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DISCUSSIONE: poesia cherokee |
la saggezza dei nativi
mi ha scaldato il cuore, spero lo faccia anche a voi Come l 'albero nn finsce con le punte delle sue radici o dei suoi rami, e l' uccello nn finisce con le sue piume e con il suo volo, e la Terra nn finisce con i suoi monti più alti,così anchio nn finisco con le mie braccia e i miei piedi,ma mi espando di continuo con la mia voce ,il mio pensiero, oltre ogni spazio e ogni tempo, perchè la mia anima è IL MONDO (NH Rassel della tribù CHEROKEE Bruna |
a cura di kikòb |
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RISPOSTE |
del 20/02/2010 10:23:55 |
Ciao Kibob:)
Cosa mi hai ricordato con questa poesia....l'avevo trovata e postata per il mio compleanno 2 anni fà...per condividerla su un forum... Nella versione che avevo trovato allora c'era:non finisco con le mie braccia i miei piedi,LA MIA PELLE. Chissà quale sarà l'originale...sai la posti in un momento particolare,ieri sera guardavo un video del gran Canyon e che commozione...Ti tingrazio... Ti mando questi 2 video che a me han nutrito l'anima: http://www.youtube.com/watch?v=BvzlZuWrJNw http://www.youtube.com/watch?v=HGd-SfsAl08 Buona giornata |
a cura di SHAY |
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del 20/02/2010 12:17:22 |
ciao bellissima,
bellissima la poesia... Gli indiani d'america sono mitici, nel vero senso della parola, hanno una saggezza che noi abbiamo totalmente perduto. Un abbraccio Lidia |
a cura di LIDIA |
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del 20/02/2010 13:33:24 |
"Una storia vera di speranza sui Cherokee".
Di Gloria Steinem(è lunga ma vale la pena leggerla). Situato in una zona rurale e molto isolata dell’Oklahoma, il paese di Bell era abitato da trecento famiglie, quasi tutte cherokee. Non c’era altra scuola oltre alle medie inferiori e le tubazioni dell’acqua erano assai carenti, ma in compenso regnava una violenza sociale diffusa, mista a un’altrettanto diffusa disperazione. I suoi abitanti, a causa del forzoso legame di dipendenza dagli aiuti del governo e dell’invisibilità rispetto al mondo esterno, avevano sviluppato a poco a poco una totale sfiducia nella loro capacità di determinare il proprio destino, come tanti adulti con tutte le fragilità e nessuno dei vantaggi di chi adulto non è ancora. Non pochi, tra quelli che erano riusciti ad andarsene, si vergognavano di ammettere di avere trascorso l’infanzia a Belle. Wilma Mankiller, figura di spicco nella rifondazione della città, ricevette due avvertimenti dalla gente che conosceva bene il paese quando annunciò che voleva avviare un progetto di rinnovamento: per prima cosa, < Ciò nonostante, Wilma affisse per tutte le strade del paese manifesti scritti in cherokee e in inglese, che invitavano la popolazione a partecipare ad un’assemblea cittadina per discutere di < < Nata grazie a una semplice domanda che dava ai cittadini il potere di scegliere, l’iniziativa prese concretamente avvio grazie a una transazione, sempre a opera di Wilma. Lei si sarebbe incaricata di procurare le forniture, il contributo finanziario del governo federale, i tecnici e tutti gli altri esperti necessari al progetto, a patto però che gli abitanti della cittadina si facessero interamente carico della costruzione dell’acquedotto, e parzialmente anche della raccolta dei fonti. Dopo anni di promesse non mantenute, la popolazione era scettica, e dopo anni di passività dubitava delle proprie capacità; ciò nondimeno, costituì il Comitato Case e Acquedotto di Bell e si mise al lavoro. A ciascuna famiglia venne assegnato un chilometro e mezzo di tubature da interrare. Chi sapeva l’inglese doveva occuparsi anche delle iniziative per la raccolta dei fondi, e chi parlava solo cherokee svolgeva tutti gli altri lavori possibili, dallo scavo