venerdì 22 novembre 2024
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    GLI ARTICOLI DI ERIDANOSCHOOL
- Astrologia e dintorni

STORIA DEL MATRIMONIO E DEL DIVORZIO TRA L'ASTROLOGIA E L'ASTRONOMIA
     a cura di Gordon Fisher
 
Storia del matrimonio e del divorzio tra l'Astrologia e l'Astronomia
Cari amici,
proponiamo un lungo saggio che, molto gentilmente, mi è stato sottoposto da Anna Fabbri grande studiosa di astrologia italiana. In questo escursus che pubblicheremo in varie puntat si parla del matrimonio e del successivo divorzio tra astronomia e astrologia. Crediamo di fare cosa gradita a tutti i visitatori del nostro sito..che, ovviamente, essendo appassionati di Astrologia, non sempre comprendono cosa può avere creato la frattura che ha portato la prima a rinnegare la seconda da cui ha preso vita.


Questo è uno studio sui contatti fra Astrologia ed Astronomia e sulla fede negli astri, dall'antica Babilonia, attraverso l'era medievale in Europa, fino agli anni di Isaac Newton, con una particolare attenzione all'aspetto predittivo, e con riferimenti ad epoche più recenti.

Sono state aggiunte anche note ad argomenti analoghi
nella cultura cinese, indiana, amerindia ed africana.

La fede negli astri:
alcune fonti del pensiero astrologico

Neanche un dio può cambiare il passato Agatone (nato nel 445 a.C.)

È stato detto che neanche Dio può cambiare il passato;
ma uno storico può farlo.
Forse ciò è possibile perché gli storici sono utili a Lui
ed è per questo motivo che Lui tollera la loro esistenza
Samuel Butler, Erewhon Revisited, 1901

Chi lo sa cos'è il passato? Mostratemi dove si trova!
1. I cieli - quelli intesi in senso fisico - sono stati per lungo tempo considerati da molte popolazioni la dimora delle divinità e la fonte di quel che accade sulla Terra.
Nel suo "Il Cielo", Aristotele sostiene che esiste qualcosa oltre i corpi che si trovano sulla Terra, diverso e separato da detti corpi, e la gloria di questo qualcosa aumenta sempre più, mano a mano che aumenta la sua distanza dalla Terra. Il corpo primario - quello che si trova alla maggiore distanza possibile dalla Terra - è eterno ed immutevole. Dunque - sostiene Aristotele - sicuramente gli dei esistono, e sono immortali, e tutti concordano sul fatto che la loro sede sia nella parte più alta dell'Universo. Le prove fornite dai nostri sensi - per lo meno entro i limiti della veridicità raggiungibile dagli esseri umani - ci rivelano che nel passato, tanto indietro quanto la nostra memoria può raggiungere, non vi sono stati cambiamenti nei cieli più lontani; dunque il corpo primario è qualcosa che va oltre la Terra, l'Aria, il Fuoco e l'Acqua, e lo chiamiamo Etere - sostiene Aristotele - perché si muove eternamente [nota 1].

2. Aristotele basava la sua teoria sulle prove fornite dai nostri cinque sensi, sostenendo che i fenomeni confermano la sua teoria e - di converso - che la teoria conferma i fenomeni. Perciò le predizioni basate su tale teoria vengono verificate tramite l'osservazione.
In questo caso, Aristotele usa una procedura a base empirica, contraria a quel che alcuni hanno sostenuto: i suoi errori sono spesso dovuti alla mancanza di informazioni, o ad una errata interpretazione degli stessi; a fenomeno sconosciuti o non esaminati in modo sufficientemente approfondito; a nuove stelle (se ne conosceva qualcuna) ed a comete considerate astri relativamente vicini, forse perché mostravano evidenti cambiamenti; ad una conoscenza insufficiente della struttura chimica della materia; e così via.
Che gli astri in cielo fossero creature viventi non era una congettura del tutto insensata nel contesto n cui si diffondeva, dal momento che tali astri mostravano di muoversi in modo autonomo; ed è ovvio che sembrava che questa fosse una caratteristica fondamentale degli esseri viventi.
E che gli astri avessero natura divina non era parimenti una congettura del tutto insensata, data la loro regolarità e la loro permanenza on periodi di tempo estremamente prolungati rispetto alla durata della vita umana.

3. Quando Aristotele associa la natura divina ai cieli più lontani, non dice letteralmente che i cieli o gli astri sono divinità: dice piuttosto che i cieli e gli astri sono come gli dei in virtù della loro immutevole natura [nota 2], dal momento che - sulla Terra - tutto è caratterizzato dal cambiamento. Quel che è vivente è nato o è in qualche modo prodotto, e si trasforma per conto proprio o subisce continue trasformazioni, e poi cessa di esistere [nota 3].
I minerali metallici della terra possono essere trasformati in metalli, i metalli - a loro volta - sono corrosi dalla ruggine. Le montagne esplodono o subiscono frane. Le acque scorrono via o si prosciugano, sgorgano dalla terra o cadono su di essa dall'alto; e quando viene surriscaldata (grazie al Fuoco) l'Acqua, bollendo, si trasforma in Aria, mentre quando congela assume l'aspetto di una Terra trasparente (i quattro elementi basilari del pensiero di Empedocle - successivamente ripreso da Aristotele - sono appunto l'Acqua, la Terra, il Fuoco e l'Aria.
In questo fluire di cambiamenti, solamente le stelle sembrano permanenti ed immutevoli, sostiene Aristotele, ma si chiede anche se esista un qualche tipo di corpo che rimanga immutato in una qualche forma. Coloro che credono che gli dei siano immortali - continua Aristotele - dovrebbero accettare di credere anche a questo, ed anche al fatto che i pianeti e le stelle siano corpi di questo genere.

4. La caratteristica divina e la regolarità del movimento del Sole, della Luna, dei pianeti e delle stelle sono state dunque considerate da molti Antichi come prove del fatto che tali astri regolino o quanto meno influenzino svariati tipi di cambiamenti sulla Terra. Alcuni pensavano addirittura che tali astri avessero un carattere tirannico, che imponessero la loro volontà agli eventi sulla Terra.
Questa autocrazia estraterrestre era alla base del principio che si potessero fare predizioni relative agli eventi sulla Terra, a patto di acquistare consapevolezza della volontà di tali dittatori: se ogni cosa - o almeno qualcosa - viene ordinato in anticipo in modo che si compia in seguito, è ragionevole tentare di scoprire di che cosa si tratti con il maggior anticipo possibile, in modo da poter comprendere che cosa accadrà. In questo caso, la qualità della predizione dipende da quanto gli eventi possano essere totalmente - o almeno parzialmente - determinati in anticipo rispetto al momento in cui accadranno; e dal momento che era stata stabilita una comunanza tra la divinità e la regolarità degli astri - che possiamo sbrigativamente definire determinismo astrale - prese piede la dottrina che almeno qualcuno delle miriadi di cambiamenti sulla Terra potessero essere dettati dalla volontà dei pianeti e delle stelle [nota 4].
A sua volta, questa dottrina si associava con l'antico ma perenne (e frustrato) problema del determinismo in generale: sostanzialmente il problema consiste nel decidere se qualsiasi cosa che avviene sia in qualche modo determinata in anticipo oppure non lo sia; e se si decide per la prima alternativa, allora è necessario darsi da fare per tentare di scoprire come avvenga questa predeterminazione e quel che comporterà di volta in volta.
Ciò è possibile - secondo un'opinione comunemente diffusa - se si stabilisce una connessione di significato tra gli eventi terreni e il movimento degli astri; ma rimane il problema di definire quanti e quali cambiamenti sulla Terra siano determinati in anticipo, e chi o che cosa li abbia determinati. Si può allora congetturare che gli astri molto grandi e luminosi - ad esempio il Sole - insieme ad altri astri un po' più piccoli e non altrettanto luminosi - ad esempio la Luna ed altri ancora più piccoli, come i cinque pianeti conosciuti dagli antichi Greci - facciano parte delle entità responsabili di tali eventi, o quanto meno siano esecutori che agiscono a comando di un qualche congresso superiore di potenti, o di una volontà comunque superiore. 5. Esposti come sopra, in epoca classica, i legami tra religione, astronomia, astrologia e predizione sono comunque estremamente antichi, e senza dubbio risalgono ad era preistorica.

Nel suo saggio The Etruscans Begin to Speak, Zaharie Mayani descrive un rito cerimoniale [nota 5] che contiene elementi astronomici, astrologici e religiosi: la sua ricostruzione si basa su un affresco che compare su una parete della tomba degli Auguri di Tarquinia, che risale al 530 a.C.
Su una parete si vedono raffigurati due religiosi che fiancheggiano - uno per parte - un'area sacra [NdT - comunemente considerata "la porta dell'Aldilà", dato che si trova spesso dipinta sulla parete opposta rispetto a quella di ingresso dei viventi] consistente in uno spazio nel quale sono stati tracciati i margini e due altre delimitazioni, una che va da nord a sud ed un'altra da est ad ovest: i quadranti così delimitati sono ulteriormente suddivisi, ed a ciascuna sezione è attribuito il nome di una particolare divinità.
Dunque la "porta dell'Aldilà" è rappresentata su modello dei Cieli, a partire dalla suddivisione degli spazi secondo la concettuale divisione dello spazio. Sulla base di alcune descrizioni pervenute, si può immaginare che un sacerdote si ponesse al centro dello spazio sacro e - con l'aiuto di qualche strumento - determinasse la zona specifica a cui si riferiva un determinato omen [cioè un segno utile all'interpretazione], nella convinzione che tale omen venisse inviato dalla divinità a cui corrispondeva quella specifica zona dell'area sacra.
Così l'area sacra - o templum - rappresentava un osservatorio per determinare la direzione dei presagi, e si poteva a tale scopo usare anche per predire gli eventi futuri, con una spiccata componente di sacralità in quanto le osservazioni venivano fatte allo scopo di comprendere la volontà degli dei [nota 6].

6. David Chandler scrive:
A metà degli anni Settanta [...] Eleanor Moron iniziò a studiare le dimensioni e la forma del tempio di Angkor [nota 7] in dettaglio, nella convinzione che il modello contenesse la chiave per decodificare il modo in cui il tempio era stato concepito dai sacerdoti che lo avevano creato.
Dopo aver appurato che l'unità di misura cambogiana utilizzata ad Angkor - detta hat - era equivalente a circa 0.4 metri (1.3 piedi), la Moron giunse a domandarsi come fosse utilizzato l'hat per creare le proporzioni del tempio più significative, quali ad esempio la distanza tra l'ingresso occidentale (l'unico dotato di una propria via di accesso rialzata rispetto al piano di campagna) e la torre centrale: tale distanza assomma a 1.728 hat, ed altre tre componenti di questo spazio corrispondono rispettivamente a 1.296.867 ed a 439 hat.
La Moron dunque ipotizzò che queste dimensioni fossero correlate alle quattro età - o yugas - della concezione indiana: la prima di queste - la Krita Yuga - era considerata l'età dell'oro, e si pensava che fosse durata 1.728.000 anni, mentre le tre età successive erano durate rispettivamente 1.296.000, 864.000 e 432.000 anni. Dunque la più antica di queste età era durata esattamente quattro volte tanto rispetto alla più recente, mentre la seconda età era durata il doppio della più recente. L'età più recente - infine - cioè la Kali Yuga, è quella nella quale stiamo ancora vivendo, ed alla fine della quale - si riteneva - l'Universo verrà distrutto e poi ricostruito da Brahman su modello simile, a cominciare da una nuova età dell'oro.
Il fatto che la lunghezza di queste quattro età corrispondesse esattamente alle specifiche distanze lungo l'asse occidentale-orientale di Angkor suggerisce che il "codice" del tempio è di fatto una specie di ricorrenza che si può leggere in termini sia di spazio che di tempo: le distanze che un visitatore deve percorrere entrando nel tempio coincidono con le età che metaforicamente il Viandante trascorre per giungere fino al centro della torre centrale, occupato dalla statua di Vishnu. Camminando in direzione dell'occidente /che è la direzione associata alla morte) oppure nella direzione opposta, il Viandante si muove avanti ed indietro nel tempo, avvicinandosi al momento in cui gli Indiani ritenevano che tali età fossero iniziate.
Nel corso dei suoi studi, la Moron ha individuato anche molte correlazioni astronomiche a dieci delle distanze più comunemente ricorrenti nella struttura del tempio di Angkor: gli Astronomi suoi collaboratori notarono che l'orientamento del tempio era determinato dall'allineamento del suo ingresso occidentale al punto dell'alba, situato nella direzione di una collinetta posta a nord-est, Phnom Bok: al solstizio d'estate un osservatore [....] posto proprio di fronte all'ingresso occidentale poteva vedere il sole sorgere esattamente sopra la torre centrale del tempio di Angkor, proprio nel giorno - il 21 giugno - che segnava l'inizio dell'anno solare secondo gli Astronomi indiani e che era consacrato ad un sovrano particolarmente devoto a Vishnu, il cui nome - Suryavarman - significa protetto dal Sole [nota 8].
L'esatta ricorrenza di queste misure spaziali con nozioni del tempo cosmico e la straordinaria accuratezza e simmetria di tutte le dimensioni del tempio di Angkor contribuiscono a confermare il convincimento che il tempio era di fatto un vero e proprio testo religioso codificato tale da poter essere interpretato dagli esperti che si muovevano lungo i suoi percorsi da una dimensione all'altra.
I dotti pandit che avevano deciso le dimensioni del tempio di Angkor - dunque - erano consapevoli del significato delle proporzioni usate, e del fatto che tali proporzioni avrebbero rivelato la loro molteplicità di significati, per quanto a coloro che facevano parte delle caste inferiori - probabilmente - ben pochi dei significati sarebbero stati chiari: possiamo tuttavia presupporre che anche i più miserabili tra gli schiavi sarebbero stati toccati alla vista di quell'immenso tempio, reso ancor più splendido da torri auree di oltre 60 metri (200 piedi) svettanti verso il cielo al di sopra delle povere capanne dal tetto di paglia degli operai che lo avevano costruito [nota 9].

7. Dunque la costruzione dei templi avveniva secondo principi utilitaristici: Ernst Zimmer sostiene che i templi degli antichi Egizi erano orientati in modo da poter essere usati come veri e propri calendari stellari.
Per la suddivisione del tempo durante il giorno venivano usati degli orologi solari simili a meridiane, ed oltre a questi gli Egizi avevano anche clessidre ad acqua che si potevano usare per misurare indifferentemente il tempo di giorno o di notte; tuttavia misuravano le ore della notte sulla base del movimento di determinate stelle e del momento in cui raggiungevano il punto più alto del cielo.
Per determinare questi zenith stellari, era necessario sapere dove si trovasse il meridiano, ma ciò non era affatto difficile per gli Egizi - sostiene Zimmer - dal momento che la definizione degli assi nord-sud ed est-ovest al momento della posa della prima pietra nella costruzione di un edificio sacro era una delle più importanti funzioni del faraone.
Il modo in cui tali assi venivano determinati viene raffigurato esattamente con gli stessi particolari dalle testimonianze artistiche a partire dal IV millennio a:C fino alla nascita di Cristo . [nota 10]
Lo strumento con cui il faraone effettuava la definizione degli angoli cardinali consisteva in un'assicella di legno con un'estremità incurvata verso l'alto e con un filo a piombo attaccato grazie ad una corda formata da foglie di palma: nelle camere funerarie del faraone Ramsete VI e Ramsete IX - che risalgono ad un periodo compreso tra il 1160 ed il 1120 a.C. - sono state trovate delle tavole contenenti l'elenco delle costellazioni corrispondenti alle determinate ore della notte, decorate dall'immagine di un uomo seduto a guardare il cielo.
Il processo di identificazione del passar delle ore della notte richiedeva due osservatori del genere, allineati lungo il meridiano.

8. Gli esempi sopra riportati testimoniano alcune delle molte connessioni tra le stelle e la predizione legata alla misurazione del tempo. Tuttavia tutti i popoli hanno tentato di predire il futuro in molti altri modi oltre all'osservazione delle stelle: Seneca racconta ad esempio che gli Etruschi erano eccezionali profeti degli eventi futuri grazie all'osservazione dei fulmini: i Romani - continua Seneca - pensano che i fulmini lampeggiano a causa della casuale collisione tra le nuvole, mentre gli Etruschi pensano che le nubi cozzino l'una contro l'altra proprio per consentire ai fulmini di lampeggiare rivelando il loro contenuto profetico. Questo è il modo - secondo il pensiero etrusco - con cui gli dei inviano agli uomini i segnali attraverso i quali interpretare quel che accadrà nel futuro [nota 11].

9. Talvolta si leggevano gli eventi futuri in ciotole colme di acqua: lo sostiene E. R. Dodds, parlando di strumenti utilizzati per quel che talvolta viene definita precognizione. Il procedimento avveniva grazie all'osservazione del riflesso dello scintillio delle stelle su una superficie translucida o comunque riflettente, definita speculum, che produceva una specie di immagine in movimento o di allucinazione che sembrava provenire direttamente dall'oggetto usato per la riflessione dello scintillio, e si sapeva bene che solo uno scarsissimo numero di persone era in grado di interpretare tali immagini.
In epoche più recenti, questo procedimento è più noto con il nome di crystal-gazing o riflessologia, e gli strumenti riflettenti possono essere di vario tipo oltre ai cristalli, che non sembrano essere stati usati come specula prima del periodo bizantino, anche se la pratica risale a tempi assai più antichi.
Secondo le raffigurazioni antiche, come speculum veniva utilizzato uno specchio (il che probabilmente sembrava dare più garanzie di nitidezza della visione): in questo caso - e nel caso della predizione tratta da altre superfici riflettenti - l'esatto nome della pratica è catoptromanzia [nota 12].

10. Come si è detto, però, nei tempi più antichi la superficie riflettente era costituita da una semplice ciotola di acqua: talvolta veniva versata sulla superficie dell'acqua qualche goccia di olio o - più raramente - una manciatina di farina. Questo metodo veniva definito lecanomanzia, che significa divinazione grazie ad una ciotola.
I Greci ed i Romani appresero la lecanomanzia dal Medio Oriente, ove la sua origine si perde nella notte dei tempi: sembra che sia una variante derivata da un metodo secondo il quale si poteva prevedere il futuro interpretando le forme in movimento di qualche goccia di olio sul pelo dell'acqua. A quanto pare, osservare questi movimenti produceva delle visioni in persone particolarmente soggette ad esse - i cosiddetti veggenti - ed è chiaro che le visioni soggettive di questi veggenti erano di gran lunga più importanti delle immagini oggettivamente formate dall'olio: solo in un secondo momento si comprese che le visioni potevano essere prodotte anche dallo scintillio delle stelle sull'acqua, senza dover ricorrere all'olio; tuttavia si continuò ad usare anche l'olio - forse perché ormai il suo uso era entrato nella tradizione, oppure perché consentiva di aumentare la luminosità del riflesso degli astri.
In Grecia ed a Roma questa pratica si diffuse particolarmente nel corso del I secolo a.C. o poco prima, probabilmente grazie a veggenti egizi. Sembra però che l'uso dell'olio sia stato lentamente abbandonato nel corso dei secoli successivi [nota 13].

11. Un modo più diretto per venire a conoscenza del futuro è quello comunemente conosciuto con il nome di rivelazione. Fin dal tempo dei Babilonesi e degli Assiri (e forse ancora prima), si pensava che queste rivelazioni avvenissero soprattutto grazie ai sogni: una divinità appariva in una visione notturna e talvolta annunciava con chiarezza il futuro oppure dava chiari suggerimenti.
Più spesso, però, i sogni erano misteriosi e dovevano essere interpretati da un esperto.
Oltre all'interpretazione dei sogni, esistevano metodi di divinazione basati sull'osservazione dei feti o dei neonati umani, ovini o di altri animali, specialmente se avevano tratti deformi e mostruosi.
Esistevano anche tecniche basate sull'osservazione dei movimenti facciali involontari della gente, ed in generale sulla fisiognomica, cioè l'aspetto dei lineamenti del volto e delle espressioni.
Secondo un altro metodo popolare, si divinava il futuro interpretando le viscere degli animali uccisi a scopo sacrificale: in questo caso la pratica era denominata esiziospicina o più semplicemente aruspicina, se il veggente si serviva delle viscere in generale, oppure epatospicina se veniva utilizzato solo il fegato dell'animale sacrificato [nota 14].

