Un immenso e meraviglioso cielo stellato apre il film della storia di Ipazia e della città che ne vide i natali: Alessandria. Siamo tutti abituati a ricordare questa città per la Biblioteca, dunque simbolo di custodia del sapere umano e per il celebre faro che poteva essere visto fino a 50 Km di distanza, simbolo di quell’opera materiale e spirituale che fu posta in essere dalla dinastia Tolemaica, di cui è celebre nel mondo astrologico Claudio Tolomeo, che lì visse e lavorò come astrologo e geografo autore del Tetrabiblos a numerose altre opere.
“Per un’azione combinata con l’ambiente, il Sole influisce su tutto quanto si trova sulla terra in maniera pressoché continua; la sua azione non si limita alla generazione degli animali, alla fertilità delle piante, allo scorrere delle acque ed ai mutamenti dei corpi collegati all’alternarsi delle stagioni: con il suo moto giornaliero il Sole genera calore, umidità, secchezza e freddo con un ritmo regolare e corrispondente alle sue posizioni nello zenit. La Luna, il corpo celeste più vicino alla terra, esercita su di essa una considerevole influenza; è all’unisono con la Luna che hanno luogo i cambiamenti della maggior parte degli esseri inanimati e animati: i fiumi aumentano e diminuiscono le correnti secondo le fasi lunari, i mari variano le maree in tempi corrispondenti al sorgere e tramontare della Luna, piante e animali, in maggior o minor misura, crescono e declinano con lei...”
Ecco dunque che in questo film ho colto il dramma contemporaneo del conflitto tra credere e non credere, tra religione e scienza, tra maschile e femminile, logos e phatos e mi piace ispirarmi per darne una lettura proprio ai nostri astri maestri dell’identità: Sole e Luna, il principio maschile e femminile in perenne pulsare nella tensione di garantire il rinnovarsi della vita. Sappiamo infatti che se il Sole designa la nostra parte affermativa volta ad attestare la nostra esistenza nel mondo, il nostro progetto di vita, la Luna si incarica di rappresentare tutta la nostra sfera emotiva, il nutrimento, i nostri bisogni. Entrambi descrivono funzioni attraverso cui sviluppiamo la nostra vita e che dobbiamo conoscere durante il nostro percorso terreno. L’Io si dovrà allargare attraverso la volontà e la forza, i suoi collaboratori Marte e Plutone, a disposizione del maschile nella costruzione dell’identità si fanno garanti del potenziale successo nel confermare il proprio progetto di vita. La Luna e la sua collaboratrice già visibile, Venere ,e la sua collaboratrice ancora nascosta, X, rappresentano il principio ricettivo, il perpetrarsi della vita nel grembo della madre, custode della vita. L’astrologo è colui che traduce il mistero dell’universo in qualcosa di leggibile da un punto di vista umano, è un interprete di questi due principi universali che danno vita e permettono la sopravvivenza.
La filosofa, astronoma e astrologa Ipazia, che Amenabar ci presenta, insegna ai suoi allievi i misteri del cosmo e lo fa in un divenire che coinvolge ella stessa. “Se non vi fosse un centro il cosmo sarebbe caotico” – (Ipazia). Da brava filosofa non cessa mai di dubitare e mette un passo avanti all’altro consapevole che deve potersi continuare a svolgere il gioco delle domande di senso.
Dopo “Mare dentro”, il film in cui aveva trattato il difficile tema dell’eutanasia, il regista Amenabar prende posizione, ancora una volta, sulla religione soprattutto nella valenza sociale e politica. Moltissime le discussioni su questa sua scelta.
Nell’Agorà al principio del film sembra quasi che le due culture pagana e cristiana possano convivere “Voi Cristiani, come siete diventati arroganti ora che l’Impero vi permette di esistere” – dice un pagano. Tra di loro si sfidano, si criticano si deridono. Diviene chiaro al momento dell’episodio di Ammonio – “quello che ha fatto il miracolo?” domanderà Davo più tardi – che cammina sulle braci accese per dare prova del potere del Dio cristiano e dopo sfida il pagano a passare nel fuoco e questi brucia, che nulla di buono è a venire per una pacifica convivenza.
Lo spunto di inserire come leitmotiv dell’intero film il passaggio dal sistema geocentrico alla teoria della relatività ha molto a che vedere con il passaggio che, a mio avviso, viene oggi richiesto all’umanità: allargare la sua visione e il suo spirito. Credo che l’opposizione Saturno Urano che a lungo sta segnando il cielo attuale possa leggersi come spunto nelle righe di questo film che descrivendo un’epoca lontana ci ricorda quanto è difficile il cammino dal vecchio al nuovo. Siamo protagonisti di un tempo in cui non si è più ma non si è nemmeno ancora per questo possiamo ben comprendere il clima registrato nella pellicola.
