Non è facile parlare dell’inconscio. Personaggi come Freud, Jung, Adler e tutti coloro che hanno continuato la loro opera hanno speso la vita per decodificare, spiegare e penetrare l’inconscio; possiamo iniziare dicendo che è inconscio tutto “ciò che è ignoto alla coscienza”, sia esso positivo o distruttivo.
Tutti concordano con l’idea che l’inconscio contiene tutti gli aspetti della natura umana: buio, luce – saggezza, follia – bello, brutto – creativo, distruttivo – profondo, superficiale – buono, cattivo – ecc. in una parola, l’inconscio racchiude la totalità della psiche, compreso quello che è conosciuto dalla coscienza che, in esso è comunque contenuta e da esso è emersa.
Di fatto non è possibile accedere al mondo dell’inconscio se non attraverso i sogni e il sistema delle “libere associazioni” che sono stati gli strumenti utilizzati sia da Freud che da Jung per arrivare all’idea che esso ha una natura autonoma e che agisce del tutto indipendentemente dalle ragioni e motivazioni della coscienza anzi, spesso, la scavalca totalmente.
Durante gli esperimenti associativi Jung si rese però conto che dentro all’inconscio sono rintracciabili elementi soggettivi, derivanti quindi da esperienze personali, ed elementi totalmente estranei a quelli che la persona poteva aver vissuto in prima persona; da qui nacque l’idea che esistesse un “inconscio personale” ed un “inconscio collettivo”, che, come dice la parola stessa, va al di là dell’individuo e della sua esperienza mentre quello personale contiene ciò che la coscienza ha rimosso in quanto non in grado di integrare.
All’interno dell’inconscio ci stanno i “complessi” che si comportano come se fossero entità a sé stanti, con una propria vita o meglio, come personalità che vivono ignorate e non riconosciute che si dissolvono quando si integrano con la personalità cosciente nel momento in cui vengono viste ed elaborate.
Chiaramente i complessi sono riferiti nella maggior parte dei casi ad esperienze vissute e non integrate dal soggetto; anche nei sogni appaiono contenuti assolutamente personali e contenuti che non hanno nulla di personale e che, pertanto, giungono a noi attraverso i canali dell’inconscio collettivo.
Nell’inconscio abitano anche gli archetipi, le pulsioni e gli istinti che mettono in moto le emozioni che sono informazioni che giungono alla coscienza attraverso sintomi particolari del corpo.
Quindi, possiamo dire che l’inconscio collettivo comprende tutto ciò che possiamo rintracciare nella psiche: gli archetipi sono le forme preesistenti che portano “le informazioni” che daranno poi vita alle forme; le pulsioni sono ciò che motiva ovvero la componente energetica motivazionale che spinge ad agire in determinati modi per soddisfare i bisogni; infine ci sono gli istinti che sono le tendenze innate ovvero ciò che ci viene trasferito attraverso il DNA che rappresenta il nostro patrimonio ereditato che, pertanto, non è frutto dei nostri apprendimenti coscienti. Lo scopo degli istinti è quello di dirigere la vita, almeno fino a quando non si è in grado di farlo autonomamente e in piena coscienza.
Non è facile arrivare a dividere perfettamente gli archetipi dagli istinti in quanto, nella visione di molti psicoanalisti, gli archetipi sembrerebbero essere le immagini inconsce degli istinti stessi, in quanto si presentano come schemi di comportamento automatici che in qualche modo direzionano la vita a lungo.
Gli istinti e gli archetipi sono universali, come universali sono i contenuti dell’inconscio collettivo: in effetti gli istinti sono più o meno gli stessi in tutti gli individui così come gli archetipi si presentano con forme e comportamenti simili in ogni cultura oltre che in ogni individuo. Gli archetipi secondo Jung non sono contattabili dalla coscienza, ma la raggiungono attraverso le “immagini archetipiche”.