12. Senza dubbio la divinazione ha le sue radici nelle specifiche caratteristiche del comportamento e delle capacità di apprendere dei componenti del Regno Animale, in quanto sia per gli animali che per gli umani si creano specifiche aspettative in relazione a determinate osservazioni o sensazioni, il che avviene attraverso il riconoscimento e l'interpretazione di segni. Fra gli appartenenti alla specie umana, i segni degli eventi futuri o dei processi in svolgimento possono essere tradotti in parole attraverso il linguaggio, che consente anche di trasmetterli da persona a persona.
L'uso di tali segni è sempre stato considerato essenziale nel processo mentale grazie al quale i componenti della stirpe umana giungono alle loro decisioni, ed anche come modo per combattere l'indecisione. In condizioni favorevoli, tali segni sono - sempre o per lo meno spesso - seguiti dai significati attesi, e possono indicare le cause di determinati eventi. I fallimenti nella corrispondenza tra segni e significati vengono talvolta interpretati come osservazioni errate dei segni, oppure interpretazioni scorrette dei segni medesimi, causate dall'intromissione nei segni di componenti estranee, alla complessità di quel che accade etc.
Il ripetersi di tali fallimenti può comportare il cambiamento del significato attribuito al segno oppure il modo di interpretarlo, ma può anche non comportare alcun cambiamento oppure - all'estremo opposto - comportare l'abbandono del progetto di usare quel determinato segno (o segni) per la predizione e la proiezione degli eventi futuri.

13. Molte delle decisioni che concernono questioni sottoposte all'opportunità fanno parte della categoria che restringe la possibilità di successo delle previsioni basate sui segni.
I giocatori d'azzardo - per esempio - tentano previsioni sul lancio di dadi o di monete, sulla ricorrenza di determinate carte etc., e prendono decisioni basandosi su tali tentativi allo scopo di comprendere chi possa ottenere una determinata somma di denaro: in questo caso i segni - i numeri sui dadi eccetera - fanno sì che una certa cifra venga distribuita a questo o a quel giocatore per questo o per quel motivo, con una specie di consequenzialità causale che tuttavia è diversa dal tipo di causalità a cui ci riferiamo quando diciamo - ad esempio - che la Terra causa un'eclisse di Luna quando accade che la Terra e la Luna si trovino a passare in una determinata posizione reciproca.
Un agente di borsa che investe somme di denaro sulla base dei grafici dell'andamento dei titoli (grafici che non sono altro che segni) può comportarsi da giocatore d'azzardo esattamente come chi scommette i propri soldi allo roulette, a seconda del tipo di grafico e del modo in cui lo interpreta: se l'interpretazione attribuita ai grafici si basa in qualche modo - magari a livello inconscio - sugli attuali trends dell'economia, le opportunità di guadagno dell'investitore vengono generalmente considerate migliori rispetto al caso contrario, quando degli speculatori (o persone che usano illegalmente le informazioni sulle future transazioni finanziarie) interpretano i segni in modo da ridurre considerevolmente le loro occasioni di perdita - sempre che non lo abbiano specificamente preventivato.
D'altro canto, possiamo solo fare ipotesi sulla quantità di decisioni che gli importanti uomini politici o i grandi militari o gli imprenditori prendono gettando in aria una moneta o con un gesto equivalente, e per ridurre le opportunità di fallimento si basano solo ed esclusivamente sul calcolo delle probabilità dedotto da esperti di statistica, tecnici o managers.

14. Uno fra i principali motivi che spingono al tentativo di predizione del futuro è il desiderio di tenere sotto controllo o ridurre il livello di ansia, anche se provvisoriamente: la convinzione che si possa conoscere in anticipo quel che sta per accadere è un pensiero molto consolatorio, ed anche se i fatti dimostrano successivamente che la decisione presa è sbagliata, la tranquillità mentale ottenuta tramite la previsione non è comunque andata a vuoto.
Nancy Reagan - moglie del presidente Ronald Reagan - nelle sue memorie rivela la propria abitudine di servirsi dell'Astrologia per preparare appunti di lavoro per suo marito: l'Astrologia non è altro che uno degli strumenti con cui ho tentato di tenere sotto controllo la paura che provavo al pensiero che mio marito potesse essere nuovamente vittima di un attentato (le sue parole si riferiscono all'attentato del 30 marzo 1981). Parlando di una delle sue Astrologhe di fiducia, Joan Quigley, Nancy dice: i consigli di Joan non hanno nulla a che vedere con la politica o con i politici, mai. Quel che diceva aveva a che fare con l'organizzazione del tempo di Ronnie in relazione a quali giorni fossero favorevoli o sfavorevoli, soprattutto quando si trattava di affrontare viaggi all'estero. (Inutile sottolineare che anche il modo di organizzare il proprio tempo fa parte della politica, soprattutto per un presidente degli Stati Uniti) Anche se non ho alcuna prova del fatto che gli avvertimenti di Joan siano serviti a proteggere Ronnie, il fatto è che non è mai più accaduto nulla di simile a quel che era accaduto il 30 marzo. L'Astrologia è una delle ragioni? Non sono veramente sicura che la risposta sia sì, ma non posso neanche essere sicura del contrario. Tuttavia di una cosa sono certa: non c'è stato nulla di male da parte mia, e non mi spiace affatto di essermi comportata in questo modo. [nota 15]

15. Naturalmente si può nutrire fiducia in segni di qualsiasi tipo senza che ciò comporti automaticamente il fatto che tali segni contengano qualcosa di sacro, ma - come sostiene Walter Burkert - nelle culture antiche i segni relativi al futuro - cioè gli omina - erano quasi sempre ritenuti frutto dell'ispirazione divina. Gli dei usano segni, talvolta chiaramente interpretabili e talvolta criptici, per impartirci i loro ordini ed i loro consigli: tra i Greci ed i Romani i segni erano uno dei principali modi in cui gli dei comunicavano con gli uomini.
Tra i Greci - addirittura - colui che dubitasse dell'efficacia della divinazione era passibile di essere incriminato di empietà o di offesa agli dei: tutti gli dei greci, e specialmente il sovrano degli dei, Zeus, dispensavano segni, e poiché la capacità di interpretare tali segni necessitava di una speciale ispirazione, anch'essa era dispensata da un dio, cioè Apollo, figlio di Zeus.

16. Nella Grecia classica, colui che possedeva le capacità di interpretare i segni era un mantis - cioè un veggente, una persona in contatto diretto con la divinità: il termine usato per indicare la divinità, infatti (theos), è strettamente legata al termine con cui si definiva l'attività del veggente, il theopropos, cioè qualcuno capace di sentire, vedere o udire gli dei.
Un segno interpretato era definito thesphaton, cioè l'espressione del consiglio o dell'ordine della divinità, e quel che il veggente faceva era theiazein o entheazein, cioè compiere atti ispirati dagli dei.
Nell'Iliade, il profeta Calcante è figlio di Theostor (altro nome che ha a che fare con la medesima radice). Nell'Odissea, il nome del veggente dotato di una seconda vista è Theoklymenos, e la tribù che in Epiro protegge l'Oracolo dei Defunti ha nome Thesprotoi, cioè coloro che vedono gli dei.
Un veggente poteva parlare in modo alterato rispetto al normale [nota 16], al punto tale che poteva rivelarsi necessario qualcuno in grado di interpretare le parole di un veggente, cioè un prophetes, un profeta. In questo caso l'arte dell'interpretazione diventava una tecnica più o meno razionale anche quando le parole del veggente - o direttamente della divinità - risultavano criptiche [nota 17].

17. Talvolta gli antichi veggenti potevano considerare segni anche alcune vicende occasionali che esulavano dalla normalità: un sogno particolarmente vivido, un improvviso starnuto, uno scivolone, un crampo, un incontro casuale, il suono di un nome afferrato mentre si cammina, oppure fenomeni celesti come i fulmini, le comete, le stelle cadenti, le eclissi di sole e di luna, e perfino uno scroscio di pioggia.
In questo caso ci troviamo in una specie di terra di nessuno tra la divinazione e la psicologia scientifica, la meteorologia e l'astronomia.
Anche l'osservazione del volo degli uccelli rivestiva uno speciale ruolo nell'arte predittiva greca, che l'aveva probabilmente appresa da una preistorica tradizione indoeuropea.
Durante i sacrifici ogni dettaglio rappresentava un segno: se l'animale si avvicinava di buon passo all'ara sacrificale e se il sangue fluiva regolarmente fino ad una rapida morte; se il fuoco divampava rapidamente o no, qualsiasi cosa accadesse mentre qualsiasi parte dell'animale veniva arsa sull'ara; il modo in cui la coda si arricciava sotto l'effetto del fuoco ed il modo in cui la vescica esplodeva.
In particolare, l'esame del fegato delle vittime si sviluppò fino a diventare una singola disciplina dettagliatissima: nel corso di tutto il procedimento, a partire dalla macellazione, venivano osservati in modo estremamente minuzioso sia l'aspetto e le dimensioni dei diversi lobi sia il loro colore. Tale tecnica - probabilmente - affondava le proprie origini nella Mesopotamia fin dall'VIII o VII secolo a.C. o forse ancora da prima.
Omero accenna a questa pratica, e gli Etruschi la misero alla base della loro intera aruspicina, avendola appresa direttamente nella sua area di origine e non attraverso la mediazione greca. L'esame dei visceri delle vittime sacrificali era il primo ed indispensabile atto compiuto prima della battaglia dai veggenti che accompagnavano gli eserciti: interi greggi di animali destinati al sacrificio rituale facevano parte delle retrovie di ogni esercito, anche se gli animali venivano usati anche come cibo. In ogni caso, non si iniziava nessuna battaglia se i segni non erano favorevoli.
Prima della battaglia di Platea (479 a.C.), Greci e Persiani rimasero immobili, accampati gli uni di fronte agli altri per ben dieci giorni, Poiché gli auspici non risultavano favorevoli all'attacco né da una parte né dall'altra [nota 18].

18. In età ellenistica si iniziò un ampio dibattito filosofico, finalizzato alla definizione del modo in cui la tecnica di interpretazione degli omina ed il principio della predeterminazione si potessero conciliare con il cosiddetto libero arbitrio. La scoperta delle leggi naturali in campo astronomico agì da catalizzatore di tale dibattito, e contemporaneamente produsse una nuova ed influentissima corrente di pensiero nell'arte dell'interpretazione delle immagini e delle forme in Astrologia.
In precedenza, infatti, si poteva sempre tentare di evitare gli eventi predetti da segni sfavorevoli sia facendo attenzione sia sperando che quel che era stato predetto non sarebbe comunque accaduto, cioè comportandosi o non comportandosi in modi conducenti alla circonvenzione oppure compiendo riti di purificazione e di preghiera etc.
Ma, sulla base di alcune posizioni dottrinarie astrologiche, si iniziò a pensare che era inevitabile che gli eventi predetti avrebbero fatto seguito ai corrispondenti segni astrologici, almeno in un'ampia categoria di eventi, se non proprio sempre. In altri metodi di predizione era considerato molto importante che anche gli omina favorevoli venissero accettati tramite un atto di ringraziamento o un dono votivo agli dei, allo scopo di ottenerne l'attuazione e di aumentarne l'efficacia, ma ora si iniziò a credere che - nello specifico caso dei segni astrologici, fossero o non fossero di origine divina - fosse inutile qualsiasi tipo di interazione [nota 19].

19. Nella Grecia classica, i veggenti, o sacerdoti o le sacerdotesse - definiti oracoli, ossia identificati con quel che facevano, a sua volta definito oracolo - erano dislocati in specifiche zone geografiche e chi desiderava consultarli doveva recarsì là dove essi percepivano la voce degli dei.
Anche i luoghi in questione erano definiti oracoli, ed intorno all'attività di veggenza venivano spesso incentrati specifiche manifestazioni di culto, in quanto gli dei erano particolarmente disponibili a donare segni agli uomini in tali luoghi.
La fortuna dell'arte di interpretare tali segni iniziò la sua massiccia diffusione a partire dall'VIII secolo a.C. e la fama e l'importanza di alcuni luoghi varcò ben presto i confini della regione in cui si trovava l'oracolo, giungendo talvolta a riscontri internazionali. Se ciò accadeva, i luoghi interessati venivano chiamati chresterion (ossia luogo in cui si ottiene un chresmos, una risposta da parte degli dei) o manteion (cioè luogo di divinazione grazie al contatto con gli dei).
I Romani chiamavano indifferentemente tali luoghi, le persone che vi agivano e le risposte ottenute con il termine di oraculum.
Sembra che una delle principali necessità che portarono alla diffusione della scrittura in Grecia sia stata proprio quella di conservare le tecniche e le espressioni oracolari, a partire dal 750 a.C.: allora tali espressioni erano per lo più scollegate da un contesto, e corrispondevano non a domande di un consultante, ma ad incontri del veggente con gli dei, il che significa che potevano essere importanti o diventarlo in luoghi o n tempi diversi rispetto a quello della consultazione. Talvolta l'età ispira automaticamente rispetto, perciò l'incarico di tramandare la memoria scritta era affidato agli anziani.
Tuttavia, press'a poco nello stesso periodo in cui si iniziò a conservare le frasi pronunciate dal veggente per scritto, iniziò anche la produzione di veggenze in risposta a domande del consultante [nota 20].

20. Anche alla base della profezia contenuta nella Bibbia si crede che vi sia una rivelazione divina, sia nel senso che i profeti di cui si parla nella Bibbia hanno predetto il futuro, sia perché da allora fino a tutt'oggi i cultori della Bibbia hanno considerato quel che vi è scritto come una chiave per la comprensione del futuro.
In linea di massima si tende a dimenticare il fatto che lo scienziato Isaac Newton sia stato per tutta la vita un appassionato studioso della profezia biblica, e che la sua ultima opera - pubblicata postuma - aveva il titolo di Observations on the Prophecies in Daniel and Revelation (1732).
Il tipo di rivelazione alle radici della profezia biblica avviene spesso per comunicazione diretta di una divinità onnisciente: solo occasionalmente tale comunicazione avviene tramite sogni. In generale, tale rivelazione non richiedeva alcuna sorveglianza o alcuna interpretazione degli eventi naturali, e neppure uno specifico metodo interpretativo: quel che era detto corrispondeva alla lettera a quel che si doveva intendere,
Il contenuto, la natura e la validità della profezia biblica costituiscono tuttora un immenso campo di discussione, che non è il caso di affrontare in questo studio.

21. Secondo alcuni, il tempo preso in considerazione dalla profezia biblica non si concluse con i profeti dell'Antico Testamento e con gli apostoli del Nuovo Testamento.
Per esempio, lo studioso noto con il nome di Nostradamus (1503-1566) ha giocato un ruolo enorme nei tentativi di divinazione del futuro. Richard Popkin sostiene che è stato lo stesso Nostradamus il primo ad affermare di essere un profeta nel senso biblico del termine, e che gli eventi futuri gli erano rivelati direttamente da Dio, anche se la posizione universalmente tenuta dalla Chiesa è che le profezie bibliche si sono concluse con la morte degli apostoli.
Nostradamus rivelò al re Enrico II di Francia di essere un epigono di una delle perdute tribù di Israele, la tribù detta Issachar, dalla quale gli era giunto il dono della profezia [nota 21].
Di fatto, Nostradamus era discendente di due importanti rabbini che si erano convertiti al Cristianesimo poco dopo la sua nascita: divenne grazie a loro un abile medico, un astrologo ed un esperto di leggi. Ad un certo punto, però - come sostiene Richard Popkin - abbandonò la qualifica di profeta in senso biblico che si era attribuito, e rivelò a suo figlio che Dio gli aveva consentito di comprendere in anticipo gli eventi futuri con il supporto dei cicli astronomici, cioè con l'Astrologia.
Tuttavia sembra che Nostradamus non abbia lasciato alcuna spiegazione delle tecniche astrologiche usate: abbiamo solo l'intero corpus delle sue predizioni, redatte in versi di senso criptico, notissime con il nome di Centurie (1555).

22. Fra tutte le tecniche di predizione del futuro più o meno note a livello popolare sopra velocemente esposte, ci concentreremo specificamente - da ora in poi - su quelle basate sull'osservazione degli astri che comprendono quel che oggi conosciamo con i nomi di Astrologia e di Astronomia.
Per molti secoli i due termini (o i loro equivalenti nelle diverse lingue) sono stati usati come veri e propri sinonimi: si è detto che originariamente l'Astronomia aveva a che fare solo con l'esame dei fenomeni meteorologici, con il sporgere ed il tramontare di determinate stelle e con le costellazioni. In questo senso, un Astronomo era colui che suddivideva le svariate stelle tra le costellazioni per pronosticare o anche determinare - presumibilmente sulla base di esperienze e di osservazioni accumulate nella memoria - alcuni eventi di carattere naturale, come le periodiche esondazioni fluviali.
A partire dal V secolo a.C,, tuttavia, al termine venne attribuito un significato più ampio. Socrate - secondo la testimonianza di Platone nel suo Teeto - definì l'Astronomia come la disciplina incentrata sull'esame del movimento degli astri, Sole e Luna compresi, e sulle relazioni che si stabiliscono tra di loro sulla base delle diverse velocità. Ma questa spiegazione non incontrò il favore delle successive generazioni, ed Aristotele usa indifferentemente il termine Astrologia ove Platone ed altri avevano usato il termine Astronomia.
L'influenza di Aristotele - a sua volta - non si estese molto oltre la sua generazione, e lo sviluppo dell'Astrologia intesa in un significato più moderno del termine portò ad una diversificazione di significato con il termine di Astronomia quale noi oggi la conosciamo, una disciplina alla quale Aristotele attribuisce il nome di mathematike. A sua volta, il termine matematike passò ben presto a designare quel che noi oggi chiamiamo Matematica.
Solo alla fine dell'evo antico il circolo si chiuse, e ancora una volta il termine Astronomia tornò ad indicare - come attualmente indica - l'approccio scientifico teso alla ricerca di spiegazioni razionali per la natura ed i movimenti degli astri; ma fu solo a partire dal XVII secolo della nostra era che tale termine si diversificò definitivamente da quello di Astrologia [nota 22].

23. Isidoro di Siviglia (vissuto tra il 560 ed il 636 circa) - nel suo Etymologiae - fa una distinzione tra Astrologia naturale ed Astrologia superstiziosa: la prima - sostiene - viene chiamata anche Astronomia, ed è la scienza praticata dai matematici, cioè coloro che leggono le profezie nel cielo, che sostengono che le dodici costellazioni governino ciascuna uno degli organi del corpo umano ed una parte dell'anima e che predicono le caratteristiche di nascita e le disposizioni degli uomini sulla base del corso degli astri. [nota 23].
In Etymologiae, vengono considerati sinonimi i termini mathematici e genethliaci (ad indicare coloro che redigono oroscopi di nascita) e sono entrambi termini compresi nell'elenco di quelli che hanno a che fare con le arti magiche. Tuttavia - secondo l'opinione di Laura Smoller - Isidoro specifica anche che l'Astronomia ha a che fare soprattutto con i movimenti dei cieli, mentre l'Astrologia di occupa soprattutto degli effetti di questi movimenti, anche se non esiste nelle Etymologiae una vera e propria distinzione tra i due termini, e per tutto il corso del Medio Evo i significati reciproci vennero mescolati, confusi e non di rado invertiti.
Per esempio, Pierre d'Ailly usa sistematicamente il termine astronomia per indicare l'Astrologia, ed astrologia per indicare l'Astronomia. [nota 24].

24. Lynn Thorndike sostiene che John di Salisbury (vissuto forse tra il 1120 ed il 1180) usa i termini magica, mathematica e maleficium praticamente come sinonimi: la studiosa non fornisce traduzioni né definizioni di questi significati, ma è verosimile pensare che abbiano tutti - più o meno - il significato di arte magica in senso negativo,
John di Salisbury sostiene anche che il termine mathesis - scritto con la e breve o epsilon - denota quel che si deve imparare in generale, ossia quel che noi oggi definiremmo materia in senso scolastico - ma quando viene scritto con la e lunga o eta significa falsità e divinazioni, delle quali esistono molte e diverse modalità. [nota 25].
Wedel sottolinea in proposito:
Benchè John di Salisbury fosse straordinariamente colto in materia di superstizioni medievali, aderì pienamente alla dottrina patristica della demonologia: i Padri della Chiesa - a sua opinione - avevano giustamente denunciato ogni forma di magiae o species mathematicae o definendole tutte pestiferae artes che provengono da un illecita alleanza tra l'uomo e le forze demoniache del male. [nota 26].
Alberto Magno (vissuto tra il 1193 ed il 1280) distingue invece fra due tipi di mathematici: un tipo comprende i cultori della scienza astratta nel senso moderno del termine, l'altro - più appropriatamente definito mathesis con la e lunga o eta. ha a che fare con la divinazione grazie agli astri, che può essere indirizzata tanto al bene quanto al male, e condotta tanto in modo superstizioso quanto scientifico [nota 27].

