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PSICOLOGIA E SPIRITUALITA’
     a cura di Fassio Lidia
 
PSICOLOGIA E SPIRITUALITA’
Inizia il giorno con amore, trascorri il giorno con amore e concludi il giorno con amore: questa è la via verso Dio.

Questa sera andremo ad esplorare un argomento abbastanza speciale; non è molto comune trattare l’argomento psicologico in relazione alla spiritualità o, se vogliamo usare una parola che a me personalmente piace ancora di più, la trascendenza.
Lo scopo di questa discussione non è certo di convincervi, ma quello di poter offrirvi un piccolo spunto di riflessione; infatti non uscirete di qui sicuri che esista la spiritualità, che esista una dimensione di trascendenza e, ancor meno, sarete convinti dell’utilità della psicologia, soprattutto se non avete mai preso in considerazione che questa disciplina è importante e utile.
Inoltre, a sostegno della vostra totale libertà esiste anche l’assoluta certezza che la scienza non può mettere mano dentro a queste tre cose: comprende poco della psicologia; direi anzi che una delle calamità di questi ultimi anni da parte della psicologia è proprio quella di volerle a tutti i costi dare un assunto scientifico costringendola ad entrare in dimensioni schematizzate e questo, per riuscire a farla entrare nelle accademie, trasformando anche le facoltà da “facoltà di psicologia” a “facoltà di scienze psicologiche”, indubbiamente più altisonante, ma sicuramente molto meno vicino alla verità di quanto la materia vorrebbe sostenere.
Se la scienza poco conosce della psicologia, ancor meno conosce della spiritualità, disciplina anche questa poco connotabile e ancor meno includibile nelle statistiche e nella schematicità; se poi andiamo ad affrontare la trascendenza, possiamo addirittura entrare nella dimensione che la scienza chiama “parapsicologia”, termine un po’ svalutante che sta ad indicare un calderone di cose che sfuggono comunque alla scientificità.

Fatto questo doveroso preambolo il mio scopo consiste nel cercare di trovare alcune tracce dello spirituale e della dimensione trascendente nella nostra vita quotidiana … o meglio, nella nostra realtà ordinaria.
Devo fare una piccola premessa che riguarda il termine “coscienza” ; non è infatti possibile riuscire a cogliere il significato di trascendenza se non ci riferiamo prima al concetto di “coscienza”, infatti, la parola trascendenza ha senso solo se la rapportiamo alla coscienza: è questa che può trascendere ed autotrascendere.

Per coscienza ovviamente non mi riferisco al concetto morale, ma a quello psicologico: quello che in inglese si traduce con il termine counsciousness che è il nostro sistema di percezione, ma è anche quell’istanza che ci permette di riconoscerci in un continuum (l’Io è la funzione principale della coscienza ed è attraverso di esso che facciamo esperienza e che ci riconosciamo).
La coscienza è una sorta di investigatore che investiga sul mondo esterno e su quello interno; non si ferma mai, forse…., dico forse, neppure dopo la morte.La coscienza ha quattro qualità fondamentali:
- è unica, assolutamente originale
- è indivisibile
- è trascendentale
- è dinamica
Per dinamica si intende il fatto che non è fissa, ma passa attraverso stati diversi e, mentre da un lato risulta molto difficile definire che cosa è esattamente, è invece più facile vederla in azione nei suoi passaggi da uno stato all’altro: in tutti questi passaggi, la coscienza è in grado di registrare quello che “ c’è oltre”… per questo possiamo parlare di “trascendenza”, proprio partendo dal concetto che abbiamo una coscienza che sta abitualmente in uno stato ordinario e che, di tanto in tanto è in grado di andare … “oltre”.

Fatta la debita premessa torniamo al tema della nostra serata utilizzando la metodologia della psicologia umanistica che, studia prevalentemente il comportamento umano, osservando tra le altre cose, anche i concetti di spiritualità e trascendenza che toccano entrambi l’uomo.

Cercheremo di comprendere alcune cose attraverso le parole che, in un certo senso sono magiche. Sono i pensieri che diventano parole che poi producono e diventano “cose”, quindi bisogna stare attenti a come si usano le parole e, rispetto all’argomento che andiamo a trattare stasera, le parole spesso sembrano depistarci, toglierci dallo scopo vero.
Per prima cosa affrontiamo il termine psicologia che nell’idea comune delle persone viene tradotto come “mente”; niente di più falso, la psicologia non è lo studio della mente, ma è qualcosa di completamente diverso.