Ipazia rappresenta il polo femminile del conflitto e i personaggi maschili che la circondano rappresentano l’altro polo. Ella fu una creatura affascinante, che amò la scienza e in cambio ricevette la conoscenza. Sembrerebbe potersi dire che il logos ebbe su di lei la meglio, tanto che Oreste stesso, vestito dei panni del prefetto dell’Impero, in un mondo in cui ormai il paganesimo è superato e a farsi la guerra sono rimasti Cristiani ed Ebrei, dirà: - dubito che qualcuno possa vederti come devota moglie e madre. – Quindi è un femminile che sembra rinunciare al suo lato lunare. Anche se la vediamo avvicinarsi ai suoi allievi in modo molto materno, e se la vediamo prendersi cura del padre Teone quando viene ferito nel tentativo di salvare la biblioteca. Vediamo anche la sua creatività: è incessante la sua ricerca nel tentativo di spiegare il movimento planetario. Il simbolo del cerchio a cui resta avvinghiata perché lo considera come perfezione che domina i cieli delimita una zona di confine simbolica che è profondamente radicata. Il cerchio, l’Uroborus, si aggancia a qualcosa che simbolicamente è molto stratificato nella psiche. Quando andiamo molto indietro nel tempo, andando a cercare le nostre origini troviamo un periodo matriarcale di lunghissima durata a confronto con un periodo di patriarcato assai meno lungo. Questo da ragione del perché il principio femminile sia avvertito come così potente e pericoloso.
Un giorno a bordo della nave Ipazia chiede ad Aspasio, suo fedele servitore che ragiona con lei sul mistero della teoria di Aristarco, che per primo aveva ipotizzato che fosse la terra a girare attorno al sole e non il contrario, di arrampicarsi sull’albero maestro e di gettare giù un sacco con dentro della terra. La barca è in movimento pertanto il sacco dovrebbe cadere ad una ragionevole distanza dalla base dell’albero stesso ed invece il sacco cade alla base. Dunque per lo stesso principio gli uomini non percepiscono il movimento della terra!
La notte Ipazia dalla nave guarda il cielo con un binocolo e calcola che Venere e Marte sono congiunte in Acquario mentre prosegue nel riflettere sulla teoria di Aristarco: - L’unica cosa da fare è spostare il centro, ma non avere un centro mi spezza il cuore. - Una ipotesi terribile che la condurrà presto a scoprire i due fuochi del solstizio d’estate e di quello d’inverno e la percorrenza ellittica del moto terrestre attorno al sole.
Proseguono le stragi tra parabolani – di cui il vescovo Cirillo dirà: “i nostri buoni parabolani dedicano se stessi a portare pesi “ – ed ebrei. I primi capeggiati da Ammonio tirano pietre durante il Shabbat agli ebrei, questi si vendicheranno imprigionandoli con il trucco dello scoppio di un incendio e facendone una strage.
Oreste, prefetto, discute sul da farsi per placare l’esplosione di violenza con gli altri membri dell’assemblea: - Cirillo esige l’annientamento di donne e bambini! Un vescovo! – se il prefetto difendesse gli ebrei mezza città si solleverebbe contro il governo. Ipazia interviene: - Cirillo continuerà a fare sempre la stessa cosa e allora non ci sarà più nessuno da governare. – Emerge in modo potente l’avversione per il femminile e la paura che questo polo desta nell’uomo desideroso di potere. Il femminile fortemente legato al principio di relazione, al principio di Eros, la Luna che esprime intensamente il bisogno di essere legati, di far parte, di unire minaccia l’affermazione. Con l’emergere della struttura patriarcale è necessario creare un senso di separazione, di controllo sulle forze del femminile.
Nella città non si fa altro che trasportare e seppellire cadaveri. Arriva anche l’altro allievo di Ipazia, Sinosio, che nel frattempo è diventato vescovo della città di Cirene. Si abbracciano in grande amicizia sia con Ipazia che con Oreste, sono cresciuti tutti e tre e al posto degli screzi di ragazzi c’è affetto e stima. Ma qualcuno mette la pulce nell’orecchio di Cirillo: - due Cristiani nelle mani di una pagana…è un oltraggio!- e quest’ultimo, per assestare ancora un colpo contro le donne, finirà per costringere Oreste e l’assemblea del governo ad un incontro alla messa domenicale. Leggerà un passo delle sacre scritture in cui la donna viene invitata ad essere umile e a stare in silenzio.
“Io so di qualcuno in Alessandria che ammira e addirittura si fida di una donna: Ipazia…una strega. È tempo che voi tutti dignitari vi riconciliate col Cristo. Inginocchiatevi e abbracciate le sue verità.” (Cirillo)
Oreste non si inginocchierà. Nel sacco dove al principio della sua avventura da parabolano Davo portava del pane adesso ci sono delle pietre e una di quelle verrà scagliata da Ammonio contro Oreste, ciò costerà la vita al colpevole. Cirillo celebrerà la morte di Ammonio dichiarandolo martire e santo col nome di San Taumasio.
Da quel momento in poi i paraboloni cercheranno vendetta e la costruiranno lentamente formando una morsa intorno ad Ipazia fino a celebrarne la morte in una scena molto molto toccante che vedrà Davo abbracciato a Ipazia ricordare tutti i momenti felici trascorsi con lei, la sua amata, che aveva pregato il suo Dio cristiano non lasciar essere mai di nessuno.
“Sinosio, voi non mettete in discussione quello in cui credete, voi non potete, ma io devo” aveva detto Ipazia al suo allievo ormai vescovo. Non posso non vedere anche in queste parole e nel finale la mancanza di quel principio femminile che è X e di cui abbiamo un estremo bisogno. Il Sole che per affermare se stesso soffoca la Luna non può esistere in cielo e non deve esistere nemmeno sulla terra. Deve pur esserci un modo per affermare se stessi lasciando convivere queste due parti di noi.