“RUBARE I BUOI DI GERIONE”
Quando per la prima volta ho sentito parlare di Astropsicologia ho pensato a tutto ciò che poteva essere, tranne la verità. E siccome qualcuno ha detto “la verità ti renderà libero” ho pensato bene di partecipare prima ad una conferenza poi ad un corso propedeutico. E così ho scoperto che tutto ciò che da una vita mi affascinava, lo trovavo chiuso dentro questa parola fino ad ora a me sconosciuta: Astropsicologia.
Ma più di tutto ciò che ha sempre attirato la mia attenzione è il Simbolo.
Il simbolo nato nella notte dei tempi e, diventato il perno della nostra realtà psichica, continua ancora oggi, (alcuni di loro anche con forme non più antiche, ma che hanno anche loro subito il progresso), a proiettarsi all’interno del nostro essere pronto a manifestare di nuovo la sua grandezza e il suo scopo.
E’ stato sicuramente la prima cosa che l’uomo ha visto. E lo ha visto attraverso ogni forma della natura, ogni forma che lo circondava ed infine ogni forma che lo sovrastava, al di là del suo dito e cioè quando puntava le stelle, i pianeti, il sole, la luna.
Credo che da allora l’uomo abbia aperto una porta che ancora oggi ci prestiamo ad aprire un po’ alla volta senza mai dire basta, una porta che non si aprirà mai completamente, che anche se ti sembrerà di vedere ampio il panorama che ti circonda, ti accorgi poi che ci sarebbe ancora tanto da vedere.
Perché in fondo tutto il macrocosmo è dentro di Me in una forma sofisticata di simboli che collocati come stelle e pianeti si avvicinano danzando al grande Sole ossia al Sé supremo, e guardando ogni singolo Simbolo attraverso i sogni, i miti, gli astri, allora mi accorgo di quanto è vasto l’universo dentro di me e di come esso alla fine giungerà a trasformarsi come un buco nero che brucia su se stesso fino a diventare una grande forza che non ha più bisogno della forma. Nessuna forma, nessun simbolo quindi potrà più esistere perché il Tutto li avrà assimilati tutti divenendo pura essenza: il Sé o Grande Spirito.
Lo zodiaco non è altro quindi che il percorso che l’universo (l’uomo) fa dal big bang (ariete) fino ad arrivare a divenire un buco nero (1) (pesci) e lo fa assimilando strada facendo, ogni segno, ogni simbolo, ogni mito.
(1) Nota:
Una delle ipotesi che mi piace di più circa la natura dei buchi neri è quella dove si descrivono come grossi imbuti che forando la struttura dello spazio-tempo conducono verso altre regioni dello stesso Universo o, chissà, di Universi paralleli dove apparirebbero come “buchi bianchi”.
LE 12 FATICHE DI ERCOLE
L’ordine tradizionale delle fatiche riportato da Apollodoro è il seguente:
- I - Uccidere il Leone di Nemea, invulnerabile.
- II - Uccidere l'Idra di Lerna.
- III - Catturare il cinghiale di Erimanto.
- IV - Catturare la Cerva di Cerinea.
- V - Disperdere gli uccelli del lago Stinfalo.
- VI - Ripulire in un giorno le Stalle di Augia.
- VII - Catturare il Toro di Creta.
- VIII - Rubare le cavalle di Diomede.
- IX - Impossessarsi della cintura di Ippolita, regina delle Amazzoni.
- X - Rubare i buoi di Gerione.
- XI - Rubare i pomi d'oro del giardino delle Esperidi.
- XII - Portare il cane Cerbero.
1) L'uccisione del leone di Nemea, mostro dalla pelle invulnerabile, che devastava il paese e divorava gli abitanti e i loro armenti. Eracle lo strozzò con le mani e dopo averlo scuoiato si rivestì della sua pelle come di un impenetrabile corazza, usandone la testa come elmo (questa, insieme alla grande, nodosa clava, che egli stesso si era fabbricata, fu poi la sua "divisa" nell'iconografia greca e romana).
2) L'uccisione dell'Idra di Lerna, un drago mostruoso con cinque o sette o più teste esalanti alito mortale, che distruggeva i raccolti e le greggi. Quando Eracle cominciò a tagliare le teste con la spada si accorse che da ognuna ne ricrescevano due, per cui, con l'aiuto dell'auriga Iolao, che fu suo compagno e aiutante, le bruciò con tronchi infuocati; la testa centrale, che era immortale, la schiacciò con un masso; infine intinse nel sangue del mostro le sue frecce, che da quel momento, quando andavano a segno, provocavano ferite che non si rimarginavano mai.
