La vergogna è un’emozione molto varia che genera una profonda sofferenza. Tale sofferenza coinvolge del tutto l’individuo nella relazione con gli altri nella quale sviluppa la percezione, immaginata o vissuta, di essere considerato inadeguato e inferiore alle loro aspettative, vale a dire, di sentirsi osservato in modo profondamente diverso da come avrebbe desiderato.
La vergogna è un affetto triste perché compromette l’immagine di sé che diventa improvvisamente non meritevole e indegna rispetto al mondo. Lo scenario psichico è dominato da una bassa stima di sé in cui l’individuo ha la sensazione d’essere escluso e rifiutato dagli altri con la percezione di un fallimento totale o parziale della propria dignità e del pericolo dell’abbandono affettivo perché si diventa immediatamente disprezzabili e indegni e prevale la necessità di nascondersi e scomparire.
L’emozione della vergogna si accompagna alla percezione di una profonda carenza affettiva che riguarda l’amore, il sentirsi apprezzati, accettati, fino alla sensazione del più totale abbandono e rifiuto. Nell’ottica fenomenologica, la vergogna, è descritta come una stato d’animo sgradevole in cui ci si sente scoperti, esposti, smascherati, accompagnata dal desiderio di sprofondare e sparire per non essere più visibili e da una sensazione di blocco e di irrigidimento. In questo stato d’animo l’individuo sente di diventare improvvisamente visibile agli occhi degli altri e si percepisce denudato in una situazione in cui si vorrebbe nascondere. Il turbamento che deriva da questo modo di percepirsi è legato al fatto di sentirsi sgraditi, indegni, infami e quindi vergognosi.
La vergogna è strettamente legata al corpo che viene spesso chiamato in causa da questa emozione attraverso atteggiamenti e movenze che evidenziano il disagio di ciò che si vorrebbe nascondere e spesso, tale emozione, si nasconde dietro sentimenti depressivi, di invidia, di odio e risentimento. Questa dolorosa emozione è strettamente legata all’immagine di come siamo risucchiati in un vortice di non accettazione del nostro sé.
L’individuo che prova vergogna vive un senso di insofferenza, disgusto e di condanna verso il proprio sé percepito come inadeguato e difettoso all’interno di un contesto relazionale in cui si vive lo sguardo dell’altro come negativamente giudicante di fronte al quale ci si sente completamente impotenti. In questa situazione dolorosa entra in gioco l’immagine che abbiamo di noi stessi nei suoi aspetti consci e inconsci che si lega alla nostra identità sollecitata dal contesto relazionale, dallo sguardo di chi vede ciò che noi vorremmo nascondere di noi poiché indesiderabile. È un sentirsi in modo diverso dagli altri che hanno maggiori capacità, virtù, qualità che noi vorremmo avere e di cui percepiamo mancare profondamente.
L’emozione della vergogna si incontra con l’immagine di noi sentita come sgradevole, inadeguata e ostinatamente inaccettabile alla quale tendiamo continuamente ad identificarci. Il profondo e vergognoso turbamento di essere visti dagli altri nelle parti più carenti del nostro essere con le quali ci identifichiamo è un po’ come il non voler vedere ciò che in noi ancora abbiamo difficoltà di vedere e di accettare. Tale emozione si esprime nella dimensione relazionale sia sul versante intrapsichico, sia su quello interpersonale e riguarda un contrasto, un conflitto tra il sé ideale, vale a dire il sé che si desidera essere e il sé reale, ovvero quel sé che, di fatto, ci riconosciamo. Più la distanza tra questi due sé è grande più la vergogna viene vissuta come un senso di impotenza invalidante.
Dal punto di vista interpersonale la vergogna viene vissuta come una sorta di rivalità in cui noi ci percepiamo inferiori e perdenti in cui gli altri rappresentano, attraverso un gioco di proiezioni, una sorta di normalità in cui noi siamo completamente esclusi. L’individuo che prova vergogna, piegato dal senso d’inferiorità tende a ritirarsi in un proprio mondo, isolato e strappato alle relazioni, dove può dar sfogo al proprio risentimento verso gli altri, vissuti come deridenti e aggressivi senza rendersi conto d’essere vittima delle sue stesse proiezioni. L’individuo vive una sorta di avversione e di condanna nei confronti del proprio sé percepito costantemente come inadeguato.
