Non nascondo di aver più volte rinunciato a scrivere una relazione su Chirone.
Inizialmente mi ero anche illuso che questa difficoltà potesse derivare dalla mia scarsa confidenza verso un simbolo cui non attribuisco ancora la giusta valenza nell’interpretazione di un Tema Natale.
Ma il fatto che ogni mio tentativo fosse accompagnato anche da una strana sensazione – non so come definirla meglio - di malinconia, di amarezza, di avvilimento, mi lasciava intendere che la storia di quel povero centauro aveva a che fare con qualcosa di me che andava al di là di una o delle mille ferite che mi porto dentro e che io spero ogni volta di riuscire a medicare in qualche modo, così da scendere con più coraggio nelle trincee della vita.
- “..che io spero”… -
e forse proprio meditare su queste tre parole -”che io spero” – mi ha permesso di portare alla luce le motivazoni di quello stato d’animo, di quella vaga sensazione di assurdità che mi accompagna quando, di riflesso al Mito, divento consapevole che le mie speranze non possono nutrirsi dell’eternità, ma si infrangeranno prima o poi sul grande scoglio che si erge dall’imprescindibilità della mia finitezza, della mia natura di “essere mortale”.
Tra gli archetipi trattati nei nostri convegni abbiamo già individuato in Plutone i significati esperenziali legati al “vivere la morte”; ma appunto di questo si tratta: con Plutone “passiamo attraverso la Morte”, la Morte è sicuramente una tappa che prevede un “oltre” - chiamatelo anche “Rinascita”-, comunque un nuovo stato psichico cui è possibile l’accesso, anche se acquistare il biglietto d’ingresso ci costerà parecchio.
Il Mito di Chirone, invece, non apre mai a un nuovo stadio che possa seguire alla sua morte, ma anzi circoscrive lo sviluppo di ogni esperienza all’interno di una dimensione esclusivamente fisica, quasi a fare di questa non un semplice limite, bensì l’unica condizione esistenziale possibile e irrevocabile.
E quindi se mi soffermo a una elaborazione esclusivamente letterale del mito di Chirone, allora posso arrivare a credere che nell’eterno (questo si che è “eterno”) Libro della Vita, in chissà quale pagina, due misere parentisi racchiudono tutto quello che per me è stato il mio mondo, tutto ciò a cui io ho dato un significato e in cui mi sono riconosciuto: “Aperta parentesi…Marco Valentini nasce a Roma il….durante la sua vita è stato…, …ha fatto, .. ha avuto… e poi muore il giorno x, del mese y… CHIUSA PARENTESI”.
E l’Eterno Libro della Vita può fare anche a meno di quanto è scritto tra quelle due parentesi, comunque il suo Testo non perderebbe di senso; tutt’al più sarebbe come se a una foresta amazzonica venisse strappato un singolo filo d’erba.
Ma a questo punto possiamo davvero considerare questa sfaccettatura del mito di Chirone come il materiale adatto per scrivere una Piccola Guida alla Rassegnazione, un breve Trattato sulla Vacuità dell’Essere?
O quanto, invece, la mia “rassegnazione” e la mia “vacuità” sono solo il risultato di non aver completamente fatto mia la dimensione partecipativa cui ci invita intimamente il richiamo di Chirone ?
In effetti io potrei sentirmi “rassegnato” già adesso, vivere già da ora l’implosione di ogni senso, senza neanche confrontarmi con un possibile orizzonte mortale della mia esistenza; già adesso posso cessare il mio rapporto esplorativo con il mondo e percepire tutta la mia nullità semplicemente perché la frustrazione del mio attuale desiderio di immortalità nasconde l’incapacità di saper vivere nel qui e ora.
In altre parole, nel mio costante narcisismo cerco di perdere la memoria dei limiti sperando di punteggiare il più lontano possibile quell’angosciante parentesi finale – il termine della mia fisicità - in modo da ampliare sempre di più quanto contenuto tra le due parentesi, senza preoccuparmi però di metterlo in relazione con tutto il Testo che lo circonda, ma anzi pensando che in tal modo riuscirò ad appagare prima o poi la ricerca del senso della mia vita.
Peccato però che l’Eterno Libro della Vita sia scritto invece dal Femminile, dalla Natura, ed che io possa trovare un vero significato alla mia esistenza solo se entro in relazione con Lei: quindi non posso - anzi “non devo” - considerarmi immortale perché l’immortalità è qualcosa contro Natura; se sei immortale non parteciperai mai a nessun “ciclo”; e solo accettando la tua mortalità puoi rientrare nelle leggi della Natura.
