IL SATIRO DANZANTE
È una statua bronzea che rappresenta un essere mitologico facente parte del corteo orgiastico del dio greco Dioniso. L’opera, di circa 2,5 metri di altezza, è attualmente ospitata presso l’omonimo museo di Mazara del Vallo.
“La storia del ritrovamento della statua inizia nel luglio 1997, quando il peschereccio "Capitan Ciccio", appartenente alla flotta marinara di Mazara del Vallo e comandato dal capitano Francesco Adragna, forse casualmente, ripesca dai fondali del Canale di Sicilia una gamba di una scultura bronzea. (wikipedia)”
I pescatori del “Capitan Ciccio” continuano a scandagliare la zona per trovare anche il resto della statua, cosa che avviene in circostanze straordinarie l’anno successivo. Con toni lirici, il capitano del peschereccio ricorda così l’evento: “Disteso sul ponte con il volto rivolto verso l’alto, sembrava si fosse aggrappato a noi, come qualcuno che attendesse di essere SALVATO”.
Il reperto viene acquisito dalla Regione Sicilia e consegnato al Museo Civico cittadino. Secondo Sebastiano Tusa la nave che lo trasportava fece naufragio nell’area tra Pantelleria e Capo Bon in Tunisia tra il III e il II secolo a.C.
Ma cerchiamo di conoscere chi è questo Satiro….. Dateci le mani….. Apriamo le Danze….
Nella Mitologia greca il dio Dioniso aveva un corteo di sileni, satiri e ninfe. Il corteo si abbandonava alla vorticosa suggestione musicale del ditirambo, lirica corale e danza ritmica ossessiva ed estatica.
Il filosofo Friedrich Nietzsche affermò che la potenza della musica dionisiaca induceva in uno stato di estasi ed ebbrezza infrangendo il cosiddetto “principio di individuazione”, ossia il rivestimento soggettivo di ciascun individuo, e riconciliava l’essere umano con la natura in uno stato superiore di armonia universale.
Nietzsche sosteneva che la vita stessa, come principio che anima i viventi, è istinto, sensualità, caos e irrazionalità, è la tempesta primigenia del cosmo in eterno mutamento. L’estasi dionisiaca significa il superamento della condizione umana, la scoperta della liberazione totale, il raggiungimento di una libertà e di una spontaneità inaccessibili ai mortali.
Il nostro Satiro appartiene, quindi, al gruppo dei Satiri, giovani di grande bellezza, che danzavano nei cortei del dio Dioniso seguendo musiche orgiastiche. La statua del Satiro lo rappresenta, appunto, nell’esecuzione della danza sacra, in una condizione di coscienza alterata in cui le forze istintive liberate venivano rivolte verso la dimensione divina. L’aspirazione all’estasi, alla liberazione di qualunque catena corporale e mentale è talmente agognata dall’anima che l’Uomo ha sempre cercato di ottenerla attraverso vari strumenti: danza, arte, droga, sesso. La danza, in particolare, è un gioco di vertigine, uno smarrimento dell’IO cercato, voluto e accettato in tutto il suo sperdimento. L’estasi , del Satiro, espressa nelle pupille dilatate e nello sguardo rapito è già però intrisa della tristezza data dalla consapevolezza che il culmine è l’inizio della fine. L’attimo dello sperdimento è un attimo che, per quanto non delimitato dal tempo, ha un limite segnato dal corpo in cui l’anima è contenuta. Nel Satiro di Mazara è visibile contemporaneamente la forza/la fragilità, l’impeto vigoroso/la leggiadria del movimento, la potenza/l’impotenza, il fuoco incandescente/la languidezza, l’animosità/la prostrazione.
… Rudolf
Fu ad agosto del 2015 che andai in visita al Museo del Satiro di Mazara del Vallo. Questo museo illustra la storia affascinante del suo reperto più pregiato: la statua bronzea del Satiro danzante. La figura raffigura un satiro che danza selvaggiamente, con la testa abbandonata all’indietro e la forza del movimento evidente nei capelli fluenti. Subito, guardandolo si è sovrapposta nella mia mente l’immagine di Rudolf Nureyev.
Rudolf è impresso nella mia memoria come il principe Sigfrid nel “Lago dei Cigni” che rifiuta il trono e un matrimonio di interesse, rifugiandosi in una realtà di Sogno.
E’ un Eroe romantico, dalla sessualità ambigua, profondamente malinconico ed intimamente tormentato che cerca, attraverso la fuga dalla realtà, l’Assoluto.
Rudolf è una figura dionisiaca, perché simbolo della rigenerazione che può derivare dal contatto con la natura e con l’impulso vitale (Sole in Pesci opposto a Nettuno in 3° casa) ma anche apollinea (Sole in X, congiunto a Mercurio, Venere e Saturno) perché in grado di controllare le forze naturali e selvagge attraverso il potere terapeutico della danza e della musica.
Rudolf Nureyev nasce il 17 marzo 1938, alle ore 13, in treno, sulla Ferrovia Transiberiana nei pressi di Irkutsk, in Siberia (Unione Sovietica) mentre sua madre si reca a Vladivostok, dove è d’istanza il padre, un commissario politico di origine tartara.
Rudolf nasce e vivrà la sua vita come un “on the road”.
Nureyev non è in grado di entrare in una scuola di danza fino al 1955.
A dispetto dell’età avanzata, 17 anni, è immediatamente riconosciuto il suo immenso talento ma anche il suo carattere estremamente difficile.
Nel 1961 il primo ballerino del Kirov si infortuna e all’ultimo minuto a Nureyev è permesso di rimpiazzarlo in un’esibizione a Parigi. Qui la prestazione esalta il pubblico e i critici.