3) La cattura del cinghiale di Erimanto, che infestava e recava gravi danni nelle regioni vicine: Euristeo gli aveva comandato di catturarlo e portarglielo vivo. Eracle riuscì ad afferrarlo e immobilizzarlo, poi lo legò per bene e se lo caricò sulle spalle. Mentre l'eroe si trovava sulla via per il compimento di questa impresa, era stato ospitato dal centauro Folo, che gli aveva offerto del vino, il cui odore aveva attirato altri Centauri; ne era nata una zuffa durante la quale Eracle ne aveva uccisi alcuni e altri li aveva ricacciati a Malea, presso il centauro Chirone, ridotto in fin di vita perché ferito per errore da Ercole durante la colluttazione.
4) La cattura della cerva di Cerinea (monte tra l'Arcadia e l'Acaia), che aveva le corna e gli zoccoli d'oro ed era sacra ad Artemide; per questo doveva essere catturata viva. Eracle le diede la caccia per un anno, inseguendola fino alla terra degli Iperborei, e alla fine riuscì a catturarla.
5) L'annientamento degli uccelli di Stinfalo (lago dell'Arcadia), che avevano artigli, becco e anche penne di bronzo, che scagliavano come frecce, e si nutrivano di carne umana. Eracle ne uccise alcuni con le armi di cui disponeva: frecce, clava e pietre, e gli altri li cacciò spaventandoli con alcuni sonagli di bronzo, opera di Efesto, che gli erano stati donati da Atena.
6) La pulizia delle stalle di Augia, re degli Epei nell'Elide: erano piene del letame accumulatosi da anni dagli immensi armenti del re. In un solo giorno Eracle riuscì a ripulirle, immettendovi la corrente di due fiumi, che portarono via tutta la sporcizia con l'impeto dell'acqua.
7) La cattura del Toro di Creta (da non confondersi con il Minotauro), che era stato mandato da Poseidone al re Minosse, e poi, reso furioso dal dio perché Minosse non gliel'aveva sacrificato secondo la promessa, seminava il terrore nell'isola distruggendo le campagne. Eracle riuscì a catturarlo e a riportarlo vivo a Micene.
8) La cattura delle cavalle di Diomede, re dei Bistoni in Tracia, che si nutrivano di carne umana, fornita loro dal re attraverso l'uccisione di tutti gli stranieri che passavano per la sua terra. Eracle le legò, diede loro in pasto lo stesso Diomede, e le portò vive al re Euristeo, come egli aveva richiesto.
9) La conquista della cintura di Ippolita, regina delle Amazzoni, che era stata un dono di Ares per simboleggiare il potere; ma era desiderata da Admeta, figlia di Euristeo la desiderava e ad Eracle fu comandato di impadronirsene. Egli si recò quindi a Temiscira, la città delle Amazzoni, accompagnato da altri eroi come Teseo, Peleo, Telamone. Le Amazzoni presero subito le armi e ne nacque una zuffa in cui Ippolita fu uccisa ed Eracle portò via la cintura. Secondo un'altra tradizione, ottenne la cintura, ma non uccise Ippolita, bensì la dette in sposa a Teseo.
10) I buoi di Gerione, mostro orrendo che dalla cintura in su aveva tre corpi, erano custoditi in grandi armenti nell'isola di Eritea (collocabile in qualche punto del Marocco) da un gigantesco pastore e da un cane bicipite. Per prenderli Eracle si recò nell'estremo Occidente sul carro del Sole, ammazzò i guardiani e portò via i buoi; trafisse con le frecce anche Gerione, che l'aveva inseguito, e riuscì a guidare le bestie fino alla reggia di Euristeo, facendo fronte a vari imprevisti, tra cui un assalto dei briganti liguri Alchione e Dercino, figli di Poseidone, che gli volevano rubare i buoi, e un tafano inviato dalla solita Era, che innervosì e disperse parte dell'armento.
11) I pomi d'oro delle Esperidi erano stati regalati da Gea ad Era per le sue nozze con Zeus; erano custoditi dalle Esperidi in un giardino nell'estremo Occidente presso il monte Atlante, e guardati dal drago Ladone. Eracle si recò in quell'estremo paese, uccise Ladone, prese tre pomi e li portò a Euristeo. Tale racconto si arricchì poi di molti particolari: l'uccisione del gigante Anteo che l'aveva sfidato a combattimento, la cui caratteristica era di essere invincibile finché teneva i piedi ben saldi sulla terra; Eracle lo afferrò, lo sollevò in aria e infine lo soffocò.
