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Plutone, ultimo pianeta del nostro sistema solare, ha nell’oroscopo una valenza complessa, oscura e misteriosa che ben si addice al suo mito di dio degli Inferi; esso rappresenta una delle grandi sfide che vengono lanciate all’anima nel corso della sua avventura terrena. Per alcuni infatti è il Destino inteso come istinto coattivo; per altri è la grande Finalità della Natura; è “una volontà – secondo Jung – non necessariamente coincidente con la propria”; spesso è visto come mondo sotterraneo, patria degli istinti più arcaici e primitivi che esistono in noi; sembra che possa assumere l’aspetto del Demonio, della Morte, probabilmente dell’Ombra collettiva; è quella forza vitale che all’inizio della storia umana ha permesso alla nostra specie di trasformarsi secondo le necessità dell’ambiente e quindi di sopravvivere; ma in quanto tale è anche l’energia che ci spinge a confrontarci con ciò che ci è più sconosciuto o non vogliamo conoscere, a morire e disintegrarci se è necessario, a sperimentare la solitudine che accompagna le grandi scelte, a resistere in quella forma di isolamento che ci permetterà di incontrare la nostra vera essenza.
Nel mito, come abbiamo detto, era il dio degli Inferi; sappiamo che rapì Persefone e più tardi acconsentì a rilasciarla per sei mesi l’anno, periodo durante il quale la vegetazione sulla terra rinasce. In quanto sposo di Persefone e responsabile del suo annuale ritorno in questo mondo, Plutone è allora in qualche modo dio della vita oltre che della morte.
Quando Mercurio fu mandato da Zeus a riprendere Persefone, Plutone fece inghiottire alla sposa un seme di melograno, simbolo di fertilità e di conoscenza; egli è portatore perciò di Morte e di Vita, di violenza e di sapienza. La sua sapienza è collegata all’energia primaria dell’Universo, alla Forza che scorre in tutte le cose ma è anche il sapere e il ricordare la nostra mortalità e il contemporaneo fluire della vita sotto molteplici forme e continue trasformazioni.
Nella mitologia sono numerosi i personaggi che effettuano una difficile discesa nel suo regno infero, affrontano le Ombre come Eracle, si spogliano di tutto come Inanna, falliscono la prova come Orfeo. Queste vicende sono la metafora sia dei diversi piani in cui si manifesta la vita, sia di quella che io chiamo “la magia di Plutone”, ossia di un processo alchemico a cui viene sottoposta l’anima. Essa deve affrontare un travaglio doloroso, ossia l’incontro con l’Ombra; vivrà uno stato d’animo tenebroso e disorientato che potremmo definire “momento di morte” o “nigredo” a cui potrà seguire l’“albedo” equivalente di una luce che sorge dopo il buio, ossia di una illuminazione che proviene dalla comprensione; l'anima capisce il motivo delle sue sofferenze, il significato che esse hanno e può arrivare così alla “rubedo” che è la serena accettazione dei “contrari” esistenti in lei; quei contrari che sono all’origine del suo doloroso percorso ma che nel
momento in cui riescono a coesistere pacificamente le permettono di realizzare la pienezza del suo Essere, equivalente del ritorno alla vita o all’oro dell’opera alchemica.
Il Plutone natale è allora anche quel Daimon interiore che ci spinge ad andare incontro al nostro Destino inteso non come Fato ma come Necessità: necessità di morire per poter rinascere diversi e migliori.
Cerchiamo quindi di seguire questo percorso iniziando proprio da ciò che indica Plutone nel tema natale.
Poiché esso è un pianeta ultrapersonale, la sua posizione nel segno ha un valore collettivo equivalente ad un “paesaggio” comune nel quale ci inseriamo tutti con la nascita. Sotto questo aspetto Plutone è portatore di cultura e civiltà ma anche di quelle che sono chiamate le “ferite della storia” ossia degli orrori suscitati dalle guerre, dai campi di concentramento, dalle persecuzioni, dai genocidi, dalla distruzione delle città e delle popolazioni. Queste non sono ferite solo generazionali; non è necessario averle vissute in prima persona perché il trauma che esse hanno procurato sia diventato una terribile eredità per le generazioni successive; fantasmi difficili da esorcizzare e che perciò si agitano nel nostro inconscio come incubi che provocano paura, rabbia, disperazione. Questi sentimenti, così come l’eredità culturale, formano l’esperienza collettiva che si interseca con quella individuale, indicata invece dalla Casa dell’oroscopo in cui si trova Plutone e dagli aspetti che esso riceve. Questi due livelli di esperienza coesistono ed interagiscono perché sarà sempre a partire dal contesto politico/sociale/morale creato dalle precedenti generazioni che l’individuo strutturerà la sua identità con tutto il carico di desideri, orientamenti e tabù; e sarà sempre nell’ambito di questo panorama che egli poi incontrerà i suoi demoni personali e famigliari; dovrà confrontarsi con essi per trasformarli rimodellando così la sua vita personale e collaborando alla formazione di quella diversa cultura che costituirà lo sfondo delle generazioni successive.
