Ineluttabilità del tradimento. Una prospettiva simbolica.
Osservare in maniera simbolica le cose e i fatti della vita consente di renderle più facilmente interpretabili ed elaborabili. Lo spostamento della prospettiva su di un diverso punto di vista da quelli precedentemente assunti e mantenuti permette di attribuire loro un senso dotato di una più ampia portata e pregnanza.
L’elaborazione appartiene alla capacità della Nona Casa zodiacale, e si ricollega a Giove che si espande in quanto ingloba e fa proprio il dato, quel cibo fisico, mentale e spirituale, in cui possiamo anche ascrivere le nostre esperienze di vita attraverso le quali cerchiamo di maturare. Del resto la sua prima posizione in Seconda Casa parla di agi ed espansione di sé nel circostante e di nutrimento immediato di primo livello. La sua posizione in Nona Casa parla di conquista ed espansione di sé nel (e attraverso) il diverso, che spazia dal fisico al mentale, appunto. Non solo l’elaborazione dei fatti della propria vita appare fondamentale per maturare e accedere al livello dell’autonomia affettiva e pratica, preludio alla realizzazione proposta dalla successiva Decima, ma anche possiamo osservare che nell’Ottava Casa, che precede la Nona – Elaborazione, si collocano simbolicamente la perdita, l’abbandono, il tradimento. Che, perciò, dopo averli sperimentati, vanno elaborati. Anzi, proprio l’elaborazione graduale favorirà il padroneggiarne la dialettica, visto che abbandonare e lasciar andare le vecchie certezze, posizioni, schemi mentali e quant’altro è qualcosa che si deve sperimentare continuamente per il fatto stesso di essere vivi (nel fiume del “Tutto scorre” eracliteo, non una sola goccia d’acqua si ripete due volte, e la prospettiva su cui questa consapevolezza ci getta sembra togliere il fiato).
L’uso del simbolo è fondamentale in questo processo, perché il simbolo è portatore di una potenzialità di significati cui si può attingere secondo i modi, i tempi, le possibilità del momento. Inoltre esso rimane valido e pregnante al di là del tempo e dello spazio. Usando il simbolo, possiamo attingere a significati presenti nelle cose che non avevamo visto perché meno palesi, in altri termini attraverso il simbolo e l’elaborazione possiamo accedere al lato ombra delle cose e integrarlo nella nostra visione.
Il mio primo approccio consapevole all’idea del tradimento è stato quando le suore alla scuola materna ed elementare ci hanno raccontato la storia di Gesù tradito da Giuda. Sicuramente avranno raccontato prima quella del peccato originale che implica il tradimento commesso da Eva, ma non ricordo particolari impressioni se non il disagio di appartenere alla categoria dei “Traditori di Dio” e dell’Amore, per ovvia realtà biologica.
Nel fatto di Giuda, il mio pensiero allora era che se, come dicevano le suore, l’amore di Dio aveva avuto la sua apoteosi, nonché massima dimostrazione, attraverso il sacrificio di suo figlio che muore per riconciliare con lui l’umanità (il fatto che avesse creato l’umanità sembrava solo una premessa e non già la dimostrazione in sé di quell’Amore!), allora, per realizzare tutto questo, era necessario che qualcuno sostenesse lo scomodo ruolo del traditore più infame. Questa cosa turbava il mio pensiero di bimba e più tardi anche di ragazzina, quando alcune risposte potevano essere legate al fatto che Dio lascia l’uomo libero di agire secondo coscienza e libertà. Infatti, ciò non toglieva che la manifestazione ritenuta più alta dalla cristianità del suo infinito amore per noi necessitasse di un’azione tanto brutta e indegna e di un uomo che “si sacrificasse” a compierla.
Oggi l’astrologia psicologica mi offre l’opportunità di ragionare sul tradimento, e di dare un senso nuovo ai fatti vissuti nella vita, come ognuno di noi ben sa. Quegli interrogativi e quelle perplessità di bambina sembrano ora incastonarsi molto bene in tutto ciò.
La mia compassione e perplessità per la figura universalmente biasimata del traditore Giuda si stemperano di fronte all’idea, accennata in alcune rappresentazioni cinematografiche (penso al film Jesus Crist Superstar, ad esempio), che in qualche modo ci fosse una sorta di gioco complice dei personaggi coinvolti, e che quello di Giuda, essendo un ruolo così necessario e fondamentale, in fondo, fosse almeno sostenuto e ricompensato dalla comprensione umana del Dio vivente.
