ERIDANO SCHOOL - Astrologia e dintorni |
Saturno il pianeta del Karma |
a cura di Francesca Piombo |
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E’ da un po’ di tempo che mi sto dedicando ad approfondire questo aspetto particolare di Saturno, definito da sempre “Il pianeta del Kharma”, con lo scopo di rintracciare nel significato del termine Kharma quel senso di autonomia e di forza interiore, nonché di maturità e presa in carico delle proprie responsabilità che simboleggia il pianeta, anche se nell’immaginario collettivo il termine ha un significato molto diverso. Non c’è dubbio infatti che la sua sola menzione evochi in ognuno di noi qualcosa di tanto spiacevole quanto di ineluttabile. Nella mentalità occidentale, lo si continua a collegare ad una colpa che si deve espiare, come se fosse un prezzo da pagare al di là di ogni valutazione razionale o vissuto individuale, per un fato oscuro ed inesorabile, che dispensa castighi e sofferenze per quanto di male dovrebbe essere stato commesso in una dimensione “altra”, non meglio identificata, in cui le azioni individuali avrebbero segnato e in maniera ineluttabile il destino personale. Eppure, basterebbe riflettere sull’etimologia del termine Kharma per comprendere come la parola abbia in sé un significato molto più profondo di quanto la mentalità occidentale ha voluto assegnargli nel tempo, qualcosa che ingloba l’operato individuale in un grande progetto universale di tensione al Divino, tanto graduale quanto inarrestabile, della coscienza umana, personale e collettiva. Kharmam è un termine sanscrito che deriva dalla radice del verbo Kr che significa “fare, agire, sostenere” ed assume quindi il puro e semplice significato di “azione”, al quale è associato anche il valore di “re-azione”. Purtroppo, nel mondo occidentale, il termine è stato sottoposto a diverse interpretazioni che hanno fatto perdere la purezza del significato originario, forse per quella tendenza, propria della tradizione giudaico-cristiana che lega il concetto di tempo ad un insieme di parametri lineari, logici e consequenziali, una visione che è molto diversa da quella ciclica e circolare che era contemplata fin dalla notte dei tempi dalle grandi civiltà del passato, da quella babilonese a quella egizia, da quella Maya a quella cinese, nonché da tutte le filosofie orientali. Ed anche nella stessa Grecia, il tempo era inizialmente l’Aion e cioè, secondo il modello cosmologico ideato da Platone, un tempo divino, non frazionabile ed eterno, che racchiudeva in sé passato, presente e futuro e che solo in un secondo momento sarebbe stato affiancato dal tempo Kronos, collegato al dio Saturno e al suo principio circoscritto di inizio e di fine delle cose. Ma è soprattutto in Oriente che il termine Kharma, legandosi strettamente al concetto evolutivo di Samsara, l’infinita sequenza di nascite, morti e rinascite che l’anima deve attraversare per poter realizzare la Mukti o Liberazione, se pur confermando i cicli di fine ed inizio dell’esperienza terrena, li ingloba in un discorso più ampio d’elevazione e perfezionamento spirituale, a cui attraverso il kharma personale si partecipa ad un progetto collettivo di redenzione, il Dharma, letteralmente “Legge Cosmica”, “Legge Naturale”, “Il modo in cui le cose sono”, con un originale significato metafisico che rimanda all’essere conformi al Principio Creativo che opera all’esterno, nell’Universo, ma anche all’interno dell'individuo stesso che ne è pervaso: Tutto è Uno, Creatore-creatura, sopra-sotto, macrocosmo-microcosmo sono una cosa sola. Questo significato di partecipazione collettiva al Principio Divino che viene sempre tenuto presente dal pensiero orientale, spinge quasi automaticamente ad attribuire al termine Kharma un valore di più ampio respiro: non si tratterebbe di un castigo o di una colpa da espiare come se fosse un peso che segna una vita, né tanto meno di una sorta di contrappasso dantesco che vede scontare un qualcosa che è stato inflitto ad altri in una vita precedente e quindi molto vicino all’ “occhio per occhio” proposto dalla Bibbia; il concetto di Kharma potrebbe piuttosto avvicinarsi al cristico “chi semina vento raccoglie tempesta”, che rimanda al terzo principio della