25. Richard Lemay sostiene che John di Salisbury distingueva anche il mathematicus, cioè colui che ha a che fare con la mathesis, cioè le arti magiche negative, ed il physicus, cioè colui che ha a che fare con la filosofia della Natura. Il primo - sempre secondo John di Salisbury - studia le immagini astratte ed occulte tratte dall'osservazione della Natura, mentre il secondo studia gli aspetti concreti e non occulti dei fenomeni che avvengono in Natura. Dunque i mathematici fanno riferimento ad un concetto basilare immutabile ed occulto, mentre i physici danno a che fare con quel che è mutevole e documentato dai cinque sensi, per quanto entrambi tentino di scoprire il corso della Natura e gli effetti della sua regolarità (o irregolarità).
Dal punto di vista di John di Salisbury, la physica comprende ora molto di quel che aveva precedentemente a che fare con la mathematica: in particolare la conoscenza anticipata del futuro, che precedentemente si pensava appartenesse al mathematicus, diventa ora dominio del physicus. Tuttavia, nell'elaborare questa distinzione, John di Salisbury si trova in difficoltà rispetto alle sue stesse definizioni di mathesis intesa come arte maligna - secondo l'opinione dei Padri della Chiesa - perché gran parte di quel che è stato compreso nella mathesis diventa ora spettanza del physicus che non ha caratteristiche negative come il mathematicus, per quanto - alla fin fine - sia l'uno che l'altro finiscano per essere cultori della mathesis [nota 28].
Così John tenta di risolvere il problema specificando che non vi sono legami tra mathematica e physica, e che dunque la scienza fisica non ha nulla a che fare con la matematica, ma è piuttosto un interesse verso la ricerca basata sui cinque sensi umani, non sulle astrazioni matematiche.

26. Michael Scot (vissuto agli inizi del XIII secolo) usa spesso il termine astronomia per alludere a quel che oggi si definirebbe comunemente Astrologia, e sottolinea la distinzione tra mathesis, cioè conoscenza, e matesis (senza la "h" e dunque presumibilmente pronunciata senza aspirazione), cioè divinazione; e poi ancora tra mathematica (con la "h"), che può essere studiata, insegnata ed imparata liberamente e pubblicamente, e matematica (senza l'"h"), che è proibita ai Cristiani. [nota 29]
La Thorndike aggiunge che all'epoca di Pietro d'Abano (vissuto tra il 1250 ed il 1318 circa), i termini Astronomia ed Astrologia iniziano timidamente ad indicare quel che indicano oggi, anche se non nell'opinione di tutti [nota 30].
Tale informazione va integrata con quanto sopra sostenuto da Frederick Cramer, ossia che l'uso dei detti termini in senso moderno non si afferma prima del XVII secolo o - come più esattamente sostiene Cramer - all'epoca di Newton. In realtà il problema consiste in chi usava i due termini, cioè se a parlare di Astrologia e di Astronomia erano i filosofi (della natura o interessati ad altri tipi di speculazioni), i poeti, gli uomini colti o il volgo etc. In ogni caso, Pietro d'Abano stesso - in opposizione ai teologi ed agli scolastici che avevano definito le differenze - tentò di spiegare che in realtà si trattava dello stesso tipo di disciplina [nota 31].

27. Nel modo in cui veniva praticata in antichità, l'Astrologia si intrecciava e si mescolava a molti altri metodi di predizione, a svariati livelli di magico ed in seguito all'Alchimia: tra Astrologia, Magia, Alchimia e Stregoneria sono infatti sempre intercorsi legami molto stretti, anche se l'Astrologia forniva - almeno in qualche caso - le tecniche relative ai propri metodi di predizione, come la Geomanzia, la Chiromanzia la Fisiognomica ed altre pratiche del genere. Cornelio Agrippa - scrittore di un famosissimo testo sulla Magia datato agli inizi del XVI secolo - sostenne che tutte queste tecniche di divinazione sono basate sull'Astrologia, nella quale affondano le loro radici dottrinarie: ad esempio, la Chiromanzia e la Fisiognomica lavorano su una suddivisione della mano o del volto sulla base dei diversi segni dello zodiaco, presupponendo corrispondenze tra elementi celesti e sostanze terrene.

28. Particolarmente legata all'Astrologia è poi la Geomanzia: il termine stesso ha un significato molto elastico, ma in senso stretto indica un metodo di divinazione del significato di un gruppo di 16 modelli - ottenuti chiedendo a qualcuno (probabilmente un bambino) di disegnare linee sulla sabbia o su un pezzetto di carta, o combinando casualmente le linee in qualsiasi altro modo che consentisse di ottenere due alternative (ad esempio gettando una moneta in aria oppure prendendo a caso una manciatina di semi e contando poi se fossero pari o dispari, eccetera).
Ciascuno dei 16 modelli consiste di quattro alternative di "pari" e "dispari" a seconda che la quantità ottenuta tramute sorteggio o in qualsiasi altro modo sia pari o dispari, e ciascuno è accomunato ad una casa astrologica (e per questo il loro numero è talvolta ridotto a 12) con determinati governatori planetari.
Secondo il principale manuale di apprendimento della Geomanzia a noi giunto (datato al 1591), questa pratica non è altro che una variante dell'Astrologia [nota 32].

29. In conclusione, l'Astrologia/Astronomia si componeva comunemente di Alchimia, Magia, Medicina, divinazione e meteorologia, e nell'opinione comune era difficile fare distinzioni tra queste discipline: ancora oggi - nell'opinione di alcuni - svariate di queste pratiche continuano ad essere associate ed indistinguibili.

30. È stato spesso ipotizzato che l'Astrologia/Astronomia sia nata da una mescolanza di religione e di scienza, in un periodo in cui era difficile fare distinzioni tra l'una e l'altra: a quanto pare la nascita è avvenuta in Babilonia e la disciplina ha raggiunto il proprio apice in età ellenistica. Con il toponimo Babilonia si intende genericamente l'area geografica della Caldea e della Mesopotamia che condivideva la cultura babilonese, estendendosi fino ad altre aree che - in tempi alterni - hanno compreso Sumeri, Akkadi ed Assiri oltre ai territori dell'attuale Iraq.
In età ellenistica, la cultura astrologica trovò un nuovo centro di diffusione in Egitto ed in particolare nella città di Alessandria, centro di studi astronomici ed astrologici allora di fama internazionale: in linea di massima si intende come età ellenistica quella che va dall'impero di Alessandro Magno (356-323 a.C.) fino ai I secolo a.C., cioè al periodo in cui i Romani - sotto l'impero di Augusto - hanno definitivamente conquistato l'Egitto, nel 30 a.C. La campagna militare che ha portato a tale conquista culmina con la battaglia di Azio, nella quale le forze di Marco Antonio e di Cleopatra furono sbaragliate dall'esercito di Ottaviano.
Secondo altri, invece, l'età ellenistica si estende fino alla fine dell'evo antico, cioè fino alla vittoria del Cristianesimo nel IV secolo d.C., sotto l'impero di Costantino il Grande.

31. Il primo oroscopo di cui si abbia traccia sicura sembra risalire al 410 a.C. anche se il sistematico uso dell'Astrologia personale - quella cioè che necessita del calcolo di un tema natale personale - si è sviluppata più tardi dell'AStrologia profetica di carattere generale, che forniva previsioni su regni e re sulla base delle posizioni planetarie di particolari momenti e di svariati fenomeni meteorologici.
L'Astrologia personale - basandosi, come si è detto, sull'osservazione delle posizioni planetarie, del Sole e della Luna al momento della nascita o del concepimento - è presumibilmente stata originata da una concezione deterministica del Cosmo. Di pari passo si è sviluppata l'Astrologia catarchica, che si differenziava dalla precedente solo perché rivendicava influenze non fatalistiche sulle attività di carattere sociale come i viaggi, il matrimonio e gli affari.
Si è ipotizzato che i due tipi di Astrologia - quella fatalistica e quella non fatalistica - si basino su principi completamente diversi ed in reciproco conflitto, ma con ogni probabilità - almeno a livello popolare - era difficile fare una distinzione tra l'una e l'altra, in relazione alla possibilità che gli astri esercitassero un'influenza immodificabile o meno sugli eventi; non è irragionevole pensare che si ritenesse che le stelle esercitavano una grande influenza su determinate vicende e un'influenza minore su altre, e che poi si sia giunti a pensare che comunque gli astri esercitano una certa influenza ma non una determinazione.

32. Anche se si ritiene comunemente che l'Astrologia profetica abbia avuto origine in Babilonia, probabilmente l'Astrologia personale oroscopica si è sviluppata in Egitto, in età ellenistica, ove - dall'indifferenziato contesto astrologico/astronomico - sarebbe sorto quel che oggi si intende comunemente come Astrologia. Forse i primi a dare il via a questa direzione evolutiva furono studiosi Greci che su erano trasferiti in Egitto a scopo di studio, più che veri e propri Egizi (che comunque saranno stati partecipi).
W. e H. G. Gundel hanno raccolto - analizzando testi ellenistici - molti indizi relativi al fatto che l'Astrologia personale sia nata in Egitto, e di questi fanno parte un'ampia raccolta dal titolo Hermetica, un manuale redatto dal faraone Nechepso (in trono dal 677 al 672 a.C. circa) con la collaborazione del suo Gran Sacerdote Petosiris, ed altri ancora [nota 33].

33. Per quanto riguarda i popoli della Mesopotamia, i Gundel scrivono:
Un accurato esame delle fonti porta alla conclusione che in età dei Seleucidi, in Mesopotamia [dal 312 al 65 a.C.] non si riusciva a risalire alle origini ideologiche-filosofiche di quel cosiddetto metodo babilonese che in seguito sarebbe tanto stato celebrato. La tanto diffusa opinione che siano stati i Babilonesi a concepire per primi la grandiosa impalcatura delle corrispondenze cosmiche che costituiscono l'essenza dell'Astrologia, ed abbiano sistematicamente espresso la loro concezione in libri di oracoli non è altro che una fantasia degli studiosi successivi, completamente priva di valore come di fonti. [nota 34].
Per esempio, nella loro Astrologia profetica, i Babilonesi potevano basare una predizione sul fatto che il tale astro fosse visibile o meno in cielo in una determinata posizione, il cui significato veniva avvicinato a quello di una vicina costellazione, ma non sembra che questo procedimento sia veramente collegato alla sistematica interpretazione delle posizioni dei pianeti, del Sole e della Luna in uno zodiaco o in un sistema di decani (cioè in una suddivisione regolare dello zodiaco in 12 segni, ciascuno dei quali a sua volta suddiviso in tre decani o decadi).

34. Secondo Otto Neugebauer, prima del V secolo a.C. - probabilmente - gli omina celesti non comprendevano le predizioni dirette ai singoli individui sulla base delle posizioni planetarie nei segni dello zodiaco e sulle loro reciproche configurazioni.
Solamente in epoca posteriore l'Astrologia divenne gradualmente quella che i Greci di epoca ellenistica conoscevano bene. Ma se si escludono pochissime reminiscenze mesopotamiche, fu nelle mani dei Greci che la dottrina subì una profonda modifica, fino a diventare un sistema universale in quell'unica forma che sarebbe poi stata esportata in tutto il mondo.
Da allora l'Astrologia - nel moderno significato del termine - con la sua complessa organizzazione di metodi deve essere considerata una vera e propria creazione del pensiero greco, per molti versi parallela allo sviluppo della teologa cristiana, che si sarebbe diffusa qualche secolo dopo. [nota 35]

35. Che cosa ha reso possibile la sopravvivenza dell'Astrologia/Astronomia fatalistica alla faccia delle ininterrotte condanne dei più lucidi intelletti dell'intera cultura greca?
Una risposta - suggerita da Frederick Cramer - potrebbe essere la fede in essa, tanto radicata quanto lo scetticismo dei suoi avversari, che avevano fede nella ragione.
Gli Astrologi/Astronomi ed i loro allievi credevano che - risalendo lungo le età sempre più antiche fino ad arrivare all'origine dell'Universo - si sarebbero trovate lunghissime catene di fatti dipendenti l'uno dall'altro secondo principi di causa-effetto che obbedivano a leggi di Natura eternamente immutabili che neanche una divinità avrebbe potuto interrompere o modificare. Credevano inoltre - come hanno creduto anche alcuni filosofi e scienziati in epoche molto posteriori - che il Cosmo funzionasse come un macchinario straordinariamente ben progettato e ben costruito secondo principi razionali, e totalmente regolato da razionali leggi di Natura.

36. Svariati filosofi dell'Ellenismo hanno trovato nel fatalismo razionale il credo che gli scienziati di tutti i tempi hanno cercato: la convinzione che il loro modo di vedere la natura delle cose fosse dotata di validità cosmica nello spazio e nel tempo. Gli antichi scienziati furono grandi sostenitori del fatalismo, e molti di loro abbracciarono l'Astrologia/Astronomia fatalistica. La loro logica suonava press'a poco in questo modo: che gli astri - ad esempio il Sole - hanno una certa influenza sugli esseri umani è fuori discussione.
A quei tempi si conoscevano altre cinque stelle oltre al Sole ed alla Luna, e si sapeva che le loro orbite erano interne a quelle delle stelle fisse: perciò ci si chiedeva se e quale scopo avessero queste altre cinque stelle - i cinque pianeti allora conosciuti - nelle vicende umane. Dal momento che si usava lo zodiaco per definire il cammino del Sole tra le altre stelle, perché non usarlo per designare anche il ruolo degli altri astri? [nota 36]

37. In molti casi era inevitabile ed ovvio essere testimoni degli errori degli Astrologi, ma invece di mettere in discussione i fondamenti assiomatici dell'Astrologia per vedere se fossero veri o falsi, molti studiosi erano inclini a attribuire il motivo degli errori alla fallibilità umana.
Gli Astrologi erano considerati pari ai Medici, e nessuno condannerebbe - neppure oggi - l'intera arte medica solo perché un medico, in una qualche circostanza, ha fatto una diagnosi errata o si è rivelato incapace di curare una particolare malattia.
Può sembrare incredibile a noi moderni che degli intelletti raffinati come quelli degli uomini di cultura greci e romani soccombessero a quel che a molti di noi può sembrare un inestricabile intrigo di verità e di falsità, ma - a meno che non ci piaccia pensare che siamo migliori di chiunque ci abbia preceduto per il solo fatto di essere venuti dopo - è opportuno ricordare lo spirito della determinata epoca in cui ciò avveniva, e non possiamo avere la presunzione di comprenderlo secondo punti di vista attuali, che rappresentano un'estensione rispetto a quel che una persona che viveva a quei tempi poteva avere.
Le due premesse sulle quali si basava il fascino che l'Astrologia esercitava allora su molti dei migliori intelletti del tempo (che potevano non avere alcun interesse n nessuna delle altre discipline divinatorie) - secondo Cramer - erano le seguenti:
si può giungere a prevedere il futuro, a patto di imparare ad usare tecniche adeguare

solo l'Astrologia è in grado di fornire un metodo scientifico per fare quanto detto al punto precedente.
Ben pochi oggi sottoscriverebbero l'una o l'altra o ambedue le affermazioni, ma molti pensano ancora che l'Astrologia contenga dei principi razionalmente dimostrabili o - quanto meno - teoreticamente accettabili secondo gli attuali criteri scientifici: se si condanna l'ingenuità e la mancanza di razionalità degli antichi Astrologi, si dovrebbe avere l'onestà di riconoscere che - anche se i loro strumenti culturali erano più modesti dei nostri - la loro fede nella ragione era ardente quanto quella dei loro colleghi contemporanei [nota 37].
Si può anche riflettere sul fatto che chi è vissuto nel passato aveva dei principi per valutare la sicurezza e l'insicurezza delle proprie conoscenze del mondo quanti ne abbiamo attualmente. Inoltre noi oggi abbiamo a disposizione - nella maggioranza dei casi - solo pochi frammenti dei loro scritti (o addirittura dobbiamo cercare le tracce del loro pensiero negli scritti di altri), e ciascuno di noi interpreta tali frammenti in relazione al tipo di contatto che a nostra volta abbiamo con l'argomento, e che si è strutturato grazie agli approfondimenti ed alle interpretazioni degli studiosi successivi vissuti tra il loro ed il nostro tempo.

38. Gli astri si muovono secondo traiettorie stabili, accessibili alla comprensione della ragione: anche le nostre vite si svolgono secondo traiettorie comprensibili dalla ragione? Gli Astrologi di tutti i tempi hanno sempre pensato che la risposta fosse sì, e che le traiettorie delle nostre vite fossero in qualche modo connesse alle traiettorie degli astri, per motivi che hanno a che fare con l'analogia.
Gli dei - o Dio - regolano il movimento degli astri esattamente come regolano il fluire della nostra vita e - concetto fondamentale per l'Astrologia - il movimento degli astri è in qualche modo analogo al movimento delle cose e delle persone sulla Terra, dal momento che qualsiasi tipo di movimento obbedisce agli stessi ordini divini o alle stesse leggi.
Da questo punto di vista, però, la spiegazione non sta oggi in piedi, in quanto semplicistica, e - come ha detto una volta Einstein - tutto dovrebbe essere spiegato sufficientemente semplice da essere compreso, ma non in modo semplicistico.

39. Sono stati gli Stoici i primi grandi divulgatori dell'Astrologia: lo Stoicismo è stata una delle grandi correnti filosofiche dell'epoca ellenistica ed i suoi adepti si impegnarono nella conoscenza più approfondita possibile al loro tempo della scienza fisica, allo scopo di poggiare su di essa le loro concezioni relative all'esistenza, il che portò all'elaborazione di una buona mole di nuove teorie sulla natura delle cose.
La concezione della fisica degli Stoici assomigliava a quel che oggi definiremmo termodinamica deterministica: secondo S. Sambursky, la colonna portante di tale concezione fisica era il principio della continuità di tutti i suoi aspetti.
Fra gli Stoici più tardi, poi, si giunse ad una straordinaria rivoluzione culturale quando si estesero le funzioni dinamiche del fuoco e dell'aria in modo tale da comprendere tutti i fenomeni naturali: da un certo punto di vista - sostiene Sambursky - si potrebbe dire che questo è stato il primo tentativo di porre le basi della concezione dell'applicazione dei processi termodinamici nel mondo inorganico, concezione che si infiltrò nel pensiero scientifico delle successive generazioni fino ad assumere un'importanza sempre maggiore.
Oltre al principio di continuità, gli Stoici ritenevano basilare il concetto di pneuma, ossia quel che tiene insieme la materia. La più importante qualità del pneuma è una specie di tensione in virtù della quale - scrive Sambursky - esso diventa un qualcosa di non molto dissimile da quel che oggi, nella scienza contemporanea, definiremmo campo fisico [nota 38].

40. Tuttavia anche fra gli Stoici esistevano posizioni diverse in relazione al modo in cui era costituita la Natura. Secondo David Hahm, Zenone - uno dei tre principali maestri della Stoà nel III secolo a.C. - definiva la Natura come un fuoco dalle proprietà demiurgiche che, procedendo secondo un progetto prestabilito, da origine a tutte le cose.
Hahm sottolinea che Zenone sostiene che la Natura è Fuoco, cioè uno dei quattro elementi basilari della teoria aristotelica della costituzione della Natura [nota 39].
Il concetto di fuoco dinamico espresso da Zenone sembra analogo al concetto di energia come è formulato dall'attuale scienza: in questo caso Zenone prende le distanze da Aristotele, per il quale il Fuoco - o comunque il calore - era il più attivo ed importante elemento della Natura, ma nulla più di uno strumento che la Natura usa per portare a termine i propri fini, e non la Natura stessa [nota 40].

41. Uno degli altri maestri della Stoà - Cleante - aveva una opinione simile, anche se preferiva parlare di calore vitale piuttosto che di Fuoco come sostanza che tiene insieme la materia nel Cosmo [nota 41]. Hahm commenta che quel che colpisce maggiormente delle tre funzioni da Cleante attribuite al calore è che corrispondono esattamente alle tre funzioni attribuite all'anima da Aristotele: la funzione nutritiva, la capacità percettiva e le facilità razionali. In altre parole, quel che per Aristotele è causato dall'anima, per Cleante è causato dal calore vitale.
Infine il terzo dei tre maestri della Stoà - Crisippo - accetta la teoria del pneuma - come sostiene Sambursky - ma la riformula, sostenendo che si tratta di una mescolanza di Fuoco e di Aria, e rappresenta l'essenza dell'Anima Mundi - cioè quel che tiene insieme il mondo - dal momento che gli Stoici ritenevano che il mondo avesse una propria anima, anche se in senso materiale e non solamente spirituale. Secondo il modo di vedere di Crisippo, è questo pneuma che tiene insieme la materia [nota 42].

