La Dodicesima Casa
di
Eridano School – Scuola di Astrologia Umanistica, I Anno
Introduzione
La natura della dodicesima casa è elusiva e di difficile comprensione, poiché presuppone la contemporaneità di tutte le sfaccettature dell'essere, che qui si fondono armonicamente in un tempo/non-tempo in eterno rifluire. In questo settore astrologico, che spesso viene impropriamente definito come “la tappa finale” (forse a causa della naturale tendenza degli occidentali a percepire il tempo in modo lineare anziché circolare), convivono le infinite contraddizioni dell'esistenza, come migliaia di fotogrammi che vengano sovrapposti l'uno all'altro e poi osservati attraverso una lente grandangolare.
La vera essenza della casa non può essere spiegata tramite processi razionali, ma soltanto compresa, nel senso etimologico di “contenuta in sé”. L'unico linguaggio in grado di illustrare questo ambiente metafisico è quello poetico-simbolico, ben rappresentato dalla funzione di Giove, che qui è in domicilio secondario per co-significanza col segno dei Pesci. Per questa ragione, credo che i resoconti più fedeli della dodicesima casa possano essere trovati nel mondo dell'arte, soprattutto nelle opere di artisti che hanno questo settore predominante nell'oroscopo di nascita. Possiamo fiutarne l'essenza immergendoci nei mondi onirici e paradossali dei pittori surrealisti, come René Magritte (Sole in dodicesima) e Salvador Dalì (Nettuno in dodicesima), abbandonandoci alle melanconiche destrutturazioni musicali di Erik Satie (Luna e Urano in dodicesima), sfogliando i flussi di coscienza di Virginia Woolf (Luna, Saturno, Nettuno, Giove e Plutone) e le suggestive trasfigurazioni della realtà di Gabriel Garcia Marquez (Venere e Luna), o rievocando la nostalgia d'infinito del nostro Giacomo Leopardi (Nettuno in dodicesima). Le vicende biografiche di questi artisti sono anch'esse emblematiche per quanto riguarda la gamma di esperienze che il dodicesimo campo ci porta a vivere, e questa gamma è davvero policroma: se Leopardi si dibatté in un alienante senso di diversità e si sentì sempre esiliato dalla vita, Dalì abbracciò la sua stravaganza e la trasformò in arte di vivere, esplorando l'inconscio col suo “metodo paranoico-critico” che gli consentiva di tuffarsi nel delirio per poi sistematizzarlo e trasferirlo su tela. Ancora, la Woolf fu soggetta a continue crisi visionarie che la costringevano a letto per mesi e rendevano la stesura di ogni romanzo un doloroso travaglio, mentre Marquez, colto dall'estasi dell'ispirazione mentre era in viaggio verso Acapulco, rinunciò alla sua vacanza per rintanarsi a scrivere quel “Cent'anni di Solitudine” che gli valse un Nobel. È evidente che qualunque segnatura astrologica ha valore puramente indicativo, in quanto potenzialità che può essere espressa nei modi più disparati o non essere espressa affatto, e la dodicesima casa non fa eccezione.
Tutte le esperienze portate come esempio, così diverse tra loro, hanno tuttavia un unico fulcro, potremmo dire un nucleo esperienziale che le accomuna: il riconoscimento della natura olografica della realtà, ovvero la comprensione che tutto il mondo esterno è dentro di noi.
La dodicesima casa rappresenta l'esperienza dell'anello mancante, quel quid inesprimibile a parole che anima – e dà anima – a tutto il percorso compiuto attraverso le altre case. Qui troviamo l'origine e il punto d'arrivo del nostro intero cammino evolutivo che, attraversando il tempo e lo spazio, si dispiega lungo le undici tappe astrologiche per poi tornare al punto di partenza e ricordarci che non ci eravamo mai mossi, perché ogni possibile vissuto era già lì, nel nostro spirito. A causa della co-significanza con i Pesci, qui la percezione dell'esistenza è di natura paradossale; non esistono confini netti tra sé e gli altri, né c'è alcuna linea di demarcazione che divida il bene dal male. La molteplicità si dissolve nell'unità, l'infimo sposa il sublime e l'assassino convive con il santo; non esistono giudizi di valore, c'è solo l'essenza in quanto tale. Essenza che spesso, se non viene riconosciuta e accettata, fa a pugni con l'esistenza, provocando il lungo elenco di disgrazie popolarmente attribuite alla casa, che in realtà hanno il solo scopo di indirizzare la nostra attenzione verso l'interno. La dodicesima è al tempo stesso la somma e la sottrazione di tutte le identità possibili, con l'aggiunta di qualcosa in più: il riconoscimento dell'origine divina dell'uomo. Le proiezioni e le rifrazioni dell'essere, che nelle altre case si erano manifestate in precisi campi di esperienza, qui si
con-fondono in un sentire che di per sé è unitario, ma che può essere percepito dall'uomo come frammentario, incongruo e delirante; questo perché il cervello umano può conoscere le cose soltanto circoscrivendole e isolandole dal resto, in modo da definirle. Mercurio, simbolo della funzione cognitiva del pensiero e governatore dell'opposta casa sesta, opera grazie al principio di dualità: discerne (etim. scinde in due parti) le cose dividendole (vedendole due volte), le confronta e in questo modo perviene a una conoscenza. Conosce la natura di A paragonandolo a B, poiché sa che B è ciò che A non è. Questo in casa dodicesima non è possibile: qui A diventa B, e allo stesso tempo diventa anche C, D, E, F, e così via; siamo “Uno nessuno e centomila”, come scriveva Pirandello che non a caso aveva ben tre pianeti nel settore (Venere, Luna e Plutone). L'essere umano, però, non è in grado di percepire la contemporaneità degli stati d'essere; ecco perché a livello psicologico questa segnatura può essere piuttosto difficile da vivere.
Oltre a Mercurio, in casa sesta troviamo Y-Chronos, il signore che scandisce il ritmo ciclico del divenire insegnandoci che ogni evento ha un inizio e una durata – siamo nel campo della realtà fenomenica, del resto. In dodicesima, al contrario, troviamo il domicilio di Nettuno, la cui atemporalità si oppone a Y-tempo. Quest'asse, dunque, traccia un collegamento simbolico tra la realtà macroscopica, governata dalle leggi causali della relatività generale, e quella microscopica, in cui vige il principio quantistico di non località, grazie al quale l'informazione può essere trasferita istantaneamente da una particella all'altra.
Il legame con la Sesta Casa
Quando si parla di segni e case astrologiche, si tende sempre a valutarli individualmente, svincolandoli dal resto dello schema zodiacale. Ciò è utile se vogliamo far luce sulle valenze specifiche del singolo settore che stiamo analizzando, ma lo studio risulta incompleto se ogni polo non viene poi messo in rapporto con il suo opposto. In realtà segni e case funzionano come coppie di complementari, tecnicamente denominate assi. L'Ariete, per fare un esempio, è sempre in relazione di interscambio con la Bilancia, allo stesso modo in cui la prima casa si riflette sulla settima e viceversa; si parla infatti di asse prima/settima. Discorso analogo vale per le case a seguire. In pratica l'astrologia ci insegna che non possiamo affermare l'Io (casa prima) se non c'è un Altro che risponda a quest'affermazione (casa settima), che non esiste anabolismo (casa seconda) senza catabolismo (casa ottava), né c'è significante (casa terza) senza significato (casa nona), e così avanti.
Se è vero che la regola vale per tutti gli assi, è imprescindibile nel caso della sesta e della dodicesima, in relazione talmente stretta da essere reciprocamente dipendenti. Per comprendere la connessione tra le case di un asse, è bene tentare di non valutarle non come due ambiti antitetici, bensì provando a collegarle in modo circolare, come se il prolungamento di ognuna sfociasse nell'altra. Spingendo agli estremi la simbologia di ogni settore astrologico sconfineremo inevitabilmente nel territorio opposto.
Proviamo a pensarci: la casa sesta simboleggia l'ordine, mentre la dodicesima è la confusione; la prima è una casa fisica, naturale, e presiede all'adattamento alla vita terrena; la seconda è invece metafisica, sovrannaturale, e riguarda l'aderenza alle nostre radici celesti. Di primo acchito saremmo portati a considerarle in netta contrapposizione tra loro, addirittura inconciliabili. Del resto la sesta casa vuole il mondo diviso in compartimenti stagni e persegue una sistematica scomposizione della realtà nei suoi elementi fondamentali, in modo da ordinarla secondo uno schema gerarchico, cosa impensabile per la dodicesima. Ma cosa accade quando spezzettiamo le cose e ne analizziamo ogni dettaglio sempre più minuziosamente? Perdiamo la visione di insieme e sprofondiamo nella confusione. Possiamo fare una semplice prova quando leggiamo: vi è mai capitato di soffermarvi a indagare il reale significato di ogni vocabolo, le sue radici etimologiche, la sua funzione grammaticale all'interno di una frase o, addirittura, l'origine delle singole lettere da cui è composta? Mano mano che ci soffermiamo sui particolari e li scolleghiamo dal senso generale della frase, è come se le parole, a forza di caricarsi di significati specifici, perdessero di senso. A questo punto la lettura cessa di essere un processo spontaneo e diventa impossibile seguire il filo, perché la mente precipita nel caos, trovandosi immediatamente catapultata nell'ambito della casa dodicesima. Una mente verginea troppo pedissequa, del resto, può inseguire l'ordine al punto tale da sconfinare nella follia.
La stessa cosa avviene nel mondo fisico; la tassonomia classifica la natura in modo schematico e preciso, ma se iniziamo a scomporre la materia in molecole, cellule, atomi e infine quanti e stringhe, ci addentriamo in una realtà sempre più confusa. Le regole della fisica ordinaria decadono, gli elettroni si dissolvono in nubi di probabilità, comunicano in modo non locale grazie al fenomeno dell'entanglement, si proiettano nel futuro e, addirittura, si bilocano attraversando due diverse fessure nello stesso istante.
È vero che, fino a un certo punto, è possibile vivere la sesta casa ignorando la dodicesima; possiamo adattarci alla routine, seguire la tabella di marcia e preoccuparci soltanto di ciò che è essenziale alla sopravvivenza biologica. È invece assolutamente impossibile vivere la dodicesima senza il supporto della sesta. Passando in rassegna i temi del settore, scopriamo che abbiamo sempre bisogno dei pianeti della casa opposta per poterli esprimere in modo sano. Nessuna intuizione spirituale può accedere alla coscienza senza essere decodificata da Mercurio; nessun artista può creare valide opere d'arte se non sviluppa competenze tecniche con perizia (Mercurio), disciplina (Saturno) e costanza nel tempo (Y-Chronos); se l'arte è spirito reso tangibile, del resto, come potrebbe incarnarsi se non attraverso Saturno? Proseguendo con le altre simbologie, sappiamo che l'illuminazione spirituale può essere raggiunta attraverso una sistematica pratica meditativa che richiede numerose rinunce, tra cui l'astensione da certi cibi, dall'alcool, dal fumo e dal sesso. Gli ordini esoterici richiedono l'affrontamento di dure prove iniziatiche e l'aderenza a precisi codici comportamentali. L'opera alchemica si compone di fasi rigorose che non possono essere esperite se non si completa ogni tappa precedente. Persino per viaggiare nei piani astrali è necessario superare i Guardiani della Soglia (Saturno), e una volta svegli non ricorderemmo nulla se Mercurio, con l'ausilio della Luna, non traducesse le esperienze in concetti intelligibili. Anche una semplice preghiera richiede di essere imparata e memorizzata (Mercurio) e necessita di un raccoglimento interiore che si può raggiungere solo concentrandosi (Saturno) e distaccandosi dal mondo circostante. Se poi andiamo a osservare i luoghi di reclusione tradizionalmente attribuiti alla dodicesima, ci accorgiamo che monasteri, collegi, ospedali e carceri sono tutti ambienti in cui vigono regole rigide e in cui le giornate sono scandite da ritmi inflessibili. È imposto il silenzio, bisogna indossare un'uniforme, ci si sveglia all'alba e gli orari di pasti e attività sono categorici; le simbologie delle due case anche qui si fondono. Del resto, senza un buon radicamento nella realtà e senza una capacità critica di discernimento (Saturno e Mercurio), sarebbe molto facile scivolare nel delirio e nella follia, quando si entra in contatto con realtà così distanti da quella terrena.
La Dodicesima Casa prenatale
La prima esperienza che l'essere umano fa di questa casa risale ai mesi finali della vita intrauterina, indicativamente dal settimo in poi. A questo punto della gestazione la struttura fondamentale del feto si è già formata e, se questi dovesse nascere prematuro, avrebbe buone possibilità di sopravvivere sotto controllo medico. Tutte le sue energie sono quindi impiegate nella crescita e nel raffinamento delle sue funzioni biologiche: i polmoni si rafforzano (Y), aumentano i depositi di grasso sottocutaneo (Giove) e tramite la placenta vengono acquisiti gli anticorpi. Il liquido amniotico (Nettuno) è aumentato fino a raggiungere il litro; diminuirà verso la fine della gestazione. Rispetto ai mesi precedenti, nei quali si sono avvicendati vertiginosi mutamenti, le cose si fanno più lente e lo spazio della vita psichica del feto comincia ad ampliarsi.
