Spesso si leggono sui giornali casi di cronaca di donne che per anni hanno subito maltrattamenti e vessazioni da parte dei loro mariti, fino ad arrivare – in alcuni di essi – all’irreparabile ovvero, la notizia viene data quando la donna è morta, e quando lui, finisce in carcere, magari confessando e dicendosi pentito di ciò che ha fatto.
La prima domanda che sorge spontanea è: “ perché mai questa donna ha atteso tanto?
Perché non è stata capace di chiudere questa relazione in tempo?
Perché il mondo sembra essere indifferente a molti di questi casi e perché, ancora, non si sono viste altre possibili soluzioni?
E’ chiaro che fatti di questo genere non possono essere liquidati solamente con un’analisi superficiale perché, senza ombra di dubbio, nascondono dei retroscena a livello psicologico che non sono facilmente comprensibili da una persona che invece, possegga una psiche “sana”.
Infatti, nelle situazioni e nelle relazioni altamente disfunzionali, vi sono spesso delle grandi “collusioni” tra il marito violento ed abusante e la moglie che permette l’abuso. (Questo non significa che lui non debba essere visto per quello che effettivamente è a livello penale e che lei non debba essere aiutata e sostenuta in quanto “vittima effettiva” di molteplici situazioni difficili).
La parola collusione indica un significato del tipo “giocare insieme”, in pratica indica un alto grado di complicità … ovviamente questa complicità è assolutamente inconscia perchè non esiste una volontà cosciente nel restare ancorati ad un certo tipo di rapporto degradato.
Indubbiamente, l’abusante ha bisogno di creare una serie di situazioni da cui l’abusato non ha facilità ad uscire e, la cosa più eclatante consiste nel fatto che queste donne generalmente sono intrappolate in un fortissimo senso di paura, ma anche in situazioni che derivano da antichi sensi di colpa che sembrano imprigionarle dentro ad una nebbia psicologica che le paralizza e le fa sentire incapaci di trovare una via di fuga.
Come se entrassero in una condizione di “stress e d’esaurimento delle proprie forze ed energie” che le imprigionano in una condizione di totale passività che può arrivare fino alla rassegnazione totale ed al totale asservimento alla persona con cui si sta.
Questa, infatti, è la parte più difficile da comprendere: come mai queste persone reagiscono alla violenza, al sopruso e al maltrattamento di ogni genere, fisico, emotivo e psicologico, con una passività totale, senza a volte riuscire neppure ad accennare una difesa che, come tutti sappiamo, dovrebbe giungere da un innato istinto di sopravvivenza.
Ci sono donne che sfidano la morte quasi ogni giorno con mariti alcoolisti e violenti, senza ribellarsi e, a volte, senza neppure sottrarre alla violenza i figli che restano incatenati a lei e alla situazione che si è creata. Sostengono di avere paura anche quando è sicuramente molto più pauroso restare in quella situazione che non sfidare il destino andandosene.
Queste donne hanno un grandissimo bisogno di aiuto a tutti i livelli proprio perché, in questi casi, i partners sono riusciti con una grandissima abilità a fare letteralmente terra bruciata attorno a loro fino ad azzerare totalmente la loro volontà e capacità di difesa .
Vi sono 4 comportamenti chiave che vengono messi in atti dai partners violenti e persecutori:
il primo è quello di creare un senso di isolamento; pian piano il partner diventa l’unica figura con cui la vittima si rapporta e questo spesso è dovuto al fatto che è anche geloso e non vuole che la donna contatti altre persone … è infatti ovvio che se lei avesse possibilità di confrontarsi all’esterno manterebbe con molta più facilità la percezione della sua difficoltà e la voglia di uscirne. In queste situazioni spesso la donna lavora con il marito, o fa la casalinga – quasi mai una donna lavora e quindi non è mai autonoma.
Il fatto poi di essere picchiate, va a smuovere un senso di “vergogna” che attiva il bisogno di non farsi vedere e di isolarsi (questo anche per nascondere i segni delle violenze che sarebbero inequivocabili).
