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    GLI ARTICOLI DI ERIDANOSCHOOL
- Astrologia e dintorni

UNA NUOVA VISIONE PER IL PIANETA
     a cura di Ervin Lazlo
 
Una nuova visione per il Pianeta
Einstein ha detto che non possiamo risolvere un problema con lo stesso modo di pensare che ha creato il problema stesso. Egli ha anche detto che la bomba atomica ha cambiato tutto meno che il modo di pensare. Queste intuizioni hanno oggi più significa-to che mai. Per affrontare nuovi problemi usiamo ancora metodi obsoleti. C'era la bomba atomica a metà del 20° secolo , ci sono le armi nucleari, chimiche e biologiche di oggi, e un mondo dominato dalla globalizzazione e minacciato da violenza e da terrori-smo. Il mondo è cambiato, ma non il nostro modo di pensare - almeno non abbastanza. Sprofondiamo sempre di più verso crisi e conflitti, e non è una sorpresa.
Nel dicembre del 2001, cento scienziati contemporanei, Premi Nobel hanno partecipato al "Peace Prize Centennial Symposium" e hanno fatto una dichiarazione. "Il pericolo più profondo per la pace nel mondo nei prossimi anni", hanno detto, "non deri-verà da atti irrazionali di stati o di individui ma dalle domande legittime degli spodestati del mondo ... se allora permettessimo alla potenza devastante delle armi di espandersi at-traverso questo paesaggio umano infiammabile, noi provocheremmo una conflagrazione che potrebbe travolgere (inghiottire) sia ricchi che poveri". Gli scienziati hanno conclu-so; "Per sopravvivere nel mondo che noi abbiamo trasformato, dobbiamo imparare a pensare in un modo nuovo. "
Le osservazioni di Einstein e le dichiarazioni dei Nobel riassumono il messag-gio essenziale del nostro tempo. La crisi attuale è seria, ma un futuro migliore può anco-ra essere creato. Con nuovi modi di pensare possiamo creare un mondo che valga la pena di vivere e di lasciare ai nostri figli. Questa è una sfida epocale, che può essere re-alizzata. Oggi abbiamo più potere che mai per fare dei cambiamenti. Come consuma-tori e come produttori, come cittadini e come attivisti, e persino come persone i cui valo-ri e modi di vita influiscano sugli altri, ognuno di noi può cominciare a pensare e ad agi-re in modi nuovi. Con il giusto modo di pensare possiamo iniziare un movimento che può crescere e fare un impatto cruciale sul mondo. Alla fine dipende da noi di lanciare il mondo verso un sentiero che sia pacifico e sostenibile.

In una crisi globale il nuovo modo di pensare può essere una differenza crucia-le: in condizioni vicini al caos si possono verificare gli "effetti farfalla". Così come il leggendario colpo d'ali di una farfalla può creare una corrente d'aria che si amplifica sempre di più, fino a cambiare il tempo atmosferico dall'altra parte del globo, in una cri-si globale delle azioni apparentemente insignificanti possono amplificarsi fino a cambia-re il comportamento dell'intero sistema. Lo sviluppo del nostro futuro sarà influenzato in modo decisivo da che cosa facciamo oggi come cittadini, come consumatori e come produttori.

Possiamo pensare in modi radicalmente nuovi circa i problemi che affrontia-mo? Una recente indagine della popolazione Americana ha dimostrato modi di pensare e di vivere molto differenti. Secondo un sondaggio di Paul Ray, la principale corrente culturale americana è la cultura dei "moderni". I moderni sono forti sostenitori della so-cietà dei consumi, condividono la razionalità che ha formato gli USA e che ne ha fatto la più grande economia mondiale. La loro cultura è quella delle banche e delle borse, degli uffici nei grattacieli e delle multinazionali; i loro valori vengono insegnati nelle scuole e negli college per le classi dirigenti. Nel 1999 questa era la cultura del 48% della popo-lazione Americana: 93 milioni dei circa 193 milioni di adulti, più uomini che donne. Il reddito familiare era tra $40.000 e $50.000 all'anno, collocando così i moderni tra la fa-scia di reddito medio superiore.

Mentre negli USA dominano ancora i moderni, c'è ora un'altra cultura che sta crescendo rapidamente. Questa è la cultura dei "creativi". Nel 1999 i creativi culturali erano il 23,4% della popolazione Americana, con almeno il doppio delle donne rispetto agli uomini, la maggioranza proveniente da classi medie o benestanti.

