Il viandante che si muove con il suo minimo bagaglio e senza pensieri, nella mia visione, somiglia al Matto dei Tarocchi.
La sacca che porta sulle spalle è quasi vuota, così come le tasche del suo buffo costume.
Nella sua pazzia ha scelto di non possedere niente, e così, forse senza neanche saperlo, assomiglia a quei santi rishi ancora piuttosto comuni nelle giungle e nelle sterminate campagne del subcontinente indiano: saggi illuminati ricchi di spiritualità, apprezzati portatori di benedizioni divine.
Il Matto incarna in questo modo la pura energia che mette in moto tutto il mazzo degli Arcani, il fuoco che può bruciare il Karma, l’inizio e la fine del percorso sacro, l’alfa e l’omega della tradizione mistica occidentale.
Quel giullare vaga su strade sempre diverse e sembra camminare senza alcuna destinazione: lascia il castello di un cavaliere che lo aveva ospitato per un po’ in cerca di qualche altro signore da allietato con i suoi versi scomposti, le sue battute oscene, i suoi scherzi villani.
Nessuno come il Matto sa camminare sui Sentieri sacri e profani dell’inconscio profondo, perché lui può muoversi in assoluta libertà, senza inutili fardelli, senza dubbi e senza aspettative, senza attaccamenti alla Materia che ancora deve incontrare e conoscere.
Finché può seguire solo il puro istinto, il Matto è il vero signore dei Tarocchi. Poi tutto cambia, tutto si trasforma, ed anche lui è chiamato ad evolversi.
Allora può muoversi sulle strade della vita secondo due modalità: quella consapevole e quella inconsapevole. Per la sua qualità di Matto, in entrambe gli è concesso di trovare se stesso, più o meno agevolmente.
Quando il viandante cammina nella cosmica ragnatela di strade che tutto e tutti avvolge in perfetti meccanismi di coincidenze significative, la sua vista può essere chiara oppure offuscata dalla nebbia ed il suo Sentiero può essere diversamente piacevole ed utile.
A volte capita che tale Sentiero si incroci con quello di un altro viandante, ed allora accade che i due possano fare un tratto di strada insieme. Soprattutto in queste occasioni si può imparare quanto poco sia importante la meta prefissata e quanto sia invece fondamentale la qualità del percorso che si sta facendo.
E’ tale qualità che fa la differenza nella vita che ognuno si sceglie.
Mi piace chiamare “Aurei” quei Sentieri che uniscono le persone consapevoli di percorrerli. Tutti gli altri sono semplici cammini, che in ogni caso conducono ciascuno verso la propria individuale direzione, ma che non permettono alla coscienza di “uscire” dalla ragnatela di strade e di osservarla oggettivamente.
Chi ha la possibilità di riconoscere il Sentiero Aureo mentre lo percorre, e la fortuna di farlo insieme ad un compagno di viaggio, deve essere grato per questo, e proteggere, e sacralizzare i passi comuni compiuti.
Se ciò avviene fisicamente, il riconoscimento è più facile, ma questa non è l'unica modalità, perché i Sentieri sono extradimensionali o pluridimensionali, come si preferisce.
E così, mentre tutto ciò che è Materia è destinato a finire, il cammino continuo di ogni Eterno Viandante, di ognuno di noi, procede sul Sentiero dell’Anima.