ERIDANO SCHOOL - Astrologia e dintorni |
Il "doppio" nel mito e nella letteratura |
a cura di Fassio Lidia |
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Sono sempre stata affascinata dagli autori mitici e dagli scrittori più recenti che hanno utilizzato lo stratagemma dell’uomo che presenta anche una metà animale, oppure di quello che, per via della sua condotta, viene trasformato in animale o, infine, in colui che vive lo sdoppiamento della personalità come accade in “dr. Jeckyll e mr. Hyde” e nell’ “asino d’oro” o, infine, anche se in modo più sottile, in quello che vede i suoi tratti ombra solamente allo specchio, come nel ritratto di Dorian Gray”. Tutti questi miti e romanzi dimostrano come l’uomo, da sempre, si sia interrogato sulla duplicità della sua natura cercando di rappresentare, anche se con forme diverse, il dramma della lotta tra il Bene e il Male. Sono tante le modalità in cui è stata messa in scena questa problematica che, senza dubbio, ha interessato l’uomo fin dalla notte dei tempi. Il mito ci presenta alcune creature particolari quali i Centauri, il Minotauro e Medusa, tutte molto inquietanti nella loro forma esteriore in quanto il lato ombra viene visto sotto forma di bestialità, di aggressività e di violenza tutte rappresentazioni dell’incontenibilità del lato distruttivo che spesso attanaglia l’uomo senza che esso riesca a gestirlo. I miti della creazione ci raccontano di Gea e Urano che popolano la terra di creature impossibili, mostruose e straordinarie al tempo stesso: Giganti, Ciclopi e altri strani esseri che Urano ricaccia nelle viscere della terra stessa poiché inguardabili e inaccettabili poichè ancora troppo lontane da quella “coscienza” che, facendo luce, via via trasforma i lati bestiali sotto l’egida della ragione che rende umani raffinando l’aspetto e l’interiorità. E’ l’eterna lotta tra l’istinto e la ragione che viene rappresentata nelle leggende mitiche con la parte animalesca che ha ancora pienamente il sopravvento su quella cosciente unica che farà cambiare anche l’aspetto esteriore. Troviamo anche i centauri tra queste prime creature che, come sappiamo, sono per metà uomo e per metà cavallo e sono sempre terrene a dimostrazione dell’impossibilità di “accedere alla luce” e, pertanto, restano preda del lato animalesco. Solo Chirone tra i Centauri riesce a trasformare la sua natura interiore attraverso la solidarietà e il contatto con Zeus per cui, nonostante la sua forma esteriore rimanga immutata, si riscontrano in lui tratti molto elevati della personalità umana come la saggezza, la capacità di aiuto e di guarigione, simboli della sua avvenuta trasformazione. Sempre nel mito troviamo creature che, a causa di qualche atto non accettato dagli dei (rappresentati sotto forma di tradimento perpetrato agli stessi), vengono trasformati in mostri, simbolo ovviamente di una regressione ad uno stato indifferenziato: il Minotauro nato dallo strano amplesso tra Poseidone (nell’occasione trasformatosi in un gigantesco toro bianco) che seduce e feconda Pasifae che dà alla luce una creatura metà uomo e metà toro; è essere bestiale che vive nel Labirinto (ovvia rappresentazione dell’inconscio) che pretende in pasto i giovani di Creta; poi c’è Medusa, la bella e giovane adepta di Athena, trasformata dalla Dea stessa in una gorgone dopo essere stata stuprata dallo stesso Poseidone in un boschetto sacro; anche in questo personaggio subisce una potente regressione che la costringe a prendere una forma mostruosa e a vivere in una palude putrescente. La sua immagine è spaventosa al punto da nascondere quasi totalmente la parte umana (coscienza) che appare solamente negli occhi che diventano espressione dello stato di paura, dolore e di rabbia compressa. In questi due personaggi le cose sono già leggermente diverse ed infatti rappresentano una sorta di regressione imposta dal lato divino che, se non onorato, obbliga a passare da uno stato di elevazione (coscienza) ad uno prettamente istintuale e pulsionale (inconscio). Troviamo in questi racconti già alcuni spunti interessanti: nei primi esseri che abitano la terra non vi è coscienza e, pertanto, possono apparire solamente tratti animaleschi; i Centauri sembrano creature