Il primo significato di psicologia che deriva dal greco “psiche” è soffio, respiro e, in effetti si parlava effettivamente di inspirazione ed espirazione, si riferiva al soffio, presente in tutte le mitologie, qualcosa che ha dato vita, che ha “animato qualcosa che prima era inanimato”; dal respiro allo spirito, il passo è stato semplicissimo, anzi, direi che è stato straordinario: psicologia, vuol dire “studio del soffio, dello spirito e…. dell’anima”.
Anche la radice semantica della parola spirito deriva da “pur – puros” che in greco vuol dire fuoco, dinamismo, vitalità, ardore.
Esattamente questo: la psicologia è lo studio dell’anima, quindi, la parola in sé già da sola indica trascendenza perché l’anima non è sicuramente qualcosa di tangibile, neppure la neurofisiologia sa collocarla: Eccles termina l’ultima parte del suo meraviglioso testo di neurofisiologia del cervello dicendo che è impossibile oggi non riconoscere che esiste un’anima, ma è altrettanto impossibile collocarla in qualche sezione del corpo o del cervello umano.
Per farvi comprendere bene questo significato vi parlerò un attimo della bellissima favola di Apuleio – Amore e Psiche, alcuni di voi magari la sanno, ma molti non la ricorderanno, per questo la dico: ovviamente è una storia di amore, ma non è un raccontino erotico, letto così non avrebbe infatti alcun fascino: è infatti una grande lezione a livello spirituale.
Psiche è una bellissima ragazza, Amore, figlio di Afrodite, si innamora di lei e la rapisce portandola nel suo bellissimo castello. Li’ vivono il loro amore in maniera intensa e profonda. Psiche, ovviamente, come tutte le persone al mondo ha una madre e delle sorelle.
Amore e Psiche si possono incontrare solo di notte; l’unica condizione che Amore pone è quella di “non essere visto”; in pratica dice: “io verrò ogni notte, ma in incognito e tu non puoi vedermi, non ti mostrerò il mio volto, ma sarò per te l’amore vero”.
Psiche è felice, al settimo cielo… però, come tutte le ragazze di questa terra non vede l’ora di comunicare il suo stato d’animo alla madre e alle sorelle a cui racconta di questo suo incontro e di questo ragazzo; ovviamente la madre e le sorelle cominciano a farle un interrogatorio, e, alla fine le mettono un sacco di dubbi, cominciano a dirle “ma se non si fa vedere sarà un mostro, come fai a non sapere chi è, devi assolutamente sapere chi è”.
Così, Psiche, una sera mentre lui dorme decide di sapere, di conoscere.
Prende una fiaccola e cerca di vedere il viso di Amore. La leggenda vuole che lei rimane così sconcertata dalla bellezza del suo Amore che rimane paralizzata e la cera calda cade sul viso di Amore che si sveglia e scompare.
Psiche allora sa che lo ha perduto e da li’ iniziano tantissime sue peripezie per ritrovarlo e ritornare con lui… in ogni caso, non è questo che ci interessa, ma la prima parte di questa favola è in linea con ciò che voglio esprimere. Sembrerebbe che “non possiamo pretendere di guardare l’Amore con gli occhi normali, quelli dell’ordinarietà; l’amore è un mistero perché è qualcosa che incontra o perlomeno, si avvicina molto al Divino; se vogliamo etichettare questa dimensione, la rendiamo banale e, quindi, tutto quello che è straordinario se viene portato nell’ordinario … scompare”.
Se vogliamo dare una connotazione scientifica o se vogliamo comprendere con la mente razionale qualcosa che razionale non è … è meglio che lasciamo perdere, perché altrimenti tutto scompare.
La favola sembra dirci che l’Amore lo dobbiamo sperimentare, fruire, si deve sentire l’amore, non possiamo teorizzare sull’amore; nel momento in cui lo descriviamo, lo rimpiccioliamo, lo banalizziamo e questo perché l’amore non appartiene all’umano, appartiene al divino e dunque, al mondo del trascendente: esso è uno strumento che il divino ha messo a disposizione dell’uomo perché egli si possa elevare… possa condividere qualcosa di immenso, possa per lo meno, in alcuni momenti della vita, sperimentarlo.