12) La cattura di Cerbero, il mostruoso cane tricipite che stava a guardia dell'Ade, fu l'ultima fatica di Eracle, quella che l'avrebbe finalmente liberato dalla servitù di Euristeo. L'eroe fu per ordine di Zeus aiutato da Ermes e da Atena, che gli permisero di giungere alle porte degli Inferi dove ebbe molti incontri e avventure: l'incontro con la gorgone Medusa, l'incontro con Meleagro, la liberazione di Teseo, la zuffa col pastore di Ade. Ade gli impose di catturare Cerbero senza fare uso delle armi: permetteva all'eroe di portare il mostruoso animale verso la luce, con l'impegno che lo restituisse subito al regno al quale per sempre doveva appartenere. Eracle dette la sua parola: strinse alla gola Cerbero, lo condusse da Euristeo ma poi lo riportò indietro.
Nota
Ormai Eracle era libero di andarsene dove voleva ma, data la sua natura così disponibile a risolvere situazioni ingarbugliate, era inevitabile che si imbattesse in numerose altre avventure. Così combatté contro i Giganti e partecipò alla spedizione degli Argonauti; riportò dal regno degli Inferi alla vita e al marito Alcesti; liberò Esione - figlia dello spergiuro re di Troia Laomedonte - dal mostro marino, mandato come punizione da Poseidone; si azzuffò persino con Apollo per il possesso di un tripode sacro, e l'elenco delle sue imprese non finirebbe mai.
Va menzionata ancora la leggenda, narrata da Virgilio, dello scontro di Ercole col gigante ladrone Caco; questi gli aveva rubato alcuni buoi, tirandoli per la coda e facendoli così camminare all'indietro, fino alla sua grotta sull'Aventino, per non far scoprire il luogo in cui li aveva nascosti; ma i buoi avvisarono il loro padrone con i muggiti, e dopo una dura lotta Ercole ebbe la meglio su Caco. Questo episodio diede l'avvio al culto di Ercole in terra italica: gli venne infatti consacrato un altare, l'Ara Maxima, nel Foro Boario, tra l'Aventino e il Palatino, dove ogni anno gli venivano sacrificati due buoi in segno di ringraziamento e di augurio per la prosperità del bestiame.
Eracle sposò Deianira, figlia del re dell'Etolia. Mentre viaggiava con lei diretto in Tessaglia, giunto ad un fiume che dovevano guadare, pregò il centauro Nesso di portare sulla groppa di là dal fiume la moglie; ma, avendo Nesso tentato di usar violenza a Deianira, lo colpì con le frecce avvelenate con il sangue dell'Idra; il Centauro morente diede a Deianira un po' del suo sangue dicendole che ne avrebbe potuto ottenere un filtro magico per conservarsi l'amore del marito, se questi l'avesse tradita: sarebbe bastato che avesse bagnato con quel sangue la tunica di Eracle e poi gliela avesse data da indossare. Così fece Deianira quando le nacque il sospetto che l'eroe la volesse abbandonare per sposare Iole, la bella figlia di Eurito, re di Ecalia; ma la tunica, appena indossata cominciò a corrodere le membra dell'innocente, rendendolo furioso dal dolore; quando seppe che Deianira si era uccisa per il dolore dell'involontario misfatto, eresse con le sue mani un rogo sul monte Eta e, montatovi sopra, vi fece appiccare il fuoco: in mezzo all'ardore delle fiamme rimbombarono tuoni e fulmini, e una nuvola circonfuse il corpo dell'eroe, elevandolo immortale sul carro di Atena fino all'Olimpo.
Secondo Alice A. Bailey, nella sua speculazione esoterica e astrologica, l’ordine delle Fatiche non rispetta la tradizione, ma viene abbinato al Segni nel modo seguente:
- ARIETE Rubare le cavalle di Diomede
- TORO Catturare il toro di Creta
- GEMELLI Rubare i pomi d’oro del giardino delle Esperidi
- CANCRO Catturare la cerva di Cerinea
- LEONE Uccidere il Leone di Nemea
- VERGINE Impossessarsi della cintura di Ippolita
- BILANCIA Catturare il cinghiale di Erimanto
- SCORPIONE Uccidere l’Idra di Lerna
- SAGITTARIO Disperdere gli uccelli del lago Stinfalo
- CAPRICORNO Portare il cane Cerbero
- ACQUARIO Ripulire in un giorno le Stalle di Augia
- PESCI Rubare i buoi di Gerione
Il significato delle fatiche
Alle sovrumane imprese di Eracle, spesso compiute con un atteggiamento di sfida alla morte, si può attribuire anche un significato filosofico, morale e allegorico che supera quello immediato di semplice narrazione di gesta eroiche: la figura di Eracle rappresenta una tradizione di mistica interiore e le Fatiche possono essere tranquillamente interpretate come una sorta di cammino spirituale e assimilate quindi ai dodici segni dello zodiaco.