Persone in queste culture contrastanti pensano in molti modi diversi, e il loro modo di pensare produce vari e diversi stili di vita.

I moderni condividono molte delle virtù e dei valori tradizionali degli Ameri-cani: credono in Dio, nell'essere onesti, nell'importanza della famiglia e dell'educazione, ed in una paga giornaliera giusta per un lavoro giornaliero giusto. I creativi culturali ab-bracciano valori e credi diversi e adottano i corrispondenti diversi stili di vita.

- I creativi culturali comprano più libri e riviste dei moderni e ascoltano più ra-dio, preferendo notizie e musica classica e guardano meno televisione;

- sono grandi consumatori di arte e di cultura, molto spesso si esibiscono come dilettanti o come professionisti;

- i creativi culturali vogliono conoscere la storia "dell'intero processo" delle co-se che prendono in mano, dalle confezioni di cereali, alle descrizioni del prodotto e agli articoli di una rivista. Detestano la pubblicità o la descrizione superficiale di un prodot-to, vogliono conoscere l'origine delle cose, come sono state fatte, chi le ha fatte, e che cosa succederà a queste cose una volta scartate;

- i creativi culturali desiderano anche beni e servizi reali, "autentici". Hanno guidato la ribellione dei consumatori contro prodotti considerati contraffatti, contro imi-tazioni, usa e getta, cliché o semplicemente di moda;

- i creativi culturali non comprano su istinto ma ricercano quello che intendono consumare, leggono le etichette e si accertano di ricevere quello che hanno richiesto. Non comprano semplicemente gli ultimi aggeggi o innovazioni che sono sul mercato ; molti di questi si trovano su internet. Tendono ad essere innovatori e opinion leader per prodotti con più contenuto che forma, comprese riviste, cibo ricercato, vini e bevan-de selezionate;

- i creativi culturali sono consumatori "dell'industria dell'esperienza" che offre esperienze intense, illuminanti o rivitalizzanti piuttosto che un prodotto materiale (gruppi di lavoro di fine settimana, raduni spirituali, esperienza di crescita personale, vacanze basate sull'esperienza, ecc.) Per quanto riguarda i prodotti materiali, i creativi preferiscono beni ecologicamente validi ed efficienti piuttosto che prodotti solo alla mo-da (per esempio, macchine di seconda mano, in buono stato ecologico e con un ottimo servizio clienti);

- il filo comune dei creativi è loro olismo. Questo si manifesta nella preferenza dei cibi integrali, nella cura olistica della salute, nell'esperienza interiore olistica, nel-l'informazione olistica, nell'equilibrio olistico tra lavoro, gioco, consumo e crescita inte-riore. Vedono loro stessi come sintetizzatori e curatori della salute, non solo a livello personale ma anche a livello comunitario e nazionale, e persino a livello globale. Aspi-rano a creare cambiamenti nei valori personali e nei comportamenti pubblici in modo da spostare la cultura dominante oltre il frammentato e meccanicistico mondo dei moderni.

Negli Stati Uniti la popolazione dei creativi sta crescendo. Una cultura simile sta crescendo anche in altre parti del mondo. Una ricerca del mensile Euro-Barometer dell'Unione Europea ha intervistato delle persone in quindici Stati Membri dell'Unione facendo delle domande sul loro stile di vita culturale, sulle loro preferenze e ha scoperto che culture simili a quella dei creativi sono presenti anche in Europa nella stessa pro-porzione dell'America.

Questi sono sviluppi pieni di speranze. I creativi inquinano l'ambiente meno dei moderni e sono più aperti alla comprensione e alla cooperazione con altri. I loro stili di vita sono più semplici, non per mancanza di soldi, ma a causa di una intrinseca scelta di semplicità e di autenticità. Di conseguenza "l'orma ecologica" dei creativi é più picco-la dell'orma dei moderni. Significa che su questo pianeta possono convivere più persone creative senza diminuire le risorse e senza creare problemi ecologici. Se culture simili a quelle dei creativi dovessero svilupparsi in molte parti del mondo, una distribuzione ed un uso migliore delle risorse mondiali potrebbe ridurre il potenziale di conflitti e dimi-nuire sia odio che rancori. Paesi ricchi e paesi poveri, Musulmani e Ebrei, Cristiani e In-dù, Buddisti, Confuciani e animisti tradizionali potrebbero condividere il pianeta senza essere coinvolti in atti di terrorismo, guerre e senza commettere una miriade di altre forme di violenza.