dinamica, la naturale legge di causa-effetto, per cui ogni evento discende da una causa e l’effetto potrà essere estinto o equilibrato solo annullando la causa che l’ha provocato. Si tratta quindi di una sorta di opportunità che ha l’anima per trasformare tutto ciò che riguarda non solo le motivazioni delle azioni coscienti, ma anche i pensieri, gli intenti e gli obiettivi che si agitano nell’inconscio e che vanno sanati e trascesi grazie alla luce della coscienza. Ma è soprattutto un’opportunità per non sviluppare nuovo kharma e rallentare in tal modo l’intero processo evolutivo, non solo personale ma di tutta l’umanità. Ad ogni incarnazione, secondo il percorso ciclico simbolicamente raffigurato dalla “Ruota della Vita”, riconosciuto da tutte le filosofie orientali, sarà data la possibilità all’anima o atman o elemento individuale di correggere alcuni automatismi psicologici, affettivi ed emotivi, che costituiscono il bagaglio karmico che è a lei riferito, una specie di “traccia” che seguirà l’anima in ogni reincarnazione, per permettere alla coscienza di venire a capo di quanto dei propri comportamenti, pensieri ed intenzioni connaturati deve essere modificato perché ostacola la ricongiunzione col Principio divino. Secondo la filosofia della Reincarnazione, anche se l’individuo non ne ha consapevolezza né memoria cosciente, sarà piuttosto il suo inconscio, che, portando con sé il ricordo delle vite e delle esperienze precedenti ed in nuce la possibilità di quelle future, e quindi le sensazioni del vissuto e le aspirazioni del non vissuto, lo spingerà ad affrontare in chiave evolutiva l’incarnazione del momento, fino alla purificazione, al miglioramento e risoluzione delle varie tematiche da illuminare, che lo spingeranno a cimentarsi soprattutto in specifici settori della vita, perché solo migliorando nei settori che la riguardano, l’anima potrà risolvere quegli aspetti inferiori che bloccano o rallentano la sua crescita. In sostanza, il Kharma si potrebbe paragonare ad una sorta di computer dell’anima dove vengono registrati e conservati tutti pensieri, le intenzioni, le pulsioni, i desideri e le azioni che una persona ha compiuto nel bene e nel male nelle sue incarnazioni, oppure - se volessimo ricorrere ancora ad una metafora - potremmo dire che Kharma sono le “valigie” che l’anima porta con sé nel viaggio intrapreso per compiere il suo progetto e quindi, astrologicamente parlando, per compiere il suo Sole; a questo bagaglio, lei potrà attingere continuamente per servirsi del potenziale energetico creativo immagazzinato e messo insieme nel corso delle varie incarnazioni, con l’invito ad utilizzare via via le “valigie” utili e cioè i talenti naturali che sono stati affinati e perfezionati e contemporaneamente disfarsi di quelle inutili, perché sono diventate solo zavorra, che appesantisce e rallenta il percorso ascensionale. Nel corso di questo viaggio, come se fosse una scala in cui si può ascendere agli stadi superiori oppure regredire a quelli inferiori, l’anima sceglierà lei stessa il tempo, le condizioni geografiche, ambientali e familiari in cui dare vita alla sua nuova reincarnazione e sarà attirata come un magnete a ripercorrere alcune esperienze, secondo quella traccia che rappresenta la tematica costante e coattiva del suo Kharma; per far questo, vorrà rientrare in contatto anche con altre anime che ha già incontrato in altre esistenze e che hanno condiviso con lei questa problematica ricorrente, perché solo se si ripresenterà l’opportunità di cimentarsi in quello specifico territorio karmico, l’anima potrà rielaborare ciò che è stato lasciato in sospeso, ciò che è stato mal utilizzato o addirittura sprecato, ciò che si è interrotto perché non compreso e tutto quello che continua a rallentare il suo viaggio. *** Se volessimo fare un esempio astrologico che entri nello specifico di ciò che può essere una delle tematiche costanti del viaggio di un’anima, nel tentativo di dare un senso anche a tutto ciò che induce sofferenza nell’esperienza terrena e che ha voluto sempre vedere in Saturno non solo il pianeta del kharma, ma soprattutto delle prove, ammettiamo che la problematica principale da far evolvere e migliorare a livello etico e spirituale