Una seconda parola interessante per il nostro discorso sulla spiritualità e trascendenza è “religione”. Anche questa è una parola straordinaria che viene quasi sempre compresa in modo diverso dal suo significato originario.
Religione non vuol dire “unione con Dio” come spesso sento dire; vuole invece dire “ri-unire , ri-collegare “ questa è la traduzione della parola “re-ligere”; e questo tradotto in parole semplici ci riporta al concetto che un tempo eravano “UNO”, tutto era unito, Dio, gli uomini, gli animali, le piante, tutte le creature facevano parte di un TUTTO: poi è accaduto qualcosa: si è rotta questa unità, si è sentito il bisogno di conoscere, di capire ogni individualità, e, a seguito di questo ci si è separati dall’unità: si è sviluppata la coscienza individuale, quella che usiamo ogni giorno, però si è avvertito anche il senso tremendo di frammentazione, di separazione, non siamo più Uno, siamo tanti, frammentati e spesso ci sperimentiamo piccoli e soli.
Il concetto di religione è legato al “ri-tornare” all’unità e questo è un concetto altamente psicologico in quanto la psicologia ci parla di un UNO che diventa DUE e che, nel tempo dovrà ridiventare UNO; la coscienza infatti si frammenta, si passa dall’unità alla divisione Conscio e Inconscio che produce il senso di polarizzazione, il bianco e il nero, il sotto e il sopra, il me e il non me, il Sé e l’IO; ma un giorno, proprio per via della “trascendenza”, l’Io tornerà a unirsi al Sé e in quel momento ritornerà all’Uno, al Tutto, alla spiritualità.
Noi però siamo anche divisi all’interno, non solo all’esterno: anche dentro noi siamo tanti…. Io sono un po’ madre, un po’ moglie, un po’ , un po’ astrologa, un po’ amica… insomma ho tantissimi ruoli … anche in questo mondo interiore dovrò tornare all’unità.. quindi, la parola “religione” non ha affatto il significato che tantissimi credono, anche preti e uomini di chiesa a volte travisano questo concetto e così… religione sembra essere diventata una parola di scarso significato, a volte addirittura con un significato negativo.

Tra le mie tante anime ho anche quella dell’astrologa e, questa materia fantastica, splendida che dà modo di comprendere in maniera affascinante e abbastanza semplice i grandi misteri dell’uomo e dell’universo, ci ricorda che la religione si trova in casa nona, simbolicamente legata al segno del Sagittario che, come tutti sapete è rappresentato da un essere metà uomo e metà cavallo che lancia in aria delle frecce: ebbene, questa immagine è ovviamente un simbolo, per cui rappresenta qualcosa che nella realtà non c’è ma che è in grado di evocarlo: il sagittario è il segno in cui umano e divino si cercano, hanno nuovamente bisogno di incontrarsi e l’uomo sente questa tensione grandissima verso l’alto, anche se, la sua parte cavallo – indicante la parte sensuale e istintiva della carnalità – è la parte che sembra trattenerlo; in realtà da questo momento in poi l’uomo può elevarsi, può andare al di là della dimensione materiale e fisica, può ri-unirsi a qualcosa che considerava perduto e, il Sagittario è anche simbolicamente rappresentativo della religione, quindi la re-ligione sembra essere lo strumento che scegliamo per ri-collegarci a qualcosa di superire, di Assoluto.
Quindi, religione indica che ognuno di noi ad un certo punto deve ri-collegarsi con l’Universo, deve ridiventare conscio di un senso di appartenenza superiore, più grande, non limitato e non limitante. Quando avremo capito e realizzato questo diventerà facile comprendere l’assurdità che una mano uccida l’altra, che un occhio accechi l’altro, perché se c’è unità, accusare, picchiare, uccidere, è sempre un uccidere sé stessi.
La religione è dunque una delle forme più alte di psicologia: non possiamo confonderla con il potere della Chiesa che in molte occasioni ha usato la religione per altri fini e non per quello a cui sarebbe stata vocata.
La religione riguarda dunque un nucleo profondo che sta all’interno di ognuno di noi: Jung diceva che tutti gli uomini sono mossi dal senso di religiosità; l’uomo vuole migliorare, vuole capire, vuole tornare alle antiche capacità: significa che l’uomo sa di essere stato uno, di essere appartenuto a qualcosa, sa di averlo perduto e ricerca costantemente il suo senso di appartenenza e di unità. La religione è un senso di psicologia molto più profondo di altri che ad un certo punto si fermano proprio perché parlano del corpo, della psiche, dei pensieri, delle intuizioni, delle emozioni e degli impulsi; tutte cose fantastiche che però originano tutte dall’anima, non sono l’anima.