L'ultimo senso a formarsi nella vita prenatale è la vista (governata da Giove), che continuerà a svilupparsi dopo il parto. Dopo la ventiseiesima settimana la retina si è formata e le palpebre si schiudono; alla trentatreesima settimana le pupille reagiscono alla luce dilatandosi e restringendosi in risposta alla sua intensità. Trovandosi in un ambiente perlopiù buio, il nascituro non ha molte occasioni di raffinare il discernimento ottico, ma è stato dimostrato che, se la mamma non indossa vestiti, il piccolo riesce a vedere l'alone rossastro della luce che filtra attraverso la pelle. Inoltre, se si muove una piccola luce sulla pancia, i suoi occhi ne seguono la traiettoria. Certo, soltanto dopo la nascita il bambino sarà esposto al mondo esterno e potrà quindi percepire fisicamente tutta la gamma delle frequenze luminose; nonostante ciò, a mio parare c'è una buona possibilità che in questa fase prenatale si faccia esperienza del colore puro, vissuto non come fenomeno sensoriale, ma come visione interiore dell'archetipo luminoso. Il colore, del resto, non è una proprietà degli oggetti, bensì un modo in cui il cervello traduce le impressioni raccolte dal nervo ottico. Potremmo dire che i colori sono istanze innate all'interno di noi, che gli impulsi luminosi non fanno altro che attivare. Di più: il colore, insieme alla geometria, è di fatto il simbolo archetipale più puro che esista. Prima che fossero inventate le divinità antropomorfe, col loro speciale corredo iconografico, prima che le varie manifestazioni dell'energia cosmica venissero sistematizzate e associate a particolari complessi psicologici (più affini all'ego umano che allo spirito), prima ancora di Zeus, della Madonna e degli stessi simboli astrologici, c'erano le forme e i colori. A riprova di ciò, se si abitua un bambino molto piccolo, che non sia ancora stato esposto a condizionamenti religiosi, a meditare profondamente, questi percepirà gli archetipi sotto forma di mandala e aloni luminosi, e riferirà di aver visto delle grandi luci colorate. Per quanto riguarda le figure geometriche, sono più che altro in relazione con Saturno e Urano, e sarei portato a collegarle alla casa undicesima. Nella dodicesima, del resto, non esiste forma. Tutto è inarticolato e privo di contorni.
Il domicilio di Giove-vista, però, rende lecito supporre che qui vengano a svilupparsi quegli stessi fenomeni entoptici che si sperimentano in stato di profondo rilassamento o sotto l'effetto di sostanze psicotrope. Graham Hancock, nel suo libro “Sciamani”, riferisce che l'assunzione di alcune piante allucinogene, come l'iboga e l'ayahuasca, provocano visioni analoghe in persone dai retroterra culturali molto diversi tra loro; l'autore, che ha provato queste sostanze in prima persona, riferisce di aver visto immagini che corrispondono in modo impressionante a dipinti di sciamani che avevano assunto le stesse sostanze, e che egli non conosceva prima di documentarsi. Addirittura è stata scoperta una sbalorditiva concordanza tra queste visioni entoptiche e numerose incisioni rupestri le quali, a loro volta, presentano tratti molto simili tra loro pur appartenendo a tribù lontanissime le une dalle altre. È quindi ragionevole pensare che in casa dodicesima il nascituro “riceva” per osmosi la visione di questi archetipi essenziali, come se li scaricasse dal grande database dell'Akasha (o dell'inconscio collettivo, per dirla come Jung). Nello specifico, penso che in dodicesima il feto formi la sua tavolozza interiore e stringa quel particolare legame tra colori e stati d'animo che prende il nome di sinestesia.
Questa capacità di legare le tinte cromatiche ai moti dell'animo può andare perduta nel corso della vita, oppure essere conservata e raffinata – specialmente in presenza di una dodicesima casa, di Nettuno o dei segni Pesci e Sagittario stimolati positivamente. Soprattutto se sono presenti pianeti “visivi” come Giove e Venere (e solo se l'insieme del tema natale lo conferma), è possibile avere fenomeni di lettura lucida dell'aura, doti cromo-terapeutiche, talento pittorico o capacità di tradurre le visioni in musica o in parole. Numerosi artisti dotati di sinestesia hanno questa segnatura astrologica: la cantautrice Tori Amos (Nettuno in dodicesima) racconta che, quando compone, «le canzoni appaiono come filamenti di luce, una volta che ho decifrato il loro codice; non ho mai visto la struttura di una canzone duplicarsi. Immaginatevi il più bel caleidoscopio mai esistito». Similmente, Duke Ellington (tema non domificato) disse: «Sento suonare una nota da un certo membro della band, ed è di un colore. Poi sento la stessa nota suonata da qualcun altro, e ha un colore diverso. Se suona Harry, il Re è una tela di juta blu scuro; se suona Jhonny, il Sol diventa satin azzurro chiaro». Il fisico teorico Richard Feynmann (Marte in dodicesima), rivelò che quando leggeva delle equazioni le lettere gli apparivano sotto forma di colori: «Apro un libro con le funzioni di Bessel, e prendono a svolazzarmi intorno delle J color bronzo chiaro, delle N blu-violetto e delle X marrone scuro. E mi chiedo come diavolo appaiano agli studenti». Ancora, Arthur Rimbaud, che aveva in dodicesima casa un'estetica Venere in Bilancia congiunta alla Luna, scrisse quell'inno alla sinestesia che è la poesia “Voyelles”, in cui attribuisce a ogni vocale una tinta, facendo diventare la A nera, la E bianca, la I rossa, la U verde e la O blu. C'è da considerare che tutti gli esseri umani sono dotati una percezione sinestetica latente e che molti la vivono senza esserne consapevoli – chi mai, del resto, si sognerebbe di chiederci: «Secondo te il mercoledì è giallo o verde?». Tutti noi, prima di nascere, passiamo attraverso la dodicesima casa e viviamo questa fusione dei sensi; sarà poi la terza casa – vissuta a circa tre anni d'età – a dirci in che modo i sensi sono stati differenziati e come si è organizzata la percezione della realtà. Per questa ragione anche la presenza di Nettuno o Giove in terza casa può denotare una percezione sinestetica del colore; inoltre, i rapporti tra questi due pianeti e Mercurio possono essere indicativi in tal senso.
I cinque sensi non sono mai del tutto scissi tra loro e in una certa misura tendono sempre a influenzarsi a vicenda; lo testimoniano i comuni modi di dire, che parlano di “suoni cristallini”, di “parole graffianti”, di “vini dal gusto morbido, rotondo o robusto”, di “odori pungenti” e di “colori caldi o freddi”. Se poi alla vista associamo le emozioni, la gamma di detti popolari è ancora più ampia: siamo “verdi di invidia”, di “umore nero”, abbiamo “una fifa blu” e vediamo “la vita in rosa”. In lingua inglese il blu è sia un colore che uno stato d'animo, la melanconia; una persona yellow (gialla) è codarda e una persona green (verde) è giovane, inesperta.
Sono in molti ad asserire che ogni colore abbia la sua particolare qualità energetica, associata a determinati stati psicologici. È scientificamente assodato che le tinte hanno la loro precisa frequenza elettromagnetica, che può andare dalle alte vibrazioni del violetto (700 THz) a quelle più lente del rosso (400 THz); ciò che ai più riesce difficile credere è che a queste frequenze corrispondano altrettanti moti interiori. Chiunque ami le arti figurative non può aver dubbi in proposito: chi non ha provato un immediato senso di pace ammirando la distesa azzurra del mare in un dipinto? Chi non si è sentito trasalire alla vista di uno squarcio rosso su una tela nera? La cromoterapia si avvale di queste risonanze emotive per ripristinare l'equilibrio psicofisico della persona, ed esistono correnti mistiche che praticano la meditazione sui colori come forma di auto-terapia. Chi possiede il dono di leggere l'aura sa bene che il corpo astrale assume determinate colorazioni in risposta alle emozioni; così lampi di rosso vinaccia scuro indicheranno un accesso di collera, mentre una corona di indaco puro intorno al capo suggerirà un'alta aspirazione spirituale.
È probabile che il sodalizio tra colori e stati d'animo si sviluppi proprio in dodicesima casa, ed esistono diverse tecniche di contemplazione in grado di riconnetterci alla nostra capacità visionaria innata; Massimo Scaligero, per citarne uno, nel suo “Manuale pratico della meditazione”, consiglia di «immaginare un colore, astraendolo dal supporto sensibile mediante cui normalmente si manifesta, in modo da contemplarne il contenuto non sensibile». È possibile in questo modo, attraverso l'azione catalizzante del colore, risalire alla sua sua natura archetipica primigenia. Per esempio, fissando intensamente un cielo azzurro senza nubi, è possibile penetrarne la natura energetica fino a convertire la vista del colore in un sentimento devozionale onnipervasivo. Anche Luciana Pedirota, nel suo saggio sul colore, ne promuove la visualizzazione immaginativa come mezzo valido non solo per raggiungere un contatto intimo, più alto, con le essenze degli archetipi, ma anche per riconoscere eventuali squilibri nel nostro modo di incarnare queste essenze.
Certo, la qualità della nostra prima esperienza archetipale dipende molto dal segno e dagli aspetti che la dodicesima casa riceve e, a seconda del tema natale, alcuni vissuti psico-cromatici saranno più marcati di altri. Una dodicesima in Scorpione suggerirà che l'esperienza emotiva del nascituro era satura di tonalità forti – di rossi densi, neri profondi e bruni violacei, volendo esprimerla a colori. Il rapporto con gli archetipi sarà quindi piuttosto viscerale e, paragonandolo a un dipinto, molto più vicino agli accesi chiaroscuri di un Caravaggio, piuttosto che ai toni pastello di un Monet. Se poi sono presenti lesioni, e soprattutto se è coinvolto Plutone, c'è un'alta probabilità che le immagini interiori si siano accompagnate a sentimenti di angoscia e di pericolo incombente. Una dodicesima in Sagittario, al contrario, indicherà un rapporto con l'inconscio entusiastico e fiducioso, un immaginario fatto di colori gioiosi e brillanti. Il Toro, dal canto suo, suggerirà un legame con gli archetipi mediato dalla concretezza della natura e dei sensi; i colori saranno saturi, netti, corposi, privi di sbavature. I Pesci e Nettuno, in quanto simboli di totalità spirituale, possono donare un assortimento cromatico particolarmente ricco, nonché una certa facilità a pescare immagini dall'inconscio, ma possono anche significare la difficoltà a discriminarle. Tracciando un'analogia con lo spettro visibile, potremmo dire che la dodicesima casa è un fascio di luce bianca in cui i colori sono tutti presenti, ma invisibili singolarmente. È l'opposta casa sesta che, agendo come un prisma, si occupa di scindere questo fulgore abbagliante nei sette colori dell'iride – che nella ruota cromatica diventano poi dodici, proprio come i settori zodiacali. In questo modo dà loro un ordine gerarchico e li rende manifesti all'occhio umano.
Va ricordato però che il colore non è l'archetipo stesso, bensì una sua manifestazione, un simbolo spontaneo che ci viene offerto dalla natura ed è pertanto più puro di quelli creati dall'uomo. Il simbolo (dal greco “syn bàllein”, “mettere insieme”), è una corsia preferenziale che ci permette di raggiungere il regno degli archetipi, i quali hanno natura esclusivamente immateriale; il colore, al contrario, è una radiazione elettromagnetica che contiene particelle di materia, i fotoni.
Platone divideva le idee (archetipi) in ordine gerarchico: più in basso c'erano le forme perfette e universali, per esempio quelle degli oggetti e degli animali, seguite dalle figure geometriche e dai concetti matematici; qui ci troviamo ancora nell'ambito dell'undicesima casa, perché la forma è appannaggio di Saturno, mentre la tecnica è legata a Urano. A seguire abbiamo i valori, le idee morali e religiose, fino ad arrivare al concetto di Bene Supremo, e qui entriamo nella giurisdizione della dodicesima casa, dove esistono soltanto essenze astratte. Nel mito della Biga Alata, Platone paragona l'anima umana a un auriga che debba guidare un carro trainato da due cavalli, di cui uno galoppa verso l'immortalità mentre l'altro recalcitra verso il mondo sensibile. L'assonanza con il segno dei Pesci è perfetta: anche qui abbiamo due animali legati per la coda che puntano in direzioni opposte, uno verso lo spirito e l'altro verso la materia. Platone poneva però in netta contrapposizione anima e corpo, collegando la prima al bene e il secondo al male. In dodicesima casa la dicotomia tra bene e male è superata, e la materia si collega allo spirito grazie a Giove, che si fa ponte tra immanenza e trascendenza. È appunto a partire dal settimo mese di vita prenatale che viene a formarsi questo collegamento; in questo caso il ponte va dallo spirito alla materia, in discesa, ed è vissuto come percezione passiva – il governatore primario è pur sempre Nettuno. In nona casa lo stesso ponte sarà percorso in senso inverso, in modo attivo e volontario, diventando, grazie all'azione connettiva dell'immaginazione, una “via di ritorno a casa”. La quadratura tra nona e dodicesima casa, in quest'ottica, può significare una difficoltà ad attraversare questo ponte, un'incapacità di trovare tracce dello spirito in ciò che è manifesto o, al contrario, a tradurre in vissuto concreto la propria spiritualità. Può anche rappresentare la difficoltà ad avvalersi dei simboli come traghettatori verso il mondo degli archetipi, sostituendoli con guru e idoli divini a cui ci si affida passivamente, dimenticando che dobbiamo partecipare attivamente del divino. Un altro rischio, infine, è quello di confondere l'archetipo con il simbolo, fermandosi a quest'ultimo e incorrendo in quel peccato di idolatria che ci fa adorare le icone come fossero essenza viva.
