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DISCUSSIONE: dedicato a chi... e a me |
Sogniamo le grandi città, ma poi ci ritroviamo inevitabilmente ad incontrarci nei centri storici.
Lì i locali sono quelli trendy, e chi si occupa di ristorazione presumibilmente non ci fa alcun ragionamento ma, nel seguire la corrente magica delle merci, ci piglia. Il centro storico è come il pizzo sul divano della zia: un pò ti schifa, date le tue aspettative grandiose di "vivere il mondo", ma tutta la sicurezza che da è fondamentale all'aggancio con l'esistente. Come se quel pelle a pelle con il bello necessiti di un aggancio disdicevole al buon gusto; un punto di partenza talmente piccolo da vergognarsene: un campanile, la chiesa madre e la piccola piazzetta, geometricamente perfetta per il tuo fabbisogno primario. "Vivere il mondo" come vogliono farci intendere è qualcosa che non ci appartiene veramente, e forse per questo il marketing ha coniato il termine "glocal". Nel suo linguaggio vorrebbe farci bere la partecipazione delle nostre piccolezze a qualcosa di grande o, ancor peggio, che il grande si accorga dei nostri piccoli spostamenti emotivi, e-motivati. Se fossi un dio, guarderei il pesce rosso dallo spigolo del piccolo acquario: mentre lui boccheggia a caccia di ossigeno ne vedo due, quando si sofferma sul lato opposto, il più distante possibile dalla mia visuale (la moltitudine piena di opportunità), per una pura questione percettiva, geometricamente speculare; poi se si avvicina le sue proporzioni si fanno spropositate, grazie al vetro: un alieno privo di qualsiasi riferimento al mio essere, di cui nulla mi appartiene. Nessun riferimento alla umana esperienza. Nessuna rispondenza a ciò di cui necessiti. Un piccolo terrore "Dada"... una serie infinita di films fantasy. Forse per questo le grandi città si vivono negli interni: di appartamenti, bar e feste ad invito. Circoscritte strade da shopping dove incontrare il personaggio, tacchi a spillo tutto il giorno, in quei 300 metri... mentre i piccoli anfratti del mondo, la cosiddetta provincia, necessita un vivere per la strada. Così che il cielo venga rovesciato sulla cartina geografica e viceversa. I cittadini del mondo sognano un mondo pieno di umanità a proprio godimento, intendimento. I paesani del borgo anelano ad una prospettiva "partecipata" delle loro azioni. La sabbia della clessidra è la stessa, cambia l'ampolla ospitante, confusa per giunta ad ogni rovescio. Siamo piccoli e grandi, sempre inadeguati alla vita. Se ne accorgono, i più attenti, dalle proprie posture, che dicono la stessa cosa nelle molteplici varianti numerabili per tutti quanti siamo qui ora. Verrebbe da dire che la salvezza è nel non desiderare. Ma la salvezza è nell'azione, nella forgiatura di ciò che ti si prospetta davanti. Lo sapeva bene la zia, appassionata di uncinetto, ascoltatrice di radio, incurante dell'orologio se non per i pasti dovuti alla propria gente. |
a cura di carlo |
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