La sua posizione nelle Case ha, come abbiamo detto, un valore molto più personale anche se non meno complesso; qui esso indica l’area in cui si è depositato tutto ciò che a partire dall’infanzia ha colpito la nostra personalità cosciente. Questa per sopravvivere ha cacciato tutto in profondità, talvolta dimenticando completamente, talvolta ricordando gli eventi come un passato che non suscita più alcuna emozione, talaltra ricordando tutto, anche la sofferenza vissuta, ma rifiutandosi di considerarne le conseguenze in termini di paure, rifiuti, distorsioni.
Sempre in questa zona personale giacciono sepolte le problematiche famigliari, le frustrazioni di nostra madre o i fallimenti di nostro padre; tutte quelle situazioni che li hanno spinti a pensare di potersi riscattare attraverso noi o che noi avremmo fatto ciò che essi non erano riusciti a fare; situazioni percepite a livello inconscio ma che possono aver lasciato il segno del rancore per una enorme responsabilità che non ci si voleva assumere, o la sensazione di una grande inadeguatezza, ma soprattutto hanno lasciato l’impressione di non essere accettati per ciò che si è.
Anche le ferite dei nostri avi, quei problemi famigliari irrisolti che si trasmettono di generazione in generazione e che spesso colpiscono apertamente solo l’anello più debole di questa catena lasciando altri apparentemente indenni ma tuttavia portatori di qualcosa che si sente ma non si sa – anche queste ferite vanno a stratificarsi nell’area personale di Plutone. Qui infine si nascondono i nostri dolori più recenti, quelli vissuti in età adulta, quando avremmo dovuto essere già sufficientemente maturi per elaborarli: le umiliazioni, i fallimenti, le perdite fisiche e affettive, i tradimenti, ossia tutto ciò che malgrado l’età ci àncora, attraverso uno stato di ripetitività compulsiva, ai dispiaceri della nostra infanzia.
Plutone nel Tema natale però non indica solo questi dolori e queste paure ma anche la possibilità di rimarginare le nostre ferite dando loro un significato molto più vasto; le cicatrici che esse lasciano possono essere integrate alla nostra coscienza e la sofferenza che le ha causate diventa la materia prima necessaria a dare alla nostra vita una forma diversa e autenticamente nostra. La posizione di Plutone nel Tema natale indica infatti l’area in cui saremo sfidati a trasformarci; la discesa verso cui saremo spinti quasi nostro malgrado per poter guardare in faccia tutto ciò che avevamo rimosso. Questa è l’arena dove si svolgerà la nostra lotta per scardinare i vecchi modelli di vita; dove le nostre difese compulsive verranno disintegrate per incontrare poi il nostro più grande potenziale, quello che, dopo aver toccato il fondo, ci farà risalire in superficie trasformati.
Ma come avviene questo incontro dell’anima con Plutone?
La nostra anima incarnandosi inizia un viaggio a più tappe che la porta a percorrere diverse strade; all’inizio queste sembrano appartenere ad un ambiente talvolta difficile, ma sempre conosciuto; il territorio della nostra vita è cosparso infatti di cartelli indicatori che ci segnalano la strada: la famiglia, la scuola, la società con i loro insegnamenti e le loro richieste diventano i binari da seguire, i punti cardinali che possono guidarci; si tratta in altre parole di quel paesaggio di cui, nascendo, siamo entrati a far parte. Ad un certo momento però il panorama cambia e l’anima perde l’orientamento; il viaggio diventa molto più difficile perché tutti i punti di riferimento spariscono e perfino il modo in cui ci siamo mossi fino ad allora, sembra non essere più adatto al nuovo territorio. Plutone ha un movimento lentissimo ma allorché per transito comincia a formare un aspetto difficile ad un luminare o ad un pianeta particolarmente forte del tema natale, innesca una forte crisi di valori: è il momento della perdita dell’innocenza. Nel mito Proserpina, la giovane fanciulla innocente, viene rapita da Plutone, strappata all’affetto di sua madre, alla sicurezza della sua vita, per venir trascinata nell’Ade; ma nell’orrore della violenza subita e nel dolore per la perdita della sua vita passata, capisce come l’amore di sua madre le impedisse di crescere, di fare le sue scelte, di vivere la sua vita di donna. E’ la constatazione di una cruda realtà: abbiamo creduto e siamo stati in qualche modo traditi; ci accorgiamo quindi che molto di ciò che credevamo di aver fatto, costruito, scelto, non era autenticamente nostro perché ci era stato proditoriamente imposto senza che noi ce ne accorgessimo. Siamo stati anche usati e ora, oltre a volerci riprendere ciò di cui siamo stati privati, vogliamo forse anche vendicarci: occhio per occhio, dente per dente. Spesso un transito di Plutone in aspetto a Marte o a Saturno spinge a guardare gli eventi con sospetto e desiderio di vendetta.