Torniamo alla vita prenatale. Unitamente allo sviluppo della vista, in dodicesima casa si registra un incremento dell'attività cerebrale: a partire dalla ventiseiesima settimana il feto presenta un'alternanza di sonno quieto e sonno attivo, nel quale si registrano i primi movimenti oculari, propri della fase REM. Sebbene non possa essere provato con certezza, è probabile che sia presente una forma di vita onirica. Dalla ventottesima settimana in poi il sonno attivo si intensifica, indicando che la corteccia è impegnata a elaborare il vissuto psico-corporeo del feto traducendolo in un nucleo di memorie essenziali. Quando si parla di sonno e di memoria è impossibile non pensare alla Luna, che proprio qui si trova in esaltazione e ci indica che nel nascituro si va formando un rudimentale senso di sé, non ancora attivo come nelle case governate dal Sole, bensì passivo e ricettivo – osmotico. La Luna-memoria si presenta dunque come trait d'union tra la vita prenatale e quella neonatale, amalgamando le esperienze personali del feto alle emozioni materne (Luna-madre), che qui vengono percepite con grande intensità e assorbite dall'inconscio. Una bella dodicesima casa, quindi, indica che la connessione affettiva tra madre e bambino è stata positiva e feconda, e che le immagini interiori sono foriere di benessere per l'anima. Al contrario, una brutta dodicesima indica che l'inconscio della madre ha contaminato quello del bambino, impregnandolo di contenuti confusi e disfunzionali che possono ostacolare il suo progetto di vita. Comunque sia andata, il bambino una volta nato avrà già la sua storia personale, conservata grazie all'attività mnemonica della Luna e scritta sul suo corpo. È attraverso quest'ultimo che spesso l'inconscio ci parla; le memorie prenatali e i vissuti rimossi sono registrati sulla pelle, nella tonicità muscolare, nelle espressioni facciali che si tramutano nel tempo in tratti somatici. Il corpo, insomma, ricorda anche ciò che la mente ha dimenticato. Gli accadimenti esterni, nel corso della vita, andranno poi a risvegliare quelle particolari esperienze emotive, che si manifesteranno nei punti corrispondenti della mappa corporea – viceversa, stimolando certi punti del corpo è possibile sbloccare emozioni represse. L'emotività lunare è sempre strettamente collegata alle reazioni corporee. Secondo Liz Greene, la Luna dice «qualcosa del modo con cui l’individuo esprime se stesso non come individuo, ma come creatura di istinto. In altre parole, simboleggia la sua natura istintuale e non-razionale». È chiaro che queste risposte istintuali passano necessariamente attraverso il corpo, che reagirà con distensioni o contrazioni muscolari, arrossamenti, afflussi sanguigni, senso di calore o di freddo, pruriti, fitte, scatti fulminei in attacco o in ritirata, e così via.
Negli ultimi mesi di gestazione abbiamo anche un progressivo aumento di volume del feto con conseguente diminuzione dello spazio disponibile. Il bambino si trova sempre più limitato nei movimenti, che fino a quel momento erano completamente liberi. Nei mesi precedenti aveva conosciuto ed esplorato lo spazio rotolandosi in libertà, allungando le braccia sopra la testa e ribaltandosi; con gli arti in via di sviluppo aveva iniziato a tracciare linee nel vuoto, e questi andamenti lineari si sono impressi nell'inconscio sotto forma di movimenti interiori; poi ha interiorizzato il senso del ritmo scalciando contro le pareti dell'endometrio, e in questo modo ha imparato a misurare il tempo e lo spazio. Ora però è grande e si trova costretto in uno spazio limitato. Non essendo più libero di spaziare con il corpo, è costretto a farlo con la mente; ecco che si fa preziosissimo l'incremento dell'attività onirica, perché i movimenti registrati dal corpo possono essere rivissuti grazie all'immaginazione – che etimologicamente è immagine di un'azione, ovvero azione immaginata. Il periodo in cui era possibile volteggiare in assenza di gravità, in uno spazio percepito come immenso, viene ora ricordato come uno stato paradisiaco – siamo pur sempre nel territorio di Luna e Nettuno, che uniti producono una particolare nostalgia dell'infinito. Tra le dieci e le quattordici settimane, infatti, il feto era ancora molto piccolo – misurava dai tre agli otto centimetri di lunghezza – e poteva destreggiarsi in capriole, torsioni e stiramenti degli arti; già a partire dal quinto mese, nella fase dell'undicesima casa, si è dovuto confrontare con i limiti dello spazio (domicilio di Saturno), e ha abbandonato l'esperienza dell'infinità accettando i confini di una forma finita. Ora, arrivato alla fine del percorso prenatale, non può più sgranchirsi a suo piacimento e deve starsene raggomitolato. Nell'ultimo mese dorme quasi tutto il giorno e impara che quell'antico stato di estasi non può essere raggiunto con il corpo, ma soltanto con il cuore e con la mente. Anzi, è proprio la costrizione fisica a dargli lo slancio per tuffarsi nel regno degli archetipi, grazie all'attività onirico-immaginativa. La stessa condizione si ripropone nel corso della vita; per questa ragione la dodicesima è tradizionalmente ritenuta la casa della clausura, dei carceri e degli ospedali, tutti luoghi in cui si è in qualche modo imprigionati e ci si deve affidare alla vita interiore. Il riflesso di Saturno dalla casa opposta qui agisce come inibitore del movimento.
Ma com'è, allora, che una periodo caratterizzato da angustia e da una costrizione quasi soffocante, viene visto dagli astrologi come uno stato di beatitudine edenica? La risposta sta nello scambio d'amore tra la mamma e il nascituro, che rende il soggiorno un'esperienza paradisiaca. Questo scambio avviene su un piano sia sottile che fisico, tramite le sostanze chimiche prodotte dal cervello materno. Qui impariamo ad affidarci, ad abbandonarci all'amore, a farci cullare dalle morbide carezze del liquido amniotico. Nettuno svolge un'azione anestetizzante, mentre la Luna svolge una funzione consolatoria; grazie a quest'ultima, il feto sperimenta il piacere del contenimento in un bozzolo caldo, alle cui pareti la sua schiena aderisce alla perfezione. Anche in questo caso, saranno poi il segno e gli aspetti planetari a dirci com'è stata vissuta questa limitazione: con una bella Luna ci si sentirà protetti e coccolati, con un glorioso Nettuno avremo l'utero a cinque stelle di cui parla Sasportas, mentre un Saturno male aspettato indicherà che ci si è sentiti confinati in una prigione scomoda. Se la connessione emotiva con la madre è insufficiente o disturbante, questa fase della gravidanza può essere un vero e proprio inferno: in questo periodo più che mai siamo dipendenti da lei, non solo da un punto di vista organico, ma anche psicologico. L'apparato cerebrale, infatti, è ormai quasi del tutto formato, ed è in grado di percepire ed elaborare un'ampia gamma di stimoli.
Il ruolo decisivo è svolto dalla placenta, che connette il feto alla madre e funge da polmone, da rene e da apparato digerente, perché è grazie a essa che il feto assorbe le sostanze nutritive. Ma c'è di più: attraverso la placenta il bambino assorbe sostanze chimiche come le endorfine e l'adrenalina, che raggiungono il suo cervello alterando positivamente o negativamente il suo stato psichico. Un recente studio del dottor Bonnin, della USC, pubblicato sulla rivista Nature nel 2011, ha dimostrato che la placenta sintetizza la serotonina e la immette nella circolazione fetale, facendo sì che il bambino provi un senso di rilassamento e benessere. Il bambino sente letteralmente le stesse emozioni della madre; se questa è soggetta ad accessi d'ira o a forti spaventi, il bambino sarà investito da ondate di adrenalina che, a causa dello spazio ridotto, non potrà scaricare col movimento fisico (può essere il caso di un Marte leso). Se la mamma è stressata e incapace di rilassarsi, i livelli di cortisolo aumentano anche nel feto, influendo negativamente sul suo sviluppo e sulle sue risposte immunitarie. In questa fase avviene l'acquisizione degli anticorpi materni – ricordiamo che l'asse sesta/dodicesima è anche l'asse della salute; Il cortisolo, però, inibisce le funzioni corporee non indispensabili nel breve periodo, abbassa le difese immunitarie e provoca una riduzione della crescita. Per questa ragione, opposizioni con la sesta casa possono essere indicatori di salute fragile, specialmente se sono presenti pianeti come Marte e Urano, forieri di stress e agitazione. Questi aspetti, oltre a inibire lo sviluppo fisico (il cortisolo rallenta la crescita dei tessuti), possono provocare disturbi dell'umore che si protraggono fin nell'età adulta, causando tendenza all'ansia e alla depressione.
Insomma, il benessere del bambino è strettamente legato allo stato psicologico della madre e alle informazioni chimiche che questa gli invia. Dal punto di vista fisico, il feto è completamente dipendente dalla placenta. La dodicesima, del resto, è una casa di dipendenza, a ricordarci che siamo sempre connessi al resto della creazione, insieme alla quale dobbiamo respirare. Se è vero che siamo padroni di noi stessi e del nostro operato, e quindi responsabili del nostro destino individuale, è altrettanto vero che ogni nostra azione, pensiero e stato emotivo si emana all'esterno, modificando inevitabilmente tutto ciò che ci circonda; gli effetti possono essere concreti oppure agire su un piano sottile, andando a influenzare le idee e le emozioni altrui. Allo stesso modo, neppure noi siamo del tutto immuni da ciò che ci circonda; possiamo schermarci e proteggerci, certo, ma se questa diventa un'abitudine finiamo per sclerotizzarci in una corazza protettiva che nulla lascia entrare e a nulla permette di uscire, imprigionandoci in uno stato di cattività che finisce col trasformarci in persone, appunto, cattive (dal latino captivus, prigioniero). La soluzione è quella di trasformare le cose negative che ci colpiscono, riconoscendo che ogni cosa che attiriamo dall'esterno è uguale e speculare a ciò che emaniamo, e andando a trasmutare questi difetti dentro di noi. In alchimia si parla di lebbre dei semi metallici. Per fare un esempio, l'oro è associato al Sole e le virtù che simboleggia sono la centralità dell'essere, la nobile fierezza e la capacità di donarsi. Questa virtù può corrompersi qualora le qualità dell'oro siano sbilanciate, manifestandosi in eccesso o in difetto. Nel primo caso il metallo sarà corroso e avremo la superbia, nel secondo caso il metallo sarà immaturo e darà insicurezza. Entrambe le espressioni fanno capo allo stesso nucleo d'esperienza e, dal momento che tutto è duale, sarà inevitabile che un oro immaturo e codardo incontri sulla sua strada un oro combusto e arrogante, proiettando davanti a sé il doppio speculare della sua lebbra. Questo perché ogni insicuro è un superbo latente e ogni superbo nasconde insicurezza repressa. Una volta riconosciuto ciò, si capirà che l'unico modo per proteggersi dai mali del mondo è quello di risanare la propria anima. Nell'asse prima-settima questi eccessi possono essere temperati attraverso il rapporto con l'altro; in ottava casa si purificano con la catarsi sciamanica; in dodicesima, invece, la guarigione è di tipo mistico e può avvenire solo con l'apertura devozionale del cuore. A questo punto la dipendenza si trasforma in interscambio volontario. Se il concetto di responsabilità di Saturno è stato integrato in casa decima, e se siamo usciti dall'undicesima con la capacità di collaborare nel rispetto delle diversità, allora il dodicesimo campo viene vissuto in modo limpido, con il cuore aperto, amando il prossimo nostro come noi stessi ma anche amando noi stessi come il prossimo nostro – cosa che spesso i Pesci dimenticano di fare; a questo punto non c'è più alcuna differenza tra ciò che facciamo per noi e ciò che che facciamo per gli altri. Viviamo così uno stato di libertà assoluta e al contempo di totale simbiosi con quanto ci circonda.
La stessa dicotomia si può vedere nella funzione della placenta. Da una parte questa fa sì che il feto sia completamente irrorato dagli umori materni, carne nella sua carne; d'altro canto, pur mettendo i due organismi in stretta relazione, è anche una barriera che filtra le sostanze nocive per il feto e fa sì che la sua circolazione sia completamente autonoma: il sangue della madre e quello del bambino non entrano mai in contatto diretto. Insomma si tratta di due organismi sì in simbiosi, ma ben distinti l'uno dall'altro, che la placenta divide e connette fungendo da intermediario. Questo spiega la presenza di Venere in casa dodici, che si trova in trasparenza secondo lo schema morpurghiano e in esaltazione secondo la domiciliazione classica.
Un'altra importante sostanza veicolata dalla placenta è la melatonina, che si occupa di regolare i cicli sonno/veglia in base alla quantità di luce presente. Il cervello fetale non la produce direttamente – del resto non ne avrebbe bisogno, trovandosi immerso in un ambiente buio –, quindi tutta quella in circolazione nel suo sangue proviene dalla madre; è da lei che il nascituro riceve le informazioni sui ritmi vitali. Gli studiosi hanno riscontrato che nel feto molte funzioni corporee, come il battito cardiaco e i movimenti respiratori, sembrano avere un ritmo di circa ventiquattr'ore; ciò che non sappiamo ancora è se questo ritmo sia regolato da un orologio interno o se sia una semplice risposta passiva ai ritmi materni. È possibile che il feto usi le variazioni dei livelli di glucosio nel sangue materno, che aumentano dopo i pasti, per regolare il suo orologio biologico. È però interessante notare che in alcuni casi il ciclo sonno/veglia del bambino è invertito rispetto a quello della madre, il che farebbe supporre che in qualche modo sia presente un'autoregolazione interna dettata da precise caratteristiche individuali.