Tutte le vittime d’abusi finiscono per sentirsi in colpa, qualunque sia l’abuso subito, quelli fisici non fanno eccezione.
Spesso queste donne sono svalutate, disconfermate, criticate ed accusate: tutto questo ha il solo scopo di creare enormi sensi di colpa che, nel tempo, producono la sensazione di non sapere più se si ha o non si ha diritto e se si è o non si è responsabili di ciò che accade. Spesso queste donne sono accusate di tradimento, di colpe che non hanno mai commesso ma che servono a distruggere pressoche’ completamente il loro senso già basso di autostima.
Un altro problema grosso che favorisce il senso d’impotenza totale, è quello dell’imprevedibilità: soprattutto i partners alcolisti vanno totalmente fuori controllo e questo getta la donna o i figli nello sconforto perché non vi è modo di prevedere cosa farà scattare la violenza e quando scatterà. Questo crea un effetto “trance” che lascia le donne prigioniere dentro la loro stessa casa, paralizzate e incapaci di fuggire perché incapaci di trovare la loro forza.
Umiliazioni e minacce sono l’ultima fase della situazione: quando si è riusciti a creare forti sentimenti di colpa, a quel punto iniziano le umiliazioni che tendono a far si che la donna si senta assolutamente una nullità per cui nessun altro mai potrebbe interessarsi a lei. L’uomo, attraverso queste accuse e queste modalità crea un vero e proprio vortice circolare da cui lei farà sempre più fatica ad allontanarsi anche perché nel caso siano stati fatti dei tentativi, vi saranno continue minacce in questa direzione. Entrano quindi in uno spaventoso vortice che è quello della paura che pian piano diventa paura anticipatoria che consiste nel pensare che non potranno sopravvivere ad una nuova aggressione.
Ovviamente perché possano innescarsi queste condizioni occorre che la donna abbia già sperimentato abusi nella sua infanzia; questi l’ hanno gettata in un grave senso di oppressione che hanno scatenato reazioni di difesa che hanno creato uno stato di “trance ipnotica”. L’abuso antico sicuramente aveva scatenato paura, rabbia, dolore, però visto che allora si era impotenti, in quanto bambini e quella rabbia sarebbe stata troppo rischiosa, si è imparato a tendere i muscoli e ad isolarsi; in questo modo si è diventati grandi ma “invalidi”, nel senso che è come se fosse sopraggiunta una morte psicologica.
Un grande lavoro sull’autostima e sul ri-contattamento della rabbia è auspicabile ed è il passaggio obbligato per il ritrovamento della proprio forza e del proprio diritto ad esistere. Questo significa che chi si trova in questa situazione deve ricorrere all’aiuto o delle istituzioni o di un bravo terapeuta, che sappia ricreare quel territorio di fiducia da cui si potrà ripartire.
A livello astrologico i problemi di abuso sono spesso legati a dinamiche Plutoniane; in temi femminili, le quadrature e le opposizioni tra Plutone e Marte, soprattutto quando quest’ultimo pianeta ha rapporti con la Luna e/o con Saturno, si può leggere un difficile rapporto con il potere maschile, un potere molto distorto nell’infanzia che ha sviluppato emozioni intensissime e molto ambivalenti, difficili da arginare per cui si è dovuto passare alla negazione e alla rimozione: si sono percepiti in maniera convulsa sentimenti che andavano dalla paura alla rabbia, ma contemporaneamente si viveva il profondo senso di impotenza dovuto alla condizione di essere piccoli e spesso - al fattore fondamentale - che la persona abusante è quasi sempre anche una figura chiave nella vita della bambina. Tutto questo crea un profondo bisogno di falsare le proprie percezioni, fino a mistificarle totalmente (spesso lo stato di trance annebbia ed innalza la percezione del dolore e dei segnali di pericolo; la rabbia allora viene rimossa e ci si scollega da essa; mancando questo contatto si perderà gradualmente anche la forza finendo per subire umiliazioni senza più essere in grado di reagire perché si pensa anche di non essere “puliti” e di non “avere diritto”.