Ma questo è anche il momento della Caduta: quello in cui crollano le illusioni non solo sugli altri ma anche su noi stessi. Siamo diversi da come credevamo: non siamo buoni e neanche bravi e la vita è un campo di battaglia in cui vige la legge della ”mors tua vita mea”. Plutone è quella morte che credevamo potesse colpire solo gli altri e mai noi stessi; è quel potere che credevamo di avere e che invece si è disintegrato cosicché noi dobbiamo lottare per affermare i nostri più elementari diritti ma per farlo e proseguire il nostro cammino è necessario affrontare un terreno sconosciuto, impervio e accidentato i cui ostacoli possono essere superati solo inventandosi nuove strategie; si devono ormai escogitare altre modalità di vita perché davanti a noi c’è l’ignoto, ossia una diversa visione del mondo.
A questo punto l’anima può bloccarsi rifiutandosi di procedere; oppure può caparbiamente cercare di mantenere gli stessi parametri seguendo i vecchi schemi, ma né una cosa né l’altra le sarà possibile perché la grande Necessità l’attende e questo incontro avverrà comunque.
La Necessità, ossia Plutone, potrà allora assumere l’aspetto della fatalità, della malattia, della separazione o di altri eventi luttuosi il cui scopo è quello di costringere l’anima ad andare oltre. Essa può avere anche raccolto la sfida che questo oscuro Signore le sta lanciando ma la non conoscenza del percorso e le difficoltà che esso presenta la rendono ugualmente vulnerabile. E’ sola, niente e nessuno le indica la strada, intorno a lei c’è il buio e questa solitudine, questa ricerca cieca e affannosa la fanno sentire persa, senza più forza, coraggio, capacità.
E’ la notte dell’anima, il momento in cui ci sentiamo vittime e incontriamo i nostri fantasmi, le nostre emozioni represse, le reazioni incontrollate, le paure rimosse, la nostra debolezza, la nostra incapacità.
E’ la fase alchemica della “nigredo”; quella in cui nella storta avveniva la putrefazione degli escrementi, materia prima di questa fase del processo.
A livello psicologico coesistono le diverse tendenze di cui abbiamo parlato e i peggiori risentimenti: paura e desiderio di vendetta, frustrazione e desiderio di rivalsa. Si è attivato infatti il Plutone natale, archetipo degli opposti desideri: questo da un lato ci terrorizza e dall’altro ci aizza; ci fa sentire persi, falliti ma nel contempo ci pone davanti altre strade mai immaginate; ci fa bere fino in fondo l’amaro calice della sconfitta, della perdita, della separazione ma ci ispira anche la voglia della rivincita, la tentazione di ricominciare. In questa tensione tra sentimenti opposti, tra desideri apparentemente inconciliabili, prende piede e si sviluppa la scelta dell’anima. Una scelta che almeno all’inizio può essere vissuta anche come colpa o come condanna; colpa di aver scelto una strada piuttosto che un’altra, di aver seguito l’istinto anziché la ragione e come condanna per gli errori precedenti, per aver creduto o per essersi fidati. E’ iniziato un processo molto lungo e si procede per tappe; questo è il momento in cui ancora ci si piange addosso, in cui si spera che qualcuno o qualcosa venga a salvarci, a risolvere i nostri dilemmi; ma già si sa o si “sente” che la strada imboccata, per quanto difficile e impossibile possa apparire, deve essere percorsa fino in fondo; anche se questo fondo non si scorge neanche lontanamente.