La vergogna ha a che fare con gli aspetti che noi pensiamo difettosi di noi stessi, consci o inconsci, in cui è riposta la nostra identità. L’esperienza della vergogna, quindi, riguarda il fissarsi di un’immagine che noi percepiamo come sgradevole, inadeguata e soprattutto inaccettabile con la quale tendiamo continuamente ad identificarci, legata a sentimenti d’inferiorità e di indegnità e a un rifiuto grave rispetto al proprio essere in cui l’individuo si percepisce più come un oggetto osservato e derubato della propria soggettività che come un soggetto riconosciuto e accettato. Purtroppo, dobbiamo amaramente renderci conto che quest’emozione è vista più come una sorta di sconfitta che come un’opportunità di conoscere noi stessi.
La vergogna, nella sua pur dolorosa sofferenza, ci offre l’opportunità di porci di fronte a noi stessi e di riscoprirci nella propria intimità più autentica. E’ un’emozione che non segna soltanto il crollo delle nostre aspettative ma anche l’avvio ad una più profonda conoscenza di sé a partire da questo stesso sconforto e delusione. Questa disillusione è legata alla comprensione della nostra ferita interna, del nostro modo di percepire come gli altri ci vorrebbero per essere da loro maggiormente accettati e approvati. La vergogna è il prodotto di uno sguardo esterno interiorizzato e giudicante, è la solitudine della nostra coscienza che ci rimprovera di non essere stati adeguati alle proprie e altrui aspettative e che si fa sentire come una voce ostile che giudica duramente senza possibilità di riscatto.
La vergogna, però, nel suo manifestarsi, può segnare un motivo di diversità e distinzione dalla convenzionalità sociale in cui gli individui, spesso, inconsapevolmente si nascondono per uniformarsi agli altri e rassicurarsi d’appartenere al gruppo sociale, risucchiati in una collettività nella quale si sentono più adeguati nelle loro interazioni sociali, più uguali nella scelta della soddisfazione dei loro bisogni e del modo di pensare.
Il bisogno d’appartenenza è un bisogno naturale dell’essere umano che gli offre l’opportunità di non essere solo con se stesso ma, che spesso lo induce a vivere inconsapevolmente una sorta di anonimato che lo affonda in una dimensione di coscienza standardizzata e proprio per questo poco individuata in cui la condivisione di valori, che nel tempo vengono dati per scontati, possa rappresentare la causa di alcune azioni inconsapevoli.
Diventa, forse, legittimo pensare che l’emozione della vergogna, nel suo aspetto positivo, possa rompere questa inconsapevolezza. L’essere umano che si vergogna si trova davanti a se stesso e scopre la sua diversità dal gruppo sociale e sente che ha un io più autentico cui può conformarsi, più libero dai vincoli collettivi che sopraffanno e inaridiscono con la loro sterile convenzionalità l’evoluzione soggettiva del singolo uniformandolo ad un pensiero esclusivamente collettivo. Tale scoperta è sempre dolorosa.
Provare vergogna è un segnale di consapevolezza che sorge dalla parte più autentica di se stessi e che sottolinea il non volersi sentire oggetti nelle relazioni umane ma soggetti interdipendenti. L’individuo non vuole più essere un anonimo che agisce, ma un soggetto che valuta la sua azione in base a se stesso e che non vuole conformarsi passivamente. La vergogna può essere vista allora non solo come un affetto doloroso, ma anche costruttivo che si fonda sull’unità del nostro essere e ci spinge a rivendicare la responsabilità verso noi stessi. Tale emozione può progressivamente ridurre i suoi effetti invalidanti, nella misura in cui diventiamo più capaci nel favorire il crescere, nelle nostre relazioni, della consapevolezza e dell’attenzione per la propria e l’altrui soggettività.
Da un punto di vista astrologico la “vergogna” è strettamente legata al pianeta Saturno che rappresenta l’interiorizzazione del giudizio genitoriale – Super Io – che, nel caso, ha registrato un senso di inadeguatezza e di mancanza che impone un continuo autogiudizio ed autocritica spesso impietosa e finalizzata alla denigrazione.
In pratica, il rapporto con l’autorità che nel bambino è prima esterno, con il tempo si interiorizza e in questo caso in modo negativo accendendo i suoi riflettori sugli errori, le mancanze e il senso di inferiorità.
E’ chiaramente una tematica di scarsa autostima che richiede un lavoro sul se’ autentico e sul valore dello stesso.