Il bisogno strumentale, al fine di manifestare la piena portata dell’amore divino per l’uomo, di un’azione che si sente tanto nefasta ed esecrabile, non può che farci riflettere, a prescindere ovviamente dall’aderire o meno al credo religioso. Non intendo qui approfondire la ricerca del tradimento in altri contesti culturali e religiosi, cosa che certo sarebbe interessante ma che esula dall’oggetto di queste riflessioni.
Accenno soltanto al fatto che già nel Paradiso c’era stato il grande tradimento operato dagli uomini verso Dio, ad opera della donna che cede alle lusinghe del serpente ed istiga l’uomo. Da questa “caduta” si origina poi la storia dell’umanità come la conosciamo. Il mito della caduta l’antropologia lo ritrova in pressoché tutte le culture, ad indicare una comune matrice psichica rappresentativa dell’umana condizione.
Nel Paradiso, l’essere umano sceglie di peccare, di contravvenire all’ordine del Padre, di andare oltre il proibito. Viene fatto di pensare come mai se nel Paradiso c’era una tale completezza e pienezza di felicità (non per niente resta poi il mito del ritorno a questo Eden perduto!) non tanto gli uomini fossero così stupidi da metterlo a rischio, quanto piuttosto sia sorto in loro il bisogno di farlo. Se tutto era così perfetto, perché entra un elemento disturbatore come quello rappresentato dal serpente? E se Dio aveva un potere assoluto, come sarebbe potuto entrare un elemento estraneo? E se Dio aveva creato gli uomini a sua immagine e somiglianza, perché in loro esisteva questa potenzialità che li portò a peccare? Perché lui li aveva dotati di libertà, certo, ma perché se erano liberi allora non potevano voler vedere oltre? Le domande si inanellano.
Forse l’elemento disturbatore non era che la manifestazione di una polarità che doveva portare allo svolgersi del mondo. Infatti, in quella originaria e mitica condizione da Paradiso Terrestre, l’uomo non aveva coscienza di nulla. Era in una unione perfetta col Tutto e col suo Creatore. Non c’era polarità alcuna. Salvo un piccolo seme di essa, che prenderà corpo tramite Eva e la tentazione. Ma evidentemente era così che doveva essere. Era inevitabile, per come ci raccontano le cose. E quindi erano inevitabili e voluti da Dio (quanto meno messi in conto) anche il peccato e il tradimento di Eva verso Adamo e di entrambi, complici, verso di Lui.
Come non rispecchiare in questo l’uccisione simbolica, agita attraverso ben precisi sentimenti, che occorre fare dei propri genitori per uscire dalla condizione di sudditanza e di unità col loro mondo? Cioè dalla condizione di infanzia, di bisogno, di dipendenza da loro. Dove il livello interno ed intimo di distacco è sicuramente il più difficile da raggiungere, richiede molto tempo e un grande sforzo ed è legato, ma non automaticamente, alla autonomia materiale ed economica. Così come la nascita all’inizio è fisica e solo molto tempo dopo psichica, probabilmente anche la condizione di indipendenza dai genitori e dalla famiglia a livello emotivo e psichico spesso si può raggiungere soltanto dopo quella fisica e pratica (con sforzo e dolore, e non è nemmeno scontato che lo si faccia).
Per diventare esseri autonomi ed individuali, l’uccisione simbolica del genitore, come sappiamo dalla psicologia, è necessaria. Potrò affermarmi e sentirmi individuo nella misura in cui accetto di uscire dalla simbiosi della Casa Quarta, in cui io sono il piccolo e i genitori sono i grandi, i pilastri su cui mi poggio, cui faccio continuo ricorso e riferimento, attraverso le loro idee, gli schemi che mi hanno passato, le modalità di risposta che mi hanno dato. Nel bene e nel male. Perché lì mi sento rassicurato e protetto. E, a volte, come sappiamo, anche se ci si sta male, la sicurezza che offre il sentirsi avvolti in un abbraccio, per quanto scomodo, è sempre meglio che essere sbalzati fuori nel nulla. Un nulla che, a seconda di come sarà stata la nostra nascita fisica, di come siamo stati poi accolti ed amati incondizionatamente per come eravamo, quindi nutriti e rassicurati emotivamente, potrà apparire più o meno accattivante e foriero di possibilità interessanti piuttosto che uno spaventoso cadere nel vuoto, un precipitare senza fine che annichilisce.