sia collegata ad una dialettica di tipo marziano e quindi ad un problema di affermazione e di manifestazione della volontà personale. Immaginiamo che, in un soggetto femminile, ci sia un Marte che ferisca i pianeti femminili e che ci sia una donna che, da quando è nata, debba fare i conti con un vissuto di violenza, fisica o psicologica, che la spinge a tentare di mettere in equilibrio il suo bisogno di relazionare (Luna e Venere) con quello che le chiede di affermare la sua volontà, di difendersi e definire i limiti della sua sfera di azione (Marte). E se Saturno, con i suoi simboli legati al principio di verità e di resa dei conti con se stessi e la propria Totalità è sicuramente collegato al concetto di Kharma come presa di coscienza delle conseguenze delle proprie scelte, a mio avviso anche Marte vi è strettamente connesso, proprio per l’etimologia del verbo racchiuso nel termine stesso: Kharma è azione, Kharma è volontà, Kharma è vita e Marte, proponendoci la padronanza sull’impulso, ma anche in qualità di motore primario dell’intera incarnazione, partecipa attivamente alla risoluzione delle tematiche da illuminare. A questo punto, se l’energia centripeta di Luna e Venere, espressive del bisogno di essere ricettivi, nonché di dare e ricevere amore nei rapporti con gli altri, si scontrano con l’energia centrifuga del pianeta dell’azione; se in particolare la Luna, che vuole fondersi e dipendere per sentirsi sicura si scontra con Marte che è principalmente taglio e limatura di ciò che impedisce la propria emancipazione, si delineerà un territorio karmico ben preciso che porterà spesso la donna a contatto con dinamiche psicologiche ed emotive in cui dovrà equilibrare la sua forza, la sua volontà col bisogno innato di relazionare, con quello di mediare e scambiare amore, che poi sono alla radice del principio di Eros che impregna la sua natura. Queste esperienze marziane, in cui l’anima vorrà cimentarsi per evolvere spiritualmente, saranno affrontate dalla donna o con una modalità attiva e quindi con la tendenza a porsi con determinazione e coraggio nei rapporti interpersonali, col rischio di dar vita ad azioni prepotenti per affermare se stessa e la sua volontà, o con una modalità passiva e quindi con la tendenza a cedere all’aggressività altrui, a farsi prevaricare dalla prepotenza e dalla sopraffazione che verrà esercitata su di lei da quelle persone con cui entrerà in contatto, o quanto meno da quelle che avranno anche loro una tematica marziana da risolvere, magari rovesciata, ma comunque basata su un concetto di manifestazione e giusto utilizzo della propria forza e dei confini etici da dare alla propria volontà. L’archetipo marziano nella donna, quello che Jung definiva dell’ Amazzone guerriera, è un archetipo che si sta rivelando sempre più attivo negli ultimi tempi, dopo secoli di sudditanza al potere maschile da parte della donna, che appare sempre più consapevole della sua capacità d’azione, del suo intimo valore e ruolo fondamentale proprio in quanto donna, al di là della possibilità di vederli riflessi negli occhi di un uomo, ma anche al di là di uno sterile antagonismo per puro bisogno di rivalsa sul mondo maschile. Quando l’archetipo è forte all’interno della psiche, di solito per la presenza di un Marte che si lega al Sole, o posto in Ariete, Leone o Sagittario, la donna sarà incline ad affrontare la vita con coraggio ed impulsività, senza far passare la mente attraverso valutazioni razionali e soprattutto senza uniformarsi al pensiero collettivo, per cui il femminile deve essere innanzitutto passivo e rinunciatario. Se la donna è in contatto con la sua Totalità e quindi è riuscita ad illuminare la parte inconscia collegata all’energia indifferenziata, rabbiosa e distruttiva dell’archetipo marziano; se è riuscita a stabilire un contatto con le sue profondità oscure, riuscirà anche a riconoscere quando attivare la guerriera che è dentro di lei e quando metterla a tacere; quando servirsi della parte maschile della sua natura, quella che le impone di osare, facendo scelte coraggiose, anche a costo di doversi scontrare e scoprirsi aggressiva e quando rivolgersi ad archetipi più femminili e ricettivi, quelli a cui inclina naturalmente il suo