Tra queste fatiche non è stato facile per me scegliere quella di cui parlare perché tutte hanno una ricchezza simbolica tale, da svelarne il più possibile ogni significato; ma senza dubbio quella che più mi ha colpito è stata quella “Rubare i buoi a Gerione”
XII - RUBARE I BUOI A GERIONE
Gerione è una figura della mitologia greca, figlio di Crisaore e di Calliroe.
Si narrava che fosse un fortissimo gigante con tre teste. Viveva nell'isola di Eritea, dove possedeva dei magnifici buoi guardati dal pastore Euritione e dal cane Ortro che causavano l’invidia di tutti. Fra gli invidiosi c’era anche Euristeo che ordinò ad Eracle di sottrarli a Gerione.
Eracle lo uccise con una freccia e, nella medesima occasione, Era fu ferita al petto. In quello stesso viaggio Eracle minacciò anche con le sue frecce il sole dai raggi troppo ardenti.
Anche Dante parla di Gerione nella Divina Commedia e ce lo descrive con la testa umana, corpo di serpente e coda velenosa come quella dello scorpione:
"...La faccia sua era faccia di uom giusto,
tanto benigna avea di fuor la pelle,
e d'un serpente tutto l'altro fusto;
due branche avea pilose insin l'ascelle;
lo dosso e l'petto e ambedue le coste
dipinti avea di nodi e di rotelle.
Con più color, sommesse e sovraposte
non fer mai drappi Tartari nè Turchi..."
"...Nel vano tutta sua coda guizzava,
torcendo in su la venenosa forca
ch'a guisa di scorpion la punta armava..."
(If. XVII, 10-17; 25-27)
Dal mio punto di vista interpretativo, Eracle (l’eroe, il sole, il Leone) si ritrova ormai quasi alla fine del suo viaggio e deve affrontare “Gerione” questo mostro a tre teste o “triplice corpo” come lo descrive Dante.
E’ un mostro che per me rappresenta l’Eroe stesso nelle ultime tre fasi della sua vita; fasi che inevitabilmente occorre percorrere per poter completare il cammino Alchemico.
Queste fasi vengono dunque simbolizzate da questo aspetto trino e cioè:
- la coda di scorpione che simboleggia la putrefazione della materia per rinascere alla trascendenza (Scorpione);
- il corpo di serpente che dopo la fase della putrefazione ad opera dello Scorpione, Eracle si accinge a divenire umano e cioè spirituale, si trova quindi ad una fase di trasformazione, (proprio come il serpente che si trasforma cambiando la “pelle”). E’ a questo punto che si affacciano i primi lampi di trascendenza ed Eracle si prepara a “scoccare la sua freccia” verso la pienezza (Sagittario).
- ed infine la testa umana, simbolo della spiritualità o completezza raggiunta (Pesci). E qui Eracle, minacciando con le sue frecce il sole dai raggi troppo ardenti, sembra apprestarsi a far “morire” totalmente l’istinto leonino per raggiungere l’unificazione dell’IO con il Se’ (Pesci).
Egli dovrà quindi uccidere Gerione, ossia se stesso, non una, ma ben tre volte.
In conclusione credo che la dodicesima e ultima fatica di Ercole e cioè l’uccisione di Gerione sia da associarsi non ad uno ma a tre fasi della vita e cioè a quella dello Scorpione, del Sagittario ed infine dei Pesci.
“Di questo Gerione infatti essi dicono – prosegue Ippolito – che una parte è spirituale, una psichica e una terrena; ed essi ritengono che conoscerlo segni l’inizio della possibilità di conoscere Dio, perché essi dicono: “L’inizio della perfezione è la conoscenza dell’uomo; la conoscenza di Dio però è la perfezione suprema” tutto ciò essi dicono lo spirituale, lo psichico e il terreno si è spostato ed è disceso in un unico uomo, in Gesù nato da Maria. E questi tre uomini (ossia il triplice Gerione) parlavano mediante lo stesso elemento (spirituale, psichico e terreno) insieme, ciascuno ai suoi, a partire dalla loro specifica sostanza. Giacchè, secondo loro, tutte le cose sono di tre specie: angeliche, psichiche e terrene; e vi sono tre Chiese, una angelica, una psichica e una terrena. I loro nomi sono: l’Eletta, la Chiamata e la Prigioniera.” (Jung)
Tesi del corso propedeutico di Ancona tenuta da Nazzarena Marchegiani
Bibliografia:
– “Mysterium coniunctionis” – Opere Vol. 14 Carl G. Jung
- Per quanto riguarda la descrizione letterale di ogni singola “fatica” mi sono avvalsa di alcuni siti internet