E’ un percorso di dolore e di lotta durante il quale dobbiamo misurarci con i nostri mostri interiori, affrontare uno dei tanti draghi che custodiscono il tesoro, anche se il tesoro non si ha la più vaga idea di cosa sia, né dove sia. Di fronte al drago vorremmo fuggire senza neanche guardarlo, come forse abbiamo fatto fino al quel momento, ma non è più possibile perché ci sta sbarrando la strada. Dobbiamo perciò lottare con lui, cioè con noi stessi perché il drago incarna tutti i nostri rifiuti e le nostre resistenze. Mentre combattiamo ci possiamo rendere conto che in realtà non è la prima volta che lo incontriamo e che già in passato, durante i difficili transiti di Saturno o di Urano, lo abbiamo visto e siamo fuggiti, oppure lo abbiamo aggirato pensando così di averlo evitato e sconfitto. Ma i draghi non si arrendono mai, sono capaci perfino di autoriprodursi tant’è vero che il nostro drago è ancora lì e questa volta non avremo scampo, dovremo misurarci con lui, ucciderlo o essere uccisi. La paura ci attanaglia perché per la prima volta la consapevolezza della sua forza e della nostra debolezza ci fa intravedere la seria possibilità di morire: inizia perciò una prima confusa presa di coscienza sulla necessità di una lotta che per la disparità delle forze dovrà essere condotta non attraverso lo scontro frontale ma con altre strategie. L’azione di Plutone spinge allora l’anima a sondare se stessa in profondità, interrogandosi sulla propria natura; è il momento in cui riflettiamo sulle nostre azioni e capacità chiedendoci soprattutto quale è il senso dell’esistenza. Le domande non trovano subito risposta; inoltre è necessario avanzare sia pure a tentoni ed ecco che ad ogni passo compiuto il drago ci appare meno minaccioso, sembra quasi retrocedere permettendoci di conquistare uno spazio sconosciuto. E’ uno spazio interiore, una parte di noi stessi che non conoscevamo e che dovremo lentamente annettere alla nostra coscienza. Compare allora finalmente il primo spiraglio di luce, il primo barlume di comprensione: il drago non va ucciso ma deve essere avvicinato, guardato in faccia, conosciuto, capito. Esso è l'Ombra che dobbiamo recuperare, con cui dobbiamo dialogare perché lei è noi e solo accettandola come nostro alter ego potremo conoscerci davvero e aver pieno accesso alle nostre potenzialità.
E’ il momento della ”albedo”, quello in cui l’anima riconosce che quella materia maleodorante era fatta sia di quelle esperienze passate in cui non si riconosceva, sia di una sua realtà interiore negata e repressa. Soprattutto questa bloccava con il suo peso l’autenticità delle sue espressioni, ma ora quella stessa materia si sta trasformando per diventare il terreno o l’humus su cui fondare una diversa percezione di sé e una diversa visione della vita. Sotto l’azione di Plutone si comprende di dover rinunciare all’idea che questa possa adattarsi ai nostri desideri, che gli altri possano essere come noi vorremmo e soprattutto che noi stessi possiamo corrispondere a quell’immagine che avevamo pensato di poter dare.
E’ compresa infatti nella simbologia di Plutone l’idea di poter ingannare la vita e gli altri, di poter piegare le situazioni alla nostra volontà, di poterci mimetizzare sotto un’immagine diversa di noi che non faccia capire agli altri chi veramente siamo. Plutone nel mito portava l’elmo che lo rendeva invisibile e noi vorremmo che restasse invisibile la nostra “verità” interiore, invisibile forse anche a noi stessi.
Ma ora invece comincia a balenare l’idea di dover sviluppare una diversa volontà: quella di dover agire in armonia alla propria natura più autentica e contemporaneamente di dover abbandonare tutti i tipi di attaccamento sia fisico, o mentale o psicologico. Queste due cose sono strettamente correlate perché solo operando un distacco da tutto ciò che ci vincola e abbandonandoci a ciò che la vita ci propone o ci impone – solo così possiamo entrare in contatto con il nostro vero Essere e agire in sintonia con questo. Ed è per conoscere questo nostro “noi stessi” che si è attraversato il buio, si è percorso un cammino oscuro ed incerto; siamo scesi agli Inferi come Eracle e come Inanna; abbiamo dovuto come Eracle combattere con le ombre di un passato che non ci apparteneva; abbiamo dovuto come Inanna spogliarci di tutto quello che ci sembrava più caro; tutto ciò per portare alla luce la nostra vera essenza e per dare un significato autentico alla nostra vita. Questo viaggio sotterraneo ci ha messo di fronte a parti sconosciute di noi stessi e questo incontro ci ha reso coscienti della nostra contraddittorietà; ha incrinato quella nostra immagine arbitrariamente univoca facendo emergere una visione di opposti che devono convivere in noi anche se la consapevolezza della loro esistenza non ci permetterà mai più di credere alla nostra innocenza. Come Proserpina allora sapremo di non essere poi così puri ed ingenui ma come lei sceglieremo di vivere la nostra ambivalenza e soprattutto come lei sceglieremo di vivere.
E’ il momento della “rubedo”, quello in cui Plutone attiva la nostra capacità di portare in “essere” ciò che prima non era, plasmando in modo diverso la nostra vita. Collaboreremo così ai quei cambiamenti della società, del vivere civile o dei “comuni sensi di...” che nel loro insieme costituiranno quel paesaggio che farà da sfondo a quelli che verranno.
La nostra anima in tal modo diventa “creatrice”; dividerà questo ruolo con la divinità e con gli altri esseri umani; nel contempo potrà creare il suo mondo, la sua vita della quale potrà dirsi – da quel momento e a pieno diritto – responsabile.