Il primo passo verso una nuova cultura, una nuova maniera di pensare che pos-siamo intraprendere è quello di riesaminare le convinzioni e i credi intorno a noi. Per e-sempio, è sempre vero che:

—c 'è una sola nazione ed una sola bandiera alla quale io devo obbedienza; le altre non mi riguardano;

—il valore di ogni cosa, compresi gli esseri umani, può essere calcolato in de-naro. Quello di cui ogni economia ha bisogno è la crescita. Quello che ogni persona vuole è la ricchezza;

—più è nuovo meglio è: è desiderabile e veramente necessario comprare ed usare sempre gli ultimi prodotti e tecnologie. Nuovi prodotti e nuove tecnologie rendo-no la vita più facile e più piacevole, fanno crescere l'economia e ognuno diventa più ric-co;

—ognuno è per se stesso: siamo tutti individui unici e separati, racchiusi nella nostra pelle, perseguendo i nostri propri interessi. Abbiamo solo noi stessi su cui conta-re; chiunque altro o è amico o nemico, legato a noi, nel migliore dei casi, da fattori di mutuo interesse;

—il posto delle donne è a casa; nei posti di lavoro vanno benissimo per assiste-re gli uomini e per mantenere l'ordine;

—e il futuro non mi riguarda. Perché dovrei preoccuparmi per il bene della prossima generazione? Ogni generazione, come ogni persona, deve badare a se stessa;

Un attimo di riflessione ci dirà che tali credi, anche se largamente sostenuti, so-no obsoleti. Ci sono alcuni credi che sono persino più pericolosi di quelli. Ad esempio:

"LA VITA E' UNA LOTTA PER LA SOPRAVVIVENZA"

Questo credo vecchissimo è stato rivalutato nel 19° secolo dalla teoria di Dar-win sull'evoluzione attraverso la selezione naturale. L'applicazione sociale del concetto Darwiniano (conosciuto come "Darwinismo Sociale") sostiene che a sopravvivere nella società, lo stesso come in natura, sia il più adatto. Ciò significa che se vogliamo soprav-vivere dobbiamo essere forti per la lotta esistenziale — più forti dei nostri concorrenti. L'essere idonei nella società non dipende dai geni, ma da una caratteristica personale e culturale, che si esprime in furbizia, audacia, ambizione e abilità nel guadagnare soldi e nel farli rendere.

Durante la II Guerra Mondiale il Darwinismo Sociale giustificò la conquista di territori stranieri da parte dei Nazisti in nome della creazione di un Lebensraum (spazio vitale) per la Germania e giustificò il genocidio di Ebrei, Slavi e Zingari in nome della conservazione della purezza ed idoneità razziale. Oggi, le conseguenze del Darwinismo sociale vanno oltre l'aggressione armata, verso la lotta più sottile, ma in qualche modo altrettanto spietata, dei concorrenti sulla piazza del mercato. In questa lotta il divario tra ricco e povero crea miseria e produce rancore. Oggi il più ricco 20 percento guada-gna 90 volte di più del più povero 20 percento e la ricchezza di poche centinaia di mi-liardari equivale al reddito dei tre miliardi di loro simili meno fortunati. In un mondo interdipendente la variante economica del Darwinismo Sociale è tanto pericolosa quanto la sua variante militare.

"PIU' RICCO SEI MEGLIO SEI"

Questo credo, tipicamente moderno, giustifica e rinforza la lotta per il profitto e la ricchezza. Suggerisce anche che c'è un'equivalenza tra la misura del proprio portafo-glio e il valore personale del proprietario del portafoglio, come anche dalla misura della propria macchina e della propria casa.

L'equivalenza del valore umano con il valore finanziario è stato consapevol-mente alimentato dal mondo degli affari. Negli anni passati le aziende hanno proclamato un consumo cospicuo come ideale e hanno fatto pubblicità per un consumo illimitato come opzione desiderabile . A metà secolo Victor Lebov, un analista americano del consumo, ha dichiarato, "La nostra economia enormemente produttiva chiede: che i no-stri stili di vita diventino consumo, che le nostre compere e l'uso dei beni si convertano in rituali, e che il consumo diventi la nostra soddisfazione spirituale e la soddisfazione del nostro ego. L'economia ha bisogno che le cose siano consumate, bruciate, esaurite e sostituite, ed infine scartate ad un ritmo sempre più veloce."

Oggi sappiamo che le forme classiche di consumismo portano ad un sovracon-sumo e allo sfruttamento eccessivo delle risorse, e non sono né sane né sostenibili. La ricchezza ostentata è più un segno di insicurezza e di debolezza che di carattere e di for-za. Il credo del "più ricco sei meglio sei" è maturo per il cumulo della spazzatura.