Certo è che in dodicesima casa proseguiamo il lavoro iniziato nei mesi precedenti: il tempo, che prima veniva misurato con i movimenti ritmici di estensione/flessione degli arti, ora diventa ciclo interiore, e va sincronizzato con i ritmi esterni. L'azione riflessa di Y-Chronos dalla casa opposta è evidente. Anche in questo vediamo il paradosso: se da una parte siamo nella casa dell'atemporalità onirica, dall'altra questa è la fase in cui il tempo si interiorizza. È come se qui imparassimo a entrare e a uscire dalle porte dell'eternità, grazie a Saturno che, vigilando dalla sesta casa, fa da Guardiano del Tempo. L'asse sesta/dodicesima riguarda l'adattamento in senso ampio: si tratta della capacità di integrare i voli dello spirito – che esiste al di là di ogni confine – con i ritmi della vita terrena. Ovviamente, a seconda dei valori prevalenti nel tema, si vedrà quale delle due attitudini è privilegiata. La presenza di pianeti come Urano e Nettuno molto stimolati o lesi in casa dodici, può determinare una sorta di incapacità a sincronizzare il tempo interiore con il mondo circostante; abbiamo così persone che hanno la netta sensazione che il proprio ritmo circadiano sia fuori sincrono rispetto alle ore del giorno e ai ritmi vitali degli altri.
Sempre in tema di (apparenti) paradossi, e tornando alla melatonina, è molto interessante il fatto che quest'ultima si trasformi per biosintesi in pinealina, un neurotrasmettitore di cui si sa ancora poco o nulla, ma che secondo alcuni è il responsabile di sogni lucidi e oobe (esperienze fuori dal corpo). Del resto il suo nome deriva dalla ghiandola pineale, tradizionalmente associata al chakra del Terzo Occhio, sede della visione interiore. Non sappiamo assolutamente nulla su questo ormone in relazione alla vita fetale, né sappiamo se la melatonina materna, una volta entrata in circolazione, sia in grado di sintetizzarlo, ma l'argomento è molto significativo, se non altro a livello simbolico: significherebbe che l'azione incrociata di sesta e dodicesima casa ci consente di accedere a stati di coscienza superiori – e qui ci ricolleghiamo all'eventualità che in questi mesi si formi un ponte tra l'uomo e gli archetipi celesti.
La dodicesima è anche definita la casa della preveggenza; qui il feto si prepara al momento del parto. Sa che dovrà nascere, e sarà lui a stabilire il momento giusto inviando alla madre i segnali chimici che scateneranno le prime contrazioni. Prima che ciò accada, raccolto nella sua crisalide amniotica, il bambino pre-vede e pre-sente il passaggio a un mondo sconosciuto, quello della vita terrena; regna intorno a lui un'atmosfera di sospensione e di attesa, aleggia il presagio di un cambiamento imminente. Il nascituro sa di essere un'anima con una sua precisa identità progettuale, sente di avere uno scopo di vita all'interno del quale dovrà poi imparare a muoversi esercitando il libero arbitrio.
Ecco perché un dodicesimo settore particolarmente stimolato può rendere i nativi particolarmente abili a captare ciò che deve ancora manifestarsi (specialmente in presenza di Urano, Nettuno e Plutone). Anche la nona casa ha questa valenza, ma con una sostanziale differenza: in nona il futuro è immaginato e creato, mentre in dodicesima si impone come un destino già stabilito dal Sé. Qui l'avvenire è percepito come una reminiscenza che si riverbera da un passato lontano, si sente che “ciò che deve accadere accadrà, perché è già accaduto”, per citare Franco Battiato. Tuttavia, per quanto sia meraviglioso sentire che tutto andrà come deve andare, questo genere di consapevolezza può trarre in inganno, degenerando rapidamente in inerzia, passività, fatalismo e vittimismo – tutti difetti tipici di valori nettuniani mal integrati. Si tende a pensare che, se “tanto tutto è già scritto”, sia inutile agire; addirittura si può arrivare a percepire l'esercizio del libero arbitrio come una faticosa lotta contro la corrente. Si compie l'errore di credere che il destino, soltanto perché innato, non necessiti di essere messo in opera attivamente. Ma il destino va inteso come destinazione; il fatto di conoscere la propria meta non ci esonera dal metterci in cammino verso di essa, perseverando quando la strada si fa impervia, oltrepassando gli ostacoli e ingegnandoci a trovare percorsi alternativi qualora la via maestra sia sbarrata. Il destino non si manifesta mai da solo, ha sempre bisogno della collaborazione creativa dell'essere umano, che ha il compito di portarlo a incarnazione.
Ulteriore problematica di una dodicesima disequilibrata è la carenza di filtri psicologici, che rende fortemente permeabili agli stati d'animo altrui. Ciò può far sentire il nativo sopraffatto, dissanguato ed esasperato quando si trova in mezzo agli altri, generando così un grande senso di impotenza.
Se abbiamo questo settore particolarmente segnato nel tema di nascita, specie con aspetti dissonanti, è possibile che negli ultimi mesi di gravidanza nostra madre abbia vissuto stati emotivi intensi che noi abbiamo assorbito in eccesso, diventando dipendenti dalle continue maree emozionali – che poi sono vere e proprie inondazioni chimiche nel cervello – generate dal rapporto con gli altri. Può anche darsi che non fossero le emozioni materne a essere eccessive, ma che fossimo noi ad avere già al tempo la predisposizione innata a captare tutto ciò che si muoveva nel suo animo. Gli aspetti del tema natale sono come calamite che attraggono una specifica gamma d'esperienza tanto che, perfino in presenza della più controllata delle madri, un nettuniano sarebbe in grado di cogliere con precisione i moti reconditi del suo cuore.
In ogni caso una dodicesima forte è tipica di bambini che, una volta nati, continuano a sentire con estrema facilità le fluttuazioni emotive della mamma, inizialmente, e poi di tutti gli altri, e hanno sempre bisogno di legami simbiotici per non sentirsi soli. Successivamente, quando crescono e sono costretti ad affrontare l'inevitabile distacco dai genitori (qui bisogna guardare gli assi seconda/ottava e quarta/decima), il bisogno si sposta sulle relazioni affettive e vanno alla ricerca ossessiva di qualcun altro con cui entrare in risonanza psichica, spesso incappando in rapporti tormentati che inevitabilmente li lasciano con l'amaro in bocca. L'immensità della dodicesima casa, del resto, è assoluta e indomabile; impossibile limitarla al solo rapporto di coppia, impossibile rinchiuderla nei margini ristretti di una relazione di mutua dipendenza. Lo scambio affettivo reale, umano, viene quindi sacrificato sull'altare dell'illusione – caso tipico di una Venere in aspetto dissonante con Nettuno – e si preferisce abbandonarsi a fantasie perfette che non potranno mai deludere. Si passa così alla ricerca di mondi alternativi che ricreino l'avviluppo protettivo dell'utero a cui non si riesce a dire addio; si cerca conforto nel cibo (con aspetti dinamici tra Luna e Giove), nella dimensione illusoria di internet, con le sue chat-room e le città virtuali, e nei videogiochi (caso tipico di Urano in dodicesima male aspettato), oppure ci si rifugia nei libri, nei film e nelle serie televisive, tutte attività che anestetizzano dalla freddezza della realtà e sedano l'angoscia (Nettuno è il grande anestesista del sistema solare). Quando poi il cervello non riesce più a produrre da sé quelle inondazioni chimiche da cui si è diventati dipendenti, si va alla ricerca di sostanze vere e proprie come alcool, droghe e psicofarmaci; tutto pur di placare l'angoscia che insorge in una mente assuefatta ogni volta che le maree emotive si ritirano, lasciando il posto al vuoto interiore.
L'esperienza umana della Dodicesima Casa
Il vissuto prenatale della dodicesima casa stabilisce un imprinting che ci accompagnerà per tutta la vita e caratterizzerà il nostro rapporto con la trascendenza; ma nel corso della vita, nella pratica, come viene vissuto questo settore?
La tradizione l'ha definita come la casa delle grandi prove, delle disgrazie, delle malattie e dei ricoveri, dei nemici nascosti, dell'esilio e dell'alienazione, del servizio agli altri, della reclusione forzata, delle carceri e della prigionia, del sacrificio e così avanti. Descrizioni decisamente poco rassicuranti! In realtà non è – o almeno, non dovrebbe essere – niente di tutto ciò. La casa dodici è uno spazio sacro, intimo e silenzioso di devozione assoluta, in cui riportiamo al nostro Sé divino le esperienze che stiamo compiendo, trasformandole in consapevolezza spirituale; questo atto di “riconduzione” non riguarda solo le esperienze personali, ma porta con sé anche il vissuto, filtrato dalla lente del nostro essere, di tutti coloro che entrano in contatto con noi. Dal punto di vista psicologico, Jung definiva il Sé come l'insieme di tutti i fenomeni psichici dell'uomo, sia quelli consci che quelli inconsci, che ancora non sono entrati nel campo dell'esperienza; ma il Sé è qualcosa di più, poiché ha una valenza trascendente, divina, assolutamente inconoscibile e indefinibile; è ciò che l'induismo chiama ātman. Lo studioso Alain Daniélou lo descrive come un'istanza «che congiunge tutti gli esseri individuali» e che «costituisce un continuum indivisibile in cui gli esseri compaiono come entità coscienti individuali[…]. Tale immensità senza forma, substrato ultimo della coscienza, è sperimentata come vuoto, silenzio, oscurità totale nella regione senza limiti che spazia oltre lo spirito, oltre l'intelligenza. Essa è percepita dall'uomo, nell'interiorità del proprio essere, come un vuoto che è il suo 'io' più profondo, un io comune agli altri esseri, l'Oceano senza forma del Sé da dove emerge la natura particolareggiata di ogni individuo».
L'impegno che questa casa ci richiede è quindi di entrare senza paura in quel vuoto, in modo da ricontattare l'interezza dello spirito. Non si tratta, come a primo impatto potrebbe sembrare, di un'esperienza finale, estrema, che prelude alla conclusione della nostra vita corporea. Non è vero che la dodicesima casa si vive solo “alla fine”; Noi tendiamo ad assimilarla a quelle cinematografiche visioni post-mortem, in cui ci scorre davanti agli occhi la pellicola della nostra vita e finalmente “capiamo”. In realtà, chi ha davvero compreso la dodicesima casa, la vive attimo per attimo rendendo sacro ogni suo gesto. In questo senso è vero che siamo in un ambito di sacrificio, in senso etimologico di “sacro fare”. Possiamo viverla quando, uscendo dal lavoro, ci troviamo davanti a un meraviglioso tramonto e ci fermiamo per un istante, facciamo silenzio e ne accogliamo tutta la bellezza, lasciandoci commuovere, facendoci coppa per contenerne tutta la meraviglia e, al tempo stesso, schiudendo il cuore e lasciando che il nostro amore si riverberi verso lo splendore che l'ha suscitato. Possiamo vivere la dodicesima casa quando ci troviamo a fronteggiare una situazione che ci disgusta, ci avvilisce o ci fa indignare, e decidiamo di non reagire con il rifiuto, bensì cum-prendendola in noi, accettandola come parte della nostra anima e divinizzandola. Anche in questo senso si può parlare di sacrum facere: sacrifichiamo il piccolo Io, con il suo orgoglio, le idiosincrasie e le barriere della personalità, per trasformarci in qualcosa di più ampio: una coscienza universale. Certo questa casa non è solo sublime bellezza; è vero che può imporre prove e rallentamenti. Ci viene chiesto a quanto di noi sappiamo rinunciare in nome dell'espansione della coscienza. Siamo disposti ad aprire l'anima per lasciar emergere parti del nostro essere che non conoscevamo? Quanto spazio vuoto siamo disposti a lasciare in noi per accogliere le vite degli altri, le loro mille diversità? Quante gratificazioni momentanee riusciamo ad abbandonare per risvegliarci alla nostra natura divina? Sono queste le domande che la casa impone. Bisogna ricordare che qui ci troviamo nella dimora del Sé e non è concesso alcun tradimento al nostro scopo di vita. Ecco perché a volte sulle persone con questa segnatura sembrano abbattersi calamità senza fine: è il Sé che rivendica il rispetto della sua volontà. “Sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra”, non è la supplica a un fantomatico sovrano celeste, ma una dichiarazione d'intenti con la quale ci impegniamo a realizzare nella materia ciò siamo nello spirito. James Hillman disse che l'uomo, fin alla sua nascita, è una ghianda che contiene in sé la futura quercia; siamo un albero di cui la quarta casa può essere considerata l'apparato radicale e la decima casa l'apice. La dodicesima, invece, è la casa in cui siamo tenuti a donare i nostri frutti; nessuno può sbocciare solo per se stesso. Ma cosa accade se, a causa di condizionamenti esterni e deviazioni narcisistiche, la quercia si mette in testa di produrre fichi o nocciole? La frattura che si crea è lancinante e incolmabile, e allora sopraggiungono le malattie e quegli avvenimenti che ci confinano nell'isolamento forzato di cui parla la tradizione perché, come lo stesso Hillman disse, «ciò che serve, l’anima lo usa. Sono strabilianti, anzi, la saggezza e il senso pratico che essa dimostra nell’utilizzare accidenti e disgrazie». Tutto pur di ricondurci al nostro progetto originale.
Chi ha una dodicesima casa importante, tuttavia, raramente può limitarsi ad aderire alla sua vocazione senza porsi troppe domande sulla sua origine divina. Le Upanishad vediche recitano: «[Il Sé] può essere raggiunto da colui che gli si dedica; è per costui che l'ātman riveste il suo corpo. Colui che non ha rinunciato all'azione, che non ha trovato la pace, che non sa concentrarsi, che non ha ridotto il pensiero al silenzio, non può raggiungere il Sé con la sola forza dell'intelligenza», ed è proprio questo che viene richiesto. Non si tratta di rinunciare del tutto all'esistenza terrena per immolarsi a una vita di ascesi – a meno che non se ne senta la precisa vocazione – , ma semplicemente di ritagliarsi degli spazi di solitudine in cui mettersi in ascolto dello spirito. Un'esistenza fatta di esteriorità e frivolezze mal si confà a chi è segnato da questo settore ed è molto probabile che, se ci si ostina a perseguire quella strada, sarà il Sé a sbarrarla con ogni tipo di impedimenti.