42. Alcuni degli Stoici erano tanto deterministi quanto Laplace, e forse anche di più.
Pierre Simon Laplace (1749-1827) è il simbolo della fiducia nell'utilità delle leggi di Newton sul meccanicismo classico per la predizione del futuro e la spiegazione a ritroso del passato, sulla base del principio che passato e futuro sono totalmente determinati ed hanno significati totalmente descrivibili grazie a tali leggi.
Secondo la concezione di Newton, ciò è possibile grazie ad equazioni differenziali basate sulle sue leggi sul movimento, la risoluzione delle quali conduce ad espressioni dalle quali si possono dedurre tanto predizioni quanto retrospiegazioni; e nella sua opera sulle meccaniche celesti e sulla teoria delle probabilità, Laplace sostiene che tutti gli eventi - a prescindere dalla loro durata nel tempo e dalla loro importanza - seguono leggi di Natura matematicamente formulabili, esattamente come - sostiene Laplace - le rivoluzioni planetarie seguono le leggi scoperte da Newton sul movimento e sulla gravitazione. Quando non si comprende il collegamento tra un determinato evento ed il resto dell'Universo, si tende a spiegare l'evento stesso sulla base del suo effetto o dello scopo a cui tende, tentando di divinarne il risultato ultimo o di deviarne gli effetti, ma - continua Laplace - questi modi di agire non sono altro che l'espressione della nostra ignoranza sulle vere cause; dato che un evento non può accadere senza che vi sia una causa che lo produce, e noi stessi facciamo delle scelte solamente quando abbiamo dei motivi per farle.
D'altro canto, c'è chi sostiene che le nostre scelte possano essere il risultato di casualità, ma questa è un'ipotesi che Laplace rifiuta totalmente: dovremmo - secondo lui - guardare all'attuale condizione del mondo come risultato dell'evoluzione delle precedenti condizioni e causa delle sue condizioni future. Nell'opinione di Laplace, un intelletto in grado di valutare l'appropriata natura per un determinato arco di tempo e per tutte le forze che in esso agiscono, e sa comprendere le cause che spingono tutti i corpi coinvolti in tale arco di tempo da tali forze, potrebbe agevolmente integrare queste informazioni nel contesto delle leggi delle meccaniche naturali, il che lo renderebbe in grado di calcolare tutte le analoghe posizioni del passato e del presente e di comprenderne il significato.
Di fatto, anche se molto nella Natura è determinato da forze e posizioni - ed evidentemente Laplace credeva che non si trattasse di molto, ma di tutto -- non tutto si può prevedere o retrovedere in questo modo: eppure Laplace sostiene che la mente umana non è che una pallida idea di un intelletto come quello che si intende sopra, cioè una Mente in grado di conoscere con chiarezza e completezza tutte le leggi dell'Astronomia e delle meccaniche naturali.
Se continuiamo nel paragone tra Laplace e gli Stoici, vediamo che nella loro concezione qualsiasi cosa che viene e va nel mondo e nel tempo agisce in osservanza idi un'ininterrotta connessione causale, seguendo le leggi del Fato, nelle quali neppure una divinità può apportare cambiamenti [nota 43].
Il motto di Manilio - fata regunt orbem, certa stant omnia lege (i Fati governano il Cosmo, tutte le cose esistono in virtù di una specifica legge) - non è altro che Stoicismo nella sua forma più classica e pura [nota 44].

43. Aristotele pensava che esistessero due tipi di Fisica: una che si attua nel mondo sublunare e l'altra nei Cieli. C'è chi ha detto che gli Stoici hanno inventato l'Astrofisica, dal momento che credevano che le stesse leggi fisiche si applicassero nello stesso modo in tutto il Cosmo. Credevano anche - come si è visto - che tali leggi determinassero qualsiasi evento accada, sia accaduto o accadrà.
Malgrado ciò, gli Stoici sostenevano anche che l'uomo ha una sua libertà personale rispetto al determinismo, ossia che è sempre possibile scegliere di accettare quel che avviene nel modo in cui la Natura ed il Fato lo decretano, oppure scegliere di non accettarlo, il che crea la differenza tra il vivere secondo Natura ed il vivere contro Natura. Tuttavia questa scelta non comporta alcuna differenza negli eventi: quel che deve accadere, accadrà in ogni caso, anche se il fatto che noi scegliamo se vivere secondo Natura o contro Natura comporta una enorme differenza nel senso stesso della nostra vita, dato che possiamo decidere di agire contro la Natura, combattendo contro di essa, e per questo motivo essere costretti a soffrire disillusioni, pene ed angoscia; oppure possiamo decidere di camminare insieme al Fato, il che comporta la pace dello spirito.
Inoltre - sempre secondo il pensiero stoico - dal momento che tutte le cose sono costituite ed animate dalla medesima sostanza e che sono soggette tutte alle medesime leggi, esiste una specie di "simpatia cosmica" universale tra tutte le cose, ed è proprio questo che fa sì che l'Astrologia e la divinazione funzionino [nota 45].

44. H. Rackham scrive:
Gli Stoici [...] ritenevano che l'Universo fosse totalmente sotto il controllo della divinità, e che quindi la divinità stessa fosse l'ultima risorsa possibile: la sola ed ultima realtà era insomma la mente divina, che esprime se stessa nei processi del Cosmo.
Tuttavia, secondo il pensiero stoico esiste solo la materia, e solamente la materia può agire o subire le azioni, il che comporta che anche la mente è composta di materia - per quanto nella sua forma più sottile, cioè il Fuoco, o Soffio dell'Etere. Il primo Soffio ardente ha creato il mondo che conosciamo traendolo da se stesso, persiste in questo mondo come soffio, anima o tensione che è la causa di qualsiasi movimento e di tutta la vita, e che farà anche sì che - infine - una gigantesca conflagrazione riassorba il mondo in se stesso. Non vi sarà però alcuna pausa: non appena avvenuta la conflagrazione, il processo di creazione del mondo avrà di nuovo inizio, e l'Unità di pluralizzerà nuovamente in modo che tutto si ripeta nello stesso modo in cui si era già verificato nel precedente ciclo: l'esistenza continuerà per sempre, in cicli successivi infinitamente ricorrenti, seguendo delle leggi e delle formule fisse in eterno (logos); e queste leggi sono il Fato o la Provvidenza che segue l'ordine stabilito dalla divinità.
Gli Stoici sostenevano anche che il Logos e la divinità, ossia che la divinità è la legge suprema che regola l'universo, senza che vi sia differenza tra la legge stessa e chi la ha ideata o la ha resa applicativa. Per questo, in ultima analisi - l'universo è ispirato al sommo bene: il male è solo un'apparenza, e il demoniaco non è altro che una inevitabile imperfezione di una qualche componente che agisce separatamente rispetto all'intero.
Dunque la concezione stoica era determinista; tuttavia conteneva anche un piccolo spazio riservato al libero arbitrio: le azioni degli esseri umani - come ogni altro evento - sono gli inevitabili effetti di determinate cause , il che significa che comunque il libero arbitrio sussiste, dal momento che l'essere umano può decidere di obbedire volontariamente all'inevitabile, cioè alla volontà divina, oppure può comportarsi in modo da essere costretto a piegarsi ad essa con riluttanza e contro la propria personale volontà. Dunque la felicità consiste nel comprendere il senso dell'intelletto divino allo scopo di comprendere le leggi che regolano il mondo, e nel sottomettersi ad esse di buon grado, [nota 46]

45. Auguste Bouché-Leclercq chiarisce la concezione stoica dell'Astrologia:
Quel che fece sì che gli Stoici si dichiarassero garanti della conoscenza astrologica e cercassero di dimostrare le ragioni del funzionamento di tale disciplina si deve riconoscere nella loro indistruttibile fede nei confronti della legittimità della divinazione, di cui l'Astrologia non è altro che una delle metodologie.
Gli Stoici, insomma, non si distaccarono mai da un modo di pensare che i loro avversari consideravano un circolo vizioso e che si può riassumere nel motto seguente: se la divinità esiste, allora si esprime in qualche modo; e si esprime nei fatti, il che significa che i fatti sono la dimostrazione che la divinità esiste. [nota 47]
La concezione dell'esistenza di un'intelligenza superiore che non ha interesse o non può comunicare con gli umani sembrava agli Stoici un controsenso; tuttavia - continua Bouché-Leclercq - è chiaro che le persone comuni desiderano conoscere il futuro solo per tentare di far sì che non si avveri quel che di negativo è stato loro predetto, il che è una vera e propria contraddizione: come è possibile che qualcuno riesca a modificare quel che gli è stato predetto che comunque avverrà inevitabilmente ed in ogni caso? Alcuni degli Stoici, infatti, si sfinirono nel vano sforzo di riconciliare questa contraddizione logica, che fa ripiombare nel più chiuso dei fatalismi, con il senso pratico comune, che si interessa alla divinazione solo allo scopo di averne qualche vantaggio.

46. Di fatto sembra possibile sfuggire a tale contraddizione se si riflette sul fatto che - divinando la volontà degli dei - ci viene mostrato che accadrà questo e quello se ci comportiamo nel tal modo o non ci comportiamo in qualche modo: per esempio se facciamo un sacrificio propiziatorio, oppure non compiamo un atto scellerato, o qualcosa del genere.
Ma Bouché-Leclercq espone la contraddizione stoica a tali condizioni, sostenendo: se il futuro è in qualche modo negoziabile o condizionabile, allora non può essere predeterminato, dal momento che dovrebbe essere predeterminata anche la negoziazione o il cambiamento, condizione in cui non sarebbe realmente possibile alcuna espressione di libero arbitrio, dal momento che la libertà di scelta sfugge da ogni definizione proprio perché non comporta alcuna sicurezza predeterminata che si esprima in una determinata scelta. Il che equivale a dire che se gli eventi futuri dipendono e possono essere influenzati da qualcosa che avviene prima di essi, allora non possono neanche essere previsti in modo univoco, e tutto quel che gli Stoici potevano pretendere di prevedere era - al massimo - il tipo di azioni che avrebbero portato inevitabilmente a quei determinati eventi futuri, dal momento che le suddette azioni costituivano le cause stesse degli eventi futuri - cause dalle quali gli eventi non si sarebbero dissociati.
Il che - in ultima analisi - sta ad indicare che non vi è una vera e propria scelta, se non tra le azioni che si fanno in precedenza affinchè avvengano quegli specifici eventi futuri (che da tali azioni non possono essere dissociati, in quanto effetti da loro causati) [nota 48].

47. Malgrado ciò, Bouché-Leclercq parla anche della possibilità che gli Stoici ammettevano di fare divinazioni senza alcuna restrizione.
Lo stoico Epitteto (I secolo d.C.) sostiene:
Cosa mai può vedere un veggente oltre alla morte, o al pericolo, o alla malattia o a cose del genere? Riesce a vedere anche qualche espediente, conosce il modo per sfuggire al male e procurarsi il bene, ha imparato il modo per distinguere il bene dal male dai segni, come appaiono sul fegato degli animali sacrificati per il vaticinio?
Dunque non fu sbagliata la risposta di quella donna che desiderava inviare un pacco in dono a Gratilla in esilio, quando qualcuno gli fece notare che Domiziano lo avrebbe sequestrato, e lei rispose: Domiziano non può sequestrare nulla di quel che io non mando.
Ma allora, cos'è che ci spinge a consultare gli indovini con tanta assiduità? La codardia, la paura degli eventi futuri: questo è il vero motivo per cui ci rivolgiamo ai veggenti!
«Maestro, dimmi, erediterò molte ricchezze da mio padre?»
"Vediamo un po': facciamo un'offerta sacrificale!"
«Sì, Maestro, prevedimi la sorte!»
E quando lui dice "Sì, erediterai molto denaro", noi lo ringraziamo, e torniamo a casa felici e contenti, come se l'eredità l'avessimo ricevuta da lui.
Questo è il motivo per cui gli indovini continuano a farsi gioco di noi. [nota 49]
Anche da questo esempio, Epitteto sembra comunque dichiarare che l'indovino è in grado di prevedere alcuni tra gli avvenimenti futuri (la morte, i pericoli, le malattie), ma non è in grado di prevederne altre (per esempio non è in grado di distinguere il bene dal male). Il che significa che non è possibile - a suo avviso - una divinazione senza restrizioni, e non importa quel che dicono i veggenti, dal momento che noi, per far sì che l'inevitabile ci sembri accettabile, dobbiamo fare quel che è buono, non quel che ci vien detto di fare da qualcuno che forse non sa neanche capire quale sia il bene e quale sia il male.
In ultima analisi, noi siamo liberi di scegliere le nostre inclinazioni morali nei confronti di quel che è inevitabile.

48. Bouché-Leclercq continua:
Gli Stoici hanno coraggiosamente accettato le conseguenze dei loro stessi principi, usandoli per dimostrare la realtà della Provvidenza oltre all'affidabilità della divinazione, e si sono estasiati di fronte ad ognuna delle dimostrazioni del mirabile ordine dell'universo e del suo perfetto aderire al progetto divino, tanto immutabile quanto saggio.
Ma non hanno dimostrato meno fermezza nel rifiutare le conseguenze morali del fatalismo, e soprattutto la pigrizia mentale, che è quel che rende inevitabilmente negativo il destino.
Crisippo ha prodotto veri e propri miracoli di ingegnosità per ammorbidire - senza spezzarli - i legami delle cose all'Inevitabile, distinguendo tra inevitabilità propriamente detta e predestinazione, cioè tra le cause perfette e principali e le cause secondarie [cioè quelle aggiuntive, quelle che catalizzano determinati eventi], tra cose volute dal destino in sé e per sé e cose "che aiutano il destino" cioè volute dal destino per associazione alle precedenti; tentando anche di distinguere - dal punto di vista della fatalità - tra il passato, il contrario del quale è la realtà impossibile, ed il futuro, il contrario del quale è parimenti impossibile, ma può essere immaginato come possibile.
Tutto considerato, però, il pensiero stoico riuscì a salvare solo la libertà del Saggio, che consiste nel desiderare liberamente quel che l'Intelligenza Suprema desidera. Il Saggio è colui che sa esprimere meglio la propria libertà, dal momento che conosce meglio ed in anticipo i progetti della Mente divina. [nota 50]

49. Ed ecco che - a questo punto dell'evoluzione del pensiero stoico, nel II secolo d.C. - apparve uno stoico particolarmente esperto di Astrologia, Vettio Valente:
A ciascuno degli esseri umani i Fati hanno assegnato l'inalterabile realizzazione del proprio oroscopo, rafforzando tale oroscopo con molti eventi futuri buoni e cattivi che saranno le cause di tale realizzazione. In virtù di quando detto, esistono due divinità che si sono generate da sole - cioè la Speranza e l'Opportunità - e che agiscono da ancelle del Destino: queste divinità governano le nostre vite; con la costrizione e con l'inganno ci spingono ad accettare quel che ci è stato assegnato.
Una di queste divinità - l'Opportunità - si manifesta in pieno nell'attuarsi dell'oroscopo, mostrandosi talvolta buona e gentile e talvolta oscura e crudele. L'altra - la Speranza - non è né oscura né serena: si nasconde e va in giro travestita, e sorride a chiunque con fare adulatore e mostra progetti ed aspettative impossibili da conseguire. In questo modo, esercita il proprio potere su un sacco di gente che - sebbene imbrogliata da lei e dipendente dal piacere che lei procura - si lascia da lei trascinare dove lei vuole, e piena di speranza si dichiara certa che i propri desideri saranno realizzati; il che fa sì che a queste persone avvenga quel che non si aspettavano.
Coloro che non hanno familiarità con la previsione astrologica e non desiderano studiare questa disciplina sono sbattuti qua e là e resi schiavi dalle due divinità appena descritte; subiscono ogni sorta di punizione inflitta dal Destino e soffrono volentieri. Ma coloro che perseguono la verità e fanno dello studio della previsione del futuro la loro professione conquistano un'anima libera e non soggetta a questo tipo di schiavitù: essi non si fanno ingannare dall'Opportunità, non si adagiano nella Speranza, non hanno paura della morte e vivono una vita imperturbabile perché hanno consacrato le loro anime al coraggio, non si lasciano condizionare dalla prosperità né deprimere dalle avversità, ed accettano volentieri quel che incontrano sulla propria strada. Dal momento che hanno rinunciato ad ogni tipo di piacere e di inganno offerto dalle due dee, sono diventati buoni soldati del Fato, visto che è impossibile contrastare, con le preghiere o con le suppliche, le inclinazioni fondamentali che sono state impresse all'inizio, e sostituirle con altre che piacerebbero maggiormente.
Qualsiasi cosa sia in serbo per noi, accadrà inevitabilmente sia che preghiamo per averla, sia che tentiamo di scongiurarla; e quel che non è destinato che ci accada non ci accadrà, qualsiasi sia la direzione delle nostre preghiere. Come attori sul palcoscenico, che cambiano le loro maschere a seconda del testo del poeta e con distacco recitano ruoli da ladri o da contadini o da persone comuni o da divinità, allo stesso modo noi dobbiamo comportarci con il copione che il Fato ha assegnato alla nostra vita, ed adattarci a quel che ci accade in qualsiasi situazione ci venga data, per quanto possa non piacerci. perché se la rifiutassimo, come sostiene Cleante - soffriremmo comunque, e non ce ne verrebbe assegnato alcun credito. [nota 51]

50. Tamsyn Barton si dichiara più scettico nei confronti della presunta devozione incondizionata degli Stoici all'Astrologia, che - a suo avviso - faceva parte del bagaglio culturale di alcuni degli Stoici, e non di tutti: sostiene infatti - spiegando la fioritura dell'Astrologia a Roma, nella tarda età repubblicana:
Molto del merito di questa espansione va attribuita all'influenza esercitata dallo stoico Posidonio sull'elite romana della generazione antecedente a Cicerone ed a Cesare: fu proprio Posidonio a far sì che - contrariamente ad altre discipline legate alla veggenza - l'Astrologia acquistasse a Roma una grande rispettabilità tra gli intellettuali.
Ma - come osserva A. A. Long (1982) - gli studiosi del nostro tempo che - come Cumont - hanno contribuito per primi a divulgare questa interpretazione storica - scrivevano in un periodo in cui era di gran moda vedere ovunque l'impronta di Posidonio. Sarebbe dunque più opportuno guardare con occhio maggiormente critico tutte le prove da loro fornite dell'entusiasmo degli Stoici nei confronti dell'Astrologia, almeno nel primo periodo dello Stoicismo: è vero che l'esistenza degli dei - secondo questa corrente di pensiero - portava automaticamente alla divinazione e che l'Astrologia era una specie di scelta preferenziale affinchè i segni naturali rivelassero l'ordine dell'universo, ma le prove che venisse realmente studiata come disciplina sono scarse. [...] Questo è certamente il periodo in cui l'Astrologia oroscopica prende gli avvii in ambiente ellenistico, ed inizia ad essere considerata come uno strumento culturale più naturale rispetto ad altri tipi di divinazione, ma rimaneva comunque subordinata all'interesse che gli Stoici avevano per la divinazione in generale.
D'altro canto - continua la Barton - è di gran lunga più corretto pensare che non è possibile che la diffusione del pensiero stoico sia stata l'unica ed isolata componente, l'unico fattore determinante del divulgarsi dell'interesse verso l'Astrologia a Roma, anche se è possibile che Posidonio abbia accentuato l'attenzione di alcuni verso questa disciplina. Sembra piuttosto evidente che le idee stoiche - così come si stavano diffondendo nelle caste più elevate - si sostenessero anche grazie al supporto dell'Astrologia, e che il concetto fondamentale dello Stoicismo - la sympatheia cosmica, cioè la corrispondenza e l'armonia di tutto quel che è compreso nel Cosmo, che legano insieme i Cieli e la Terra - sia in questo modo diventata il primo assioma dell'Astrologia filosofica [nota 52].

51. I metodi di predizione di Laplace, parimenti basati sul determinismo (e derivati dal pensiero di Keplero, Galileo, Newton, Eulero ed altri scienziati del suo tempo), avrebbero incontrato grande favore presso gli Astrologi ellenistici, dal momento che li avrebbero messi in grado di calcolare le posizioni degli astri nel passato e nel futuro con tecniche di gran lunga superiori a quelle di Tolomeo. Tali calcoli sono alla base dell'Astrologia, quale che sia il significato attribuito a questo termine.
Frederick Cramer sostiene che nella Roma repubblicana dal 140 a.C. alla morte di Giulio Cesare nel 44 a.C. più,uno studioso si avvicinava allo Stoicismo e più sarebbe stato favorevole ai principi che regolavano l'Astrologia deterministica. I 96 anni che passano dal consolato di Lelio (140 a.C.) alla morte di Giulio Cesare rappresentano infatti un periodo cruciale nella storia dell'Astrologia nella Roma repubblicana.
Nel 139 a,C. gli Astrologi erano stati espulsi con l'incriminazione di stranieri indesiderati. Al momento della morte di Cesare, la maggioranza dei membri delle classi socialmente elevate della città si erano convertiti alla fede nell'Astrologia: per un qualsiasi studioso di discipline umanistiche che credeva nel razionalismo e che era certo che la Natura fosse governata da leggi immutabili che collegano causa ed effetto, l'Astrologia era una scienza vera e propria, data la sua capacità di collegare le leggi cosmiche con quelle terrene e mostrare come la Terra obbedisse a quei medesimi principi che governano il movimento degli astri e l'universo intero [nota 53].