Se non vado errato, in alcuni testi viene spiegato astronomicamente come l’ingresso di Chirone nell’ambito del Sistema Solare fu dovuto alla forza gravitazionale di Nettuno, come se questo lo avesse risucchiato, facendolo “incarnare” spingendolo fino all’interno dell’orbita di Saturno
Credo che questo sia abbastanza indicativo di come simbolicamente il Femminile faccia spesso della sofferenza fisica – da cui l‘appercezione della propria corporeità - una modalità per metterci in relazione con la nostra interiorità, soprattutto quando dimentichiamo la nostra fattezza materiale, quando dimentichiamo la Terra o cerchiamo di dominarla attraverso la Tecnica, tanto cara al Patriarcato e di cui il Centauro ante-ferita, grande conoscitore di scienze, fu uno delle prime rappresentazioni simboliche.
Ma per i Greci la Natura, e quindi il Femminile, è lo sfondo inalterabile che nessun Dio ha creato e che quindi, tanto più, potra mai essere sottomesso dalla Tecnica: forse anche in quest’ottica può essere intepretato l’apparente paradosso, cioè l’incapacità di Chirone di saper curare la ferita inferta al suo corpo, e semplicemente perché questo appartiene alla Natura, le cui leggi sono regolate da quella Necessità al cui cospetto devono inchinarsi tutti gli Dei e ogni Sapienza.
Senza un profondo senso del Corpo, cui ci porta il Femminile anche attraverso la ferita di Chirone, permarrebbe poi ogni dubbio sulla propria significatività, si continuerebbe a vivere nella indistinzione garantita dalla collettività, dove il conforto è il calore del gregge, dove la specie alimenta l’immortalità illusiva dell’individuo, di cui poi si nutre…
Ma nel momento che riesco a sentire il mio Corpo posso fare di questo il primo fondamento del mio processo di individuazione, dove la mia corporeità – quale esperienza della sensazione del Femminile – diventa la sede da cui il Maschile può iniziare la sua emancipazione; dove abbandono ogni ipnotica identificazione con il “genere”, con “la specie” per lasciar fiorire la mia, insostituibile, individualità, che è la forma più elevata con cui posso esprimere la mia vita.
E cos’è la mia individuazione se non un percorso di conoscenza ?
Chirone era sicuramente un sapiente, sapeva già molto prima di essere ferito; ma davvero già “conosceva” ?
Troppo spesso le esasperazioni del Patriarcato, rimuovendo un doloroso senso di impotenza e di fragilità, hanno infatti demolito ogni spazio di riflessione, inaridendo quel Cuore attraverso cui si “conosce” prima ancora di “sapere”.
Il Maschile si illude di comprendere il significato ultimo delle cose attraverso l’intendimento; ma quando capisce che qualsiasi concetto rimane sterile se non appaga anche quella richiesta emotiva che muove ogni desiderio, allora è costretto a trovare nel Femminile il senso di ogni suo agire; e quando lo fa, la sua reazione è violenta, l’informazione veicolata dal Maschile penetra, squarciandola, nella matrice del Femminile, sottomettondosi però alla sua giurisdizione, alle sue leggi che non parlano di divinità, ma piuttosto di quanto veramente “umana” deve diventare l’esperienza di ogni individuo.
Signori, cerchiamo per un’attimo di darci tutti il giusto valore !
Quella “umana” è una condizione privilegiata !
E’ l’unica condizione in cui lo Spirito deve incarnarsi se davvero vuol conoscere “dal vivo” questa parte della sua Creazione; e nel momento in cui entra nel ciclo vitale è come Chirone, come Adamo, come Eva, costretto a barattare la sua immortalità per la vera Conoscenza.
Il mondo non basta sorvolarlo, bisogna anche abitarlo: e noi possiamo consapevolizzare ogni nostra esperienza e diventare noi stessi strumenti di Rivelazione solo se entriamo in una prospettiva “mortale”, quandoiniziamo a considerare che la nostra assoluta insostituibilità nell’esperienza terminale porterà alla perdita di una singolarità forgiata da un carattere irripetibile, a cui – perdonatemi l’intepretazione un po’ laica… – varrebbe la pena dedicare la propria esistenza, indipendentemente da ogni fede o credo.