dei canali per l’interramento delle tubature al trasporto della terra per la copertura dei tubi, ma ognuno sapeva che il suo contributo era vitale per la riuscita del progetto. Le donne, che all’inizio si erano auto confinate < Gli abitanti dei paesi vicini a Bell, pur essendosi dichiarati certi fin dal principio del fallimento dell’iniziativa, facevano frequenti visite alla cittadina per osservare l’andamento dei lavori. E lo stesso fecero i rappresentanti di diverse fondazioni importanti, che in questo progetto di costruzione vedevano un esempio delle possibilità di sviluppo del Terzo Mondo: di posti più poveri di Bell, in effetti, ce n’erano davvero pochi. Arrivò persino la troupe di una rete locale della CBS, attratta dallo scenario indubbiamente realistico della povertà del paese; venuti per filmare la miseria, in realtà gli operatori televisivi giocarono, senza volerlo, un ruolo molto positivo, dando alla popolazione l’occasione di vedersi al centro dei notiziari serali. Ben presto anche la popolazione non indiana di Bell incominciò a tessere le lodi del progetto dell’acquedotto sui giornali locali, e per la prima volta la comunità indiana poté percepirsi come visibile. Una visibilità interamente dovuta, ed era questa la cosa più importante, a un progetto di cui essa era il soggetto attivo. I quattordici mesi che seguirono avrebbero bisogno di un libro intero per essere raccontati, tanti furono i cambiamenti sul piano personale che si verificarono; alla fine, comunque, l’acquedotto venne completato in tutti i suoi trenta chilometri di tubature. La troupe televisiva della CBS ritornò a Bell per documentare il successo dell’iniziativa, e i sette minuti di cronaca che ne risultarono vennero mandati in onda in < Allargatosi dalla prima dozzina di abitanti che avevano partecipato all’assemblea a quasi tutta la popolazione, il Comitato di Bell decise di dare il via al secondo progetto: la costruzione delle case. Anche questa volta Wilma si occupò di ottenere dal governo federale il suo contributo finanziario, ma non le sue imprese edili: il lavoro di costruzione era interamente affidato agli abitanti. < In quel primo momento di incontro, l’assemblea tenuta nel 1979, la frase che più di frequente circolava era: < Per Wilma la ricompensa migliore è stata quella di vedere i concittadini rifiorire. Sue e Thomas Muscrat, rispettivamente operaia in una fabbrica e bracciante agricolo, erano talmente scettici e sfiduciati che alle prime riunioni non avevano nemmeno aperto bocca: adesso sono diventati membri del comitato scolastico e dell’ufficio propaganda, e hanno aperto un negozio di prodotti dell’artigianato dove vendono quelle stesse collane, disegni e sculture di legno che avevano sempre fatto, ma del cui valore artistico fino ad allora non erano mai stati sicuri. E poiché il loro unico figlio era già grande nel momento del grande cambiamento, ora hanno adottato un bambino di Dallas, mezzo cherokee e vittima di abusi nella precedente famiglia, per condividere con lui la buona sorte. Wilma Mankiller è una leader della migliore specie: capace di creare indipendenza, anziché dipendenza, capace di aiutare la collettività a ritornare sui suoi punti spezzati, per mettere in moto un processo collettivo di guarigione. |
a cura di SHAY |
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del 23/02/2010 00:41:04 |
ciao LIdia
la loro saggazza come ho scritto, mi riempe il cuore, mi fa immaginare........no nn voglio dirlo ,toglierei la magia al sogno ciao Lidia un calorosissimo abbraccio |
a cura di KIKÒB |
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del 23/02/2010 00:46:08 |
ciao schay
dignità e coraggio, attaccamento alle tradizioni e infinita bellezza nelle loro poesiee nei loro racconti ciao bruna |
a cura di KIKÒB |
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