Comunque sia, per compiere il ciclo e arrivare alla pienezza di sé, bisogna uscire dalla protezione, ottenuta o meno che sia stata, comunque simbolizzata dalla Quarta Casa.
Ma uscire dalla condizione di “bisogno e di debolezza” che contraddistingue lo stato dei piccoli dell’uomo implica un tradimento. Un voltare le spalle. Un rifiutare la visione dei genitori per fare di testa propria e cercare di tirare fuori, appunto, la propria individualità.
Significa lottare per uscire dalla simbiosi originaria, dalla fusione col sistema familiare e i genitori. Significa tradire i valori da loro trasmessi, che siamo stati chiamati a portare avanti per loro, e tradire il patto in virtù del quale abbiamo ottenuto il loro amore.
Tutto ciò è rappresentato dialetticamente dall’asse Seconda - Ottava. Già lì, la dialettica delle due case simbolizza che si sono dovuti affrontare fin da quasi subito delle perdite e degli abbandoni, strutturandone nella psiche il meccanismo. Infatti dalla Seconda, in cui ancora si è nella diade madre – bambino, si passa all’interazione col mondo della Terza, dove l’attenzione per l’esterno si sveglia: è un primo passo verso il mondo. In Quarta si è ancora nel sistema famiglia. In fusione con essa. Ma per accedere veramente all’individualità espressa dalla Quinta Casa, dobbiamo in qualche modo “tradire”, voltare le spalle ed andare oltre i valori della famiglia; dobbiamo cominciare, appunto, ad esprimerci per quello che siamo, ed è solo provando a farlo istintivamente trasgredendo a limiti ed imposizioni esterne che quello che siamo potrà cominciare a venire fuori e ad avere esistenza propria.
Ci sono tanti modi per capire quanto sia difficile a volte voltare le spalle al sistema di valori trasmesso dalla famiglia. A volte i figli vengono letteralmente fagocitati dai genitori, a livello psicologico, e non riescono a sottrarsi al destino designato per loro. Perché, inconsapevolmente, ogni genitore proietta sul figlio le personali istanze di cui non si è reso consapevole, con tutta la loro ampiezza, intensità e contraddizione. In modo tanto più subdolo e sottile, ma non meno violento e prevaricatore, quanto più, appunto, inconsapevole. Eccole, le colpe dei padri che ricadono sui figli!
In virtù del fatto che il figlio, nella sua condizione di totale dipendenza e assoluto bisogno, ha un’apertura e una porosità totale nei confronti del genitore, tutto l’inconscio del genitore vi passa attraverso.
Voltare le spalle ai genitori diventa allora come si è detto un tradimento necessario per diventare adulti; questo ovviamente non implica, o almeno non necessariamente, dover abbandonare o combattere sul piano umano e personale i genitori, ma significa “solo” accettare di riconoscere cosa di quello che è stato dato da loro noi potremmo condividere veramente perché lo sentiamo intimamente nostro; significa accettare (e poi perdonare comprendendo) in loro quella limitatezza che il bambino non può neanche prendere in considerazione (perché farlo sarebbe come contemplare la propria distruzione); significa asserire la relatività, nel nostro mondo psichico, dell’immagine infantile di essi, rinunciarvi per sempre e rendersi conto della realtà del loro tradimento nei nostri confronti e del nostro dolore per questo; significa simbolicamente tradirli e ucciderli psichicamente per fare posto all’istanza psichica del genitore interno, attraverso cui noi potremo imparare a sostenerci e nutrirci, ma in un modo questa volta totalmente rispettoso della nostra natura ed individualità. Perché starà a noi gestirlo.
Chi fa l’esperienza di andare in analisi e cominciare a trattare tali questioni sente tutto il peso lacerante del senso di colpa connesso a questa uccisione non meno potente ancorché simbolica. Della quale, comunque, il premio finale sarà quello di ritrovarsi all’esterno un genitore reale ridotto, sì, nella sua portata emotiva e simbolica, da potenza assoluta a persona umana coi suoi limiti e difetti, ma di cui, proprio per questo, potremo cogliere in maniera reale anche i pregi, onorandoli come parte della nostra eredità; si potrà stabilire con lui un contatto più autentico, con un sentimento meno idealizzato e totalizzante, quindi per certi versi più “ristretto”, ma, proprio in virtù della sua realtà, più vero e intenso, nel quale l’umanità è più presente ed incarnata che mai. L’autentica accettazione della dimensione “umana” del genitore potrà consentirci di accoglierlo incondizionatamente ed amarlo coi suoi limiti, per come è davvero.