52. Tamsyn Barton sostiene che è sorprendente dunque il fatto che l'Astrologia in ogni sua forma rimanesse marginale nella cultura della classe politica dominante della Roma repubblicana [nota 54].
La Barton allude specialmente ai rapporti tra gli Astrologi e le pratiche astrologiche (che allora comprendevano anche la fisiognomica e la medicina) ed il potere politico: sembra infatti evidente che la conoscenza del futuro sia spesso collegata alle ambizioni o all'uso del potere, da quello politico su larga scala a quello personale dei singoli individui su una parte almeno del fluire della propria vita. Quel che si desidera, o si attende, o si dichiara che avverrà in futuro può offrire - a patto di ripudiare il fatalismo - delle notevoli opportunità di modificare il futuro stesso, mentre ai fatalisti può dare la possibilità di abituarsi all'idea di quel che sta per accadere.
Nel suo esame della questione relativa all'interesse ne confronti dell'Astrologia da parte delle classi sociali dominanti nella Roma tardo-repubblicana, la Barton distingue tre tipi di profezie o divinazioni: la prima avveniva grazie al Collegio degli Auguri, che inizialmente si erano interessati alla predizione tramite il volo ed il canto degli uccelli, anche se - almeno a partire dal I secolo a:C: e probabilmente anche da prima - si traevano gli auspici soltanto dal modo in cui si nutrivano gli uccelli sacri. [...]
Il secondo tipo di profezie era compito dei XVviri sacris faciundis (cioè i quindecemviri incaricati del corso regolare delle cerimonie sacre), che avevano l'incarico di conservare i Libri Sibillini, una raccolta di versi in Greco che si credeva risalissero ad una profetessa vissuta al tempo degli ultimi re di Roma. [...]
Il terzo tipo di profezie aveva caratteristiche più confuse e variegate: gli stessi aruspici - tradizionalmente di provenienza etrusca - venivano convocati per interpretare sia prodigi naturali sia viscere di animali sacrificati. [...]
Tuttavia il denominatore comune della divinazione nella Roma repubblicana risulta chiaro: aveva a che fare con il ripristinare ed il mantenere la pax deorum (cioè gli accordi di pace tra gli uomini e gli dei) in relazione alla città. La divinazione - insieme ad altre pratiche religiose - è strettamente connessa all'attività politica; si potrebbe anzi dire che rappresenta una parte integrante di essa. [nota 55]

53. In ogni caso, un reverente interesse nei confronti degli astri non era affatto universalmente condiviso nell'epoca ellenistica, anche se per gli Stoici il cielo stellato rappresentava la più pura e limpida incarnazione della ragione nella gerarchia cosmica, il paradigma dell'intellegibilità e perciò della natura divina del regno sensibile. [nota 56]
Marco Aurelio ci dice che dovremmo rivolgere lo sguardo agli astri ed ai loro movimenti, dal momento che ci muoviamo insieme a loro, e che dovremmo anche riflettere continuamente sul continuo cambiamento delle cose e sul modo in cui da un elemento si passi ad un altro, perché tali pensieri lavano e purificano la nostra mente dalla sporcizia e dall'insensatezza della vita terrena [nota 57].
Tuttavia questo approccio al mondo venne ribaltato completamente da alcuni dei cosiddetti Gnostici: qui io mi riferisco allo Gnosticismo come quello di Origene (vissuto tra il 185 ed il 255 d.C.) il cui scopo era quello di occultare alcune varianti della dottrina cristiana [nota 58].

54. D'altro canto - come scrive E. R. Dodds - alcuni studiosi moderni usano questo termine per indicare qualsiasi tipo di tentativo di sfuggire dalla realtà aggrappandosi a significati occulti la cui comprensione richiede speciali illuminazioni che non tutti possono ottenere e che non dipendono dalla ragione.
Dodds definisce gnostico in questo senso san Paolo della Lettera ai Corinti 1:2.14-15, e sottolinea che l'Hermetica, la liturgia mitriaca e gli oscuri oracoli caldei sono stati definiti gnosi pagane. [nota 59]

55. Simon Mago, il sedicente messia, rivale di Gesù Cristo, viene spesso considerato gnostico: molti pensano che sia il Simone che appare nel Nuovo Testamento, là dove si dice: ma c'era un uomo di nome Simone che in precedenza aveva praticato la magia nella città e che aveva colmato di stupore la gente di Samaria proclamandosi grande. [nota 60].
Simone si convertì al Cristianesimo, ma quando vide gli apostoli Pietro e Giovanni che tendevano le mano verso il popolo di Samaria in modo da consentire loro di ricevere lo Spirito Santo, offrì del denaro in cambio di questo potere, e Pietro lo rimproverò aspramente, dicendogli che il suo cuore non seguiva la strada di Dio ma l'iniquità [nota 61].
Si può vedere in questo episodio il contrasto tra il vero uomo di culto, che si sforza di vivere senza peccato e di sottomettersi al volere di Dio, ed il mago, che si sforza di conquistare un potere superiore a quello dei comuni mortali, della Natura e magari anche della stessa divinità.
Talvolta Simon Mago usava il soprannome di Faustus, "il favorito" e - come dice Jonas - questo soprannome, insieme al suo cognomen abituale Mago ed al fatto che conviveva con una certa Elena - che sosteneva di aver trovato in un bordello di Tiro e che si trattasse della reincarnazione di Elena di Troia - mostra con chiarezza che ci troviamo di fronte ad una delle fonti della leggenda di Faust come poi è stata celebrata a partire dal Rinascimento. Certo ben pochi ammiratori di Marlowe e di Goethe si sono accorti che l'eroe dai due poeti celebrato è il discendente di uno gnostico, e che la bella Elena rievocata da loro altro non è che il simbolo della ripudiata fede in Dio che avrebbe condotto la risorgente umanità alla salvezza [nota 62].

56. Lo Gnosticismo - in una delle sue manifestazioni più alte - è una specie di pessimismo cosmico che scinde il Cosmo in una parte totalmente divina ed assolutamente incomprensibile da parte degli esseri umani, ed una parte fisica che comprende l'Umanità ed è totalmente separata da qualsiasi possibile contatto con il divino, non essendo neppure stata creata dall'inconoscibile Dio ma da un suo spirito subalterno, un demiurgo, una specie di emanazione perversa della divinità, le cui caratteristiche principali sono la determinazione ed il potere.
Le concezioni gnostiche erano considerate da molti Greci classici e dai primi Cristiani vera e propria blasfemia: i primi ritenevano che lo Gnosticismo andasse contro le concezioni della sacralità del Cosmo, cioè di quel mondo ordinato, dotato di anima e di intelletto in cui l'essere umano -per quanto imperfetto - poteva aspirare a raggiungere la maggiore perfezione possibile rappresentata dagli astri. Tale perfezione era armonia, cioè il fatto che le diverse parti del mondo si unissero armoniosamente in una unità che - secondo i matematici della tradizione pitagorica (risalente al 500 a.C. circa) - produceva la musica delle sfere, impossibile da udirsi per gli umani ma comprensibile dall'umana ragione (come Keplero credeva con tanto fervore), e dunque tale da risonare nella memoria, come il ricordo di una musica.
Molti Cristiani invece non potevano accettare la dottrina della creazione del mondo ad opera di uno spirito inferiore, e neanche il totale distacco di Dio dal governo e dal contatto con il mondo fisico e con l'umanità: il ruolo del demiurgo gnostico - che controlla qualsiasi cosa sulla Terra - era considerata come una sorta di tirannia, non una forma di provvidenza divina.

57. Gli Gnostici erano contrari alla divinizzazione dei principali astri - concezione che si trova nella maggior parte delle religioni dell'antichità. A quel tempo la concezione basilare della fede nell'Astrologia di era evoluta - grazie al pensiero stoico - passando dalla devozione babilonese verso le stelle ad una vera e propria religione in cui il cosmico ed il divino si identificavano completamente, e ciò venne contestato dagli Gnostici in ogni sua forma.
La fede stoica nell'Astrologia necessitava di una inflessibile sottomissione ad una inevitabile necessità: dunque - secondo gli Gnostici - al Cosmo non poteva essere attribuito alcun valore. Inoltre la principale aspirazione degli Stoici era rappresentata dalla capacità di conservare un atteggiamento neutrale nei confronti tanto del bene quanto del male, in modo da potersi sottomettere serenamente a quel che non poteva non avvenire: gli Gnostici - invece - si rivolsero al mondo degli Stoici e lo valutarono dall'esterno (non dall'interno), cioè dal modo in cui si manifestava, non dal modo in cui era stato concepito e funzionava; perciò il loro approccio al Cosmo cambiò radicalmente, passando dall'ammirata venerazione all'idea che viviamo in una condizione orribile e terrificante.

58. Possiamo immaginare - scrive Jonas - con che genere di sentimenti uno Gnostico alzasse gli occhi verso il cielo stellato, quanto malvagio debba essergli sembrato il suo remoto scintillio, quanto inquietanti la sua vastità e la rigida immutabilità delle meccaniche celesti, quanto crudele il suo silenzio! La musica delle sfere non si sentiva più da un pezzo, e l'ammirazione per la perfezione della forma sferica aveva lasciato il campo al terrore ispirato dal fatto che una tale perfezione era stata concepita solo allo scopo di rendere schiava l'Umanità. [...]
Qui possiamo scorgere la profonda connessione esistente tra la scoperta del Sé, la despiritualizzazione del Cosmo e l'innalzamento della divinità ad una dimensione completamente trascendente. [nota 63]

59. Lynn Thorndike espone il caso di una specifica setta, i Mandei, forse di derivazione gnostica o forse nata parallelamente allo Gnosticismo, che sembra conservarsi ancora nel pensiero contemporaneo, o quanto meno nelle concezioni del XIX secolo: gli adepti erano dell'opinione che i pianeti fossero creature demoniache e che Gesù Cristo fosse un falso profeta, null'altro che un mago scaturito dal pianeta Mercurio allo scopo di ingannare l'Umanità, e sostenevano tali tesi facendo gran ricorso alla Numerologia.
La Thorndike scrive:
Una peculiarità dell'Astrologia/Astronomia mandea era la convinzione che gli astri ruotassero intorno alla stella polare, alla quale i Mandei si rivolgevano nelle loro preghiere; i loro santuari erano costruiti in modo tale che i fedeli - entrando - avessero la stella polare di fronte a loro, ed anche i morenti venivano rivolti in modo che avessero piedi ed occhi puntati in quella direzione. [nota 64]
Per altro, alzando gli occhi al cielo, anche oggi si può facilmente comprendere come - almeno nell'emisfero settentrionale della Terra - sia nata l'idea che tutti gli astri visibili ruotino intorno alla stella polare.

60. Tamsyn Barton sottolinea che una fra le prime indicazioni del potenziale sovversivo che condusse alla repressione ed alla condanna dell'Astrologia da parte di svariate autorità cristiane si identifica nel fatto che anche i Padri della Chiesa discutevano del significato del Cosmo, per valutare quale dottrina fosse eretica e quale non lo fosse.
Di fatto furono proprio gli Gnostici a far sì che si scatenassero i primi violenti attacchi della Chiesa contro l'Astrologia: Ippolite di Roma (vittima del martirio nel 235) si scagliò con particolare virulenza la concezione gnostica dell'Astrologia nella sua opera dal titolo Confutazione di tutte le Eresie, traendo le proprie dettagliate argomentazioni da Sesto Empirico e motivando la propria posizione con un attento studio della disciplina astrologica:
Ma in ultima analisi - pur ritenendo che l'arte astrologica abbia un proprio valore - avvalendoci delle testimonianze offerte dai suoi cultori che pretendono di essere affidabili grazie a deduzioni del tutto campate in aria, all'attuale stato delle nostre conoscenze non possiamo se non sostenere che l'arte astrologica è del tutto inaffidabile, visto che la nostra intenzione è quella di dimostrare che il sistema peratico [cioè il metodo seguito da alcuni Gnostici] altro non è che un frutto marcio scaturito da una instabile radice. [nota 65]

61. Fra le correnti filosofiche di epoca ellenistica, è lo Stoicismo - con la sua devozione al Cosmo ordinato - che si avvicina maggiormente all'attuale concezione scientifica del Cosmo, malgrado le incertezze e le lacune che la meccanica quantistica comporta. Il pensiero gnostico viene invece paragonato da Jonas ad alcune concezioni del nostro recente passato, secondo le quali - iarb nsieme a Nietzsche e su sua ispirazione - si sosteneva che Dio è morto [nota 66].
Gli Gnostici sostenevano infatti che sia Dio sia il Cosmo erano morti; pensavano anche di poter conseguire la libertà una volta raggiunta la conoscenza della nostra condizione - da cui il nome che si erano dati, dal greco gnosis, che significa conoscenza).
Lo Gnosticismo ha tratti straordinariamente simili a quelli del pensiero nietzcheiano, dal momento che si basa su un modo di vedere la Natura che non trova alcun sostegno in finalità particolari o in specifici scopi: una Natura nella quale non si possono più trovare né le ragioni né i significati che solo la nostra volontà può generare, entro i limiti delle nostre possibilità. Il che significa che - in mancanza di meglio - siamo almeno dotati del libero arbitrio.
Angosciosa libertà, così la chiamarono gli Esistenzialisti: l'estraniarsi dell'Uomo dalla Natura può sorgere anche dalla convinzione che la Natura - come la divinità gnostica - sia completamente indifferente alle umane sorti; ma, anche se alienati dalla Natura, possiamo comunque dedicare la nostra attenzione al modo in cui è ordinata, valutandone la sua bellezza e traendo soddisfazione - come sostenevano gli Gnostici - nel comprendere il suo funzionamento e modificarlo ne limiti delle nostre possibilità.

62. Una delle altre grandi dottrine filosofiche dell'antichità è l'Epicureismo, il cui fondatore - Epicuro - visse ad Atene tra il 341 ed il 270 a.C., cioè nel periodo in cui fioriva anche lo Stoicismo.
Rackham scrive:
Epicuro poneva i fondamenti della propria teoria nella Natura, a partire dall'Atomismo di Democrito e conservando la sua opinione che il mondo consti di innumerevoli atomi di materia tenuta insieme dalla forza di gravità e galleggiante in un'ampiezza infinita di spazio illimitato. Il nostro mondo, con tutto quel che contiene - insieme ad innumerevoli altri mondi - non è altro che un casuale aggregarsi di atomi che si sono trovati vicini nel vuoto che si formano e si dissolvono ininterrottamente senza alcun piano predeterminato e senza alcun preciso scopo. [...]
Gli dei - come ogni altra cosa - sono parimenti insiemi casuali di atomi. [...]
Tuttavia è proprio degli empi pensare che gli dei abbiano qualcosa a che fare con la creazione e con il governo dell'Universo; i mondi vanno avanti per proprio conto, per motivazioni puramente meccaniche, e gli dei vivono in una condizione di irraggiungibile beatitudine nella zona detta intermundia, la zona di spazio vuoto tra un mondo e l'altro. [nota 67]

63. Parlando in generale, qui si assiste ad un contrasto tra una concezione dell'Universo come frutto di irriducibile casualità, disordine, probabilità ed imprevedibilità ed un'altra concezione dell'Universo ordinato, sottoposto a leggi regolarità e certezze fino al punto di sottoporlo ad un determinismo totale.
Non è impossibile una certa forma di convivenza tra queste due posizioni: ad esempio alcune tribù di Indiani d'America svilupparono miti in cui convivono l'ordine e la casualità dell'Universo: Ray Williamson sottolinea che quel che ha dato origine alla tradizionale tolleranza dei Navaho affiora nei miti della creazione di questo popolo sotto forma di una casa abitata da molte diverse creature, che rappresenta anche il luogo in cui si compie la creazione, e dove sono stati creati gli astri:
La storia della creazione degli astri rappresenta un punto fondamentale nella concezione Navajo dell'Universo - sostiene Williamson - cioè di un Cosmo i cui principi sono ordinati ma che contiene anche le dannose forze del disordine. In questo mito, è Coyote - il trickster - colui che porta il disordine nei cieli mettendo confusione tra l'ordinato ed armonioso muoversi delle stelle. [nota 68]

64. Secondo Gladys Reichard, Coyote è un chiaro esempio di irresponsabilità e di mancanza di orientamento: frutto incontrollato del Sole stesso, o figlio del Sole o del Cielo, Coyote rappresenta la promiscuità che sulla Terra produce il Sole, inteso come entità divina.
La Reichard scrive;
Coyote, tuttavia, non ha un vero e proprio ruolo specifico: è il Sole che - sebbene riluttante e tra un'infinità di proteste - assume a malincuore la responsabilità di quel che fa quel suo bizzarro figlio, che semina desideri del peggior tipo e confusione dietro di sé.
Coyote può anche fare del bene, ma solo per caso; in questo caso accade perché affiorano in lui le buone energie del Sole, per quanto deformate.
In realtà Coyote fa tutte quelle cose poco edificanti che al Sole piacerebbe assai poter fare di tanto in tanto; il Sole - nascostamente, si compiace di queste cose, ma deve necessariamente dare dimostrazione di disapprovarle pubblicamente. Così il fondamento della concezione Navaho del culto - l'ordine - viene sovvertito dal carattere di Coyote, che mescola le stelle nel cielo in modo casuale, che sfida i ruoli prestabiliti, che contiene il bene ed il male e non ha tra essi alcuna stabilità ed alcun confine neanche nelle riunioni cerimoniali, che sceglie Ottobre - mese cangiante e mutevole - come proprio mese favorito.
Le immagini che lo rappresentano sono ambigue, come la forma delle sue frecce, e le sue canzono non seguono alcuna armonia.
Dopo che i Pipistrelli lo hanno ucciso, mescolano la sua pelle con terra che proviene da luoghi indefinibili e poi la sparpagliano in ogni direzione. [nota 69]

65. Williamson scrive dei Chumash, tribù indiana di California:
Per la tribù Chumash l'intero universo ed i poteri soprannaturali in esso contenuti erano in continuo fluire. Senza alcun intervento da parte umana, le forze in questione potevano produrre qualsiasi tipo di evento, qualsiasi cataclisma; così gli Astronomi del culto antap avevano il compito di approfondire - all'interno del proprio territorio - la conoscenza necessaria a prevedere il futuro ed a compiere i passi necessari a modificare il corso degli eventi allo scopo di salvaguardare i propri compagni Chumash.
Per gli Indiani della California, il regno celeste era un luogo sprigionante potenza e pericolo. Si pensava che - grazie ad un assidua devozione nei confronti delle divinità che popolavano il Mondo Superiore, gli sciamani potessero giungere ad una tale comprensione del movimento dei cieli da ricavarne una parte almeno dei poteri che esso emanava, in modo da poterla usare per i propri scopi prefissati; e dal momento che tali poteri potevano essere anche estremamente pericolosi, gli sciamani avevano il dovere di porre particolare attenzione alla valutazione del momento opportuno, in modo da evitare di causare del male alle persone per le quali si impegnavano a comprendere e ad imparare ad usare i poteri del Cosmo. [nota 70]

66. Nessuno di noi - a quanto pare - ha una qualche importanza su scala galattica o in relazione agli elettroni, almeno se l'importanza va valutata sulla base delle dimensioni. Alcuni non credono che l'Umanità si sia evoluta secondo un piano predeterminato: alcuni Biologi - oggi - pensano che un progetto unitario di evoluzione non esista.
Si potrebbe dire che tra i Darwinisti - o almeno i Neodarwinisti - vi siano pochi Stoici e meno ancora Epicurei. I Darwinisti Epicurei - se sono mai esistiti - sembrano comunque scomparsi in un mondo senza piani predefiniti, soggetto alle vicissitudini della Fortuna - che essi hanno la tendenza a chiamare Casualità - in quanto la Fortuna non è altro che un'ottava superiore di un'influenza esterna.
Molti vorrebbero essere salvati da un mondo del genere. Mircea Eliade scrive:
Si potrebbe dire che le promesse di salvezza tentano di esorcizzare il formidabile potere della divinità Tyche [cioè la Sorte, quella che in Latino si chiamava Fortuna pur indicando una condizione ambigua, che può condurre sia al male che al bene]. Capricciosa, vendicativa ed imprevedibile, Tyche porta indifferentemente il bene o il male, e per superare l'angoscia che comporta questa situazione si finisce per associare il Destino al fatalismo astrale.
L'esistenza degli individui o delle città o dei reami è determinata dalle stelle: una dottrina (e con essa l'Astrologia, cioè la tecnica che applica questi principi) che si sviluppa a partire dell'impulso dato dalle osservazioni babilonesi degli astri: è certo che la teoria delle corrispondenze tra microcosmo e macrocosmo era nota in Mesopotamia - ed in svariate altre aree asiatiche - fin dalle epoche più antiche. [...]
Tuttavia, questa volta non si tratta di sentirsi in armonia con i ritmi cosmici, ma di scoprire che la propria vita è determinata dai movimenti degli astri. [nota 71]

67. Le concezioni della regolarità dell'Universo sono strettamente connesse al movimento degli astri. Plinio scrive:
Da ogni parte del mondo, in qualsiasi luogo ed in ogni tempo, la Fortuna è l'unica divinità a cui chiunque solleva invocazioni; si parla solo di lei, si accusa lei sola e solo di lei si pensa che sia la colpa; ella sola è nei nostri pensieri, viene pregata, bestemmiata e ricoperta di rimproveri che procedono in modo ondivago come lei stessa procede, e tutta l'Umanità pensa che sia cieca, vagabonda, incostante, incerta, variabile, e colpevole di favorire spesso gli indegni.
A lei si attribuiscono tutte le nostre vittorie e le nostre sconfitte, lei sola - nel gestire gli eventi umani - bilancia le due alternative della nostra vita. Siamo a tal punto in balia del Caso che lo stesso Caso è stato considerato un dio, così che l'esistenza degli dei inizia a diventare veramente dubbia.
Ma c'è anche chi rifiuta questo principio ed attribuisce gli eventi all'influsso degli astri ed alle leggi legate al momento della nostra nascita: chi la pensa così ritiene che Dio abbia posto una volta per tutte la sua volontà e non interferisca mai più in seguito; un'opinione che comincia a guadagnare terreno sia tra le persone colte che tra gli incolti, e tutti convergono verso di essa. [nota 72]

68. Michael Grant scrive che in epoca ellenistica migliaia di persone nutrivano l'insensata, disperata convinzione che qualsiasi cosa del mondo fosse sotto il controllo di Tyche: di era diffuso ovunque la profonda sensazione che gli esseri umani andassero alla deriva, e che qualsiasi cosa fosse frutto del caso, oltre l'umano controllo, oltre ogni possibilità di comprensione, inaccessibile ad ogni tipo di predizione.
Perciò il culto dedicato alla Sorte aveva conquistato l'intera area mediterranea dal momento che molti - se non tutti - erano dell'avviso che la Sorte fosse oltre la comprensione degli esseri umani.