Ma Nureyev infrange le regole, frequenta stranieri e gli viene detto che sarebbe stato rimpatriato. Temendo che non gli sarebbe mai più stato permesso di espatriare, Nureyev defeziona.
La defezione gli dà la libertà personale che gli è stata negata in Unione Sovietica. Conosce Erik Bruhn, un altro ballerino di dieci anni più anziano, che diviene il suo amante, il miglior amico e il protettore (principalmente delle follie di Rudolf stesso).
La relazione fra i due è molto travagliata data l’elevata promiscuità di rapporti affettivi che Rudolf intrattiene. Ma, grazie a talento, bellezza e fascino gli vengono giustificate molte cose.
Rudolf, come uomo, è notoriamente impulsivo e ha poca tolleranza verso le regole, le limitazioni e l’ordine gerarchico.
Nureyev, artista, è molto influente nell’ambito della danza classica. Accentua l’importanza dei ruoli maschili e, grazie a lui, viene abbattuto il confine tra balletto classico e la danza moderna.
Tralascio la lettura di tutti i pur fondamentali archetipi del Tema Natale di Rudolf Nureyev, lasciando ai lettori la libertà di sviluppare lo studio del Tema.
Approfondisco l’archetipo nettuniano attraverso alcuni aspetti della “doppia figura” dell’Artista/Uomo che mi hanno sempre affascinato ed “intrigato”:
Nureyev il “ballerino sublime” e Rudolf l’uomo senza “limiti morali”.
La coscienza è discriminante ed ha sempre rappresentato come opposti l’esperienza dionisiaca e l’esperienza del sublime entrambi riferibili all’archetipo Nettuniano: l’una riferita alla sfera dell’istinto connessa alla fisicità e alla disinibizione pulsionale, l’altra riferibile allo spirito. Ma la patologia nel Mito è indispensabile, è fondamento stesso dell’esistenza del Mito e quindi lasciamo fuori i giudizi, i preconcetti e balliamo con Rudi sulle note della sua Vita.
Nureyev ha i vantaggi di una tecnica straordinaria (Nettuno in Vergine), una musicalità profonda e quella grazia particolare che lo rendono un ballerino geniale. E’ inafferrabile come il suo segno astrologico che orna una medaglietta d’oro da cui egli non si separa mai. Dice spesso “Gli uomini sono come i pesci, si incontrano, si lasciano, ma è essenziale sapere che si è sempre soli”.
Incarna, come Dionisio, la dismisura, la follia, la fascinazione mortale, la seduzione e la passione che si impongono con forza irrefrenabile.
E’ angelo e demone, è bello, prova piacere nel sedurre donne e uomini indiscriminatamente. Sulla scena, quando danza, è fasciato da una calzamaglia aderentissima e, quando inarca il torso, è visibile il suo membro enorme che suscita scandalo e fascinazione sessuale nel pubblico…
Corre dietro alla felicità da un continente all’altro ma la felicità la trova solo quando danza. Beve, ama, lascia che le donne lo corteggino e gli uomini fremano davanti a lui. In lui c’ è un miscuglio di brutalità e tenerezza, è raggiante, cupo, loquace, taciturno. E’ tutto e il contrario di tutto.
Come Dionisio diventa furioso, se negli aeroporti e nei locali pubblici, non viene riconosciuto. Vuole essere riconosciuto e gratificato con tutti gli oneri del rango che gli spetta. Lasciate le scene, dopo il tumulto gioioso e le risate della cena, scompare nella notte e vaga nei locali notturni, nelle saune, nelle discoteche, nei parchi equivoci per abbordare qualcuno. La sua energia sessuale è insaziabile, il bisogno di ragazzi è urgente, inarrestabile. Ha un gusto particolare per le orge. E’ attivo, passivo, non si priva di nessuna sperimentazione né di nessuna perversione sessuale.
Nureyev, la mattina alle 10, qualunque sia stata la notte vissuta, è presente sulla scena pronto per le prove.
Impeccabile, bravissimo ed esigente con gli Altri ma soprattutto con se stesso, Rudolf di giorno è l’incarnazione dell’Uomo. La notte travalica il confine che lo porta nella follia di un desiderio illimitato, come quello a cui si abbandonano le Menadi.
Lontano dal palcoscenico è effeminato, lascivo, è la rappresentazione della follia, della passione, il perdersi della ragione ottenebrata dal desiderio da cui è posseduta.
Fa della dissolutezza sessuale lo strumento per la liberazione delle forze dal Caos.
Il Minotauro interno deve cibarsi continuamente ed ossessivamente di corpi di fanciulle e di fanciulli per poter poi rappresentare, in pubblico, la parte luminosa del dio.
Lo stato orgasmico dionisiaco provoca la perdita dell’Io, la perdita di confini, è fagocitato dalla possessione dell’istinto a cui ci si abbandona sperando di sentirsi appagato dalla congiunzione dei corpi.
Ma Nettuno sussurra che non è solo lì che troverà l’appagamento ed allora Nureyev ritorna alla danza, salta più in alto che può con eleganza, grazia, leggerezza, per liberarsi del suo corpo tiranno.
E’ entusiasta sulle scene, è disperato lontano da esse.
Rudolf, come il dio, è ambiguo, differente, straniero, contraddittorio.
Ama, odia, disprezza, offende.
L’archetipo nettuniano genera un senso di diversità e di vuoto interiore, di solitudine esistenziale, in una sorta di disagio profondo, che Egli cerca di placare attraverso una bulimia di esperienze.
Rudolf compie il suo volo più lungo il 6 gennaio 1993.
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