Jung paragonò sempre gli archetipi e gli istinti al corpo sostenendo che esso ha una “forma” simile in ogni parte del mondo ed in ogni razza anche se vi sono differenze di pelle, di lineamenti, di altezza, di conformazione fisica, tuttavia non si può vedere quanto in fondo si somigliano. Allo stesso modo parla degli archetipi che sono presenti in ogni singola cultura e ce lo dimostrano i disegni, i miti ed anche i sogni che spesso presentano motivi archetipici.
E’ interessante il fatto che nella psicologia Junghiana il concetto di individualità non è mai visto come qualcosa di limitato dall’inconscio collettivo che, anzi, contempla al suo interno favorendo numerose istanze personali.
Jung pensava all’inconscio collettivo come ad una sorta di pozzo in cui sono contenute tutte le esperienze che l’umanità ha fatto dal suo apparire sulla Terra fino ad oggi: nulla va perduto e tutto sedimenta in questo contenitore da cui poi, ogni singolo può trarre ciò che gli è necessario per il suo percorso; in modo particolare sono favoriti gli artisti e i mistici e, in qualche modo, pur se in modo più complesso e meno facilmente comprensibile per noi, anche i malati psichici il cui Io fragile diventa una facile preda del suo strabordare e della sua fascinazione.
Jung arrivò all’idea dell’inconscio collettivo attraverso la decifrazione di un sogno molto celebre che però voglio riportare qui di seguito
“Ero nella mia casa. Era una casa molto complicata, in un certo modo simile alla vecchissima casa di mio zio costruita sulle anche mura di Basilea. Ero al primo piano; era elegantemente ammobiliato, più o meno come il mio studio attuale. La stanza era in stile ottocento e i mobili molto belli. Vidi una bella scala e decisi che dovevo vedere quello che c’era sotto, e quindi discesi al piano terreno. Qui la struttura e l’arredamento sembravano del sedicesimo secolo o più vecchi e pesanti e pensai tra di me: “è molto bello, non sapevo che ci fosse. Forse c’è una cantina sotto”. E difatti c’era. Era di costruzione molto antica, forse romana. Scesi per una scala polverosa e molto logora e trovai dei muri nudi con l’intonaco che veniva via, e sotto c’erano mattoni romani; c’era un pavimento lastricato di pietra. Provai una strana sensazione che mi spingeva a scendere la scala con la mia lanterna in mano. Pensai adesso di essere arrivato in fondo. Ma allora vidi in un angolo una pietra con un anello: la sollevai, e guardai giù in una cantina inferiore che era molto buia, come una caverna o magari una tomba. Come sollevai la pietra uscì un po’ di luce. La cantina era piena di terracotte preistoriche, di ossa e di teschi. Fui piuttosto stupito e quando la polvere si posò sentii di aver fatto una grande scoperta. Qui il sogno finì e io mi svegliai”.
Questo sogno colpì tantissimo Jung al punto che ne parlò con Freud ma non fu convinto della sua interpretazione. Lui comprese subito che il sogno aveva qualcosa di particolare e di straordinario; pensava che non rappresentasse solamente qualcosa di suo personale ma che, in realtà, si rifacesse a strati diversi che sedimentano nella psiche e che rappresentano epoche culturali diverse, come quando si scava e si trovano resti di un’epoca precedente. La sua idea pian piano si fece più corposa ed è da lì che coniò il termine “collettivo” che stava a significare che comprende tutte le ere, le culture, le esperienze che l’umanità ha fatto in tutti i tempi.
L’inconscio collettivo può mettersi in contatto con la nostra psiche personale attraverso le intuizioni, le immagini, i sogni e quelle che sembrano improvvise rivelazioni che irrompono nella coscienza e che la scioccano.