"La Strada per la Pace si ottiene attraverso la Guerra"

Questo è un credo molto vecchio che è diventato pericolosamente obsoleto. Gli antichi Romani avevano un detto: se volete la pace, preparate la guerra. Questo andava d'accordo con le loro condizioni e la loro esperienza: I Romani avevano nelle loro mani un impero mondiale, con razze e culture ribelli dentro i loro territori e tribù barbare alla periferia. Mantenere questo impero richiedeva un costante e vigile esercizio del potere militare. Oggi la natura del potere è molto diversa, ma il credo sulla guerra è ancora ampiamente lo stesso. Come Roma nel periodo classico, oggi l'America è il potere glo-bale, ma al contrario della potenza di Roma, il suo potere non è politico ma economico. Per mantenerlo non sono necessarie forze armate ma una corretta organizzazione delle considerevoli risorse umane, finanziarie e naturali del paese.

Ai giorni nostri una guerra può ancora portare alla vittoria una parte sull'altra, ma è molto improbabile che porti alla pace. Qualsiasi stato o gruppo può comprare armi di alta tecnologia ed usarle nella guerriglia e nel terrorismo. Di conseguenza una vittoria non è senza rischi nemmeno per gli stessi vincitori. Attacchi provocano contrattacchi e la situazione può andare fuori controllo. Il principio dell'occhio per occhio e dente per dente finisce probabilmente per rendere tutte due le parti cieche e senza denti.

La guerra è anche uno spreco di risorse finanziarie che potrebbero essere ado-perate per un impiego più utile. Un missile Cruise Tomahawk costa tra $600,000 e un milione; il prezzo di un elicottero Pave Low (il tipo usato in Afganistan) è di $40 milio-ni. Il costo della guerra in Afganistan è stato stimato da $500 milioni ad un miliardo di dollari al mese. E le spese militari mondiali sono di circa $ 2 miliardi al giorno - una somma sbalorditiva che potrebbe essere sufficiente a cancellare povertà e fame in tutto il mondo.

La mancanza del benessere nel mondo attuale non deriva solo dalla obsolescen-za di credi dominanti, ma anche da un'etica non corretta. In periodi critici l'etica è di u-n'importanza decisiva. I credi orientano i nostri modi di pensare, ma l'etica decide le nostre azioni. Ci sono delle cose, che noi riteniamo buone, per cui vale veramente la pena di lottare?

Quello che noi riteniamo giusto e buono non può essere imposto dall' "alto", da nessuno, sia esso genitore, sacerdote, insegnante, capo o leader politico. La nostra etica li dobbiamo decidere noi stessi. Abbiamo sufficiente libertà per farlo. In una società democratica si possono avere un'ampia varietà di opinioni e un'infinità di grandi mete possono essere perseguite. Ma c'è un limite alla nostra libertà come individui per defini-re la nostra etica: quello che riteniamo giusto e buono deve essere compatibile con quel-lo che è giusto e buono per la comunità in cui viviamo. Per esempio, siamo liberi di vi-vere una vita dissoluta e di professare l'ateismo in una comunità che è molto disciplina-ta e che frequenta le chiese. Ma non siamo liberi di interferire con l'ordine di quella co-munità e con le pratiche religiose dei suoi membri.

La maggior parte di noi è cresciuta con l'insegnamento che essere onesti è bene e dire bugie è male; che la lealtà verso gli altri è giusta e imbrogliare e sfruttare i nostri simili è sbagliato. Questi giudizi rimangono validi indipendentemente da dove viviamo e in quali circostanze. Ma ci sono delle ulteriori ramificazioni. Non viviamo più soltan-to in comunità piccole e molto autonome; nel bene e nel male, siamo parte di una fami-glia estesa che abbraccia l'intero pianeta.

Di conseguenza la nostra etica deve rispettare ciò che è giusto e buono per la nostra comunità, la nostra cultura e il nostro paese — e anche per la comunità di tutte le culture e di tutti i paesi: la comunità globale.

La comunità globale è un'ulteriore dimensione delle nostre sfere di partecipa-zione. A parte delle rilevanti eccezioni, fino ad oggi manca questa "dimensione planeta-ria" nell'etica delle persone. Questo è evidente nel modo in cui la maggior parte delle persone vive — stili di vita individuali sono globalmente insostenibili. Se moltiplicate per il numero delle persone sul pianeta, l'orma ecologica degli individui è più larga del-l'ecologia dell' intero pianeta.