69. Lo storico Polibio di Megalopoli (vissuto tra il 200 e gli anni successivi al 118) poneva Tyche al centro del mondo come se lo immaginava, dal momento che era convinto che l'estendersi della potenza romana sui paesi del Mediterraneo era un qualcosa di spiegabile solamente in questo modo. Tuttavia - scrive Grant - la sua interpretazione di quel che sia la Sorte è mutevole e varia a seconda dei casi, come è solitamente l'opinione della gente comune su tale argomento. Talvolta egli vede la Tyche come un qualcosa situato oltre il controllo umano, irraggiungibile da qualsiasi spiegazione razionale. Altre volte, invece, il nome Tyche è un vero e proprio modo di etichettare eventi puramente casuali, o di riflettere il fatto qualsiasi cosa può accadere a chiunque in qualsiasi momento.
Talvolta affiora l'ombra di una Provvidenza generosa - l'antica idea greca tanto diffusa dalle tragedie dell'epoca classica - secondo la quale il compito della Sorte è quello di intervenire per moderare l'estrema infelicità oppure l'eccessiva prosperità.
Inoltre Polibio immagina che Tyche manchi di senso della morale e non abbia il minimo scrupolo quando si tratta di danneggiare una persona virtuosa; tuttavia la sua Tyche giunge realmente a manifestarsi in un contesto molto ampio, quando cioè eventi enormi sovvertono capricciosamente il corso della Storia e le sorti delle nazioni vengono rovesciate e sovvertite in modo sensazionale. Quando invece è possibile percepire negli eventi una causa razionale, allora Polibio preferisce appellarsi ad essa, tirando in ballo Tyche solo quando non riesce ad identificare nessuna causa logica. [nota 73]

70. Nel corso dei secoli immediatamente precedenti all'era cristiana ed immediatamente dopo il suo inizio, la gente comune iniziò a parlare sempre meno della Sorte e sempre più del Fato e del Destino: il Fato era spesso immaginato come una specie di schema generale che governava il mondo e che creava una inesorabile catena di causalità meccaniche.
Naturalmente c'erano molte diversità nelle opinioni relative a questo argomento, soprattutto quando si trattava di dire che è il Caso che ha fatto andare le cose in questo modo oppure era Destino che le cose andassero in questo modo. Ma alcuni Intellettuali - comprendendo che era illogico credere nello stesso tempo ad entrambe le affermazioni - tentarono di fare una distinzione tra eventi casuali ed eventi segnati dal destino.
Per esempio, lo stoico Zenone (morto nel 263 a.C.) sosteneva che era più rispettabile credere nel Fato e nella catena causa-effetto , ed il suo allievo Cleante attribuiva il nome Destino allo stesso Zeus.
Gli Stoici identificavano il Fato con la Ragione Divina, che determina qualsiasi cosa e ci impone di accettare la sua volontà.
Invece Epicuro riteneva che fosse più umiliante servire un Fato del genere che i soliti dei tradizionali, con tutti i loro capricci: il Saggio - a suo parere - non si cura del Fato.
Molti altri si sentivano eccessivamente oppressi dall'inesorabile e totalitario dispotismo del Fato, che di fatto restringeva o annullava totalmente il valore del comportamento umano; malgrado ciò, milioni di persone si sottomisero alla totale autorità del Fato [nota 74].

71. Così Grant riassume la situazione:
Una chiara dimostrazione del fatto che quel che accade dopo è causato da quel che era accaduto prima veniva fornita dall'influsso che gli astri e gli eventi atmosferici esercitavano sulla Natura: il Sole causa la crescita e la maturazione della vegetazione, la fa nascere e morire e fa sì che gli animali dormano o si sveglino; l'epoca delle piogge e le inondazioni vanno e vengono a seconda del sorgere e del tramontare delle costellazioni; la Luna si associa al movimento delle maree e sembra controllarne l'affluire o il defluire con forze gravitazionali sconosciute, una corrispondenza spiegata con una simpatia cosmica tra un ipotetico pianeta acqueo e l'elemento Acqua sulla Terra.
Sembrava insomma che l'intera dottrina stesse insieme perfettamente, totalmente e compiutamente, in piena coerenza con le conoscenze scientifiche. Al contrario, si basava su un malinteso fondamentale: la generalizzazione che collega non solo tutte le proprietà fisiche della Terra ma anche e soprattutto tutte le attività umane agli astri manca di un reale fondamento fisico, per quanto la sua origine sia indubbiamente antica e complessa.
Sulla base delle concezioni filosofiche del loro tempo, i tragediografi greci diffusero l'idea che il Sole, la Luna e le Stelle fossero divinità, e - a loro volta - i filosofi integrarono le loro affermazioni accettando - come Platone - quel che sostenevano i poeti come forme di ispirazione direttamente emanata dalla divinità, il che portò alla creazione ed all'elaborazione di una formidabile teologia astrologica, che ancora sussiste.
Anche Aristotele, lungi dal dissentire sulla diretta relazione tra la Terra e gli astri, ha ipotizzato l'intervento di un essere divino intelligente, ipotesi accettata in seguito dalla maggior parte degli intellettuali ellenistici. La gente si rivolgeva, con affascinato interesse, all'adorazione degli astri ed alle pratiche astrologiche di origine più antica, tramandate dalle testimonianze di scrittori come Eudosso di Cnido (vissuto tra il 390 ed il 340 circa); e da quando Alessandro Magno inglobò Babilonia nel mondo greco, frotte di Astrologi professionisti si trasferirono in Occidente e radicarono là la loro attività. [nota 75]

72. Scrive Pierre Duhem che la Luna ha sempre esercitato una preponderante influenza sulla strutturazione di tale principio, e la regolarità delle maree forniva la prova evidente dell'importanza dell'azione lunare e per estensione di tutti gli influssi emananti dagli astri.
Duhem sottolinea come uno fra i più importanti teorici che ispirarono gli Astrologi stoici - Posidonio (vissuto tra il 135 ed il 50 a.C.) - si interessava moltissimo al movimento delle maree ed alle sue possibili cause. Oltre a lui, Abu Ma'shar (Albumasar) - Astrologo arabo del IX secolo - dedicò ben sei capitoli del suo Introductorium ad una teoria sulle maree che Duhem cita per esteso [nota 76].
L'opera di Abu Ma'shar esercitò una enorme influenza sugli studiosi europei del Medio Evo, in quanto sembrava approfondire la motivazione astrologica dell'opera di Aristotele sulla Natura.

73. L'Eudosso di Cnido a cui si riferisce Grant era uno dei grandi matematici e cosmologi della Grecia classica. Otto Neugebauer sottolinea l'opinione di Cicerone su una citazione di Eudosso relativa al fatto che non si dovrebbe credere alla pratica caldea di predire il fato di una persona a seconda della sua nascita, il che fa pensare che Eudosso rifiutasse l'Astrologia [nota 77].
Tuttavia Neugebauer prosegue sottolineando che l'espressione - che nella citazione di Cicerone - suona come a seconda del giorno della sua nascita non si riferisce necessariamente alle predizioni tratte dall'osservazione astronomica, ma piuttosto ad una pratica documentata da Erodoto (II, 82), che sostiene che gli Egiziani assegnano ciascun giorno e ciascun mese ad un dio e grazie a tale assegnazione possono rivelare quale sorte, quale fine e quale carattere abbia un essere umano, in relazione alla vicinità che governa il giorno della sua nascita. [nota 78]

74. Tale affermazione di Neugebauer viene fraintesa da P. M. Fraser, che sostiene . parlando superficialmente dell'Astrologia in generale - che Eudosso è stato il primo matematico a rivelare grande conoscenza della disciplina, per quanto ne rifiuti la dottrina ispiratrice, [nota 79]
La principale fonte di tale valutazione di Fraser è la sopra riferita nota di Cicerone: Fraser si riferisce anche all'affermazione di Neugebauer, sostenendo che la distinzione tra la previsione basata sulla divinità protettrice del giorno e quella sull'osservazione astronomica lascia aperta la possibilità che Eudosso possa aver comunque approvato una parte delle dottrine astrologiche caldee. Come Grant, Fraser è ansioso di separare le componenti scientifiche da quelle pseudoscentifiche nella cultura tolemaica alessandrina, ma per effettuare tale distinzione segue i principi che distinguono lo scientifico dallo pseudoscientifico del proprio tempo, non dell'epoca di cui si interessa.
L'Astrologia - insieme all'Alchimia ed alla Medicina astrologica - vengono così giudicate da Fraser scienze corrotte, superstizioni incrostate sul pensiero scientifico. A sua opinione, esisteva una branca della scienza che - nel corso del tempo - ha prodotto frutti bastardi, scaturiti dal declino dell'originalità scientifica e combinati con la superstizione ed il fatalismo filosofico. [nota 80]
Sembra che si stia esaminando la questione dei virus come progenitori di cellule, di batteri o di qualcos'altro.

75. Grant e Fraser sono molto critici nei confronti della fede nell'Astrologia: a quanto pare disprezzano la tendenza d coloro che - in epoca ellenistica - si rivolgevano con interesse all'Astrologia oroscopica secondo la metodologia diffusa dall'Egitto ellenistico, alcune versioni della quale sono ancora oggi praticate. Di fatto essi condannano il fatalismo astrale in generale, contestando quel tipo di sovradimensionato determinismo che tanti giudicano oggi immorale o inaccettabile.
Tuttavia nei tempi antichi il principale morivo di interesse che spingeva allo studio dell'Astronomia e dell'Astrologia era proprio legato alla necessità di comprendere il ruolo che gli astri esercitavano sulla Terra, e tentare di separare quel che è scientifico da quel che non lo è secondo gli odierni criteri - di fatto - non solo distorce ed impedisce di comprendere le reali motivazioni degli Astrologi/Astronomi del passato, ma ne deforma anche l'eredità culturale che ci hanno trasmesso.

76. Uno dei maggiori obbiettivi di Matematici, Astronomi, Fisici ed in genere dei Filosofi della Natura è sempre stato quello di scoprire e descrivere i coefficienti di costanza quantitativa e di invariabilità, il modello secondo il quale agisce e l'ordine della Natura e - a fianco di questi - gli approcci quantitativi alla variabilità, alla turbolenza, alla casualità ed, in una parola, alla sorte. Il primo di questi obbiettivi tende a condurre lo studioso verso il determinismo, mentre il secondo tende a portarlo alla limitazione del determinismo: in condizioni favorevoli, gli Studiosi di questo tipo scoprono leggi o norme per la predizione del futuro e la retrovisione di determinati comportamenti dei sistemi fisici ad un accettabile livello di accuratezza, mentre nei casi meno favorevoli scoprono leggi che richiedono solamente un modesto apporto di informazioni e di tempo, in relazione alla durata della vita umana, per offrire utili ed interessanti applicazioni alla predizione ed alla retrodizione. Tali leggi rivelano la loro utilità soprattutto quando sono di natura matematica.

77. Una volta A. N. Whitehead disse:
Non arriverò a dire che scrivere la storia del pensiero umano mettendo in secondo piano l'evoluzione del pensiero scientifico nelle epoche successive sia come eliminare il ruolo di Amleto nell'opera shakespeariana che porta il suo nome: sarebbe una esagerazione. Tuttavia è un'esagerazione analoga anche tagliar via il ruolo di Ofelia, ed in questo caso abbiamo una similitudine esatta: anche Ofelia - infatti - ha un ruolo veramente essenziale nello svolgersi della vicenda, anche se - per quanto bellissima - sia un po' matta. [nota 81]

78. Si può ipotizzare che lo sviluppo del pensiero matematico oltre il semplice far di conto sia iniziato - a per lo meno abbia accelerato il proprio corso - proprio allo scopo di calcolare le varianti del movimento degli astri: gli archeo-astronomi hanno scoperto e continuano a scoprire un numero sempre in aumento di dimostrazioni del fatto che molti popoli antichi di ogni parte del mondo - dalla Scozia al sud del deserto del Sahara e dal Messico preispanico all'Egitto dei faraoni - avevano una conoscenza straordinariamente accurata dei fenomeni celesti, che per alcuni rappresentavano l'espressione matematica della Natura [nota 82].

79. Lo sviluppo della Matematica procede dunque mano-nella-mano con lo sviluppo dell'Astronomia. Diversamente dal modo in cui si comportano gli imprevedibili e capricciosi dei della Natura, gli astri sorgono in analogia al sorgere delle epoche, dei tempi e delle stagioni, il che non è altro che un modo in cui la divinità manifesta se stessa nel fluire del tempo, nella scansione cronologica dei movimenti ben precisi ed apparentemente invariabili del Sole, della Luna, dei pianeti e delle stelle.
Queste considerazioni fanno parte dei fondamenti della concezione platonica e di quanti si sono a lui rifatti: Platone infatti (vissuto ad Atene tra il 428 ed il 347 a.C.) si prefigge lo scopo di insegnare a raggiungere la saggezza, e a questo scopo abbraccia una grande quantità di argomenti sia teorici che pratici, occupandosi di arte e di artigianato, di medicina, reincarnazione e discipline militari, ma affermando specificamente che nulla di ciò porta alla saggezza.
Platone si chiede quale singola disciplina della conoscenza contenga veramente la saggezza, quella che - se venisse rubata alla stirpe umana o se non fosse mai comparsa - avrebbe reso gli uomini simili a creature insensate e folli, e la risposta è la Matematica, cioè la conoscenza del numero.
Inoltre Platone sostiene che la nostra conoscenza della Matematica ci viene da Ouranos, il dio dei cieli: che porti il nome Ouranos o quello di Cosmos o qualsiasi altro nome si preferisca, costui è l'origine di tutti gli altri dei e di qualsiasi altra cosa, dalle stagioni al cibo che consumiamo. Grazie all'ininterrotta sequenza di tutti i numeri - sostiene Platone - Ouranos ci offre la comprensione del Tutto, e questo è il più grande dono possibile: se gli uomini se ne rendessero conto e lo accettassero, eleverebbero il livello del loro intelletto fino alla comprensione dei Cieli [nota 83].

80. Simili riflessioni si trovano nel dialogo platonico intitolato Timeo:
Secondo il mio ragionamento, la vista è diventata causa del più grande vantaggio per noi, perché nessuno dei discorsi che ora abbiamo pronunciato intorno all'universo sarebbe mai stato detto se non avessimo visto gli astri, il sole e il cielo. Ora le osservazioni del giorno e della notte, dei mesi e dei periodi degli anni, degli equinozi e dei solstizi hanno portato all'invenzione del numero, ed hanno fornito la riflessione sul tempo e la ricerca sulla natura dell'universo: da queste cose abbiamo ottenuto la nascita della Filosofia, di cui nessun bene più grande giunse, né giungerà mai alla stirpe mortale come dono degli dei. [nota 84]
Evidentemente Platone considerava che la Filosofia comprendesse molto di quel che oggi sarebbe considerato appartenente alle Scienze ed alla Matematica.

81. A proposito del Demiurgo - il Creatore - nel mito cosmologico del Timeo Platone sostiene che egli pensò allora di realizzare un'immagine mobile dell'eternità e - nel medesimo tempo ordinando il cielo - fa dell'eternità che rimane nell'unità un'immagine eterna che procede secondo il numero, e che noi abbiamo chiamato Tempo. [nota 85]
La definizione nel medesimo tempo potrebbe generare malintesi: Benjamin Jowett interpreta il testo in questo modo:
egli pensò allora di realizzare un'immagine mobile dell'eternità e - dopo aver creato l'ordine nei cieli - rese il loro assetto eterno e tale da muoversi in eternità secondo il numero, in modo che l'eternità stessa si esprima attraverso l'unita; immagine, questa, che noi chiamiamo Tempo. [nota 86]
Poco più sotto Platone scrive ancora:
Il Tempo è stato creato insieme ai Cieli, in modo tale che - così come ad entrambi è stato dato l'avvio insieme - entrambi si dissolveranno insieme, se mai dovesse giungere il momento della loro dissoluzione." [nota 87]

82. Tuttavia la conoscenza del tempo porta con sé inevitabilmente la percezione della vecchiaia e della morte: ciò comporta la necessità di escogitare contromisure, quali ad esempio quella di un paradiso perduto in un remoto passato, o di un inferno e un paradiso in cui andare dopo la morte, o comunque di una fine del Tempo, ed ancora i tentativi di preservare il presente - malgrado tutti i suoi difetti - o la possibilità di immaginare di mutarlo in un mondo ideale, o ancora l'idea che possa essere sostituito da un mondo migliore o peggiore.
Gli antichi Iraniani - ad esempio - elaborarono una religione, lo Zoroastrismo, in cui si sosteneva che il mondo fosse stato creato in un anno e che qualsiasi anno successivo al primo non fosse altro che una ripetizione della creazione; pensarono anche che vi fosse una continua guerra tra le forze del bene e quelle del male, sotto forma della lotta tra gli dei Ahura Mazda (in seguito chiamato Ormazd) ed Ahriman, che si sarebbe conclusa alla fine dei tempi con la vittoria del bene.
poiché ciascun anno era una replica dell'anno della creazione, il tempo degli Iraniani era periodico, cioè ripetitivo.: il mondo tornava ininterrottamente da capo, e tutto riportava ad un nuovo periodico inizio; ma poiché la guerra tra il bene ed il male si sarebbe comunque conclusa bene, è evidente che il tempo degli Iraniani aveva comunque lo scopo di perseguire il conseguimento di tale bene, in un'ottica sostanzialmente ottimista.