Quindi, la religione nel suo senso più elevato e più nobile è la forma più completa di psicoterapia e di psicologia, perché vuole farti ritornare all’UNO. Il concetto stesso di INDIVIDUO tipico di Jung, ha a che fare con Indiviso, non diviso, quindi ri-unito.
Però siamo noi che ritorniamo ad essere ri-uniti, in-divisi ed è questo che c’è di straordinario in questa parola. E’ simile alla parola YOGA che anche essa vuole dire Unione.

Ora, arriverei all’altra parola per me molto affascinante: “trascendenza”.
Trascendenza indica qualcosa che va oltre, oltre i sensi, oltre la realtà, oltre la mente e oltre i pensieri.
La psicologia sostiene che il termine trascendenza è molto adatto a definire esperienze che travalicano i nostri abituali livelli di attività funzionale e, pertanto, a noi sembrano un po’ misteriosi.
L’astrologia colloca la trascendenza in casa dodicesima e nel pianeta Nettuno e, spesso, questi due simboli vengono visti come “perdita di sé, come illusione, come alterazione, in pratica, fino ad alcuni anni fa, le connotazioni erano praticamente solo negative; questo conferma che tutto ciò che la coscienza non riesce a prendere in considerazione viene considerato “misterioso, oscuro, non connotabile, quindi, a-normale”.

Però, la religione, la filosofia, la psicologia, l’astrologia e la teologia non fanno altro che ricordarci che esiste una dimensione trascendente ovvero c’è un mondo molto più ampio di quello che vediamo e percepiamo: quello è solo la punta di un grandissimo iceberg.

La vita spirituale o religiosa, consiste dunque semplicemente nel credere che esista un ordine non visibile e che il nostro bene supremo sia semplicemente entrare in armonia con esso, adattandosi ad esso.
Questo modo di intendere le cose ci ricorda che quello che noi vediamo del mondo, il mondo tangibile, materiale e sensoriale è una parte piccolissima, forse infinitesimale della totalità.
In che modo però noi possiamo accedere a questo mondo: ad esempio attraverso un’altra parola che sembra strana : “ il miracolo”; che cosa è il miracolo? Chi non ha mai preso in considerazione le parole “re-ligione – trascendenza e spiritualità” non sa neppure prendere in considerazione la parola miracolo, tuttavia, ora che sappiamo il vero significato, sappiamo anche che è difficile non essere “re-ligiosi”, giacchè questo non significa affatto essere cattolici, protestanti o mussulmani… ma significa rientrare in relazione con l’universo; allora forse possiamo comprendere che la parola “miracolo” non è nient’altro che la possibilità di riuscire a contattare una dimensione che prima non contattavamo.
C’è stato un grande mistico Sant’Agostino che sosteneva che il miracolo non va contro natura ma contro la natura conosciuta “ non contra-naturam bensì contra notam naturam” , quindi, in pratica il miracolo fa toccare con mano il fatto che esista un’altra dimensione. Il miracolo è come se ci dicesse “guarda che tu conosci solo alcune cose, alcune dimensioni, ve ne sono altre che prima o poi devi prendere in considerazione, sono leggi più profonde e… forse molto più vere e queste leggi sono al di fuori e al di sopra della realtà quotidiana”.

Guardate che non è solo un fatto spirituale; nel senso che la capacità di percepire altre dimensioni appartiene in un certo senso anche alla scienza: se noi guardiamo il tavolo che c’è qui, a noi sembra qualcosa di forte, di rigido, di fisso e di solido; però se lo guardo con un microscopio a scansione super elettronica mi accorgo che non è per niente fisso, per niente stabile e, neppure, solido; esso infatti è composto di milioni di molecole…. Atomi, neutroni, protoni, fino ad arrivare a particelle indivisibili, tantissime, miliardi di miliardi , in continuo movimento e attorniate da spazi apparentemente vuoti ma pieni di informazioni – come ci sta dicendo oggi la fisica quantistica.