All’interno, avremo trasferito su un genitore interiore, cui daremo vita nella nostra psiche, il potere immenso del genitore idealizzato nei bisogni infantili, ben presto “sporcato” dalla percezione inconscia della necessaria limitatezza del suo amore imperfetto (in altri termini del tradimento implicito nel suo amore per noi).
Come diceva un insegnante, noto grafologo alla scuola di Urbino, avremo “ripulito l’archetipo”. L’ambivalenza degli archetipi , come modello assoluto, riflette infatti la portata sia vitale sia mortifera di essi. Con l’archetipo dei genitori succede che l’immagine del genitore che sostiene il bambino nel suo sviluppo non può che essere positiva a livello conscio, altrimenti egli non potrebbe sopravvivere; per “salvare” questa immagine, il lato distruttivo dell’amore genitoriale concretamente sperimentato il bambino lo assume su di sé (ecco il figlio che si sacrifica per il genitore, ma anche per salvare se stesso).
Successivamente, per salvarsi dalla distruzione della vita psichica che ne deriverebbe, occorre, appunto, accettare di fare a pezzi il mito del genitore buono e perfetto costruito nell’infanzia, andando a vedere e riconoscendo l’aspetto oscuro che abbiamo vissuto del genitore vero; ciò equivarrà a restituirgli (psichicamente) il suo lato ombra, inizialmente caduto su di noi. Così facendo, ci accolleremo nel contempo la nostra, di Ombra, accettando anche noi di “sporcarci le mani” nel tradimento.
Tradiremo, per salvarci; del resto dovremo tradire in quanto già siamo stati traditi nell’amore che pure ci ha dato la vita. Accettando di uccidere il genitore, vedendone il lato d’Ombra e ponendo termine all’assunzione inconsapevole di essa su di noi, ne distruggeremo l’immagine infantile creata e cominceremo a entrare nella realtà, dove potremo ritrovarlo e incontrarlo magari per la prima volta autenticamente come persona.
La forza interiore che si libererà dal divenire consci di questa serie di morti e tradimenti (richiamati dal simbolismo di Plutone e del percorso agli inferi cui egli ci induce) ci consentirà di diventare simbolicamente genitori di noi stessi, presupposto per camminare sulle nostre gambe. E, di pari passo con la guarigione, potremo perdonare e accettare l’umana condizione che ci accomuna tutti. Perdonando noi stessi per il tradimento compiuto in nome della vita, perdoniamo e accogliamo il genitore.
Accettando di sporcarsi le mani con il necessario tradimento, andremo incontro a un’aderenza maggiore alla realtà. La ricompensa sarà, appunto, un amore più concreto (oserei dire terreno) verso il genitore come verso noi stessi.
Ma se non accettiamo di commettere il tradimento che ne è alla base, non potremo che rimanere ancorati allo stadio precedente e preclusi da ogni successiva comprensione.
Dunque, per crescere e diventare individui, cioè noi stessi, con ciò che siamo dentro, dobbiamo accettare di tradire in qualche modo, e anche l’idea di essere stati traditi.
Del resto astrologicamente il tradimento, con i sui oscuri meandri, è ascrivibile a Plutone, che non per niente è il Signore della Vita e della Morte, dove Morte non è qualcosa di definitivo e ineluttabile, se evitiamo di guardare da un solo punto di vista, bensì passaggio, trasformazione, inizio di una nuova vita che si innesta sulla fine definitiva della precedente.
Si tratta di un passaggio di forma, della trasfigurazione di un’energia che si manifesta in un modo diverso dal precedente.
Ritorno brevemente sul tradimento precocissimo subito nell’amore: quando siamo attesi e poi accolti dai nostri genitori, già prima di nascere, noi veniamo caricati di loro aspettative più o meno consce ed inconsce; saremo sottoposti a un sistema educativo e di valori frutto delle loro esperienze personali, della loro evoluzione e maturità, variamente riflessi nel benessere ed equilibrio psichico che potranno avere conseguito, nonché di come tutto ciò avrà interagito col contesto culturale in cui si sono trovati immersi.
