Nettuno e il perdono
Ognuno di noi si porta dietro antiche ferite che non smettono mai di sanguinare e che, pertanto, si ripresentano puntuali ogni volta che qualcosa del vissuto attuale le ricontatta e le obbliga a riacutizzarsi. Le ferite psicologiche, come quelle del corpo, richiedono una cauterizzazione e quindi, bisogna dedicarsi ad esse fino a che si chiudono e guariscono. “Dedicarsi” è la parola giusta; ogni cosa che vogliamo concludere ha bisogno della nostra particolare attenzione.
Se noi ci feriamo ci mettiamo a riposo, e se la ferita sanguina, ogni giorno la “medichiamo” e, quindi, la ripuliamo, la disinfettiamo, le mettiamo sopra pomate ed unguenti che la mantengono “morbida” fino a che, la parte, non è pronta per essere esposta nuovamente all’aria. E’ esattamente la stessa cosa che dobbiamo fare con le ferite della nostra anima: non possiamo bloccarle e tenerle dentro al frigorifero non contattandole più…Abbiamo invece bisogno di occuparci di esse; piangere è come lavarle, ripulirle; pensare a ciò che ci ha fatto male vuol dire “elaborare” e poi risanare fino a che, un giorno, tutto ritorna sano e noi potremo nuovamente cavalcare quel territorio senza doverlo costantemente negare o proteggere.
Le ferite che fanno male sono quasi sempre di natura plutoniana; appartengono a quel periodo della nostra vita in cui ci sentivamo impotenti e non avevamo possibilità di difenderci nel modo corretto. Per guarire bisogna fare dei veri e propri “atti sacri” nel senso che bisogna arrivare a Nettuno e, per farlo bisogna ricollegare ciò che, nella ferita, si è scollegato. Il dolore è qualcosa che blocca e che separa e divide ed è questo che bisogna capire e che gli antichi avevano capito benissimo facendo veri e propri atti che servivano allo scopo.
Perdonare significa “sciogliere” ciò che blocca e che impedisce di ricontattare la fonte originaria; in pratica, il dolore è una difesa e, come tale, costruisce un muro che, per tenerci protetti, ci obbliga a non contattare la nostra anima.
Le più grandi ferite sono l’abbandono emotivo, il non essere stati amati come meritavamo, essere stati traditi e non essere stati riconosciuti nella nostra unicità e riguardano quasi sempre il nostro primo anno di vita, età in cui non potevamo che incassare e bloccare il dolore.
Da adulti abbiamo il compito preciso di andare a togliere il blocco, guardando a quella parte di noi con la compassione e con la cura con cui un medico guarda alle nostre ferite fisiche.
Nella nostra filosofia è importantissimo il valore del perdono. Al di là della filosofia cristiana, che ovviamente fa leva sul perdono, è però interessante comprendere che valore ha nella vita e sul piano psicologico e fisico delle persone.
Sentiamo spesso parlare di perdono, ma che cosa è veramente e che cosa, invece, non è?
Molte persone sono convinte che il PERDONO abbia la stessa valenza del dimenticare qualcosa che ha ferito, un’offesa, un fatto subito, un tradimento, ecc.
Ovviamente il perdono non ha nulla a che fare con il dimenticare o con quel “mettiamoci una pietra sopra” che sembra essere logico quando si vuole riprendere contatto con qualcuno; anzi, la sua indubbia potenzialità rigeneratrice nasce proprio dall’essere stati capaci di sperimentare tutto il dolore per poi poterlo trascendere, senza dimenticare i fatti, ma traendo da essi qualcosa di positivo.
Ne risulta che il perdono è un atto personale… ed anche questo sembra in contraddizione con ciò che, invece, è il comune modo di pensare: molti sono convinti che il perdono si applichi nei confronti degli altri mentre, in realtà, si applica prevalentemente verso sé stessi e i propri sentimenti; è un atto di vera generosità e compassione verso sé stessi… dato che permette di non focalizzare più tutta la nostra attenzione sui dolori del passato e, quindi, di non rinnovare nella nostra mente qualcosa che appartiene al passato e non al presente.
Questa è la ragione per cui possiamo essenzialmente parlare di “perdonarsi” più che di perdonare anche perché spesso ci si illude che sia facile perdonare; è proprio da questa falsa illusione che si arriva a recriminare le cose che si sono perdonate allorchè ci si sente nuovamente feriti. Quante volte abbiamo sentito frasi del tipo: “ ti ho perdonato troppe volte, adesso basta”; oppure “dopo tutto quello che ti ho perdonato….”; frasi come queste ci riportano a pensare che in realtà, l’atto del perdono non sia mai stato presente e che vi sia stata solamente una temporanea rimozione dalla coscienza che ha permesso di poter ancora stare con qualcuno di cui, per un vero o per l’altro, ancora non si era in grado di fare a meno.
Ma allora, quando possiamo parlare veramente di perdono?
Il perdono da un punto di vista psicologico è qualcosa di estremamente importante perché consente di GUARIRE da qualcosa che prima produceva dolore.
PERDONARSI è un atto che consente di LIBERARSI di risentimento, invidia, pensieri ed emozioni negative quali il risentimento e l’odio che si sono provati in seguito a ciò che si è vissuto.
Queste emozioni sono fortemente velenose e, solo se ci si perdona di averle provate si sentirà un senso di nuova vita che nasce dal ritorno all’unità interna.
In caso contrario ci si porta dietro una sorta di sacco di scorie che bloccano molte delle risorse personali e, soprattutto bloccano un uso cosciente della volontà e del potere personale.
I sentimenti e le emozioni negative funzionano come boomerang che ritornano indietro e impediscono l’accesso alla via spirituale e alla libertà ed è per questo che dobbiamo necessariamente perdonarci, per non mantenerci in uno stato di separazione interna che impedisce lo scambio di sentimenti con gli altri che, ovviamente sentono ciò che c’è stipato dentro (tra l’altro, la parola DIAVOLO significa divisione ed è quella che si vive in queste situazioni).
Non perdonarsi significa tagliare fuori la linfa vitale e continuare a nutrire energie negative. Il valore del perdono sta nella CATARSI e nella purificazione. Perdonarsi è un atto che ha a che fare con Plutone e Nettuno; infatti, liberare i canali consente a Plutone di espellere da dentro quello che, se fosse trattenuto, diventerebbe letale; al tempo stesso, libera le energie di Nettuno che possono nuovamente entrare e ricreare il collegamento all’unità perduta, ritrovando tra l’altro un contatto anche con il potere personale.
Perdonare è una necessità di chi vuole guarire… quindi è in questo senso che lo dobbiamo intendere e non tanto come atto di generosità verso gli altri o di assoluzione che appartiene più a Dio che agli uomini.
Il perdono è un’esperienza profonda che giunge dopo che il dolore e il risentimento si sono sperimentati fino in fondo; solo allora ci si può congedare e può avvenire quella riconciliazione che permette il risanamento e che, al tempo stesso, consente di provare “compassione” per gli essere umani tutti (noi compresi) e per la loro imperfezione.
Solo allora si è veramente liberi.