Astrologicamente parlando non è facile ritrovare l’inconscio in un solo simbolo in quanto esso è praticamente rappresentato nella totalità della carta. Possiamo però dire che indubbiamente Plutone rappresenta più prettamente la parte di inconscio in cui stanno le pulsioni e gli istinti, quelle parti che spingono ogni singolo individuo a muoversi, a soddisfare i bisogni primari che sono impellenti ed impossibili da procrastinare nella prima parte della vita ma che, nel lungo percorso educativo, si adattano e si lasciano padroneggiare dall’Io e dalla forza congiunta del Super Io.
Tutti noi abbiamo istinti potenti e pulsioni importanti, ma impariamo a riconoscerle, gestirle e utilizzarle al meglio delle nostre possibilità. Sappiamo però anche che gli istinti sono fondamentali perché eseguono delle sequenze automatiche in tempi rapidissimi e ci hanno praticamente permesso di giungere fino a noi senza soccombere. Tuttavia, gli istinti devono trovare una via di mediazione con la ragione e con la parte emozionale perché, in caso contrario, l’uomo è obbligato a vivere costantemente in una situazione di conflitto e di scissione, cosa che porta alle nevrosi e ad altre difficoltà psicologiche.
Anche senza motivazione l’uomo non può vivere e quindi deve mantenere costantemente un contatto con questa parte.
Restano tuttavia difficoltà per coloro che hanno scarse capacità di gestione e padroneggiamento di questa parte e che, di conseguenza, diventano “compulsivi”, ovvero preda dei desideri improrogabili dell’inconscio in quanto il loro Io non è forte e non riesce a fare da barriera ad un mondo che deve essere comunque contattato senza però essere distruttivo.
Indubbiamente la coscienza si nutre e affonda le sue radici nell’inconscio in quanto, senza di esso, non c’è vita psichica; in ogni caso ognuno di noi ha il compito di differenziarsi dai contenuti dell’inconscio portandoli alla consapevolezza; solo così vi sarà forza, potere e creatività che appariranno sotto diverse forme collaborando però al raggiungimento del senso di completezza interiore.
Nell’inconscio quindi c’è anche tutto il nostro potenziale creativo, il desiderio di migliorarci e di non restare uguali, per cui, ogni generazione ha un inconscio che comprende già anche quello dei progenitori e, pertanto, possiede qualcosa in più.. e maggiori potenzialità di accedere al suo bagaglio.
Nell’inconscio vi sono anche gli aspetti più elevati e più nobili che l’umanità ha prodotto, quelle parti che desiderano ritornare all’unità perduta e che lavorano e spingono l’Io a ritrovare questa strada, andando al di là dei confini che la coscienza pone nel suo strutturarsi.
In genere questa parte di inconscio utilizza gli artisti per mostrarsi in quanto hanno la capacità di canalizzare messaggi che possono giungere a tutti attraverso le emozioni e le suggestioni che producono.
Questo compito a livello astrologico spetta a Nettuno che spinge l’Io ad andare oltre i suoi limiti fino a ripescare senso e significato qualcosa che si può trovare solamente ricongiungendosi alla matrice originaria e a tutte le zone della personalità che giacciono fuori dalla coscienza. Nettuno è anche il pianeta che spinge affinchè “ritorniamo ad essere partecipi” di tutto ciò che ci circonda, qualcosa che possiamo definire “senso spirituale”.
La chiave di accesso a questi due archetipi è Urano che con le sue sollecitazioni, i suoi continui risvegli e insight spinge la coscienza ad aprire le sue frontiere, a cambiare e ad “abbattere le difese” che Io e Super Io hanno costruito.
Jung ebbe a dire che conscio ed inconscio collaborano insieme alla consapevolezza attraverso un continuum di cambiamenti che alla fine producono danno vita al “processo di individuazione” attraverso cui il Se’, l’archetipo della totalità e dell’inconscio collettivo, chiama l’Io alla funzione trascendente, ovvero a superare la polarità e a ricongiungersi con tutte le sue parti, comprese quelle che sono state a lungo inconsce.