Come ci insegna anche la pratica dell’astrologia umanistica, non sempre la madre (che rappresenta il mondo per il bambino piccolo e gli traduce anche il padre nei primissimi tempi, fin quando questi potrà essere più esplicito e diretto nel suo interagire col figlio) ha la possibilità e la capacità di sentire il bambino e interagire con lui per come effettivamente egli è, cioè rispettando il sentire del bambino e i suoi tempi, comprendendolo e quindi assecondando uno sviluppo sereno, presupposto della formazione della fiducia di base nella vita. E comunque poi, anche a livello sociale ed educativo, il bambino sarà sempre sottoposto a valori e principi applicati su di lui dall’esterno.
Quindi, un primo tradimento è intimamente subito da parte dei genitori, che non potranno che amarci ed accoglierci sulla base di una loro idea di noi, di una loro rappresentazione interna e di un ruolo che inevitabilmente noi verremo ad avere nella loro vita non appena percepiranno la nostra presenza, e, oso dire, anche prima ancora (se pensiamo alla memoria cellulare, che dire degli ovuli che esistono nel corpo femminile fin da subito? Come potranno quegli ovuli, che daranno vita a degli individui, non portare sotterranee ma indelebili tracce di tutto il vissuto che caratterizza il corpo che li contiene?).
Un’assoluta, ideale, apertura ed accoglienza da parte del genitore, data anche la non sovrapposizione dell’età in cui generalmente si fanno figli con l’età in cui la maturazione psichica ed emotiva tende ad instaurarsi, pare ardua da realizzare. Dunque forse è lecito pensare che in qualche modo sia fisiologico che vadano esattamente così, le cose. Che, cioè, sia inevitabile essere in qualche modo traditi fin da subito.
Poi comunque anche l’educazione e l’inserimento nella società con le sue regole, necessari per dare il conforto dell’omologazione, del senso di appartenenza a un gruppo ove fondare la propria identità e le sicurezze importanti per orientare la propria vita, cercano per definizione quantomeno di contenere e plasmare, se non anche limitare e schiacciare, l’individualità a favore dell’omologazione.
Nella quasi totalità dei casi educare diventa simbolo di indottrinare, e non di far uscire fuori l’Essere che è dentro, per cui l’individuo viene sacrificato a favore della vita del gruppo, della prosecuzione della specie. E questo è un tradimento che certamente la vita sembrerebbe compiere nei confronti del singolo, della sua specificità unica e irriducibile (quindi preziosissima) .
L’uomo ha creato la cultura, che allo stesso modo perpetra questo sacrificio/tradimento dell’individuo a favore di una collettività in cui sembra estrinsecarsi una maggiore possibilità di sopravvivenza dei singoli riuniti in un gruppo, sulla base appunto di una spinta vitale presente in ogni individuo che mira a garantire la conservazione e la sicurezza della vita stessa (Casa Sesta).
Così come la natura sacrifica i singoli a favore della sopravvivenza della vita, la cultura e l’educazione tendono ad omologare gli individui al fine di conservare le sicurezze acquisite in un dato momento (Casa Sesta e Saturno, signore del tempo e della struttura).
Anche questo fa sentire come il tradimento nei confronti del singolo sia parte integrante della condizione terrena.
Ora, se tutto questo è necessario per come è concepito e concretizzato il vivere, è anche vero poi che, una volta cresciuto nel seno del sistema e della collettività, l’individuo, se vuole realizzare pienamente se stesso e andare oltre (la limitatezza della Sesta Casa), deve “tradire”. Nel senso di porsi il dubbio, di vagliare, di mettere in discussione i valori ricevuti, fino a rigettare ciò che non corrisponde alla sua legge interna, per elaborarne una personale (nuovo e più evoluto livello di Saturno), senza sconfinare nell’antisocialità, ovviamente, ma perseguendo e rafforzando la propria assunzione di responsabilità (di nuovo Saturno).
Il tradimento dei valori collettivi di una società è qualcosa che si può osservare a tanti livelli e che fa sì che l’individualismo si inserisca nella logica della collettività e della specie come non solo elemento di minaccia ma anche portatore di evoluzione. È la molla che consente di portare l’uraniano cambiamento nella struttura altrimenti irrigidita e cristallizzata di un Saturno che può diventare inflessibile e senza più ricambio, perciò destinato alla morte.
La ricerca che facciamo dell’amore di un partner, che diventa filo conduttore della vita per moltissimi versi, è, da giovani adulti, il tentativo di ricostituire l’originaria dualità da cui praticamente mai ci siamo sentiti sufficientemente nutriti e soddisfatti e che continuiamo a ricercare per molto tempo.