Un'etica planetaria non è un'etica partigiana, al servizio di un gruppo, di un po-polo o di una cultura invece di altre. Ha un unico supremo fine: la continuazione della vita umana e della civiltà sulla Terra. Dato che questo è nell'interesse vitale di ognuno, l'etica planetaria deve essere universale come la vita umana e la civiltà. Questo può sembrare utopico, ma non lo é: ci sono dei principi etici universali che possiamo attinge-re dal cuore di tutte le grandi culture e religioni mondiali. Una delle loro espressioni più sublimi è la "regola d'oro": tratta gli altri come tu ti aspetti di essere trattato. Nel Cri-stianesimo questa regola venne annunciata da Gesù: "In ogni cosa, fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te". Nel Giudaismo la stessa regola viene espressa nel Talmud: "Quello che è odioso per te, non farlo al tuo vicino". Nell'Islam la regola d'oro è presen-te nel principio di Maometto, "Neanche uno di voi crede veramente finché desideri per gli altri ciò che desideri per te stesso," e nell'Induismo è dichiarato chiaramente: "Que-sta è la somma del dovere: non fare agli altri ciò che causerebbe dolore se fosse fatto a te." Il Budda consiglia: " Non trattare gli altri in modi che tu ritieni offensivi per te stes-so," e Confucio decretò, " Non fare agli altri ciò che non vuoi che sia fatto a te." 7

Nella tradizione "tu" stava per vicino, amico, membro della comunità locale — quella era l'effettivo raggio d'interazione, la sfera in cui le persone influiscono sulle vite di ognuno. Oggi il raggio dell'interazione è globale: qualsiasi cosa facciamo influisce su tutti gli altri. Questo vuol dire che la nostra etica si deve espandere adeguatamente. E' di vitale importanza che qualsiasi cosa faccia un membro della comunità globale non danneggi il resto di quella comunità.

Se non vogliamo che altri riducano le nostre possibilità di avere una giusta par-te delle risorse del pianeta e di vivere in un ambiente sano, noi non dobbiamo ridurre al-le altre persone l'accesso alle risorse di base e ad un ambiente di vita sostenibile. Nel mondo attuale, "fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te" diventa "vivi in maniera che anche tutte le persone del pianeta possano vivere".

La determinazione di vivere in modo che tutte le persone nel mondo possano vivere non significa vivere in povertà o persino con estrema frugalità. Non tutte le per-sone hanno bisogno di vivere allo stesso mio modo; il fine è equità, non uniformità. L'adozione di un'etica planetaria non richiede ulteriori sacrifici. Posso aspirare all'equità nel mondo senza dovermi privare dei piaceri e delle gioie di una vita ragionevole e re-sponsabile. Posso fare degli sforzi per raggiungere eccellenza, crescita e gioia persona-le. Devo solamente limitare i piaceri e le conquiste della mia vita, in relazione alla qua-lità della gioia e del livello di soddisfazione che essi mi procurano, piuttosto che in costo in denaro e di quantità di materia e di energia che essi richiedono.

Non è il punto fondamentale se l'etica planetaria è migliore di altri in senso as-soluto. Il punto è che l'etica planetaria sostiene la continuazione della vita umana e la civiltà meglio di altri: riduce il potenziale per conflitti e aumenta le nostre possibilità di crescere verso una civiltà pacifica e sostenibile. In una crisi globale questa è la migliore etica che possiamo avere.
Quando pensiamo in modo giusto,.abbiamo dei credi aggiornati e un'etica pla-netaria, abbiamo la coscienza necessaria per vivere in un mondo planetaria — abbiamo una “coscienza planetaria.”

Se vogliamo crescere verso un mondo pacifico e cooperativo piuttosto che tra-montare in conflitti e caos, è necessario impegnarsi in un attivismo consapevole. Le nuove, urgenti forme di attivismo necessarie sono di complemento alle forme classiche. In modo classico, gli attivisti promuovono piani e progetti specifici — nella società, nel-l'economia, per quanto riguarda la cultura o l'ambiente. La nuova forma complementare non mira semplicemente a fare alcune cose necessarie, ma ad elevare il livello di volontà e di impegno in modo che le cose necessarie vengano effettivamente fatte. Questo vuol dire un modo di pensare nuovo — una nuova etica, una coscienza planetaria.

dal CONVEGNO INTERNAZIONALE "VERSO LA NASCITA DI UNA COSCIENZA PLANETARIA" tenuto ad Alba il 16 e 17 novembre 2002
 

 
 
 
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