Nel “Codice dell'Anima”, Hillman scrive che «prima della nascita l’anima di ciascuno di noi sceglie un’immagine o disegno che poi vivremo sulla terra, e riceve un compagno che ci guidi quassù, un daimon, che è unico e tipico nostro. Tuttavia, nel venire al mondo, ci dimentichiamo tutto questo e crediamo di esserci venuti vuoti. È il daimon che ricorda il contenuto della nostra immagine, gli elementi del disegno prescelto, è lui dunque il portatore del nostro destino». Questo daimon è la voce del Sé, e riconnettersi a essa implica riconoscere il movente originario della nostra esistenza. A quel punto l'anima non ha più misteri per noi e la sua natura ci si rivela; non dobbiamo più domandarci la ragione di tante cose e anche gli eventi più drammatici si rivelano per ciò che sono: lo specchio terreno della nostra identità divina. I genitori che abbiamo avuto, gli imprevisti che ci sono accaduti, gli incontri fortuiti, gli amici e gli amanti che ci sono stati accanto, persino le malattie e le limitazioni fisiche, tutto acquista un senso inequivocabile alla luce di ciò che siamo chiamati a essere.
Non sempre, però, accettare tutto questo è semplice; bisogna prima aver superato una tappa precedente, che avviene in ottava casa e che gli alchimisti chiamano Opera al Nero. In questa fase dobbiamo lasciare che il nostro Ego si disintegri, e con esso l'illusione di essere immortali; siamo l'emanazione di un Sé eterno, è vero, ma la nostra personalità non è che un guscio caduco che siamo chiamati a rompere. È il momento in cui cessiamo di identificarci col solo corpo fisico (casa seconda) e per la prima volta ci rendiamo conto che dovremo morire. Così ha inizio la riunificazione al Sé; comincia a decomporsi il falso Io, quell'insieme di sovrastrutture mentali e automatismi emotivi che ci eravamo costruiti nella prima fase della vita, quando essere amati e protetti costituiva una necessità di sopravvivenza.
A rigor di logica, in dodicesima casa questa tappa dovrebbe essere già superata, perché qui ci viene richiesto un passo successivo, la trascendenza dell'Io – quello vero stavolta. L'esperienza ci conferma però che la vita non è mai così schematica e che spesso le fasi di crescita interiore si sovrappongono. Si possono quindi sperimentare le energie della dodicesima casa anche durante la fase di nigredo, quando le ondate del dolore ci travolgono e la sola cosa che possiamo fare è star fermi e respirare per rimanere a galla, come un tronco trascinato dal fiume in piena. Questa condizione è ben rappresentata dall'esagramma n. 29 dei Ching, “L'Abissale”, che recita: «Se sei verace hai riuscita nel cuore, e ciò che fai ha successo. L'acqua scorre ininterrottamente e arriva alla meta. Così il nobile incede in durevole virtù, ed esercita l’arte dell’insegnante». Essere veri nel cuore significa riunirsi all'ātman, abbandonarvisi e conservare la nobiltà d'animo che un giorno ci permetterà di insegnare qualcosa agli altri: non per niente in questa casa troviamo i terapeuti e i guaritori. A quel punto, dal fondo del buio sorge qualcosa: la reminiscenza di una bellezza imperitura e onnipervasiva che si stende sul dolore come un balsamo e ci mostra la natura dell'amore incondizionato, che non ha oggetto, ma è oggetto di se stesso. Capiamo che per stare bene dobbiamo essere bene.
I trigoni tra ottava e dodicesima casa possono confermare un intenso lavoro dell'individuo in questo senso; possono accendere una luce nel mezzo della cosiddetta “notte oscura dell'anima”. Non a caso il grande mistico San Giovanni della Croce, che rese questo concetto celebre attraverso la poesia e il trattato omonimi, aveva il Sole e Mercurio in ottava casa trigoni a Saturno e Marte in dodicesima. Nei suoi scritti si parla della notte oscura come di un periodo di intensa sofferenza da cui però emerge poi la serenità, trasformandosi in «notte pacifica, abissale e oscura intelligenza divina». Anche Santa Teresa D'Avila, la compagna spirituale con cui San Giovanni riformò l'ordine carmelitano, aveva un trigono tra le stesse case. È interessante notare il modo differente con cui i due perseguirono la trascendenza: Teresa, un passionale Ariete con Nettuno e Venere in dodicesima, seguì la strada dell'assorbimento meditativo per raggiungere il vertice estatico della comunione con Dio. Al contrario il cammino di Giovanni, che in dodicesima casa aveva Saturno, fu quello di conservare una lucida consapevolezza e un'attenta disciplina che gli permise di penetrare la natura illusoria degli oggetti e del suo stesso corpo, fino a liberarsi dalla prigionia terrena. In generale possiamo dire che se in dodicesima sono presenti pianeti morbidi, come Giove, Venere e Nettuno, è probabile che la persona trovi consolazione nella consapevolezza di essere emanazione di un'anima immortale, e viva con più coraggio la putrefatio dell'ottava casa. Se in quest'ultima sono invece presenti pianeti di fusione quali Luna e Nettuno, il distacco dalle dipendenze dell'Ego può essere più difficile; nel primo caso l'ostacolo maggiore è l'attaccamento al passato unito a una profonda paura dell'ignoto, mentre nel secondo caso ci troviamo davanti al rifiuto di affrontare la propria Ombra, che l'illusione nettuniana cerca sempre di eludere, trasfigurandola. Anche la presenza di pianeti duri in dodicesima, come Saturno, Plutone e Marte, può rendere restii ad abbandonarsi all'oceano del Sé. Non dobbiamo mai dimenticare, però, che ogni segnatura astrologica ha una precisa ragione d'essere ed è lo strumento che noi abbiamo scelto. Per cui, chi abbia Plutone in dodicesima – per fare un esempio – saprà che la via per aprirsi al Sé è una radicale trasformazione interiore, a cui seguirà l'attivazione di un intenso potere psichico che andrà messo al servizio degli altri. Di solito con Plutone si parla di potere personale, ma quando il pianeta è in case collettive quali l'undicesima e la dodicesima non può esserci più nulla di personale; qui il potere diventa l'unione che fa la forza e va esercitato nell'ottica di una trasformazione globale. È come se le persone con questo aspetto natale si facessero promotrici ed esecutrici del profondo bisogno di trasformazione che hanno percepito nell'umanità; in qualche modo sono in grado di estendere agli altri gli effetti benefici del lavoro di integrazione dell'Ombra.
Se la dodicesima casa potesse essere estrapolata dalla sua dimensione psicologica e condensata in un oggetto concreto, la cosa più adatta a rappresentarla sarebbe una vasca di deprivazione sensoriale. Si tratta di uno strumento inventato negli anni cinquanta dal dr. John Lilly con lo scopo di annullare ogni stimolazione degli organi di senso. Funziona così: ci si immerge in una vasca riempita con un liquido isotermico, composto da solfato di magnesio, in cui si galleggia in assenza di sensazioni tattili e di gravità; un coperchio impedisce il passaggio della luce e funge da isolante acustico. In questa condizione di profondo rilassamento, il cervello si sposta su onde theta e delta ed entra in un profondo stato onirico. Si presentano ronzii e lampi di luce, possono manifestarsi delle visioni e i confini del corpo sembrano espandersi indefinitamente. É uno stato di sospensione ancora maggiore rispetto a quello vissuto nell'utero e può indurre stati alterati di coscienza molto simili a quelli raggiunti con la meditazione o con l'uso di droghe sciamaniche. Dall'utilizzo di questa vasca è nata persino una terapia per combattere stress e tensioni muscolari, chiamata “Floating Therapy” (Terapia del Galleggiamento). Le sedute durano dai trenta ai sessanta minuti e il corpo, privato di ogni sensazione tattile, si rilassa completamente senza aver bisogno di variare la sua posizione; inoltre i dolori acuti possono essere ridotti o alleviati, mentre quelli cronici diminuiscono per qualche ora, riducendo la necessità di analgesici. Durante queste sessioni il cervello rilascia le endorfine, pertanto la terapia può essere utile per trattare disturbi del sonno e dell'umore, nonché un efficace coadiuvante della psicoterapia per la gestione di ansia e rabbia. È molto interessante ascoltare i racconti di chi si è sottoposto alla Floating Therapy, perché sembra di ascoltare una perfetta descrizione della dodicesima casa. La prima cosa che tutti riferiscono è di aver avuto l'impressione di tornare nel ventre materno; si sono sentiti protetti, coccolati, cullati. Alcuni hanno parlato della sensazione di fluttuare nello spazio, in un vuoto cosmico senza confini. L'unico suono che si sente è quello del respiro unito al battito cardiaco, amplificati dall'assenza di suoni esterni. Ogni coordinata spazio-temporale svanisce; non si sa dove ci si trovi, né che posizione abbia assunto il proprio corpo. Da una delle tante testimonianze presenti nel web si legge: «Dopo un tempo non quantificabile e non percepibile, perché il concetto di tempo ha perso significato, provo una sensazione di fusione totale. Non ho più nome, né tempo, né forma fisica, né memoria. Sono morto e questo non mi preoccupa affatto. È come se la morte fosse un concetto creato dalla mente vigile che in questa condizione non ha più senso. Fuso con ogni cosa, una dimensione eterna, senza spazio e senza tempo».
Altri ragazzi, che hanno realizzato delle video-recensioni su youtube, una volta usciti dalla vasca hanno sperimentato una percezione incredibilmente ampliata delle vibrazioni sul corpo, come se il mondo non fosse altro che energia in movimento – e come dar loro torto? In effetti è proprio così.
La cosa paradossale è che, concentrando l'attenzione su se stessi – ovvero sul proprio centro interiore, su quel Sé che sta oltre il corpo – ci si sente immediatamente connessi a tutto il resto del mondo; la paura della solitudine e dell'abbandono, che tiene molte persone lontane da questa esperienza, perde ogni ragione di esistere.
Questo ci porta a uno dei compiti fondamentali richiesti dalla dodicesima casa: imparare a coltivare una feconda solitudine, facendo silenzio fuori e dentro di noi e abbandonandoci a una sana inattività. Le persone molto segnate da Luna e Nettuno – o anche dalle case quattro e dodici – hanno la tendenza naturale a essere inerti, passive, spesso sconfinando nell'indolenza; questa è una cosa naturale, perché la ricettività empatica che i due simboli sottendono presuppone cedevolezza, immobilità e dimenticanza dell'Io ordinario. Il problema è che noi non siamo mai davvero inattivi, né stiamo mai da soli con noi stessi. Anche quando trascorriamo un'intera giornata chiusi in casa, magari nel letto, tendiamo a occupare il tempo con mille piccole distrazioni: il cellulare, il computer, la lettura, la musica, la televisione; ci mettiamo a rassettare la stanza, a tagliarci le unghie, ci studiamo nello specchio chiedendoci se valga la pena cambiare taglio di capelli, oppure ci abbandoniamo all'immaginazione fantasticando su persone e situazioni. Tutto ciò non ha nulla a che vedere con la vera esperienza della dodicesima casa, che invece ci richiama alla pratica meditativa. La vera meditazione non corrisponde, come spesso di pensa, alla visualizzazione creativa, che di fatto è anch'essa una forma di attività. Il suo scopo è quello di mettere a tacere la confusione mentale, il continuo sciabordio di pensieri che inquinano la nostra mente. Esistono fondamentalmente due tipi di meditazione: quella riflessiva e quella recettiva. La prima focalizza l'attenzione su un singolo oggetto o immagine, al fine di disciplinare la mente a mantenere la concentrazione; la seconda consiste invece nell'eliminazione di ogni pensiero, ripulendosi così dalle contaminazioni della mente incontrollata. Entrambe le vie portano allo stesso risultato, quello di estirpare la radice dell'ansia, dell'angoscia e la paura del vuoto, riconnettendoci al nostro intimo e ricordandoci, una volta per tutte, che c'è qualcosa di noi che non potrà mai essere alterato o corrotto; questo dissolve l'ansia di vivere, che nei nettuniani nasce di solito dalla paura che il mondo, imprigionandoli nella materia, uccida il loro spirito o ne inquini la virginale purezza – tipico caso di un'opposizione con la sesta casa.