83. Pare allora evidente che il modo di immaginare il Tempo sia sempre stato intimamente connesso alle idee dei movimenti celesti ed alla prospettiva deterministica.
Nel mondo antico, i modi di concepire il Tempo erano molti: gli antichi Ebrei tendevano a concentrarsi nell'aspettativa di un futuro che avrebbe portato loro nuove cose, il che porta ad implicare un tempo lineare, e non un tempo circolare o ciclico del tipo che prevede la ripetitività periodica degli stessi eventi e cicli che si sovrappongono simili uno dopo l'altro.
Il profeta Isaia scrive nella Bibbia:
Non perdere tempo a ricordare le cose passate, e non considerare quel che è già accaduto. Guarda: sto facendo cose nuove [nota 88]. E più sotto: Il Sole non sarà più quel che illumina il tuo giorno, e la Luna non potrà più con la sua lucentezza illuminarti la notte; la tua luce eterna sarà il Signore, e la tua gloria sarà il tuo Dio. Il tuo Sole allora non tramonterà mai più, e la tua Luna non si eclisserà mai; perché la tua luce eterna sarà il Signore, ed i tuoi giorni di sofferenza saranno finiti. Il tuo popolo sarà sempre nel giusto; avrà la propria terra per sempre, la terra sotto i miei piedi, il lavoro delle mie mani, che potrà portarmi alla glorificazione.
Più ritarda un popolo ad unirsi in gruppo e più debole è la sua terra; ma Io sono il Signore; In questo tempo Io renderò il processo di unione più veloce. [nota 89]
Allora - continua la profezia - cesseranno i periodici e ripetitivi movimenti degli astri, ed il Tempo scorrerà solamente in avanti, o cesserà del tutto, e mentre progrediremo nel tempo la storia si avvicinerà alla sua conclusione, senza ricominciare da capo.

84. Questo modo di rivolgersi al futuro espresso dai profeti ebrei è abbastanza diverso dalla predizione astrologica come si intendeva in Babilonia e nelle culture coeve. In Astronomia il futuro si può calcolare, o può comunque essere ricostruito grazie al calcolo, dato che si può prevedere quando accadrà l'equinozio o una eclisse o il tramonto del Sole o l'alta marea; ed anche in Astrologia le predizioni si basano su calcoli astronomici; ma nella profezia biblica il futuro viene visto, proclamato e creduto.
Inoltre sembra evidente che i profeti abbiano in mente una concezione lineare del tempo, e l'uso convenzionale di un tempo lineare piuttosto che di un tempo circolare porta certamente a guardare ad un avanti non ripetitivo del passato, ma induce anche a guardare all'indietro, allo scopo di comprendere quando tale tempo lineare sia iniziato.
Alcuni antichi saggi ebrei pensavano che il mondo fosse iniziato - traduco la data nel calendario cristiano - il 7 ottobre 3761 a.C. e l'attuale calendario ufficiale israeliano è stato costruito sulla base di tale data.
Molti attuali Cosmologi scientifici pongono la data di inizio del mondo (il cosiddetto big bang) molto prima:c'è chi pensa ad almeno 15 miliardi di anni or sono e chi pensa a soli 5 miliardi di anni, e questo periodo - il più breve o il più lungo - sarebbe scandito da diverse tappe evolutive; ma il principio è il medesimo.

85. In Grecia si parlava di un Eden lontano nel tempo, e gli antichi Greci lo immaginavano in un'isola del beato Aldilà nei mari occidentali, ed ipotizzavano l'esistenza di popoli iperborei viventi nelle estreme regioni oltre i ghiacci del Nord, ove il sole brilla perennemente e si vive nell'eterna primavera: la tendenza greca era quella di allontanare la localizzazione delle proprie concezioni il più possibile nello spazio ed allontanarle al massimo dal presente nel tempo, il che sembrava garantire un'eterna armonia ed un imperturbabile ordine.
Rudolf Wendorff sostiene che - quando si trattava di pensare a come avvengono le cose ed a come si possano superare i problemi del presente - i filosofi greci generalmente dipendevano da una (o più di una) delle seguenti premesse:
ponevano tutto in un qualche Altrove, o non davano alcuna importanza al problema del tempo
opponevano al concetto del divenire temporale un'esistenza al di fuori del tempo, in modo tale da rendere il Tempo un problema secondario e comunque non fondamentale
tentavano di tenere sotto controllo qualsiasi cambiamento inquadrandolo all'interno di leggi immutabili e di principi che non lasciavano spazio alcuno all'indeterminatezza ed alla casualità
immaginarono di addomesticare il tempo, fissandolo in un punto e concentrandolo in una ripetizione ciclica di processi che esprimono il suo scorrere ed il suo movimento, ma precludono la possibilità di varcarne i limiti prestabiliti, come richiede una concezione del tempo lineare che si spinge all'infinito, nel quale gli eventi sono sempre inattesi e nuovi e sono frutto dell'imprevedibilità [nota 90].
86. Per Parmenide (vissuto agli inizi del 500 a.C.) il Tempo è un'illusione: solamente nei miti - scrive infatti - si trova notizia dell'origine dell'Universo e la generazione di tutte le cose dal punto di vista del Tempo. Ma la vera questione relativa a tale origine è completamente priva di interesse per la Ragione (il logos): essendo infatti innata l'essenza di cui è composta la Ragione, ed essendo anche immutevole, immodificabile ed eterna, non essendo mai nata e non essendo mai insidiata dalla morte, essa vive in un tempo sempre presente, unico ed indivisibile.

87. Mi sono proposto di avere verso l'Astrologia un approccio equilibrato: Patrick Curry sostiene che fino ad epoche recenti l'Astrologia è stata abitualmente considerata un'inseparabile miscela di quel che oggi si comprende sotto il nome di Scienza e di Matematica, da una parte, e di magia dall'altra. Quanto detto fino ad ora mostra come sia difficile emarginarla dalla storia delle origini del pensiero scientifico; ma non è semplice creare distinzioni neanche in un secondo momento (e lo stesso discorso si applica all'Alchimia), per quanto ciò suoni irritante per la maggior parte degli storici della scienza.
È indubbio che tale irritazione affondi le sue radici in un atteggiamento di acritica lealtà nei confronti della Scienza moderna: per dirla in un altro modo - infatti - gli sforzi della Scienza moderna di prendere le distanze da tutto quel che sa di magico porta molti storici della Scienza a mancare di onestà intellettuale nei confronti del passato - inclinazione aggravata dal fatto che l'Astrologia sia ancora una disciplina viva e vegeta pur non essendo sostenuta da alcun supporto scientifico in senso moderno.
Ciò si manifesta con chiarezza quando si affronta una seria ricerca bibliografica a partire dal decano degli Storici della Scienza - George Sarton - che non riesce ad occuparsi dell'Astrologia (neanche in relazione al più antico pensiero scientifico greco) senza deformarla in una volgare caricatura, mescolando alle osservazioni storiche le sue opinioni sugli attuali Astrologi.
Per questa mancanza di onestà intellettuale, Sarton è stato criticato da Otto Neugebauer in un breve ma intenso saggio dal titolo The Study of Wretched Subjects (cioè Studio degli argomenti disgraziati), opponendo a tale distruttività il fondamento etico del lavoro dello Storico: la ricerca, l'analisi e lo studio dei testi originali, a prescindere dai propri gusti personali e dai propri pregiudizi. [nota 91]

88. La scoperta fondamentale dei Sacerdoti Astrologi di Babilonia - come sostiene David Amand - è stata quella dell'immutabile costanza dei movimenti astrali, la periodicità dei quali consente all'Umanità di prevedere il ritorno o il ripetersi dei fenomeni astronomici in un determinato spazio in un tempo determinato.
Mano a mano che aumentava la specificità e la quantità delle loro osservazioni, tali Sacerdoti giunsero automaticamente al principio della Necessità, che è stata concepita sia come il risultato della volontà degli dei sia come quello di un Qualcosa ad essi superiore.
In Caldea - poi - questa concezione si è trasformata in un Fatalismo riconducibile al movimento regolare del Sole, della Luna e degli altri astri di volta in volta giudicati buoni o cattivi. Tuttavia tale determinismo non è mai stato spinto alle sue estreme conseguenze logiche: i Sacerdoti credevano infatti nell'arbitrario intervento del volere divino nell'ordine della Natura. Predicevano il futuro dagli astri, ma sostenevano che grazie alla purificazione, ai sacrifici ed agli incantesimi si poteva riuscire a limitare il male e ad ottenere gli aspetti benefici annunciati con chiarezza.
In età alessandrina, molte scuole sacerdotali di Astrologi - con grande probabilità simpatizzanti se non proprio appartenenti allo Stoicismo - si dedicarono allo studio di una dottrina più rigorosa, e la Fatalità divenne il supremo sovrano dell'Universo, tale da estendere il proprio potere perfino sopra gli dei, il che sottintende il principio che l'Universo vivente - servendosi degli astri come intermediari - produce tutti i fenomeni fisici, intellettuali e morali dai quali dipende l'Umanità. [nota 92]

89. Dunque quel che nacque all'inizio era una specie di religione scientifica composta da Astronomia, Astrologia ed Astrolatria, o - come si direbbe in tedesco - Sternkunde, Sterndeutung, Sternglaube, che etimologicamente indica le informazioni tratte dagli astri (o - più poeticamente - le scoperte nate dagli astri), la spiegazione delle qualità degli astri e la fede negli astri medesimi.
Uso il termine Astrolatria per comprendere la religione basata sugli astri ed ogni tipo di adorazione degli astri immaginati come dei e dee di grande potenza o angeli o anime dei defunti o cose del genere. Con il nome di Astrologia - legato alla predizione tratta dall'osservazione degli astri - indico spesso, sulla base del contesto, qualcosa di diverso, e più vicino al significato che a tale termine si dà oggi [nota 93].
In particolare, nei capitoli seguenti, quando uso il termine Astrologia senza ulteriori chiarimenti, intendo riferirmi a qualcosa di più ampio della semplice Astrologia oroscopica, detta anche Astrologia giudiziaria in quanto viene usata per esprimere giudizi sulla base dei movimenti degli astri;, tuttavia bisognerebbe tener sempre presente che l'Astrologia non è un corpus di nozioni fisse ed ininterrottamente conservate senza mutamenti: le sue tecniche e le sue concezioni del mondo si sono modificate nel tempo, alcune volte in senso evolutivo ed altre in senso involutivo, e così pure il suo scopo principale, per quanto sia sempre rimasto attinente alla definizione delle relazioni tra l'Umanità ed i Cieli ed alla scoperta delle leggi che regolano entrambi.
Durante la sua lunga storia, l'Astrologia - nel senso più ampio del termine - ha assunto numerose forme ed è stata partecipe di molte differenti culture [nota 94].

90. Astrologi ed Astronomi sono stati per lungo tempo una via di mezzo tra i consiglieri del futuro ed i difensori di un più o meno rigido determinsmo. In qualità di studioso del mondo classico (che poi era la professione con la quale sostentava la propria esistenza), il poeta A. E. Housman pubblicò l'opera dal titolo Astronomica, un lungo poema sull'Astrologia scritto nel I secolo d.C. da Manilio, un rigoroso determinista o fatalista che credeva che noi fossimo governati dagli astri.
Housman una volta ebbe a dire che la sua analisi dell'opera di Manilio sarebbe stata ricordata ancora molto dopo la totale caduta nel dimenticatoio delle sue opere personali: per quanto Housman concepisse una specie di determinismo, una parte della sua mente rimase libera ed in grado di esprimere giudizi, come leggiamo in questa sua poesia:
Le leggi di Dio, le leggi dell'uomo,
Egli le gestisce secondo il proprio volere e può farlo
non io: che Dio e che l'uomo creino
ciascuno le proprie leggi, ma non per me;
e se i miei comportamenti non vanno loro a genio
che ognuno si curi dei fatti propri.
Io giudico e condanno severamente i loro atti
ma quando mai potrò fare leggi per governarli?
Pensate per voi - dico io - ed entrambi
devono solo volgere lo sguardo dall'altra parte.
Ma no, non lo faranno; devono ancora
piegare alla loro volontà i circostanti,
e guidare le danze come pare a loro
a suon di prigioni, di forche e di fuochi dell'inferno.
e come potrei io affrontare il dislivello
tra la volontà dell'Uomo e quella di Dio?
Io sono un viandante impaurito
in un mondo che non è stato creato da me.
E loro vogliono essere i padroni, a torto o a ragione:
e anche se entrambi sono pazzi, sono entrambi potenti.
Perciò - anima mia - noi non possiamo volare
né fino a Saturno né fino a Mercurio,
Possiamo solo sopportare fino a quando ce la facciamo
queste leggi aliene di Dio e dell'Uomo.
[nota 95]
91. Per molti anni l'Astrologia e le religioni basate sugli astri - come pure altre discipline quali l'Alchimia e la Teologia - furono inseparabilmente intrecciate all'Astronomia: questo è il motivo principale per il quale - in questo contesto - sto parlando di Astrologia e dell'adorazione degli astri con lo stesso impegno con cui mi occupo di Astronomia e di Matematica. Un sacco di gente - ovviamente - pensa che studiare la storia dell'Astrologia sia una vera e propria perdita di tempo, ma io sono d'accordo con Patrick Curry che - nel suo studio sull'Astrologia del XVII e XVIII secolo in Inghilterra - rifiuta l'atteggiamento di chi pensa che quella dell'Astrologia sia nulla più che la storia di un fallimento [nota 96].
A mio modo di vedere, distorciamo la Storia se separiamo l'adorazione delle stelle e l'Astrologia dal contesto della Storia dell'Astronomia così come viene oggi studiata.

92. A me non interessa affatto stabilire la verità, la falsità o la probabilità dei principi su cui si basa l'Astrologia: chi nutre interessi in questa direzione può leggere le opere dello psicologo Michel Gauquelin, che per oltre trent'anni ha condotto una serie di studi statistici su migliaia di date di nascita, nel tentativo di dimostrare se realmente esista una sostanziale correlazione tra la posizione dei pianeti nel cielo di nascita e le caratteristiche tradizionalmente attribuite a tali posizioni nei soggetti ai quali i temi appartengono, oltre alla specifica professione a cui si sono dedicati, sempre in riferimento al loro tema di nascita [nota 97].
Nel corso dei suoi esami, Gauquelin ha manifestato considerevoli dubbi relativi all'efficacia delle tradizionali pratiche astrologiche, ed alcuni ritengono che egli abbia definitivamente distrutto le pretese degli Astrologi oroscopici sul fatto che si possa sostenere la loro disciplina su una solida base statistica. Tuttavia Gauquelin ha dichiarato anche di aver trovato prove considerevoli dell'influsso degli astri nel carattere dei soggetti studiati, soprattutto per quel che concerne il loro successo professionale.

93. Per quanto ne so, non è stata ancora data alcuna spiegazione valida dell'effetto apparentemente riconosciuto da Gauquelin, per quanto siano stati fatti molti tentativi anche da Gauquelin stesso; per esempio Percy Seymour - un Astronomo (e non certo - dunque - un Astrologo in senso moderno del termine!) - nel 1988 ha descritto il modo in cui i pianeti intervengono sulla direzione del campo magnetico solare in prossimità dei poli, ed il modo in cui le congiunzioni, le opposizioni e le quadrature dei pianeti interagiscono con le manifestazioni delle violente tempeste solari, ed anche il modo in cui l'attività solare si colleghi all'attività geomagnetica, all'irradiazione nell'emisfero boreale ed in quello australe, al tempo atmosferico terrestre a breve termine ed alle variazioni del clima sulla Terra a lungo termine. Da qui, Seymour procede formulando un'ipotesi abbastanza abbozzata (a mio parere) e assai poco fondata, secondo la quale è possibile identificare nelle fluttuazioni postnatali del campo geomagnetico . grazie ad un suo proprio linguaggio-macchina [come nei computers] - alcune delle programmazioni prenatali che agiscono sul cervello del feto durante il suo sviluppo, e dunque in determinate circostanze influenzano il suo comportamento in seguito. [nota 98]

94. D'altro canto, Gauquelin stesso scrive:
L'Astrologia è rimasta sempre enigmatica e - se mi rivolgessero la domanda secca ma insomma, ci si dovrebbe credere o no?, io posso solo rispondere che a mia opinione è nel torto tanto chi le si oppone furiosamente quanto chi le crede incondizionatamente. [...]
Le mie idee sull'influenza degli astri hanno subito ininterrotti cambiamenti, e portandomi ad ondeggiare come un pendolo tra l'accettazione ed il rifiuto. Per quanto io abbia approfondito il mio argomento, per quanto sia determinato a difenderlo e sia orgoglioso delle mie scoperte, continuo ad essere tormentato da due chiodi fissi ai quali non so trovare risposta: il primo è la paura di essermi sbagliato nel sostenere che l'influenza degli astri è reale; il secondo è l'angosciante pensiero di tutto quel che non sono stato capace di capire e di spiegare. [nota 99]

95. Gérard Simon - nel suo studio sull'importanza dell'Astrologia nell'opera del grande astronomo Keplero - si è occupato, tra gli altri argomenti, di sottolineare le diverse concezioni del pensiero kepleriano. A tale scopo scrive:
Si parte dall'idea che - prima di studiare il modo in cui un uomo di un particolare periodo storico elabora concettualmente i fatti a sua disposizione in modo da approfondirli - è una buona idea interrogarci sulle norme a cui il soggetto si è piegato alla concettualizzazione in generale, e poi fare un'analisi di quel che si pensava di lui prima ancora di analizzare quel che lui pensava dell'argomento. [nota 100]
Avremmo dunque molto da riflettere su quel che pensavano i nostri predecessori e sulle loro sensazioni, per quanto inconcepibili o inaccettabili per noi, o magari rimosse, e come molto potrebbe essere conservato o rivisitato, o almeno ricordato.

96. Dunque il termine Astrologia può essere inteso in senso ampio o in senso ristretto: in questo secondo caso ha a che fare con la predizione del carattere, del destino e degli eventi sulla base di segni zodiacali, case, pianeti, aspetti planetari e cose del genere.
In senso più ampio, l'Astrologia è lo studio e la conoscenza di alcune influenze degli astri sulle vicende umane, sulla base della quale si possono fare alcune previsioni: questa possibilità potrebbe comprendere le influenze gravitazionali della Luna sulla Terra, sulla base delle quali si possono predire (ad esempio) le maree, che anch'esse influiscono in svariate maniere sulle vicende umane.
Forse questa è una definizione troppo ampia dell'Astrologia, ma in quale punto dovremmo tracciare la linea di confine? Senza dubbio le stelle ed i pianeti esercitano una certa influenza su di noi, per quanto possiamo non rendercene conto. Inoltre, anche a prescindere dalle interazioni fisiche, l'ordinato movimento degli astri è stato utile all'umanità - da un'epoca all'altra - come modello a sacerdoti, politici, filosofi, poeti ed una grande quantità di altri, intellettuali e non. Chi può isolare con certezza ove si esaurisca l'influsso di tutta la messe di pensieri prodotta a partire dall'osservazione degli astri?

97. Alcuni hanno sottolineato il fatto che quel che dell'Astrologia non appartiene all'Astronomia di fatto appartiene alla Psicologia. Una tale posizione concorda con il pensiero dello psicologo (o psicoanalista) Carl Gustav Jung, che ha iniziato una ricerca intesa a spiegare le connessioni astrologiche al carattere umano almeno in linea di massima e che guardava con interesse ai successi - per quanto casuali - dell'Astrologia oroscopica [nota 101].
Se dunque oggi i Cosmologi scientifici concordano nel sostenere che l'umanità si è evoluta rispetto agli astri, i nostri modi di pensare e le nostre strutture cerebrali possono comunque corrispondere a qualcosa che ha a che fare con gli astri, al concepimento o alla nascita, o anche in seguito, secondo modalità e cause che non siamo ancora in grado di comprendere e che non abbiamo ancora scoperto.
Per altro, anche l'Astrologia può evolversi verso una disciplina più esatta basandosi non soltanto sugli oroscopi, ma anche - a fianco di questi - su svariate corrispondenze dell'attività degli astri con la vita sulla Terra. O forse questo non accadrà mai.