È la ricerca dell’unitaria fusione con il grembo materno, dalla quale siamo stati espulsi in una “connivenza” di intenti e tradimenti reciproci che accompagnano il dare vita.
Il bambino, col suo istinto di nascere e proiettarsi verso un’esistenza autonoma, tradisce il patto, l’unione fisico - psichica con la madre (tanto che possiamo vedere la depressione post partum come un lutto per una vera e propria perdita, quella della “pienezza creativa” in cui il corpo della donna sembra trovare l’apoteosi di senso). D’altro canto, allo stesso tempo, la madre, come detto sopra, già si accingeva a sua volta al tradimento con le sue inevitabili aspettative e proiezioni che avrebbero posto in ombra la natura intima dell’individualità del figlio.
Inoltre anche l’utero spinge fuori, quindi anche per questo il bambino si sente espulso, scaraventato in un mondo che avvertirà più o meno accogliente od ostile. Dopo di che, la capacità del corpo materno, con la sua comunicazione corporea ed emotiva, di accompagnare il bimbo con gradualità a prendere sereno possesso del suo posto nel mondo, può essere costellata di tutta una serie di altri tradimenti ed abbandoni, precursori di molti altri ancora che seguiranno.
Nonostante tutti questi tradimenti, si sopravvive, continuando a ricercare quella fusione ideale ed originaria che forse è solo il ricordo di un’altra dimensione di provenienza (il Paradiso Perduto, che si è voluto perdere, in realtà, per “perfezionarlo” con l’umana esistenza).
Quindi l’innamoramento e la passione amorosa sono il banco di prova del livello successivo di iniziazione alla vita, quello in cui andiamo a sperimentare da giovani adulti (perché siamo adulti fisicamente e sessualmente ma non ancora emotivamente e psichicamente) la ricerca e il ritrovamento dell’altra metà della mela, del nostro completamento col quale ritorniamo a essere uno (ma probabilmente anche l’Uno).
La Quinta Casa è la sede di ciò. Attraverso l’altro e l’innamoramento ci sentiamo vivi in modo assolutamente unico (individualità massima, solare, esplosione energetica continuata e continuativa).
L’energia che danno l’innamoramento e la sensazione di aver trovato in un'altra persona esattamente ciò che cercavamo e che ci serviva per essere totalmente felici, comportano un’assoluta sensazione di onnipotenza che è quanto di più vicino si possa pensare a una felicità esplosiva, che ci dilata fino a “scoppiare di felicità” (immagine ben simbolizzata dal Sole, nella sua continua esplosione energetica ed irradiante).
E’ una sensazione che possiamo provare non solo con le avventure amorose, gli innamoramenti, o il divertimento, ma anche come esplosioni di creatività, innamoramento per delle idee, figli o progetti e quindi per ogni espressione della propria specifica individualità.
Qui però c’è il mito di Narciso, che finì per innamorarsi di se stesso per paura di perdere la sua specificità e soggettività lasciando che questa si trasformasse in altro (dopo essere abbandonata, simbolicamente, alla morte necessaria per il vero incontro con l’altro). Fermandosi alla paura di tradirsi e di rinunciare all’immagine di un Sé narcisistico ed infantile, evitandone così la morte simbolica, vengono sbarrate le possibilità di sviluppo futuro. Narciso morirà ugualmente, in virtù di questa fedeltà a se stesso, perché non conoscerà mai l’amore vero.
L’amore – innamoramento da Quinta Casa di questa fase è dunque intrinsecamente narcisistico. È amore di sé: di una immagine di sé riflessa nella presenza dell’altro, che col nostro potere di attrazione, di cui ci compiacciamo, abbiamo fatto “cadere innamorato” di noi.
L’altro ci serve perché ci fa sentire completi, ci fa sentire di avere il mondo in mano, di potere tutto, di avere tutto. Con lui tutto è diventato possibile e a portata di mano, non abbiamo più niente da temere. Lui ci sarà vicino, ci sosterrà, ci confermerà sempre, ci amerà, nutrirà, eccetera. E’ veramente, mi sembra, una conferma grandissima del nostro valore: se abbiamo potuto trovare un amore così totale e coinvolgente, allora siamo davvero potenti e assoluti.
Infatti, abbiamo avuto il potere di ricostituire la sfera originaria, esattamente come la volevamo! E questo fatto ci fa sentire praticamente onnipotenti e indifferenti a tutto il resto che non sia la nostra sfera.