principio di Eros e le radici stesse del suo “essere donna”. Se invece la donna non si conosce nella sua interezza, se non è consapevole dello spirito guerriero inconscio che vibra dentro di lei; se ha voluto identificarsi soltanto in archetipi ricettivi per il bisogno di conciliazione che le impone la sua inclinazione, ma soprattutto l’ideale collettivo, il suo inconscio la spingerà automaticamente in situazioni limite in cui si dovrà incontrare con questa forza nascosta, dovrà scoprire un potenziale con cui lei non vuole avere a che fare, ma solo perché deroga dall’unico modello archetipico che si è permessa di vivere. E saranno proprio le emozioni forti e sconvolgenti, le situazioni di “guerra” che vivrà e in cui penserà di essere capitata per caso e contro la sua volontà; saranno le persone violente e prevaricatrici che incontrerà e da cui dovrà per forza difendersi, la molla evolutiva per la sua emancipazione, per scoprire ciò che non conosce ancora della sua natura, ma che le appartiene tanto quanto ciò in cui si è identificata. E’ questo spesso il caso della donna che, con il Sole o un forte nucleo di pianeti in segni femminili, quali i Pesci o il Cancro, si ritrova a dover onorare il suo Marte di Fuoco, ad incontrarsi con la guerriera che è dentro di lei, che – una volta riconosciuta ed accettata - potrà finalmente difenderla come una vera alleata. Infatti, gli archetipi che restano inconsci diventano delle mine vaganti che non chiedono il permesso per manifestarsi, ma anzi lo fanno spesso fuori luogo e fuori tempo; sono loro i veri nemici interni che lottano contro le nostre resistenze razionali, finché non daremo loro il giusto spazio per potersi esprimere, riconoscendo quando sia il tempo di agirli e servirsene in modo appropriato e quando quello di metterli a tacere perché la situazione non merita questo sforzo. Non ne vale la pena, né spreco di tempo. Diventare padrona dell’impulso, senza farsi dominare da lui, né negarlo o rimuoverlo per antiche paure o per seguire semplicemente l’immagine imposta dalla massa, è la grande sfida che Marte lancia ad ogni donna. Scrive Clarissa Pinkola Estés in “Donne che corrono coi lupi”: “Etimologicamente, il termine “istinto” deriva dal latino “instinguere” che significa “dare impulso” e da “instinctus” che significa “istigazione”, o stimolo mediante una spinta innata. Si può valutare in modo positivo l’istinto considerandolo un qualcosa d’innato che, se mescolato alla riflessione e alla consapevolezza, guida gli esseri umani verso un comportamento completo. La donna nasce con l’istinto innato”. Di contro, se la donna si è identificata totalmente nel suo Marte di Fuoco, dimenticando completamente il principio di Eros che è viva dentro di lei; se ha messo da parte il suo bisogno d’amore e di conciliazione, ma anche di buon senso che è un aspetto specifico del femminino compiuto, sarà costretta a ridimensionare il suo Spirito guerriero, rivolgendo l’attenzione verso la sua Anima, l’unica che può permetterle di restare in contatto con se stessa e con le motivazioni del suo stesso esistere. Il tema dell’aggressività agìta o subìta quindi, sarà uno dei temi principali del Kharma di quella donna e la seguirà come una costante nella sua esistenza; è Marte la “valigia” più importante che lei ha con sé sulla barca della vita, quella più ingombrante, ma soprattutto quella di cui non potrà disfarsi, anche perché è la sua stessa anima che l’ha portata con sè per venire a capo di una problematica personale fondamentale che segna le stazioni del suo viaggio, ma anche del viaggio spirituale di quanti entreranno in contatto con lei, per illuminare i loro irrisolti psicologici, affettivi ed emotivi. Uno scambio energetico potentissimo che, se pur doloroso, troverà senso nel bisogno d’evoluzione ed emancipazione che è innato nella psiche di ogni creatura. Infatti, più che con gli altri, la donna s’incontrerà con se stessa e con la sua forza marziana da illuminare: solo così potrà definire le caratteristiche di quella “valigia”; sarà obbligata dalla vita e dalle esperienze che farà a doverla aprire e riaprire, per poi aprirla ancora. Non le sarà permesso tenerla chiusa; sarà ferita o si ferirà ma ciò non le impedirà di provare