Però, noi nella realtà vediamo un qualcosa di solido, di duro e di fermo: eppure non è affatto così.
Quando riusciamo a comprendere anche solo lontanamente che esistono altre dimensioni, allora possiamo cominciare a ragionare sul termine “trascendente”; sappiamo a quel punto che siamo immersi in questa dimensione e che le cose non sono più esattamente come ce le siamo immaginate prima. Però, questo sembra essere un miracolo; a volte il miracolo o meglio la possibilità di cogliere la dimensione trascendente arriva in modo diverso: “se un mattino ci svegliamo e ci dicono che siamo molto malati”, ci rendiamo immediatamente conto della non importanza di tutta una dimensione che è stata straordinaria fino al giorno prima; quante persone dicono : “ che me ne frega del mondo se tra due mesi devo morire?”, è come se in quel momento andassimo a cercare la parola “re-ligere”, andiamo a cercare un collegamento con l’altro mondo, quello invisibile, quello trascendente, quello che appartiene all’altra dimensione che è quella spirituale.

Certo, questa è la reazione quando qualcuno parla di “male incurabile”; anche qui però, la mia grande passione per la psicosomatica mi porta a dirvi che il medico non dovrebbe dire che il “male è incurabile”, dovrebbe più correttamente dire “che lui non è in grado di curare quella malattia”, ma non che è incurabile; è incurabile per un certo tipo di dimensione; però se magari si va da un’altra parte o si cerca da un’altra parte… potrebbe non essere esattamente così.
Quanti malati cercano in un’altra dimensione? Ebbene quella è la dimensione trascendente, quella che ti può anche rivelare che c’è un mondo che sembra oscuro, misterioso ma che, in realtà, non è oscuro, anzi, forse può essere molto più splendente e luminoso, però troppo spesso non lo vediamo.
Sappiamo anche che tutte le forme spirituali, tutte le discipline spirituali parlano della stessa cosa: i mistici sufi, quelli cristiani, quelli indiani o buddisti e chiunque abbia una sua forma di contatto con lo spirituale sa che esistono queste leggi; tutti i mistici ti dicono che a un certo punto ti accorgi che ci sono leggi che sono molto più vere e molto più profonde di quelle vigenti sulla superficie.
Se traduciamo questo vuol dire che il nostro mondo è fasullo, o meglio che noi non riusciamo a cogliere la realtà vera, cogliamo un pezzettino di realtà, ma i punto è che abbiamo la presunzione di pensare che questa sia l’unica.
Gli induisti direbbero che è Maya = illusione. In effetti è illusione e non nel senso che non esiste il mondo, ma nel senso che è sbagliata la concezione che noi abbiamo del mondo: il mondo a noi viene descritto, e noi finiamo per percepire quello e per pensare quello e descriverlo nello stesso modo, però il mondo non è solo quello e questo, a mio avviso, è il vero senso del miracolo.

Il miracolo sta nel non credere che il mondo sia solo quello e di cercare di comprendere cosa c’è al di là e oltre.
A questo proposito vi voglio raccontare la storiella del Mullah Nasser Yeddin che stava cercando qualcosa davanti alla porta di casa sua. Passa un suo amico e gli dice “cosa cerchi” e lui risponde “cerco la chiave ma non la vedo, è un’ora che sono qui”; allora anche l’amico si mette a cercare e.. passa un bel po’ di tempo e l’amico gli dice: “ ma sei sicuro di averla persa qui?” ; “no – dice il Mullah, l’ho persa da un’altra parte” e l’amico “ma allora perché la cerchi qui?” –“perché qui c’è la luce e ci vedo”.

E’ bellissima, ma questo è quello che noi facciamo tutti i giorni: cerchiamo la nostra chiave dove c’è la luce perché non pensiamo di poter trovare qualcosa nel buio; se invece sviluppassimo un po’ di pazienza ci accorgeremmo che è possibile vedere anche nell’oscurità, e che anzi, nel tempo, si può vedere molto più chiaro … il senso della psicologia è anche questo: noi spesso guardiamo solo nella nostra coscienza e non riusciamo a percepire che c’è un’altra dimensione che ci appartiene, però ci sembra buia, e li’ non guardiamo mai; se però ci avventuriamo ci accorgiamo che vediamo chiaro, molto più chiaro e molto meglio di prima.
Questo è un vecchio concetto non solo della psicologia, ma anche di tutte le re-ligioni.