intermedie, appartenenti quindi ad un mondo in cui la coscienza esiste già e pertanto, esiste la ragione che comincia a mettere un po’ di ordine sull’istinto, anche se non sempre riesce ad essere efficace. Medusa rappresenta invece una “trasformazione” da essere umano a gorgone e fa capire come si possa diventare preda dell’inconscio se non si riescono a padroneggiare gli istinti. Il mito, come sappiamo, si serve di immagini che sono efficaci poiché colpiscono immediatamente il lettore che è costretto a percepire nel lato animalesco il pericolo e la potenza di distruggere ciò che la parte umana cerca di costruire. Successivamente, abbiamo ancora delle rappresentazioni di questo tipo ma con delle novità; con Apuleio e “l’asino d’oro” assistiamo alle traversie di Lucio che è anch’esso costretto ad affrontare il male prima di arrivare ad un riscatto totale; Lucio viene trasformato in un asino a causa dei suoi comportamenti e della sua perdita di senso e di moralità; è un personaggio che vive nell’ozio e nel vuoto assoluto di coscienza tra banchetti, maghi e degradazione; emblema della stupidità e della lussuria che, in un’epoca di transizione molto simile a quella che stiamo vivendo oggi, svuotano l’anima dell’uomo e la trascinano nell’abisso; l’asino non è un animale pericoloso ma rappresenta il pericolo che esiste allorchè non si controllano i propri istinti. Lucio ce la farà e ridiventerà uomo e quindi vincerà sulle forze dell’ombra. Molte analogie le ritroviamo nel racconto di Kafka “la metamorfosi” in cui il personaggio assiste del tutto impotente alla sua trasformazione in uno scarafaggio gigante. Apuleio tratta l’istinto come qualcosa che rappresenta la stupidità e la mancanza di intelligenza che porta ad abbandonarsi ai sensi e non certo come qualcosa di brutale; Kafka, personaggio più contorto, inibito e lacerato dal suo istinto, mostra invece la parte animale sotto forma di un insetto (scarafaggio) che, nell’immaginario collettivo moderno, è qualcosa di ripugnante che fa ribrezzo più che paura giacchè rappresenta ciò che striscia nell’ombra. Kafka però, a differenza di Apuleio che aveva una visione ottimistica delle potenzialità della coscienza umana, non salva il suo personaggio costretto dunque a vivere una condizione pressochè inappellabile. Sul piano evolutivo però in questi romanzi appare già una prima grande trasformazione in cui l’istinto non è più temuto per la sua brutalità, imprevedibilità o per la violenza capace di distruggere - come ben messo in luce nella ferocia dei primi personaggi mitici - ma in esseri che più che altro appaiono come incapaci di intelligenza e come inquietanti in quanto, pur potendo godere pienamente della condizione di “uomo”, non riescono ad essere all’altezza del loro stato e, per questo, vengono trasformati in “animali”. In entrambi i romanzi è interessante vedere come la natura umana continui comunque ad esistere e a manifestarsi sotto forma di sensibilità e di sofferenza. Negli ultimi e più sofisticati romanzi, vediamo invece qualcosa di molto diverso: in effetti Stevenson e Wilde riprendono il tema della doppiezza dell’essere umano e la rappresentano non più come qualcosa di animalesco ma come qualcosa di scisso e di separato, segno che la coscienza è già più forte, appoggiata da un Super Io che tuttavia, non è ancora in grado di accogliere e trasformare i lati più drammatici e, quindi, è costretta a vederli come “altro da sé”. In questi due autori infatti vi sono due diverse formule interessanti e, a mio modo di vedere, molto sofisticate; nel primo caso abbiamo un uomo intelligente e brillante, un medico che si interroga in continuazione sulla natura del “bene” e del “male” al punto da volerli studiare; procede con esperimenti di laboratorio che lo portano a creare un fluido capace di dar vita ad un altro essere che, ovviamente, incarna solamente il “male” e ciò che la parte “bene” non può accettare. Mr. Hyde non è nient’altro che lo sdoppiamento della personalità di Jeckyll e ciò che ne nasce è un personaggio inquietante che dà sfogo ai suoi istinti perversi e alla sua malvagità e che fa tutto ciò che Jackyll (uomo cosciente e sostenuto dal suo super Io) non potrebbe mai fare poiché identificato solamente nel suo