contrario, non porterà a termine la sua impresa.. ovvero il suo viaggio.
Un tema interessante a cui gli “individui” devono sottoporsi è quello del confronto con la morte… che, nel momento in cui accade ha un sapore di ineluttabilità ed inaccettabilità, qualcosa che ha il sapore dell’horror.
Moltissime sono le fiabe e i miti che trattano del tema della morte, ma molti sono anche i film e i racconti che illustrano la difficoltà e la paura che gli esseri umani sperimentano in questo “confronto”.
Da sempre l’uomo ha sentito questo argomento come “ineluttabile” e lo ha affrontato in modo personale anche se si tratta di un tema universale.
Da un punto di vista simbolico il confronto con la morte è ciò che porta alla trasformazione, ovvero alla rinascita dell’eroe; in termini astrologici si tratta del territorio di Plutone, Dio degli Inferi che, di tanto in tanto, prorompe dai suoi ombrosi territori per chiedere all’Io eroico di abbandonare le sue vesti limpide, chiare e sicure per indossarne altre, diverse, nuove, più adatte alla circostanza e, quindi, in tutti i sensi più autentiche.
In questo passaggio l’IO sperimenta la morte.. che lo obbliga, almeno temporaneamente, a percepirsi come piccolo, impotente e pieno di paure; vive perciò tutti i tratti di una morte reale anche se tutto viene vissuto sul piano psicologico, affettivo ed emotivo.
I temi degli eroi sono costellati dai racconti di confronti con la morte: pensiamo ad Ulisse che si è battuto con mostri come Polifemo o con “mostri” dal viso d’angelo di chi, come Circe, voleva rubargli l’anima, bloccandolo in un modo di assoluta incoscienza; pensiamo a Ercole che lotta con l’IDRA e che rischia di morire nel confronto, a Giasone che affronta pericoli inauditi e perde tanti compagni nel suo viaggio per conquistare il Vello d’Oro; in pratica, i miti ci dicono che non c’è eroe che si compia senza aver superato e vinto questo confronto.
Inutile dire che anche gli uomini comuni devono fare questo incontro; ogni individuo ha un percorso eroico per giungere all’autorealizzazione e questo viaggio richiederà il superamento della “prova”.
Qualcuno è più propenso a partire, altri invece sono restii ed esitano, altri ancora sfidano la morte e pertanto la incontrano in modo più intenso e più forte dei loro compagni di viaggio; in questo caso si tratta di chi sta già sperimentando da tempo la “malattia dell’anima” che già li ha condotti in quel limbo del continuo interrogarsi sui temi della morte e della vita che li ha spinti a decidere di scendere nei propri sotterranei nel tentativo di trovare risposta a domande che sono sospese nel vuoto e pace interiore.
L’anima si può ammalare, ma questa malattia, a differenza delle altre, non si vede se non in un lento e progressivo distacco dalla vita che si fa via via più alienante fino a farci indossare nuove lenti con cui guardare le cose e il mondo.
Quando l’anima si ammala necessita di una cura che consenta poi la guarigione: la cura sta nella trasformazione che viene vista miticamente come un lungo viaggio che l’eroe affronta, da cui dovrà “fare ritorno” . L’eroe infatti fa sempre “ritorno in patria” vittorioso (guarito) e, dopo aver fatto questa esperienza, porta la sua conoscenza, che è ciò che ha appreso guardando e contattando paesi, terre e individui “stranieri”.
L’incontro con la morte è l’incontro con l’ “individuo” che coabita e di cui non si sa pressochè nulla nonostante se ne avverta l’inquietante presenza.
E’ bellissimo il tema che tratta il grande Luchino Visconti nel film “Gruppo di famiglia in un interno” in cui il protagonista del film parla di un inquilino che abita al piano di sopra, un inquilino che lui sente entrare ed uscire, che cammina nel silenzio e che inizialmente sta via per lunghi periodi di tempo fino a che, un giorno, si trasferisce definitivamente in quella casa: l’inquilino in questione è “la Morte”.
Il confronto con questo inquilino può essere paragonato alla “chiamata eroica” pressochè inevitabile visto che chi non si confronta con la morte non sperimenterà neppure l’essenza della vita.
Eppure, ci sono eroi che non riescono nell’impresa.. è il caso di quelli Kafkiani, mentre vi sono quelli che vivono con successo la trasformazione come accade a Re Artù, a Sigfrido e agli eroi delle favole che tornano quasi sempre vincitori.
Non vi è dubbio che la chiamata arriva dall’interno.. ed è anche una chiamata che non può essere ignorata, almeno non per lungo tempo; si annuncia con una crisi che serve a spazzare via l’equilibrio raggiunto fino a quel momento e a spingerci dentro ad un universo che, seppure non materiale, è però pesante come un macigno.
La crisi viene vista dai diversi autori con termini che non lasciano dubbi sulla difficoltà e sull’inevitabilità della trasformazione che, ad un certo punto del cammino diventa l’unica possibilità di sopravvivenza:
- “Il Male di Vivere” lo definisce Montale
- “Il Mestiere di Vivere” di Pavese in cui la vita diventa l’immagine di qualcosa di faticoso che riporta alla pesantezza della quotidianità;
Ebbene questa è la malattia dell’anima, quel malessere di chi deve spingersi in una dimensione “altra” da sé , affinchè , dopo tanta attesa, trovi qualcosa che riporti la speranza.
Kafka, nella “Metamorfosi” incontra questo altro da sé sotto forma di insetto.. qualcosa che simboleggia una natura immonda, in cui lui riconosce qualcosa di suo.
Nel viaggio in cui l’Io si confronta con la Morte incontra la parte negata e non riconosciuta quella che lo aiuta a comprendere che dentro c’è tanto bene quanto male ma, se è pronto al cambiamento, può scegliere cosa fare della parte che non ama.
Certo, questo confronto è doloroso ma porta anche l’eroe a scoprire la sua essenziale duplicità… come dice Jung “talvolta bisogna essere indegni per riuscire a vivere pienamente”.
I messaggi che ci arrivano dagli scrittori sono dunque univoci: bisogna affrontare il viaggio per poter diventare eroi.. esattamente come dice Dostoevskij nei suoi “ricordi dal sottosuolo” in cui afferma che solo gli abitanti del “sottosuolo” sono autentici e li paragona ai topi che scavano e che non si arrestano davanti a ciò che sembra invalicabile. Anche l’uomo deve cercare e scavare proprio perché la sua è una coscienza raffinata che può in continuazione creare sé stesso e la sua storia, creando al tempo stesso il mondo.