Ora vorrei andare a definire un’altra parola molto interessante; è un concetto di Jung e di Pauli, però è quello che significa che è fondamentale: la parola è sincronicità.
No occidentali siamo molto più propensi a credere alla legge causa effetto; sincronicità deriva da sin-cronos; la sincronicità è un’altra legge e ti dice che ci sono tantissimi collegamenti, legami molto significativi tra eventi diversi tra loro, anche se non rientrano nella legge causa – effetto.
Significa che l’evento A – quello B e quello C; sono sincronici il che vuol dire che c’è un legame fortissimo tra di loro.
A volte sembrano banali, magari oggi è il 12, avete preso l’autobus n. 12 e, magari alle 12 vi ha telefonato un amico che non vedevate da 12 anni.
Jung lo spiega molto bene quando ci racconta della paziente che le sta raccontando il sogno dello scarabeo, un animale simbolo dell’antico Egitto; ad un certo punto, sulla finestra vede uno scarabeo nostrano che sembra voler entrare: in quel momento la paziente lo vede e comincia a raccontare, come se quell’evento avesse liberato qualcosa che prima era bloccato.
Quello è un evento sincronico, come lo è quello che voi state pensando ad una persona e quella vi telefona. Non potete pensare al caso, solo Piero Angela penserebbe che dopo due, tre, mille volte che accade è sempre il caso, solo perché la scienza non lo sa spiegare (tra l’altro Pauli, la persona che ha formulato questa teoria con Jung era un fisico,uno scienziato).
Certo, la scienza si basa sui fatti concreti, è meraviglioso questo, però inutile dirlo è incompleto o meglio, la scienza dovrebbe dire sempre che “la verità di oggi è l’errore di domani”, esattamente quello che ci insegna Popper. Le verità sono dunque elementi che possono essere discussi e anche contraddetti.

La sincronicità in ogni caso ci dice che sotto la dimensione solita, di ogni giorno, dove ci sono tutte le cose chiare e visibili, c’è anche qualcos’altro, qualche filo più sottile, invisibile che.. però… collega le cose tra loro; anche questo è un qualcosa su cui ragionare: nel libro “psicologia della coscienza”, l’autore ci dice che le cose non appaiono una dopo l’altra, ma appaiono tutte insieme; siamo noi che le codifichiamo e le decodifichiamo una dopo l’altra e dobbiamo metterle in fila, dando loro un concetto di prima – durante e dopo; passato, presente e futuro; sono però categorie mentali siamo noi che abbiamo bisogno di vedere tutto in questo modo, e, pertanto categorizziamo e definiamo la realtà, ma le cose non sono esattamente così.
Noi vediamo in modo dislocato, ma tutto … è sempre eternamente in ogni istante presente nella realtà assoluta, solo in quella relativa ci sembra frazionato.

La realtà infatti è pluridimensionale, siamo noi per che vediamo solo alcune dimensioni.
Se noi avessimo occhi molto più allargati, capaci di vedere e orecchie per sentire, ci accorgeremmo della presenza di molte altre dimensioni.
Il tempo non esiste; la spiritualità non può essere una questione temporale: dobbiamo distinguere il kairos dal kronos ; noi siamo immersi nel kairos, mentre invece lo trattiamo da kronos.
Se comprendiamo bene questi concetti possiamo allora avvicendarci di più nella nostra comprensione.

Noi conosciamo bene la tripartizione dell’uomo in corpo, mente e anima; noi abbiamo i tre livelli che sono strettamente connessi tra loro;
- il corpo è la dimensione fisica, la materia che può essere vista in maniera chimica; infatti si può analizzare e ci si trovano un sacco di cose: cellule, nervi, ossa, ecc.
- poi c’è la mente, quella con cui ragioniamo, quella che ci permette di formulare pensieri, discorsi, processi; è anche la nostra parte affettiva, quella che sceglie e che determina i nostri comportamenti.
Poi, infine, abbiamo il terzo livello lo spirito, l’anima, la trascendenza pura, il nucleo di noi che è spirito; se c’è un ostacolo che impedisce questo è la mente. La mente “mente”; sembra un gioco di parole ma in realtà, la mente mette un blocco e un veto a tutto quello che non riesce a prendere in considerazione. Per comprendere le cose dell’anima, la mente non serve, serve invece il “sentire” e il “concepire”, qualcosa che va ben al di là della mente.

Conferenza di Lidia Fassio - Santa Maria Nuova (Jesi)
12 aprile 2005

 

 
 
 
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