Le persone con pianeti attivi in dodicesima – Sole, Marte, Giove, Plutone – sono tendenzialmente più portate alla meditazione riflessiva, perché possiedono la volontà d'intenzione in grado di focalizzarle su un singolo obiettivo. Luna, Nettuno e Venere, che sono più passivi, tendono invece a suggerire una pratica di tipo recettivo. Saturno si colloca nel mezzo, perché simboleggia la resistenza, la costanza e l'impegno che in entrambi i casi debbono essere applicate. Il più difficile da disciplinare è probabilmente Urano, che è imprevedibile, elettrico e bizzoso. Tende a passare da un'immagine all'altra senza soluzione di continuità e, dal momento che è un pianeta mentale, spesso rifiuta di lasciarsi permeare dal sentimento d'amore universale che la casa porta in sé; è proprio questo agape ad agire come un collante che tiene insieme le mille diverse realtà che abitano lo spirito. Urano ha poca dimestichezza con la sfera del sentimento e tende invece a lasciarsi sedurre dalle idee asettiche, similmente a Mercurio. Liz Greene, nel suo “L'arte di Rubare il Fuoco”, dice che il pianeta qui si comporta come un catalizzatore della psiche collettiva, e tende a trasferire sul nativo la responsabilità di un qualche tipo di diversità che per molte generazioni è stata ignorata e rifiutata; si tratta dell'eredità di un conflitto psichico, qualcosa che non è stato integrato perché il contesto sociale e familiare non lo consentiva. La sua origine può risalire ai nostri antenati o addirittura all'intera stirpe razziale. In generale a chi abbia questa posizione astrologica è consigliato un lavoro sull'albero genealogico, magari avvalendosi di tecniche come la meta-genealogia e le costellazioni familiari. Urano è molto legato al campo morfo-genetico teorizzato da Rupert Sheldrake, secondo cui tutti gli esseri viventi sono uniti da una rete invisibile che ne regola movimenti e interazioni, condizionandone anche l'evoluzione. Si tratta di pattern relazionali che, similmente agli schemi di aggregazione degli atomi, si tramandano da una generazione all'altra in modo automatico, facendo sì che i suoi componenti ripetano le medesime dinamiche relazionali finché qualcuno non sceglie di modificarle, spezzando la catena. Ogni singolo individuo è influenzato dallo schema della sua famiglia, la quale è a sua volta condizionata dallo schema della sua stirpe, che segue il destino tracciato dalla sua razza. Ogni razza è plasmata a sua volta dall'area geografica in cui è sorta, attraversata da precisi meridiani energetici, e l'insieme di queste coordinate fa capo all'essere senziente che è il nostro pianeta; la Terra stessa, essendo parte del sistema solare, è interconnessa al resto dei corpi in orbita intorno al Sole, che è solo un piccolo ingranaggio nel grande meccanismo della galassia, e così avanti, fino ad arrivare alla fonte. Queste simbologie sono comuni sia a Urano che alla dodicesima casa, e la sua presenza in quest'ultima potrebbe richiamare alla necessità, da parte dell'individuo, di rivoluzionare il pattern sistemico in cui è inserito.
Nettuno, che qui è nel suo domicilio primario, si esprime in aderenza alle simbologie classiche del settore, che possono essere a volte amplificate o distorte, a seconda degli aspetti e del resto del tema natale. Tutte le attività tipiche della casa sono favorite: il misticismo, la poesia, l'arte, la musica, l'attività umanitaria, la terapia psicologica, la guarigione, la medianità, e così via. In negativo, può esserci la tendenza a rifugiarsi in un mondo di fiaba. Se Nettuno è molto stimolato, il rischio maggiore è di non rendersi conto della realtà in cui ci si trova; a volte si pone un filtro rosa davanti agli eventi troppo dolorosi della vita, che così non vengono mai riconosciuti ed elaborati. È come se Nettuno attutisse gli allarmi di pericolo e impedisse di correre tempestivamente ai ripari, trasportando la persona in un paradiso artificiale di sogni dove nulla può ferire. Il pericolo, in questo caso, è di restare per anni e anni immersi in situazioni disfunzionali – il più delle volte relazioni – senza rendersi conto del male che stanno procurando. Si imbastiscono fantasie elaborate di ogni sorta pur di redimere la dipendenza emotiva agli occhi della propria coscienza. Non importa se l'uomo che amiamo ci tradisce, ci ignora e ci umilia: è legato a noi dal sigillo interstellare delle fiamme gemelle, e prima o poi capirà che siamo due metà della stessa anima. Non importa se stiamo sprecando i migliori anni della nostra vita nella più totale inattività: un giorno un maestro di luce si materializzerà nella nostra stanza e ci svelerà che siamo starseed provenienti da Andromeda con una missione divina da compiere. Non fa nulla se i nostri presunti amici ci cercano solo per convenienza e per chiederci favori: è il loro modo di dimostrare amore e inoltre, poverini, hanno così tanti problemi nella loro vita! Non è vero che da piccoli il papà ci picchiava, era solo un po' rustico di modi. E quella promozione che ci siamo sudati e ci spettava di diritto? Be', il capo ufficio ha fatto bene a darla all'altro collega, in fondo lui ne ha molto più bisogno, sua moglie ha appena partorito... Questo genere di scuse sono molto pericolose, perché abbattono la nostra auto-affermazione e ci sottraggono la grinta necessaria a raggiungere le mete prefissate.
Un Nettuno in dodicesima con buoni aspetti e ben elaborato, invece, può elargire doni preziosissimi che in certi casi sfociano nella genialità. È il caso di Nikola Tesla, acutissimo fisico, ingegnere e inventore serbo vissuto a cavallo tra la fine dell'ottocento e la prima metà del novecento. Tra le sue innumerevoli invenzioni troviamo la corrente alternata, la radio – il cui brevetto fu depositato diversi anni prima di Edison –, il controllo remoto, il laser, oltre a numerosi contributi nel campo dell'elettromagnetismo. Tesla aveva Giove e Nettuno in dodicesima casa, entrambi in aspetto al Sole. Nella sua carta del cielo sono prevalenti i valori d'Acqua: Sole e Venere sono in Cancro e in quarta casa, trigoni a Nettuno che oltre a trovarsi in dodicesima è nel suo domicilio primario, in Pesci. A questo aggiungiamo che in dodicesima è presente anche il Nodo Nord e che Saturno è anch'esso in Cancro. Giove in Ariete in quadratura al Sole gli ha invece donato un intuito fulmineo e divampante. Queste segnature amplificarono enormemente le sue doti visionarie, e per lui fu all'inizio piuttosto difficile condurre una vita serena. Nella sua autobiografia racconta di aver sofferto di depressione durante l'adolescenza a causa della continua apparizione di immagini, accompagnate da intensi lampi di luce, che gli impedivano la vista degli oggetti reali e interferivano col normale svolgimento delle sue attività. Tutti, al momento di chiudere gli occhi, siamo attraversati da visioni, di solito fugaci e sfocate; nel caso di Tesla queste visioni erano vividissime, tridimensionali e stabili. Questo gli permise successivamente di creare un sistema di elaborazione delle invenzioni basato esclusivamente sulla visualizzazione mentale; metteva a punto i suoi progetti lavorando direttamente sulle immagini mentali, alle quali apportava miglioramenti e revisioni, e solo successivamente passava alla realizzazione concreta: «Per me è la stessa cosa far girare la turbina nella mia mente oppure testarla nel mio laboratorio». Nel paragrafo sulla vita prenatale ho parlato di come la dodicesima casa, Giove e Nettuno, donino una connessione diretta con gli archetipi, in particolare quello del colore. Tesla conferma questa teoria e nei sui scritti troviamo descrizioni molto particolareggiate delle sue visioni: «Quando chiudo gli occhi vedo invariabilmente come prima cosa uno sfondo blu, molto scuro e uniforme, come il cielo di una notte serena ma priva di stelle. Dopo pochi secondi questo campo si anima di infinite fiammelle di colore verde, scintillanti, disposte in diversi strati che mi vengono incontro. Quindi appare sulla destra uno splendido motivo formato da due sistemi di linee parallele e molto vicine, che vanno formando un angolo retto tra loro, di tutti i possibili colori, con predominanza del giallo, del verde e dell'oro. Subito dopo le linee diventano più brillanti e tutto si riempie di puntini luminosi […]. Ogni volta, prima di addormentarmi, davanti ai miei occhi fluttuano immagini di persone oppure di oggetti».
Le sfide e le difficoltà della Dodicesima Casa
Sebbene la descrizione tradizionale della dodicesima come della casa delle prove e delle disgrazie sia parziale e inutilmente fatalistica, non si può negare che porti spesso con sé delle difficoltà oggettive. Il mondo esteriore, col suo corredo di luoghi, esperienze e rapporti, è soltanto il riflesso frammentato di una realtà interiore, che nella dodicesima casa viene ricomposta e ricondotta all'essenza. Per questa ragione, una volta approdati in questo campo, è necessario liberarsi di ogni referente esterno e ciò può essere doloroso se abbiamo ancora dei forti attaccamenti. Il modo di vivere l'esperienza dipende in gran parte da come sono state integrate le fasi precedenti, perché per tornare all'unità dobbiamo innanzitutto liberarci di tutte le proiezioni; queste, per essere smantellate, devono prima essere vissute e riconosciute, e solo successivamente ricondotte al Sé. Proiettiamo parti di noi non solo sulle persone, ma anche sui luoghi, gli oggetti e le immagini a cui siamo legati e che ci danno conferma della nostra identità.
La frammentazione dell'unità ha inizio nell'asse prima/settima, in cui l'uno si scinde nel due, facendoci percepire noi stessi solo attraverso gli effetti che le nostre azioni hanno sugli altri (Marte). Sappiamo chi siamo perché l'altro ci mostra ciò che non siamo, ritroviamo il nostro Io nel riflesso che l'Altro ci restituisce (Venere). Nell'asse seconda/ottava ci identifichiamo prima con ciò che possediamo (Toro) e poi con ciò a cui siamo disposti a rinunciare, col seme che depositiamo nel mondo (Scorpione); troviamo noi stessi nel cibo, nel sesso, nell'intimità relazionale e nell'alternanza tra unione e distacco. Nell'asse terza/nona proiettiamo la nostra identità su ciò che pensiamo (Mercurio) e in cui crediamo (Giove); viviamo attraverso le parole, i concetti e le informazioni (Gemelli) e per trovarci abbiamo bisogno di proiettarci nel futuro (Sagittario). L'asse quarta/decima sposta la proiezione sulle figure genitoriali; qui ci identifichiamo nelle nostre radici (Cancro) o nel ruolo che ricopriamo nel mondo (Capricorno). L'asse quinta/undicesima ci parla invece di un Io cosciente ormai strutturato, che si riconosce prima emanandosi all'esterno attraverso la creatività, la riproduzione e lo sfoggio di sé (Leone) e poi inserendosi all'interno di quel mosaico policromo che è la società, rendendosi parte di un disegno comune (Acquario); in quinta casa abbiamo anche l'innamoramento, che ci fa riconoscere nell'amato parti di noi che abbiamo rimosso, mentre in undicesima il rispecchiamento avviene con la collettività nel suo complesso. In sesta casa troviamo un'identità collocandoci all'interno delle gerarchie, etichettando e denominando le nostre componenti in rapporto agli altri; ci identifichiamo nel corso di studi che abbiamo scelto, nel ceto sociale di appartenenza, nella professione che svolgiamo, ma anche nelle prerogative della nostra fascia d'età e nell'essere un organismo biologico. Tutto ciò in dodicesima casa scompare. Svanisce ogni proiezione esterna e con essa si dissolve l'Io insieme al bisogno di riconoscersi in ciò che si pensa, si dice e si fa. Il processo inizia già in decima casa, con Saturno, quando cominciamo a riprenderci la totalità del nostro tema natale e smettiamo di proiettarne i vari frammenti; non possiamo più identificarci nel clan (Toro), nei figli (Leone), nei colleghi (Vergine) o nel partner (Bilancia). Oltre a recuperare le nostre proiezioni, dobbiamo anche spogliarci di quelle che gli altri trasferiscono su di noi: solo così possiamo capire chi siamo e andare verso la vera realizzazione. In decima tuttavia è ancora presente un forte senso di realtà, si è radicati nel presente e si lavora concretamente. In dodicesima anche questo viene a decadere. L'Io diventa Sé nel momento in cui ha superato la prova di Saturno, ovvero dopo aver ri-conosciuto lo scheletro della sua essenza, quello che di vita in vita si veste di personalità sempre diverse pur non cambiando mai. Dopodiché incontriamo Urano e Nettuno, che sono il nostro spirito collettivo, il collegamento con l'Anima Mundi. Urano ne rappresenta la parte mentale, il pensiero puro dell'iperuranio, mentre Nettuno simboleggia il sentimento che ci tiene uniti, il cuore sacro. Nettuno contiene in sé tutto ciò che abbiamo incontrato dalla prima all'undicesima casa.
Le Upanishad dicono: «Colui che conosce il vasto spazio racchiuso nella caverna del cuore, realizza tutti i desideri ed entra in contatto con l'Immensità»: per arrivare a schiudere questa caverna è indispensabile superare delle prove. Dobbiamo essere in grado di sopportare la solitudine, tenerci saldi al nostro nucleo senza aggrapparci a nulla che stia all'esterno.
Questi temi sono rappresentati in particolar modo da Saturno in dodicesima casa, che a volte può indicare un vero e proprio isolamento fisico. Più sopra ho menzionato la figura di San Giovanni della Croce, che aveva quest'aspetto nella sua carta astrale: è vero che Saturno gli conferì la disciplina per meditare, strappando i veli dell'illusione uno a uno, ma è altrettanto vero che il mistico dovette affrontare prove piuttosto dure. Nel suo caso la simbologia casa dodici-prigione fu letterale: a trentacinque anni, a causa di feroci opposizioni contro la riforma da lui apportata nei carmelitani, fu accusato di ribellione e imprigionato in un convento di Toledo, in una cella
gelida e talmente angusta che a stento lo conteneva. I mesi di prigionia furono durissimi: con una sola tonaca inzuppata dall'umidità e nient'altro che il suo breviario, Giovanni fu costretto a soffrire la fame, la febbre alta e i pidocchi, oltre alle sistematiche flagellazioni a cui era sottoposto il venerdì nel refettorio comune. Eppure fu proprio in quei terribili mesi che, sotto la luce che filtrava fioca dalle grate della cella, compose gran parte del suo “Cantico Spirituale”. Seppe convogliare gli senti nell'ispirazione, riconoscendo nella sventura una vera e propria prova iniziatica a cui si sottopose docilmente, direzionando tutte le forze verso la consapevolezza spirituale. Del resto è proprio questo che Saturno insegna: la concentrazione, intesa tanto in senso fisico quanto mentale.