Ed è molto diversa quella sofferenza che sembra modellare il volto di Chirone con lineamenti sempre più umani, da quellostesso patimento che trasuda dalle carni di un Cristo mentre si concede, anche Lui, di vivere una Passione “umana, troppo umana”, dove un Dio si umilia di raggiungere l’Uomo nella sua piena profondità ?
E, nel nostro piccolo, è così diverso il volto di Chirone, o il volto di Cristo, dal volto di chi cerca anche in un consulto astrologico quella piccola scintilla che può però scatenare il fuoco della Consapevolezza e dare un significato ai suoi tormenti ?
In questo momento la nostra Scuola, nell’affiancare il counseling all’arte interpretativa, sta cercando di fonirci gli strumenti per imparare ad accarezzare quel volto, integrando cosìil messaggio di Chirone.
Questo è gran cosa !Possiamo finalmente avvicinarci all’Altro sostenendolo nel suo percorso autoconoscitivo.
Ma attenzione…., in quella carezza bisognerà anche saper veicolare un calore che nessuna tecnica, nessuna Scuola, nessuna Associazione potrà mai insegnarti; è un calore che può generare dall’Astrologo solo se nasce dallasua soggettività,da una reazione che scatta non appenal’Astrologo getta la pena dell’Altro negli abissi oceanici del proprio sentire: lì quella pena può anche arrivare sui fondali più profondi e magari non produrre alcuna risposta; ma se le acque del suo Femminile iniziano a dimenarsi, fin quasi a contorcersi tra loro, quasi palpitandoall’eco di un anticasofferenza che quel dolore riesce ad evocare, e quando tutto quel ribollire assume per lui un significato conosciuto perché più volte già affrontatodalla sua coscienza, ecco allora che l’Astrologo puòtrasmettere all’Altroquella vibrazione energetica che vale molto più della traduzione dei cento aspetti di un Tema Natale: è quando, al di là delle parole, l’Anima dell’Astrologo riesce a dare una pacca sulle spalle di un’altra Anima…
Come nel mito di Chirone, penso quindi che anche l’Astrologo debba essere sempre conscio della propriaumanità, della propria natura mortale, cosìda trasmettere nei suoi consulti un profondo senso di intensità per quel vivere che è si breve, assoluto, impermanente, ma anche delicato eprezioso; dove prendere coscienza delle proprie vulnerabilità diventa una delle risorse più profonde a nostra disposizione.
E’ pertanto legittimo credere che una nuova Astrologia possa adesso rivolgersi verso una ricerca di umanizzazione, comeaffiancamento a un più pieno e presente “stare nella vita”; un’Astrologia che non pretende di portare la salvezza, ma si propone come possibilità per nuove forme di Umanesimo.
Da un punto di vista astrologico credo che l’interpretazione di Chirone possa portarci più facilmente a prendere coscienza del nostra condizione di essere “incarnati” e quindinessariamente sottoposti a tutte le forme di attrito - da quelle materiali a quelle psichiche - che se da una lato generano indubbiamente uno stato di sofferenza, d’altra parte ci sensibilizzano a considerare e valutare lapropria dotazione di umanitàcosì d’aprirci a una consapevolezza più ampia, a quella fiduciainteriore che porta a crearemovimento dalla fissità generatrice di sofferenza.
Credo infatti che l’interpretazione di Chirone possa aiutarci a comprendere come invertire quel flusso energetico che fa delle nostre ferite il soggetto che “agisce” e noi il lorobanale complemento oggetto: compito dell’Astrologo sara quindi anche quello di vedere le ferite dell’Altro non più come patologie, ma come i necessari ingredienti della sua biografia.
Chirone ci fa capire che una volta aperta la nostra parentesi non possiamo dimenticare che prima o poi ne seguirà un’altra di chiusura, invitandociquindi a riflettere sulla santitàdi quanto è tra loro contenuto, di quanto è simbolicamente ospitato dalla nostra corporeità, e quindi come se nel suo collegamento tra Urano e Saturno, Chirone ci invitasse a considerare non solo il Padre Nostro che è nei Cieli, ma anche la Madre Nostra che è sulla Terra.
Per quanto mi riguarda…, è vero, l’Eterno Libro della Vita può fare anche a meno di quanto è espresso tra due parentesi; ma a me piace pensare che la mia calligrafia sia riconoscibile in molte pagine di questo Libro, laddove ogni volta...apro e chiudo.., apro e chiudo….,tanto da arrivare a comprendere che LA MIA ANIMAAPPARTIENE A QUESTO LIBRO, e in questa consapevolezza “saper vivere”ogni volta la mia, umana,mortalità.