ancora… di trovare una via per conciliare gli opposti bisogni che lacerano il suo cuore, un giusto mezzo tra paura ed aggressività e, attraverso la visione delle sue priorità, attraverso il rispetto che deve innanzitutto a se stessa e alla sua vita, attraverso il buon senso che la guiderà verso ciò che è davvero importante per sé e la sua felicità, equilibrarli e trascenderli. Gradualmente potrà rintracciare le origini delle motivazioni che la obbligano a mettere in atto determinati schemi comportamentali, spesso genitoriali, che si son fatti automatici e dai quali s’impegnerà ad uscire, grazie alla forza che rintraccerà in se stessa e nel suo bisogno di risposte. Vista sotto questa luce, l’Astrologia Karmica potrebbe rappresentare una valida alleata dell’Astrologia Umanistica, per spiegare ulteriormente un percorso che altrimenti resterebbe oscuro, doloroso e quasi segnato da un senso di ineluttabilità, quando nonostante la visualizzazione e la consapevolezza del ricorrere di certe costanti marziane nella propria vita, la persona non riesce comunque a liberarsene e a risolverle definitivamente; non riesce a non infilarsi quasi automaticamente in situazioni limite che la fanno star male: un “antico ritorno dell’uguale” da cui non sembra poter uscire, anche se ha riconosciuto l’esistenza di una problematica fissa e si è impegnata a correggersi e a migliorare i suoi modi di fare. In quest’ottica, nell’invito ad interrogarsi su quanto ci sia di proprio nelle esperienze che si vivono e quanto incida la proiezione, si potrebbe ben collegare il kharma al simbolo di Saturno, perché è nel qui ed ora dell’esperienza che l’anima sta vivendo e quindi nel tempo kronos che ha disposizione, che il pianeta chiede all’individuo di prendere coscienza di una tematica fondamentale di un intero percorso evolutivo; gli chiede di maturare psicologicamente e riappropriarsi della sua Verità, della sua Sapienza profonda, della capacità di decidere in prima persona delle sue scelte e della sua vita. Saturno lo spingerà a scegliere, senza lasciare che qualcun altro possa farlo al posto suo, anche se la scelta sarà spesso dolorosa. E il campo d’azione in cui l’anima si dovrà cimentare sarà proprio quello legato a Saturno, come presa di coscienza di una tematica precisa. Se Saturno si lega a Venere, per esempio, il territorio karmico da risolvere sarà quello del sentimento e delle relazioni, una spinta a far crescere la propria capacità affettiva, senza rinunciare al bisogno di indipendenza ed autonomia che il binomio simboleggia; se Saturno si lega a Marte, si delineerà un territorio Karmico in cui sarà necessario illuminare il proprio maschile interno e le motivazioni inconsce delle proprie azioni. E’ chiaro che in quest’ottica Saturno potrebbe davvero diventare una guida, un grande vecchio benefico che permette una riconnessione con la propria Verità interiore, con la propria essenza più vera, col rispetto dei valori personali, ma anche in accordo con la Legge naturale e cosmica che permea tutto il Creato. E’ per questo che lo scopo primario dell’Astrologia umanistica e di quella Karmica non può essere previsionale o indicante se un’esperienza o un incontro possano aprire a qualcosa di positivo o di negativo; non si può sapere come una persona reagirà alle richieste della vita, perché in questo senso il Kharma è semplicemente “la vita”, né il tempo ciclico che la sua anima impiegherà a fare questo “viaggio”, né se potrà evitare le ferite di incontri dolorosi e frustranti o il ripetersi sistematico di esperienze l’una uguale all’altra, potrà però cercare di dare un senso a questi dubbi, alla stessa sofferenza come cammino di elevazione, purificazione e guarigione che ogni anima cerca per redimere se stessa e compiere il progetto individuale, unico e speciale, per cui si è incarnata. Bibliografia: Eliade M., Il mito dell’eterno ritorno, Edizioni Borla. 1966 Cayce E., Reincarnazione, Edizioni Mediterranee, 1995 Greene L., Saturno, Edizioni Armenia, 2003 Crimaldi P., Iniziazione all’Astrologia Karmica, Edizioni Mediterranee, 2008 Pinkola Estés C., Donne che corrono coi lupi, Edizioni Frassinelli, 2009 Fassio L., Seminario su Marte |
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