Terra
Nasce dalla roccia e dalla terra più oscura ma vicino al cielo, sul Tetto del Mondo, la sorgente del grande Fiume Giallo, l’imponente Huang He, che serpeggia limaccioso come oro velato tra le Montagne Kunlun, dimora dell’Imperatore di Giada. L’Imperatore lo osserva, e le Montagne lo cullano, talvolta guidando il suo cammino. Il Fiume è potente, ma mutevole, e nevi e piogge lo ridisegnano come a un serpente la muta. Egli scorre, una ferita sulla terra, e al tempo la vita, a tratti più potente, a volte paludoso, accanto alle Montagne del Bayan Har, Min e di A’nyêmaqên, e poi lasciando il cielo natio del Qinghai per attraversare altre otto province, sfiorando ben tre deserti. Di nuovo cambia rotta verso sud e poi a est, per finalmente risalire verso nordest lungo la grande pianura alluvionale dello Shandong, terra di maghi e alchimisti, andando a morire nel Mare di Bo Hai.
La Terra fa il suo giro e ritrova marzo: ecco che sboccia il pesco e le nevi d’acqua si sciolgono. Le Montagne rinverdiscono e indossano nevi di fiori, il lungo sonno si spezza. Il grande Huang He si smuove e ingrassa pigramente.
Acqua
Come ogni anno, puntuali all’appuntamento dei fiori, al richiamo delle acque disciolte, arrivano i pesci. Si dice che vengano dal Mare Orientale le carpe dai grandi occhi lucidi e squame iridescenti. Vengono dal Mare Orientale, oltre il Mare Giallo, per rendere omaggio all’Imperatore di Giada nel Mese del Risveglio, vestito per l’occasione con i suoi abiti ricamati con draghi volanti. Vengono da laggiù i grossi pesci, da dove si tuffa la luna, voltando le spalle al sol nascente per immergersi nel denso Fiume, ora sempre più tumultuoso. Accorre dall’oriente lontano il popolo delle carpe, smaltendo il grasso sonno tra le Rapide di Loong-men, le rapide del Drago. Si tuffano, e saltano, sprofondano nel turbinio bronzo-oro, strofinandosi sul limo, accarezzando rocce, e respirando onde. Dall’alto delle Montagne l’Imperatore di Giada osserva e applaude, facendo tintinnare le sue file di perle. Applaude il celeste Yu-Hang quelle onde controcorrente che sono le carpe colorate, un fiume dentro al Fiume, la forza e la determinazione contro ogni corrente.
Su, e su verso le Grandi Montagne, nuotano i grossi pesci luccicanti. Cinque sono i Salti che devono superare, oltre gli innumerevoli ostacoli naturali. Cinque, incrocio tra Cielo e Terra, come indica il suo ideogramma; Cinque, numero della Terra, Centro dell’Universo, del vuoto interno dove si svolge la vita e l’armonia delle trasformazioni. Dopo il Quarto Salto, dove si compie la stabilità delle cose, viene il Quinto, quello della trasformazione.
È il Salto di Loong, ovvero la Porta del Drago. Qui, nascosta sul Cielo del Mondo, sulle Montagne Kunlun, ecco la cascata più alta, dietro la quale c’è la Nuova Vita. Nella schiuma turbolenta si agitano le carpe. Sono arrivate fin qui, dal lontano e vasto Mare Orientale, dove rincorrevano piccole prede e dormicchiavano grassamente tra le alghe, solo per questo momento: saltare e saltare, come in una preghiera ripetuta, il cuore che balza avanti, il corpo che lotta tra l’acqua amica e l’aria che rende pesanti. Una volta e un’altra ancora, balzano le più forti, quelle arrivate sin qui attraverso il Mar Giallo, il mare del Bo Hai, e su, su per tutto il mutevole serpente di oro bruciato. Una e cento volte si librano imitando uccelli squamosi, iridescenti nell’aria arcobaleno della cascata, quasi avessero artigli al posto delle pinne per arrampicarsi su quel Salto colossale. Ma non hanno alcun artiglio, hanno solo il loro balzo liscio, il loro corpo concreto slanciato da un colpo di coda, e l’anelito di passare Oltre. Alcune, stremate, ricadono e si abbandonano alla corrente amica che le riporta tra bollicine di bronzo giù, giù verso il Mare amico.
Ma qualcuna resta, e non demorde. Sente il cuore che gli esplode, la coda indolenzita, il corpo sempre più pesante, eppure continua a provare cercando il momento, il Momento Perfetto e il Punto Giusto dell’acqua, cercando il ritmo del Salto, il pulsare dell’acqua, la cedevolezza dell’aria, escludendo ogni rumore, ogni profumo, e ogni dolore per arrivare a vedere e già non soltanto sognare, Oltre la Porta. Tutto si attutisce, il passo del mondo sembra farsi più lento, il corpo elastico si comprime e avvolge nell’acqua vorticosa. Respira. Respira. Vibra il salto.
Aria
La carpa pare volare: il suo salto è Oltre. Non è mai stata così in alto, il suo posto è nel fondo di un fiume, o tra le alghe del Mare Orientale, tra l’acqua che respira e la terra che la accoglie: ha un brivido di paura circondata da tanta aria. Le branchie tremano, rosa, come il bel fiore di pesco. Ma ecco, quando teme quasi desiderosa di ricadere giù, giù, verso la spuma e la corrente travolgente, vede. Vede ciò che aveva prima soltanto sognato, vede Oltre la Porta del Drago.
Fuoco
In quel istante sente che il cuore gli esplode, ed è vero, è vero! Il suo cuore è esploso, è esploso come una stella! E nel fuoco della passione, tra la terra e l’acqua, nell’alito dell’aria, avviene la trasmutazione: il suo corpo si allunga fino a diventare un serpente d’oro, oro, Oro! Centodiciassette squame dorate! La sua faccia si fa acuminata e gli occhi scintillanti come un demone, spuntano le corna del cervo e la faccia infuocata del gilin, dalle sue pinne quattro talloni d’aquila! Ecco l’Oro, ecco il Lapis: non ricade più nel turbinio gorgogliante, ma s’innalza Drago D’Oro nel suo stesso salto verso il Cielo, verso l’aria ora amica, verso la sua Perla Infuocata, inseparabile compagna.
Moira Pulino, scrittrice argentina e traduttrice professionista, oggi vive e lavora a Bologna. Con questo racconto – testimonianza del suo profondo interesse per il simbolismo – è stato premiato al Concorso Hermatena Edizioni del luglio 2005.