In realtà, nel seguire la ricerca del NOSTRO PERSONALE PARADISO PERDUTO, stiamo andando però anche incontro all’altro per sperimentare la nostra specifica individualità da Casa Quinta, per metterci in gioco per come siamo dentro ed esprimerci con la totalità di noi (cosa che l’innamoramento e l’entusiasmo che ne viene suscitato fanno sperimentare), per andare infine incontro a quei tradimenti e a quelle disillusioni che ci consentiranno poi di andare oltre e di aprirci a una dimensione dell’amore più fondata sulla relazione (prosieguo delle Case zodiacali).
Infatti, in questo tipo di amore iniziale non c’è relazione, ma solo proiezione.
E cosa, più di usare un altro (l’amato!!) per incarnare la nostra (solo e unicamente nostra) proiezione dell’amore idealizzato, bramato e rimpianto con tutto il nostro essere per la sua potenzialità di soddisfare ogni nostro bisogno, può avvicinarsi di più al concetto di tradimento? E il tutto, in nome dell’Amore!!!
Quello che convenzionalmente si tende a chiamare amore diventa perciò in realtà tradimento per l’oggetto che diciamo di amare. E guarda caso, è lo stesso tradimento che abbiamo subito noi venendo concepiti mentalmente come proiezione dei desideri dei nostri genitori. Lì eravamo chiamati a recitare una parte senza essere interpellati circa se ci stava bene o meno. Qui, è lo stesso. E’ chiaro poi che i due partner fanno esattamente lo stesso gioco, in un puzzle ad incastro perfetto.
Eppure quel tipo di amore fa sentire così vivi e vitali, in un modo che certamente resta unico, per il senso di totalità e assolutezza che implica (successivamente questo senso di assoluto si farà più spirituale e interiorizzato, perderà il suo carattere immediato ed esplosivo per farsi più rarefatto, sottile ed impersonale: andando verso Nettuno e la dodicesima Casa e verso un diverso modo di concepire e vivere l’amore).
Ma per tutto questo occorre prendere coscienza che quel primo tipo di amore è in realtà un travisamento dell’Amore che dice di essere. Quindi, qui, viene tradito l’Amore stesso, in realtà.
Esso è intriso di tradimento, perché i due amanti, mentre credono di amare l’altro, amano in realtà, proprio come Narciso, solo proiezioni di se stessi e non comunicano veramente. Questo patto implica che io potrò stare nel gioco dell’altro solo se non cambio nulla rispetto ai contorni dell’immagine che lui ha di me. E che l’altro tutte le volte che manifesterà un comportamento che esula dalla mia idea di amore mi deluderà, mi ferirà, mi farà male. Mi tradirà.
Si arriverà all’assurdo che essendo, o diventando, se stessi, i due amanti già si tradiranno.
Infatti, solo rimanendo immobilizzati in quelle reciproche proiezioni, il che è peraltro pressoché impossibile, oppure incastrandosi per tutta la vita nelle reciproche nevrosi (ma non si sarà più certo nell’innamoramento folle e felice dei primi tempi), si potrà restare ciechi di fronte al tradimento che si sta perpetrando prima di tutto verso se stessi. Legati da un patto di amore eterno secondo una ed una sola immagine offerta di noi, ci impediremo di lasciar fluire tutte le altre, di cambiare, di evolvere, in altri termini di vivere. Essendo fedeli a quell’idea di amore, tradiremo inevitabilmente noi stessi, come Narciso che per non tradirsi finì invece esattamente per farlo.
Un tale amore è dunque candidato inevitabilmente al tradimento.
Ma il tradimento di questo tipo di amore, nel momento in cui si sceglie la fedeltà a se stessi, diventa allora una liberazione, in realtà; una occasione per prendere coscienza.
Alla fine, chi tradisce il patto dell’amore simbiotico, fondato sul soddisfacimento dei reciproci bisogni infantili, sceglie di uscirne e di voltare le spalle al “noi” poiché si è rivolto ad altro, che è un’istanza dell’Io che vuole crescere; egli si è spinto oltre, dopo più o meno gravi sofferenze interiori, e riesce a sostenersi attraverso una più o meno chiara consapevolezza; egli trova il coraggio di agire un’istanza presente in entrambi (in quel noi cui volta le spalle) e accetta di macchiarsi di questo orribile delitto, sopportando la colpa di aver inferto, a chi si fidava totalmente di lui, sofferenze davvero tremende.