lato luminoso. Questo romanzo ci porta di fronte ad un fatto inedito. Cosa può succedere all’uomo che non è in grado di integrare il lato distruttivo? Può in qualunque momento, essere preda di esso percependolo esclusivamente come qualcosa di esterno che non gli appartiene ma che, tuttavia, come ben spiega Stevenson, può sopraffarlo totalmente. Ancora più sofisticato è il romanzo di Oscar Wilde in cui il protagonista Dorian Gray è anch’esso molto distante dal pendere coscienza della parte ombra che sta dentro di sé ma, in qualche modo, la incontra attraverso la proiezione. Nel suo “ritratto” infatti, appaiono i tratti negativi di sé stesso e tutta la sua incapacità di tenere a bada la distruttività e l’istinto che lo travolgono. E’ infatti nell’immagine riflessa che Dorian (bellissimo essere che rimane giovane e che non è contaminato dai tratti negativi che l’ombra inevitabilmente lascia sulla personalità) può realmente vedersi e, magari, pian piano rendersi conto di come i suoi lati poco nobili possano cominciare ad essere riconosciuti ed integrati. Lui è scisso ma non può fare a meno, di tanto in tanto, di andare a vedere come si è trasformato il ritratto. Il lato distruttivo cambia ancora nei romanzi (prima di Marlowe e poi di Goethe) in cui il protagonista decide di “vendere l’anima al diavolo” e, in questo modo, il “male” si manifesta più come desiderio molto umano di “essere come Dio”.. qualcosa che già era riscontrabile nei miti antichi sotto forma di “peccato di hybris” di cui si occupava Ade. Il patto con il diavolo è un passaggio ulteriore della coscienza che, nel caso, decide di scendere negli abissi e di sperimentare appieno la dannazione. In questo caso il male viene rappresentato nel dramma dell’uomo che vuole eguagliare Dio fino a padroneggiare il mistero della vita e della morte mosso da una sete infinita di conoscenza al punto da voler superare la sua condizione, pur di raggiungere la verità. E’ il viaggio interiore in cui l’eroe si cala nel magma indifferenziato per portarvi finalmente la luce. In ogni epoca dunque la contrapposizione tra Bene e Male e tra Coscienza e Inconscio ha affascinato l’uomo ed ha preso forma nelle rappresentazioni di Uomo e Animale che, in fondo, altro non sono che l’eterna lotta tra Dio e Diavolo. Tutti questi romanzi indicano che non è possibile sfuggire al lato animalesco della nostra natura così’ come non vi è modo di sfuggire alla tentazione e alla seduzione del male giacchè, incontrarlo e riconoscerlo è l’unica strada per poterlo poi trasformare e padroneggiare; se non si affronta questo viaggio, si rischia di diventare “animali” o di scindere completamente la coscienza consentendo al lato animale di possederla obbligandola ad agire e a fare tutto ciò che il Super Io non ammetterebbe mai. Il primo passo sarà quello di incontrare l’ombra attraverso il riflesso che il mondo inevitabilmente porta con lo specchio della proiezione che, pian piano, potrà dar vita ai primi dubbi circa ciò che vediamo negli altri. La coscienza è però sinonimo di conoscenza e l’uomo che comincia a vedere la luce fa fatica a fermarsi: Faust è colui che non può restare dentro ai confini che la natura umana ha previsto e rappresenta l’archetipo della ribellione allo stato di limite in cui l’uomo versa, e l’estremo tentativo di conquistare il libero arbitrio totale che comporta la penetrazione nel mistero della vita e della morte condizione che, ovviamente, è di appartenenza esclusiva della divinità. In questo caso è proprio la seduzione che opera il diavolo a spingere Faust a desiderare di eguagliare e superare Dio nella potenza e nella conoscenza. Ovviamente, da un punto di vista psicologico la parte animale è rappresentata, senza ombra di dubbio da Plutone che, con le sue incursioni tende a non farci dimenticare le nostre origini. Plutone ci ricorda che non è salutare dimenticarci della nostra parte più naturale che rappresenta le risorse più antiche che giungono dal nostro passato e dai nostri antenati; se queste non possono trovare accoglimento all’interno della coscienza non potranno mai essere trasformate e ostacoleranno le intenzioni coscienti in modo quanto mai pericoloso. |
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