Come governatore del piombo alchemico, Saturno rappresenta la massima densità concentrata nel minor spazio possibile; è da questo stato di enorme pesantezza che viene tratto l'Oro dei filosofi. In dodicesima casa, tutta la concentrazione è rivolta all'apertura dei cancelli del Sé. Lo capì bene Emily Dickinson, che a trent'anni decise di segregarsi nella sua stanza per dedicarsi esclusivamente alla poesia e alla vita interiore, e non ne uscì fino al giorno della sua morte, dieci anni dopo. Scelse questo gesto come un lucido atto di ribellione verso le imposizioni sociali e il perbenismo della sua famiglia, che voleva imporle un destino e un'immagine che non le appartenevano.
Saturno in dodicesima casa riguarda anche personalità eminenti che hanno saputo fare della disciplina e della contemplazione una fune con cui risalire le vette impervie della conoscenza: Schubert, Hegel e Goethe, per citarne soltanto tre; musicisti eccezionali che hanno saputo usare questo aspetto per creare opere immortali. I doni che la casa offre sono sempre gli stessi: i pianeti presenti suggeriscono semplicemente le modalità con cui questi potranno essere conquistati. Abbiamo così persone che si dedicano con intensità agli impegni umanitari, come nel caso del frontman degli U2 Bono, ma anche uomini che rinunciano a una vita convenzionale fatta di piaceri egoistici per
dedicarsi allo sviluppo della società, come nel caso del padre dell'informatica Alan Turing. Certo, nel suo caso Saturno in dodicesima fu anche foriero di una fine tragica, dovuta al doloroso senso di diversità che gli impediva di sentirsi amato e accettato dal resto del mondo: morì infatti suicida a soli quarant'anni a causa delle persecuzioni subite per via della sua omosessualità. Una fine analoga fu scelta da Sylvia Plath, che si tolse la vita a soli trent'anni respirando il gas del forno di casa sua. La poetessa americana si impose per tutta la vita una rigida disciplina che la sua irruente emotività da Scorpione continuava a osteggiare. Il tema del controllo fu sempre primario nel suo approccio artistico; durante un'intervista radiofonica dichiarò di non provare simpatia per quelle «grida del cuore indisciplinate». Credeva che ogni emozione, persino la più feroce, dovesse essere lucidamente controllata e imbrigliata attraverso l'atto poetico, e questo è un modo tipicamente saturnino di gestire l'ispirazione artistica della casa dodici. La Plath fu sempre molto attratta dall'esoterismo e dall'astrologia, ma se ne tenne a debita distanza per paura di leggere nella sua carta natale la conferma di un tragico destino – «Dal fondo dello stagno, stelle fisse governano una vita», recita “Words”, una delle ultime quattro poesie composte pochi giorni prima della sua morte. Non riuscì mai a raccogliersi nella feconda solitudine che Saturno in dodicesima le avrebbe regalato, fatta eccezione per gli ultimi due anni della sua vita, dopo l'abbandono del marito, durante i quali si svegliava prima dell'alba per scrivere in silenzio. Nella sua vita si verificarono tutti gli eventi tipici di una dodicesima lesa: soffrì di disturbo bipolare e fu ricoverata in un ospedale psichiatrico, dove la sottoposero a dei terribili cicli di elettroshock.
Visse anche lei una forma di reclusione forzata: nell'inverno del suo suicidio, trasferitasi con i figli piccoli in una casa di Londra, fu colta da una terribile gelata che la isolò dal resto del mondo, tagliando la corrente elettrica, la linea telefonica e bloccando strade e trasporti. Questa era senz'altro un'esperienza normale in passato, ma nel caso della Plath andò a peggiorare una condizione psicologica già molto fragile e, probabilmente, il senso di prigionia si fece specchio della convinzione profonda che per lei non sarebbe stata possibile alcuna guarigione dell'anima.
In genere le persone con questa posizione di Saturno non riescono ad abbandonarsi passivamente al Sé, lasciando che l'Io si dissolva. Spesso temono il dolore psicologico e la contaminazione emotiva. Hanno bisogno di raggiungere da sole, attivamente, il risveglio della coscienza e possono giungere a gesti estremi pur di mantenere il controllo sulla loro anima. Non accettano di sottoporsi a eventi che possano corrodere la struttura della loro identità; Saturno, in fondo, porta sempre con sé il tema del controllo. Naturalmente questo controllo, se mal gestito, può essere preso in mano dagli altri e usato a nostro danno, come nel caso di Anna Bolena che alla fine fu giustiziata da suo marito: nel suo caso Saturno, che era quadrato al Sole di nascita, prese le sembianze di Enrico VIII.
Un'altra caratteristica della dodicesima casa è che può farci sentire irrimediabilmente diversi, alieni, come se appartenessimo a un'altra dimensione, e questo può spingerci a isolarci, fuggendo da un mondo che sentiamo troppo violento e spietato per noi; le percezioni ampliate che dona questo settore – in concomitanza con valori d'Acqua nel tema natale – possono diventare una maledizione, perché siamo continuamente invasi dalle emozioni degli altri, che non riusciamo a distinguere dalle nostre. Spesso chi ha questo settore sovra-stimolato è colto da emicrania, vertigini, spossatezza e nervosismo quando si trova in ambienti troppo affollati, specialmente se si tratta di situazioni di forte agitazione collettiva e, dal momento che il suo apparato emotivo fa facilmente in sovraccarico, ha bisogno di lunghi momenti di totale solitudine per ritrovare l'equilibrio. Il rischio di questa tendenza all'isolamento, però, è quello di disattendere al reale scopo della dodicesima casa, che è di farci portare i nostri frutti nel mondo. Questi frutti, che nella casa precedente si esprimono attraverso l'operato concreto nella società, qui sono doni del cuore, e corrispondono alla virtù teologale della Carità, che in simbologia alchemica appartiene all'Argento, il metallo della Luna. La carità non è, come la intendiamo al giorno d'oggi, l'atto di “fare l'elemosina”, bensì, etimologicamente, “avere caro”, provare benevolenza, amare il prossimo come parte di sé.
Le affinità con la Settima Casa
La dodicesima casa si trova in rapporto di quinconce con la settima. Il quinconce è un aspetto particolare perché, pur non essendo marcatamente disarmonico, presenta senza dubbio delle particolari difficoltà. Dal momento che si forma tra elementi tra loro non compatibili, necessita di un'elaborazione cosciente per funzionare in modo armonico. È come se rappresentasse una potenzialità in nuce che però, per essere espressa, va elaborata con uno sforzo mirato; si tratta di far cooperare qualità apparentemente distanti tra loro. Nel caso dei Pesci e della Bilancia, e delle rispettive case, l'obiettivo è quello di creare una comunicazione tra il sentimento e il pensiero. Il primo feconda il secondo, dandogli profondità e spessore, mentre il secondo esprime il primo tramite le idee e la relazione. Settima e dodicesima casa, infatti, hanno in comune proprio quella Jung definisce funzione Sentimento. Astrologicamente il Sentimento appartiene all'elemento Acqua ma anche a Venere, che ha il suo domicilio primario in un segno d'Aria, la Bilancia. La Bilancia, com'è noto, è il segno della relazione e la casa da essa governata è quella in cui sperimentiamo noi stessi attraverso i legami. Se consideriamo che l'Aria sta alla funzione Pensiero, ci renderemo conto che è proprio Venere, la relazione, il trait d'union tra le due cose. Questo perché in realtà è proprio il sentimento che presiede alla relazione, dandole senso, ed è un'istanza molto più razionale di quanto saremmo portati a credere. Certo, è vero che un sentimento “alto”, sincero e puro, non ha molto a che vedere con la convenienza utilitaristica – lato ombra dell'elemento Aria –, ma è anche vero che è pur sempre il pensiero a strutturare, organizzare ed esprimere ciò che sentiamo nel profondo.
Personalmente, considero i sentimenti una versione più matura, profonda e radicata delle emozioni. Queste ultime sono volatili, legate al momento. La rabbia, la felicità, la tristezza, sono stati passeggeri che vanno e vengono, perché legate a circostanze immediate. Il sentimento invece persiste, ci vuole molto di più per trasformarlo e sradicarlo. Proprio per questo si tratta di un'istanza tutto sommato molto più razionale di quanto si creda.
Nello schema astrologico, con segni e case d'Acqua si assiste a un progressivo raffinamento delle emozioni in sentimenti. In Cancro abbiamo ancora l'emozione forte, dirompente, reattiva, legata al bisogno e alla difesa dell'Io; in Scorpione inizia un'opera catartica e dobbiamo discriminare tra i moti d'animo passeggeri e i sentimenti veri e propri, dei quali dobbiamo riscoprire il valore; in Pesci, infine, le emozioni si sono trasformate: l'Eros è diventato Agape, il Pathos si è convertito in Empathos, la passione in compassione. La settima casa è uno snodo decisivo nel processo, perché è solo grazie alla razionalità che riusciamo in questa discriminazione, che poi si raffinerà ulteriormente con l'esaltazione di Mercurio in Scorpione. Grazie a Venere riusciamo a sfoltire e alleggerire il marasma delle emozioni egoriferite mettendole in relazione con il prossimo. Ci rendiamo conto che un'emozione, per avere valore, deve anche trovare un riscontro esterno, essere condivisibile.
Credo che si possa imparare molto sulla natura delle case semplicemente osservando la natura e i cambiamenti della luce nelle ore del giorno. Facciamo un piccolo passo indietro: sappiamo che il Sole e i pianeti, nel ruotare intorno alla Terra, seguono un percorso giornaliero inverso rispetto a quello delle case. La Terra infatti ruota sul suo asse in senso antiorario, e questa è la direzione che seguono i segni e le case; anche i transiti sul nostro tema natale seguono questa successione, andando dall'Ariete verso i Pesci e dalla prima alla dodicesima casa. I pianeti, al contrario, ogni giorno transitano dalla dodicesima alla prima casa, seguendo un andamento destrogiro. Se consideriamo il cielo come un simbolo dello spirito, e la Terra come simbolo del corpo, potremmo dire che la dodicesima è la casa prima dello spirito.
Infatti ogni mattina il Sole sorge in casa dodici, come a volerci ricordare che l'origine della vita è squisitamente spirituale. L'ambiente soffuso, etereo e quasi balsamico del dodicesimo campo è il primo in cui ci troviamo immersi al risveglio, e basta osservare il cielo alle luci dell'alba per rendercene conto. L'aurora è un momento magico e mistico, e non a caso è considerata da sempre il momento ideale per meditare. È come se ogni giorno rinascessimo simbolicamente nell'unità.
Il cielo al tramonto, quando il Sole è settima casa, fa un effetto simile. Pesci e Bilancia, infatti, hanno diversi punti in comune: se prendiamo in considerazione lo schema morpurghiano, entrambi vedono esaltato per trasparenza il governatore dell'altro; in Pesci abbiamo la trasparenza di Venere, mentre in Bilancia quella di Nettuno. Se invece usiamo lo schema tradizionale, troviamo ugualmente Venere esaltata in Pesci, questa volta in modo diretto.
La presenza di Venere in dodicesima casa trova un curioso riscontro nel fatto che questa venga definita la stella del mattino e che sia visibile proprio in quel settore prima che sorga il sole, dopodiché sparisce alla vista e ricompare solamente al tramonto come stella della sera, in settima casa. In pratica è visibile dalla Terra soltanto quando si trova nel suo domicilio e nella sua esaltazione – iretta o per trasparenza, a seconda di quale schema usiamo. Di più; vediamo Venere quando entra simbolicamente nel territorio di Nettuno. Sembra quasi che le due case, scambiandosi i domicili primari per trasparenza, vogliano ricordarci che la luce sorge e tramonta nel nome del Sentimento, sia esso amore cosmico o amore di coppia. Se su carta questo concetto può sembrare pura retorica leziosa, l'osservazione diretta lo conferma immediatamente, senza bisogno di parole e ragionamenti. All'alba e al tramonto la luce si fa calda, ambrata, quasi palpabile, come se avesse consistenza di oro liquido; la varietà di colori che si sprigiona nel cielo non è visibile in nessun altro momento: tinte fosforescenti e cangianti, giochi di rifrazioni sulle nubi, tonalità che si fondono tra loro in un gioco di sfumature che ricorda a volte il processo della marmorizzazione. Se interrompiamo l'attività frenetica e il mulinare dei pensieri, in quelle ore percepiamo chiaramente una sospensione che avvolge la Terra, un particolare silenzio che fa da sottofondo ai consueti rumori della. Per chi sa ascoltare con il cuore, anche nella metropoli più chiassosa, al tramonto, sembra di sentire per qualche minuto un silenzio sacrale.
Quando si trovano in queste due case, il sole e la luna si trasformano (Nettuno-metamorfosi); li vediamo dilatarsi, distorcersi, cambiare colore. È anche significativo che gli unici momenti in cui è possibile guardare il sole a occhio nudo si hanno all'alba e al tramonto, quasi che quelle ore sia possibile un contatto diretto con l'Io. Ogni volta che il sole transita in una delle case, è come se si congiungesse a Nettuno e a Venere, grazie ai quali può ricontattare il Sé. È anche come dire non possiamo conoscere direttamente la nostra identità finché non la mettiamo in rapporto con l'altro (settima) e con Dio (dodicesima). Questo ci riporta al profondo senso di pace e di guarigione interiore che proviamo quando siamo in relazione affettiva con qualcuno, che si tratti di una storia d'amore o d'amicizia, o nei momenti in cui preghiamo, meditiamo o ci abbandoniamo all'arte.
L'essenza della Dodicesima Casa
Come ho accennato nell'introduzione, in fisica quantistica esiste un concetto che può far comprendere bene l'essenza della dodicesima casa: si tratta del principio di non località, secondo il quale le informazioni si trasferiscono istantaneamente da una particella all'altra. Facciamo un esempio: se dalla Terra inviassimo un segnale luminoso al pianeta di una stella lontana, ad esempio Proxima Centauri, questo dovrà viaggiare attraverso il tempo e lo spazio e impiegherà circa quattro anni per arrivare a destinazione; siamo nel campo della relatività generale e nell'ambito di Y-casa sesta: c'è separazione tra le cose. Nella comunicazione non-locale che avviene a livello subatomico, invece, l'informazione arriva istantaneamente. Se questo principio funzionasse a livello macroscopico, una luce accesa sulla Terra sarebbe immediatamente visibile su Proxima Centauri, perché le due sarebbero intimamente collegate.