98. Jacques Halbronn ha suggerito l'idea che gli Astronomi non hanno alcuna qualifica - malgrado la loro professione - per pronunciarsi sul valore dell'Astrologia: se l'umanità ha a che fare con le stelle - egli sostiene - ciò non implica affatto che le stelle abbiano a che fare con l'Umanità, dal momento che è l'uomo che si interessa a loro. [...]
In realtà si tratta di una questione neurofisiologica assai più che una questione cosmologica o astrofisica.
Il punto non sta affatto nel chiedersi che cosa emettano gli astri, ma piuttosto nel chiedersi che cosa l'Umanità trae ispirandosi loro.
Halbronn continua spiegando che l'ipotesi che gli astri esercitino un influsso fisico sugli esseri umani - come hanno ipotizzato alcuni Astrologi - non è altro che una biasimevole aberrazione, che da tempo si è rivelata priva di qualsiasi sostegno reale.
In alcune religioni antiche venivano adorati i tori: dovremmo allora chiedere ad uno Zoologo o ad un Agronomo se questa forma di culto contiene qualcosa di razionale, o se fa parte della natura dei tori l'essere adorati? Ma se questo vi sembra ridicolo, allora perché si dovrebbe chiedere ad un Astronomo se c'è qualcosa di razionale nel culto delle stelle, o se nella natura del pianeta di nome Giove esiste una qualche componente che giustifichi - al di fuori dell'analogia - il ruolo che rappresenta o ha rappresentato in Astrologia? Fa forse parte della natura del tabacco la qualità di essere un'abitudine per milioni di persone? [nota 102]

99. Per quanto il distacco tra Astrologia ed Astronomia - cioè dalle discipline oggi conosciute con tali nomi - possa oggi essere una realtà di fatto, resta parimenti il fatto che le due discipline sono state inscindibili l'una dall'altra nella mente di milioni di persone per moltissimi secoli, fino a quando - tre o quattrocento anni fa - è iniziato il processo che ha condotto alla loro separazione. Tale interrelazione ha lasciato tracce tanto sull'Astronomia quanto sull'Astrologia.
Per esempio gli Astrologi odierni spesso concentrano la loro attenzione sulle nuove scoperte planetarie, e stanno introducendo nella pratica astrologica anche gli asteroidi. Altri invece - più conservatori - sostengono che a scopo astrologico servano solo il Sole, la Luna ed i pianeti, e talvolta ci si limita all'osservazione dei soli cinque pianeti noti agli Antichi, nella convinzione che i pianeti di recente scoperta (compresi Plutone, Nettuno ed Urano) siano irrilevanti. Gli Astrologi che seguono questa branca dell'Astrologia si servono solamente dell'Astronomia antica.

100. D'altro canto, gli Astronomi ritengono spesso che sia loro dovere tentare di dimostrare che non vi sia nulla di accettabile nelle concezioni astrologiche: il che dimostra che molti Astronomi di oggi hanno ancora in mente un modo di gestire la loro disciplina che in realtà appartiene alla concettualizzazione astrologica. Più in generale, anche se gli Astronomi si dimostrano solitamente entusiasti delle meraviglie del cielo e della terra e del modo in cui tali meraviglie vengono spiegate dalle loro teorie e dimostrate dalle loro osservazioni, in realtà sono costretti dalla loro stessa professionalità ad esprimere la loro meraviglia ed il loro entusiasmo in modo non religiosi, cioè non astrologici, per quanto molti Astronomi abbiano scritto saggi o libri interi legando o sciogliendo la loro disciplina dalla loro percezione religiosa, ma ciò non è considerato in alcun modo attinente ai loro studi astronomici, e tutt'al più si pensa che sia un'opzione aggiuntiva, degna di attenzione solo ed esclusivamente per quel che è strettamente riconducibile alla loro professione.


Note

[ 1 ] - Aristotele (384-322 a.C.), De caelo (On the Heavens), 269b12-16, 270b1-23, tradotto in Inglese da J. L. Stocks.
In greco classico, translitterato in caratteri latini (più o meno), aei thein significa andare per sempre.
D'altro canto, il termine aither (spesso translitterato nella forma aether per svariati motivi) significa l'aria più elevata o il cielo, ul che consente di ipotizzare che il termine aither derivi dal movimento che l'aria più elevata o il cielo hanno eternamente come caratteristica, a differenza dagli strati meno alti di aria - che i Greci chiamavano con il termine aer (e = eta, non epsilon).
Si rimane colpiti dalla somiglianza del verbo con cui si indica il movimento theo (o = omega, non omicron), che significa io corro con il termine theos (o = omicron, non omega), che significa divinità, ma si potrebbe anche trattare di una similitudine casuale.
Per altro, Cicerone - nel suo De natura deorum - sostiene che Zenone dichiara che l'aether è divino - sempre che vi sia qualche significato in una divinità che non prova sensazioni, una specie di dio che non si presenta mai alla nostra vista quando gli rivolgiamo suppliche e preghiere e gli dedichiamo le nostre offerte.
Qui Cicerone parla dello stoico Zenone di Cizio, non di Zenone di Elea, quello dei paradossi.

Platone - nel Timeo - sostiene che l'aither è il quinto elemento, e se ne dichiara convinto in virtù dell'analogia tra i cinque elementi ed i cinque solidi regolari, come in seguito - molto tempo dopo - ne era convinto anche Johannes Keplero.
Come è dimostrato dagli elementi di Euclide, esistono cinque - e solo cinque - solidi regolari, ossia il tetraedro, il cubo, l'ottaedro, il dodecaedro e l'icosaedro.

[ 2 ] - Impossibile non sottolineare una potenziale contraddizione nel fatto che Aristotele sostiene che le stelle sono come gli dei, ma non dice esplicitamente che le stelle sono dei, il che significa che qui considera le stelle divine in quanto partecipi di una qualche caratteristica che appartiene agli dei, oppure tali da essere strumenti permanenti della volontà divina, o in qualche altro modo legate alla divinità

[ 3 ] - Aristotele ha scritto anche un'opera il cui titolo suona in greco Peri geneseos kai phthoras, conosciuto anche con l'equivalente latino De generatione et corruptione, che corrisponde a Sulla generazione e la decomposizione

[ 4 ] - Nei tempi antichi, si considerava che il termine pianeta fosse appropriato anche per il nostro Sole e la nostra Luna, tanto quanto a quelli che oggi definiamo pianeti nel significato moderno del termine. e che allora erano visibili ad occhio nudo, vale a dire Mercurio, Venere, Marte, JGiove e Saturno.
Il termine pianeta affonda le proprie radici nel verbo greco planasthai, cioè vagabondare, dal momento che quelle cinque creature celesti, insieme al nostro sole ed alla nostra luna, si muovevano vagabondando ininterrottamente nei cieli con grande regolarità, fra le stelle (che allora non comprendevano il nostro sole).

[ 5 ] - risalente alla preistoria o all'inizio della redazione scritta della memoria storica, o per lo meno ai primi fra coloro che erano considerati storici e lo sono ancora oggi considerati, o forse altri compilatori di memorie.

[ 6 ] - Zaharie Mayani, The Etruscans Begin to Speak, traduzione in Inglese di Patrick Evans, 1962, di Les Étrusques commençent à parler, 1961, p. 222-224.

[ 7 ] - Il tempio di Angkor Wat - attualmente in territorio cambogiano - è stato costruito nel XII secolo.
N.d.T. - Descrizione - Fra gli importanti monumenti del sito di Angkor certamente quello meglio conservato è Angkor Wat (città monastero), che è anche quello artisticamente più impressionante.
Costruito in 37 anni da migliaia di artigiani, lavoratori e schiavi (si dice che fossero più di 50.000) il tempio era dedicato al dio Visnù, ma alla caduta dell'impero nel XV secolo divenne un tempio buddista. La costruzione ha un muro perimetrale di circa 800 metri, sul quale ininterrotte sculture in bassorilievo narrano i miti di Visnù, Krishna e Rama, e scene dell'armata Khmer: in particolare vi è descritto il mito della creazione Indù conosciuto come "lo scuotimento del Mare di Latte" ; in questa leggenda Visnù (nel quale è identificato il re Suryavarman II che fece costruire Angkor Wat, come propria glorificazione ed apoteosi), assieme a Dei e Demoni, con un serpente agita il flusso seminale dal quale sgorga l'Ambrosia dell'immortalità, simboleggiata da un volo di 1700 leggiadre "apsaras", ballerine nate dalla schiuma ribollente.
Angkor Wat fu terminato nel 1150; consta di 5 torri centrali che rappresentano i picchi del monte Meru, l'Olimpo delle divinità indù e centro dell'universo, mentre il muro di cinta è il limite della Terra, ed il fossato sono gli Oceani.
Il complesso è costituito da una cinta muraria esterna che si raggiunge dalla strada superando su un ponte il bacino che circonda Angkor Wat (già le vedute di questa parte sono molto belle, con effetti di riflessione sull'acqua). Oltre la porta aperta su questa cinta, si apre uno scenario eccezionale; il monumento vero e proprio si vede al termine di un lungo viale, la cui lunghezza stabilisce un appropriato rapporto (circa il doppio) con le dimensioni dell'edificio (enorme) e conferisce al tutto una percezione estetica ottimale. Avanzando lungo il viale le prospettive cambiano rinnovandosi; presso il monumento ci sono due piscine che offrono altri scorci riflessi di grande bellezza. Il mausoleo vero e proprio (a più piani) è circondato da un portico (detto galleria), definito da pilastri verso l'esterno e da un muro continuo verso l'interno, dove sono scolpiti magnifici bassorilievi. Questo portico è lungo circa un chilometro ed è quasi interamente decorato.
[ 8 ] - Suryavarman ordinò la costruzione del tempio di Angkor Wat, dedicandolo a Vishnu che - nella sacra triade indù - oltre ad altri compiti, ha anche quello di proteggere l'Universo.
Gli altri due componenti della sacra triade sono Brahma, il Creatore, e Shiva, il Distruttore.

[ 9 ] - David Chandler, A History of Cambodia, Westview Press (HarperCollins), 2^ edizione aggiornata, 1996, p. 51-52.
Oltre a questo tempio, ovviamente, si possono citare quello celeberrimo di Stonehenge e gli altri circoli di pietra costruiti dalle antiche popolazioni europee; e poi ancora le piramidi egizie, con le loro proporzioni associate a significati astronomici, e moltissimi altri esempi ancora.

[ 10 ] - Ernst Zimmer, Die Geschichte der Sternkunde, von den ersten Anfängen bis zur Gegenwart, 1931, p. 12

[ 11 ] - Seneca, Questiones naturales (datate al 62 d.C. circa.), II.32, tradotto in Inglese da Thomas Corcoran, 1971, v. 1, p. 150-151.

[ 12 ] - A. Delatte, La catoptromancie grecque et ses dérivés, 1932.

[ 13 ] - E. R. Dodds, "Supernormal Phenomena in Classical Antiquity", in The Ancient Concept of Progress, and other Essays on Greek Literature and Belief, 1973, p. 186-188

[ 14 ] - Édouard Dhorme, Les Religions de Babylonie et d'Assyrie, 1949, p. 276-281.

[ 15 ] - Nancy Reagan, con William Novak, My Turn, The Memoirs of Nancy Reagan, 1989, p. 44, 47, 49.

[ 16 ] - Il termine mantis nel significato di veggente ha la stessa radice del termine "mania", ma anche del termine "mèntore".

[ 17 ] - Walter Burkert, Greek Religion, traduzione in Inglese di Griechische Religion der archaischen und klasischen Epoche, 1977 di John Raffan, 1985, p. 111-114.

[ 18 ] - Burkert, l.c.

[ 19 ] - Burkert, l.c.

[ 20 ] - Burkert, l.c., p. 114, 117.

[ 21 ] - Richard Popkin, "Predicting, Prophecying, Divining and Foretelling from Nostradamus to Hume", History of European Ideas, v. 5, 1984, p. 117-135.

[ 22 ] - Frederick Cramer, Astrology in Roman Law and Politics, 1954, p.3.

[ 23 ] - Citato da Theodore Otto Wedel in The Mediaeval Attitude toward Astrology, Particularly in England, 1920, p. 27.

[ 24 ] - Laura Smoller, History, Prophecy, and the Stars, 1995.

[ 25 ] - Lynn Thorndike, A History of Magic and Experimental Science, 1923-1958, v. 2, 1923, p. 158.

[ 26 ] - Wedel, ibid., p. 37.

[ 27 ] - Thorndike, ibid., p. 580.

[ 28 ] - Richard Lemay, Abu Ma'shar and Latin Aristotelianism in the Twelfth Century, The Recovery of Aristotle's Natural Philosophy through Arabic Astrology 1962, p. 300-307.

[ 29 ] - Lemay, ibid., p. 319.

[ 30 ] - Thorndike, ibid., p. 890.

[ 31 ] - Graziella Vescovini, "Peter of Abano and Astrology", in Astrology, Science and Astrology, Historical Essays, 1987, edito da Patrick Curry, p. 23-24

[ 32 ] - Si veda J. D. North, Chaucer's Universe, 1988, p. 234-243.

[ 33 ] - W. e H. G. Gundel, Astrologumena, Die astrologische Literatur in der Antike und ihre Geschichte, 1966, p. 40. .

[ 34 ] - Gundel e Gundel, ibid., p. 51.

[ 35 ] - Otto Neugebauer, A History of Ancient Mathematical Astronomy, 1975, Part Two, p. 613.

[ 36 ] - Cramer, ibid.

[ 37 ] - Cramer, ibid., p. 281-283.

[ 38 ] - S. Sambursky, The Physical World of the Greeks, translated from the Hebrew by Merton Dagut, 1960, p. 132-133, 135.

[ 39 ] - David Hahm, The Origins of Stoic Cosmology, 1977, p. 200.

[ 40 ] - Hahm, ibid., p. 207.

[ 41 ] - Hahm, ibid., p. 142.

[ 42 ] - Hahm, ibid., p. 158, 165.

[ 43 ] - Cf. Max Pohlenz, Die Stoa, Geschichte einer geistigen Bewegung, 1948, v. 1, p. 102.

[ 44 ] - Manilio, Astronomica, fra il 9 ed il 15 d.C.

[ 45 ] - Cf. Jim Tester, A History of Western Astrology, 1987, p. 30, 32, 68-69.

[ 46 ] - H. Rackham, Introduction to edition and translation (1933, 1951) of De natura deorum by Cicero, p. viii-ix. .

[ 47 ] - La prima affermazione implica la falsità dell'affermazione che ne consegue o implica il suo contrario, ma Bouché-Leclercq sostiene che si tratta del cavalo di battaglia degli Stoici, il che è difficile da credere, data la finezza di pensiero di alcuni Stoici.

[ 48 ] - Auguste Bouché-Leclerq, L'Astrologie grecque, 1899, ristampa del 1963, p. 31-32. .

[ 49 ] - I discorsi di Epitteto di Arriano, II.47; tradotto in Inglese da P. E. Matheson, in The Stoic and Epicurean Philosophers, 1940, edito da Whitney Oates, p. 293.

[ 50 ] - Bouché-Leclercq, l.c.

[ 51 ] - Vettio Valente, Anthologiae, citato e tradotto in Inglese da Georg Luck in Arcana Mundi, Magic and the Occult in the Greek and Roman Worlds, 1985, p. 349-350.

[ 52 ] - Tamsyn Barton, Power and Knowledge: Astrology, Physiognomics, and Medicine under the Roman Empire, 1994, p. 37-38.
La citazione di Long è tratta da A. A. Long, "Astrology: arguments pro and contra" in Science and Speculation: Studies in Hellenistic Theory and Practice, ed. J. Barnes et al., 165-92, 1982.

[ 53 ] - Cramer, ibid., p. 58, 80.

[ 54 ] - Barton, ibid., p. 33.

[ 55 ] - Barton, ibid., p. 33-34.

[ 56 ] - Hans Jonas, The Gnostic Religion, 2nd edition, 1963, p. 254.

[ 57 ] - Marco Aurelio, Meditations, VII.47.

[ 58 ] - Cf. Michael A. Williams, Rethinking "Gnosticism: An Argument for Dismantling a Dubious Category, 1996.

[ 59 ] - E. R. Dodds, Pagan and Christian in an Age of Anxiety, Some Aspects of Religious Experience from Marcus Aurelius to Constantine, 1968, p. 18.

[ 60 ] - Acts 8.9, Revised Standard Version.

[ 61 ] - Acts 8.9-24.

[ 62 ] - Jonas, ibid., p. 111, 104.

[ 63 ] - Jonas, ibid., p. 261, 263.

[ 64 ] - Thorndike, A History of Magic and Experimental Medicine, 1923-1958, v. 1, 1923, p. 383-384.

[ 65 ] - Thorndike, ibid., p. 63.

[ 66 ] - Jonas, ibid., Chapter 13.

[ 67 ] - Rackham, ibid., p. viii.

[ 68 ] - Ray Williamson, Living the Sky, 1984, p. 162.

[ 69 ] - Gladys Reichard, Navaho Religion, 1950, p. 79, 183.

[ 70 ] - Williamson, ibid., p. 279, 297.

[ 71 ] - Mircea Eliade, A History of Religious Ideas, 1978; traduzione in Inglese da Willard Trask di Histoire des croyances et des idées religieuses, 1976, v. 1, p. 69, 83.

[ 72 ] - Plinio, Storia Naturale, 77 A.D., II.v.22-24, testo latino edito da H. Rackham, 1938, p. 182, 184, tradotto in Inglese da John Bostock e H. T. Riley, 1855, p. 23-24.
Dalla prefazione di Rackham, p. vii-viii: "L'interesse di Plinio nei confronti della scienza gli costà la vita, a soli 56 anni di età: si trovava al comando di una flotta a Capo Miseno nella baia di Napoli nel 79 d.C. quando avvenne la famosa eruzione del Vesuvuo del 23 e 24 agosto, che distrusse le città di Pompei e di Ercolano.
Plinio - uomo di scienza - si avvicinò ed approdò al porticciolo di Stabia per vedere meglio; e rimase ucciso dai gas velenosi.

[ 73 ] - Michael Grant, From Alexander to Cleopatra, The Hellenistic World, 1982, p. 214-222

[ 74 ] - Grant, ibid

[ 75 ] - Grant, ibid.

[ 76 ] - Pierre Duhem, Le Système du Monde, 1913, v. 2, p. 280-286, 377-386, 390.

[ 77 ] - Cicerone, De divinatione II, 42, 87.

[ 78 ] - Otto Neugebauer, The Exact Sciences in Antiquity, 1957, p. 188.

[ 79 ] - P. M. Fraser, Ptolemaic Alexandria, 1972, v. 1, p. 435, and v. 2, p. 629, della ristampa del 1984.

[ 80 ] - Fraser, ibid.

[ 81 ] - Alfred North Whitehead, Science and the Modern World, 1928, p. 26-27.

[ 82 ] - Si veda anche James Cornell, The First Stargazers, An Introduction to the Origins of Astronomy, 1981.

[ 83 ] - Platone, traduzione in Inglese di Raymond Klibansky in Philebus and Epinomis, 1956, rispampato con il titolo The Collected Dialogues of Plato, 1961, edito da Edith Hamilton e Huntington Cairns, p. 1519-1520.

[ 84 ] - Platone, Timaeus, 47a-b, traduzione in Inglese di Francis Cornford, Plato's Cosmology, 1937, p. 157-158 dell'edizione del 1957)

[ 85 ] - Platone, Timaeus, 37d, tradotto da Francis Cornford in Plato's Cosmology, 1937, p. 98 della ristampa del 1957.

[ 86 ] - p. 1167 di The Collected Dialogues of Plato, edito da Edith Hamilton e Huntington Cairns, 1961.

[ 87 ] - Platone, Timaeus, 38b.

[ 88 ] - Isaia, 43.18, Revised Standard Version.

[ 89 ] - Isaiah 60.19-20.

[ 90 ] - Rudolf Wendorff, Zeit und Kultur, 1980, p. 56.

[ 91 ] - Patrick Curry, Astrology, Science and Society, Historical Essays, 1987, edito da Patrick Curry, p. 2.

[ 92 ] - David Amand, Fatalisme et liberté dans l'antiquité grecque, Recherches sur la survivance de l'argumentation morale antifataliste de Carnéade chez les philosophes grecs et les théologiens chrétiens des quatre premiers siècles, 1945, p. 1-2.

[ 93 ] - Se si tratta di pratiche tese a qualcosa di diverso dall'odentificazione e dal suggerimento degli eventuali rimedi, sarebbe più appropriato parlare di astralismo deterministico che di Astrologia.

[ 94 ] - Cf. Jacques Halbronn, Le Monde Juif et l'Astrologie, Histoire d'un vieux couple, 1979, p. 8.

[ 95 ] - A. E. Housman, The Collected Poems of A. E. Housman, 1939, da Last Poems, 1922, XII.

[ 96 ] - Patrick Curry, Prophecy and Power, Astrology in Early Modern England, 1989, p.3.

[ 97 ] - Si veda - ad esempio - Michel Gauquelin Dreams and Illusions of Astrology, 1979, e Birth-Times, 1983, entrambi tradotti dal Francese; il secondo ha in Inglese il titolo The Truth about Astrology.

[ 98 ] - Percy Seymour, Astrology, the Evidence of Science, 1988, p. 140, 149.

[ 99 ] - Michel Gauquelin, Birth-Times, 1983, p. 180-181.

[ 100 ] - Gérard Simon, Kepler astronome astrologue, 1979, p. 11.

[ 101 ] - Si veda - ad esempio - il saggio "Synchronicity" in Naturerklärung und Psyche di Carl Gustav Jung e Wolfgang Pauli 1952, traduzione inglese a cura di Priscilla Silz, The Interpretation of Nature and the Psyche, 1955.

[ 102 ] - Jacques Halbronn e Serge Hutin, Histoire de l'Astrologie, 1986, p. 145.
 

 
 
 
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