Osserviamo, quasi a ritrovare nel tradimento una linea conduttrice che si riaggancia al percorso verso l’autonomia, che il termine “voltare le spalle” riporta esattamente a quanto fa il Capricorno – Casa Decima per diventare adulto: voltare le spalle, la “capricornica” schiena, alla propria dipendenza da un nucleo collettivo.
Il traditore, forse come compenso per il doversi macchiare del delitto, ha come vantaggio che, avendo agito, non subisce il tutto come dall’esterno. Non che sia meno doloroso, ma certamente la consapevolezza maggiore che ha della situazione, quanto meno lo sostiene, gli dà come un’apertura, non lo mette in un angolo.
Il tradito subisce la cosa, che lo schiaccia cadendogli dall’alto, quindi impazzisce di dolore.
È un’atroce sofferenza che sa di morte, perché sente che l’altro gli porta via la vita stessa e l’identità (infatti lui esisteva come essere intero grazie alla presenza dell’altro). Se non ha agito direttamente era perché probabilmente ancora era troppo dentro alla simbiosi; ma anche perché, nella divisione dei ruoli e nella connivenza a incastro della relazione, lui lasciava all’altro il compito di sporcarsi e macchiarsi della colpa e riservava per sé l’idea di essere vittima, migliore, ideale portatore nonostante tutto di un amore totale e fedele. E’ un modo per restare aggrappato all’ideale e salvare l’immagine di sé narcisistica più a lungo. Il tradito paga il mantenere integra l’immagine immacolata di sé come fedele e quindi degno d’amore, cui non può non andare la simpatia del mondo, con una sofferenza forse più tragica, in quanto subita e meno incastonata nel senso cosciente, di cui invece la spinta all’azione diretta rende l’altro in qualche modo più dotato.
Sono due modi diversi attraverso i quali maturare. Ma moralmente entrambi i partner sono complici.
E il tradimento, visto in questo modo, ne esce come sacralizzato (Carotenuto parla di “sacralità” del tradimento).
Anch’esso rivela, alla luce del simbolismo connesso, una duplice faccia, quella di azione bieca, vile e crudelissima, perché colpisce all’interno della fiducia, nell’apertura totale dell’altro alla fusione che il rapporto di fiducia implica (e non può che essere così); e quella di azione coraggiosa e vitale che ad ogni passo l’istanza individuale deve compiere per affermarsi nella dialettica della vita, pagando il prezzo con la capacità di sopportare la colpa e di macchiarsi le mani.
Accettando di realizzare così la definitiva rinuncia al sogno infantile di amore perfetto e totale si accoglie per contro la intrinseca contraddittorietà ed insondabilità del mistero della vita.
Plutone, portandoci sofferenza, separazione, tradimento e senso di morte, ci dà la vera vita interiore consentendoci di sollevare il velo e svelare le cose nascoste.
Il tradimento, proprio come la morte, è l’humus di altra nuova vita, può diventare fecondo terreno di sviluppo e di conoscenza e momento di grande verità, in una relazione. Anche nella relazione con se stessi. Possiamo trasformarlo in un’occasione per approfondire un dialogo che andava già fatto ma che non era ancora stato possibile fare.
Occorre rinunciare al sogno di perfezione per immergersi nella vita vera. Occorre pagare un prezzo. Che sembra, ed è, alto. Ma una volta traghettati dall’altra parte, ci si accorgerà che ne sarà valsa la pena.
Anche perché solo così potremo riprenderci le nostre proiezioni e il potere di amare veramente, secondo la condizione di una umanità piena, in quanto avremo appreso ad amarci. Comprendendo ed accogliendo la nostra Ombra (Plutone), potremo accettarci ed amarci interi e porgerci tali, senza più bisogno di ricorrere a maschere, nel rapportarci con autenticità agli altri. È il percorso dell’individuazione, cioè del diventare l’individuo unico e speciale che siamo, in-.diviso, cioè non più diviso e lacerato internamente, ma riconnesso, riconciliato in se stesso. Gli altri non saranno più controfigure nella nostra vita, ma persone vere, che potremo incontrare e vedere veramente e che perciò sapremo amare di un Amore più maturo e consapevole.
Questo significa sviluppare e acquisire il potere personale, simbolizzato da Plutone, Signore della Vita e della Morte, nonché del tradimento che ci traghetta dall’una all’altra in un fluire incessante.