In astrologia il collegamento tra due punti avviene in settima casa – l'Io si connette all'Altro, nasce la linea retta. In undicesima casa il collegamento coinvolge tutti i punti che compongono la realtà; le linee rette si intersecano a formare una griglia. Qui abbiamo le reti neurali del corpo umano, ma anche la rete sociale, la rete informatica e in generale la collettività vista come un grande organismo modulare. In dodicesima il collegamento è ormai compiuto e miliardi di punti si fondono in un punto unico. È un po' come guardare il cielo stellato di notte: noi vediamo tante scintille immerse nel buio perché la luce impiega del tempo ad arrivare sulla Terra e, dal momento che l'universo è in continua espansione, ci sono astri così lontani che il loro bagliore non ha ancora raggiunto la Terra. Se però la luce delle stelle ci arrivasse in modo istantaneo, non vedremmo più tanti puntini, ma un immenso chiarore abbagliante; il buio non esisterebbe più. In astronomia questo ragionamento è chiamata Paradosso di Olbers, e il fatto che non si verifichi è considerato una prova a favore del Big Bang. In dodicesima casa, invece, ci troviamo nel regno dell'ātman e questo accade davvero, anche se poche persone sono in grado di sperimentarlo fino un fondo: si tratta di un'esperienza talmente vertiginosa e totalizzante che può farci perdere la ragione, se non siamo in grado di sopportarne l'intensità.
La dodicesima casa ha un'ottava inferiore e un'ottava superiore, ovvero può esprimersi in modo più o meno evoluto, a seconda di come si sono integrati tra loro l'inconscio e la coscienza, le emozioni e la mente, la mente e il corpo, il corpo e lo spirito. Un concetto che esprime bene il funzionamento dell'ottava inferiore della casa è l'entropia: si tratta di un termine usato in vari ambiti, dalla termodinamica alla fisica quantistica, passando per la sociologia e la statistica. Semplificando all'estremo, possiamo dire che l'entropia è la tendenza intrinseca al disordine che ogni sistema possiede. L'entropia fa sì che tutti i componenti di un sistema si uniformino tra loro, annullando ogni differenza e classificazione tra l'uno e l'altro. Ad esempio, gli atomi che compongono i minerali possono formare strutture ordinate (i cristalli) o amorfe (mineraloidi); un minerale parzialmente amorfo molto conosciuto è l'opale: se lo osserviamo, notiamo che i suoi colori cangianti e quasi fluidi richiamano bene alla mente la magia della dodicesima casa. Altro esempio molto comune è quello del ghiaccio che si scioglie in un bicchier d'acqua, oppure quello della goccia di inchiostro che si spande uniformemente in una bacinella d'acqua; in entrambi i casi un elemento si fonde nell'altro, perdendo la sua natura specifica.
L'entropia si oppone al principio ordinatore della coscienza, simboleggiato da pianeti come Sole e Mercurio, e si verifica quando un sistema, abbandonato a se stesso, collassa nell'indifferenziabile.
La confusionarietà di molti Pesci ne è una valida dimostrazione; a questo livello siamo incapaci di mettere confini tra noi e gli altri, e viviamo in uno stato di perenne confusione in cui idee, emozioni e sentimenti si rimescolano di continuo tra loro senza mai assumere una forma definita. È uno stato che sperimentiamo quando siamo nell'utero e nei primi mesi dopo la nascita, quando ancora non è sorta la coscienza a tracciare delimitazioni tra noi e tutto il resto. La paura di essere riassorbiti nel caos – o nel ventre materno – è un'angoscia atavica presente in tutti gli esseri umani, e può essere alla radice delle più disparate fobie, di cui la più comune è la classica paura del buio. La cosmogonia greca ci racconta che in principio esisteva soltanto Chaos, la Vorgine, il vuoto oscuro dal quale poi sorse Gaia, la Terra; successivamente la Terra partorì Urano, il cielo stellato e solo dopo che questo fu separato da Gaia poté sorgere la luce. In questo mito è possibile vedere un graduale ordinamento della realtà, che procede da uno stato di entropia a uno stato di sintropia, cioè di differenziazione ordinata. Chaos e Gaia rappresentano entrambe il principio femminile, e possono essere assimilate rispettivamente agli elementi Acqua e Terra. Urano è l'Aria, il pensiero puro, mentre la luce è naturalmente il Fuoco, il Sole. La coscienza, quando non ha ancora terminato di svilupparsi, nutre un'innata paura nei confronti di quell'oceano indifferenziato che è il caos, e non a torto: sentiamo istintivamente che, se tornassimo nel vuoto prima di aver compiuto la nostra individuazione, saremmo annientati per sempre.
Molti scrittori segnati dalla casa dodici hanno descritto in modo sbalorditivo l'angoscia primaria del caos. Emblematiche in tal senso sono le pagine finali di “Cent'anni di Solitudine” di Marquez, in cui la grande casa di famiglia, che un tempo prosperava, cade lentamente in rovina divorata dalle formiche mentre Aureliano, l'ultimo della stirpe, termina di decifrare un libro profetico che contiene tutta la storia della sua genealogia, compresa la profezia della sua stessa fine: «[...] tuttavia, prima di arrivare al verso finale, aveva già compreso che non sarebbe mai più uscito da quella stanza, perché era previsto che la città degli specchi sarebbe stata spianata dal vento e bandita dalla memoria degli uomini nell'istante in cui Aureliano Babilonia avesse terminato di decifrare le pergamene».
Anche nella sezione centrale di “Al Faro” di Virginia Woolf, intitolata “Il Tempo Passa”, troviamo una descrizione simile. La villa al mare della famiglia Ramsey cade in abbandono dopo la morte della madre, e viene lentamente corrosa dalle intemperie. Queste pagine, lette in modo analogico, rappresentato un enorme tesoro di conoscenza per chi voglia approfondire i rapporti tra dodicesima e sesta casa, tra Nettuno e Mercurio, tra coscienza e inconscio: «Spente tutte le luci, tramontata la luna, con la pioggia che batteva leggera sul tetto, cominciò un diluvio di tenebra immensa. Niente, sembrava, si sarebbe salvato dall'inondazione, da quel profluvio di oscurità che si insinuava nelle serrature, entrava in ogni fessura […]. Non solo i mobili erano scomparsi; non era rimasto quasi nulla del corpo e della mente, perché di qualcuno si potesse dire “è lui” o “è lei”». Qui la scrittrice descrive la casa solitaria nella notte, come se indossasse gli occhi di un visitatore invisibile che vaghi per le stanze mentre tutti gli altri giacciono nella sospensione del sonno. È l'ultima notte di villeggiatura e qualcosa nell'aria si fa presagio dei lunghi anni di assenza che verranno. «La casa rimase abbandonata, non ci andò più nessuno. Rimase come un guscio di conchiglia lì sulle dune a riempirsi di grani di sale, ora che la vita l'aveva lasciata. Una lunga notte sembrò impossessarsene; […] La pentola s'era arrugginita e la stuoia distrutta; un cardo si infilò tra le mattonelle della dispensa. Le rondini fecero il nido in salotto, il pavimento si ricoprì di paglia; l'intonaco cadeva a palate». Siamo in piena dodicesima casa, ma nell'ottava inferiore: non c'è unione né compiutezza, ma soltanto assenza di senso, vuoto, sfacelo – è il fallimento del principio di individuazione. Dieci anni dopo però la casa viene riaperta dalle domestiche, che la preparano per il ritorno della famiglia.
«Poi di nuovo scese la pace; tremò l'ombra e la luce si piegò in adorazione della propria immagine sulla parete della camera da letto. Ed ecco che la signora McNab, strappando il velo del silenzio con le mani che erano state nella conca del bucato, calpestandolo con i piedi che avevano fatto scricchiolare la ghiaia, entrò per aprire le finestre e spolverare le stanze». È come se la Woolf ci mostrasse distintamente la spinta entropica della dodicesima casa – che nel suo tema era iperstimolata – che viene contrastata dall'azione ordinatrice della sesta. «Lentamente e a fatica, con scope e secchi, la signora McNab e la signora Bast fermarono la decomposizione e l'imputridimento; salvarono dalla pozza del Tempo, che veloce si richiudeva intorno a loro, qui una bacinella, qui una credenza». L'esattezza dei termini usati è quasi sbalorditiva: finiti di lavori di ristrutturazione la pace viene restaurata, l'ordine trionfa e risorge la coscienza. «Intanto che spazzavano e sbattevano, un parto faticoso sembrò avvenisse»: siamo entrati nell'ascendente, la nascita.
In dodicesima casa bisogna trascendere l'Io, ma non annientarlo; se quest'ultimo non è stato ben vissuto, ciò che ci aspetta è solo angoscia e confusione. Proprio per questa ragione l'ombra della dodicesima è la paura del vuoto, l'ansia, l'angoscia: è il terrore di perdere se stessi; chi non vive davvero la vita nella sua pienezza teme fortemente la dissoluzione, perché nel profondo sa bene che non avrà mai una seconda possibilità: quel particolare Io, nato in quel corpo specifico e con determinate caratteristiche, non tornerà mai più in vita.
Nella dodicesima casa prenatale possiamo individuare un punto di partenza relativo: lì abbiamo il presentimento del viaggio dell'eroe che andremo poi a compiere in vita, realizzando il nostro Sole. Qui c'è già tutto, ma in mezzo a questo Tutto brilla il Sé, che nel momento dell'annidamento nell'utero si trova impigliato in un groviglio di possibilità, incrostato di memorie collettive e genetiche, e dovrà poi essere pescato dalle acque dell'inconscio per essere ripulito e reintegrato. Questo avverrà lungo il percorso delle dodici case. Torniamo poi allo spirito e all'unità portando in dono al nostro Sé un tesoro prezioso: quello di un'esperienza unica, la visione personale di un particolare scorcio di verità che solo noi, col nostro corredo genetico e la nostra speciale qualità di vibrazione, potevamo catturare. I mistici dicono che noi siamo i sensi di Dio. Come l'occhio è programmato per inviare al cervello una specifica forma o colore, come il polpastrello è strutturato per captare informazioni tattili che saranno poi tramutate in sensazioni, così noi siamo fatti per riportare a Dio gli assunti del nostro Io, ovvero il risultato del percorso di individuazione.
Tutto è dentro di noi. Siamo cristalli colpiti dal sole, che rifrangono intorno a sé bagliori di luce rossa, gialla, azzurra, violetta, e così via. La luce solare è lo Spirito, l'Ātman, il Sé superiore scaturito direttamente dalla sorgente – possiamo chiamarla Dio, l'Uno o in qualsiasi altro modo. I bagliori che ci circondano sono le persone e le situazioni che incontriamo nella vita: sono all'esterno, ma provengono tutte dal centro di noi. La domanda che a questo punto sorge spontanea è: allora siamo soli al mondo? Tutti quelli che conosciamo non sono che proiezioni illusorie? Questo non è del tutto vero. Le persone che ci circondano sono altrettanti cristalli e come noi riflettono, nel loro modo unico e personale, la luce, scomposta in mille raggi colorati. Sono questi i raggi a incontrarsi e a interagire tra loro, non le nostre vere essenze – ovvero i cristalli. Il dramma della solitudine essenziale umana è proprio questo: ciò che possiamo toccare degli altri sono soltanto i riflessi, non il diamante che li produce; del resto, se pure due diamanti potessero toccarsi, cosa farebbero se non cozzare l'uno contro l'altro e scalfirsi, compromettendo così la propria capacità di rifrangere la luce? In dodicesima casa impariamo questo; dobbiamo proteggere il nostro cristallo e volgere lo sguardo non verso le ombre luminose che proiettiamo, ma verso quel punto interno in cui la luce – il Logos – si incontra col nostro nucleo accoglitivo – l'anima – sprigionando da sé un caleidoscopio di colori. È che è lì che troviamo la vera unione con il resto del mondo; il cristallo è solo il supporto materiale che ci consente di elaborare la luce in modo personale. Questa condizione è vissuta meglio o peggio a seconda di come siamo identificati. Chi è segnato da valori nettuniani, pescini o di dodicesima casa, tende a identificarsi esclusivamente con l'incorporeità della luce. Il Pesci involuto si identifica con i bagliori variopinti che proietta all'esterno, il Pesci evoluto si identifica nel raggio solare che lo colpisce dall'alto, ma in entrambi i casi si tende a dimenticare che il cristallo ha bisogno di essere preservato e lucidato, per compiere la sua funzione. Fuor di metafora, il corpo ha bisogno di cure e manutenzioni, deve essere regolarmente pulito, allenato e ben nutrito. Il nettuniano rifiuta di accettare di essere anche il suo corpo perché sa che ciò equivarrebbe ad ammettere a se stesso la condizione di solitudine che deriva dall'essere confinato entro un guscio solido. È invece l'opposta Vergine a identificarsi con la consistenza dura del cristallo, e la similitudine è pressoché perfetta: come un diamante, la Vergine ha bisogno di essere lustra, purissima, priva di qualsiasi inclusione e impurità; per riflettere nitidamente la luce vuole essere solida, incorruttibile, raffinata e levigata secondo delle geometrie perfette. La sua pecca sta nella tendenza a dimenticare il valore della luce che riflette, che spesso reputa troppo astratta e inconsistente, e che è invece l'unico vero scopo per cui ci è stato offerto in dotazione un cristallo che possa rifrangerla.
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