Premessa semiseria
Premetto doverosamente che si tratta niente più di qualche riflessione, del tutto asistematica, sulle relazioni fra Plutone e la paranoia, perché un ragionamento serio su un simile argomento meriterebbe ben altri approfondimenti e specialmente conoscenze psichiatriche che non possiedo. Sono pensieri scaturiti in gran parte in margine alla lettura de La vana fuga dagli dei, uno dei più bei saggi di James Hillman, che situando i fenomeni paranoici all’interno di una dialettica patologica col Nascosto, mi ha chiamato ad interrogarmi sull’archetipo astrologico simbolico di tale dimensione.
Ecco, se non la vera e propria paranoia come psicosi, la cui manifestazione delirante ci pone di fronte ad un sentimento perturbante di alienità, in qualche modo l’abito paranoide può esserci più familiare, ne possiamo trovare traccia nell’esperienza quotidiana e personale, cosiddetta ‘normale’ e certamente entra a far parte di quella collettiva. Sappiamo bene come incida ciclicamente profonde ferite nella nostra storia (pensiamo solo a fenomeni di paranoia collettiva come il Nazismo, per richiamare qualcosa di più prossimo alla nostra memoria), rivelando come in fondo la paranoia come nessun altra patologia dell’anima ci riguardi tutti, in quanto porta in sé il rischio del contagio. Un contagio che si aggancia alla seduzione esercitata su molti di noi dall’idea di poter negare la psiche nelle sue dimensioni inconsce, facendola coincidere con l’Io. La paranoia, che è stata definita il più antipsicologico fra i disturbi mentali, si organizza appunto attorno a questa negazione, paradigmatica, mi pare, di una tendenza pienamente attuale. Tanto che verrebbe da dire, parafrasando Hillman, che la fuga dagli dei sia non solo vana ma alquanto pericolosa.
E visto che uno degli indicatori più classici della paranoia pare sia proprio l’incapacità di sorridere, di accedere all’ironia e specialmente all’autoironia (come non pensare subito alla tragica vicenda di Charlie Hebdo?), sarà forse sensato iniziare utilizzando come antidoto un poemetto satirico di Daniel Bourrion, il Cantico della paranoia:
“Guardate sotto la vostra sedia etichettate i vostri bagagli facilitate le operazioni di controllo non fidatevi delle persone sorridenti conteggiate gli sguardi sognate frenandovi non amate non sperate nulla non lasciate che i bambini si avvicinino a voi uscite all’aperto con circospezione considerate ogni cosa come una minaccia inspirate lentamente controllate la vostra ombra…”
Controllate la vostra ombra
I manuali diagnostici di psichiatria descrivono le tendenze paranoidi con tratti evocativi di atmosfere plutoniano-scorpioniche: il soggetto esprime “sospettosità e diffidenza pervasive”, è “ipervigile e prende precauzioni contro le minacce percepite”, “mette in dubbio la lealtà altrui”, “insiste sulla necessità di segretezza”, tende a “reagire attaccando”, nasconde un’“intensa rabbia repressa”, “competitivo, ambizioso, aggressivo e ostile e distruttivo più della norma” , e si potrebbe continuare... La gelosia, sentimento quanto mai plutoniano, è ad esempio fra i sentimenti più frequentemente costellati nella paranoia, come sublimemente ci ricorda la nera figura dell’Otello shakespeariano.
In realtà, la paranoia sembra indicare la patologizzazione dell’archetipo, l’estrema difesa dall’oscurità plutoniana. Scrive Hillman nel suo saggio La vana fuga dagli dei: “in tutte le forme di paranoia tutto ciò che è nascosto è pericoloso [...] e richiede scrutinio continuo e ipervigilanza” .
Il mito ci insegna che Plutone è un dio infero, che non può svelarsi agli occhi dell’uomo, pena la morte, è il Nascosto per eccellenza che non si dà alla luce senza essere coperto da un velo (il casco di pelle di cane che ne cela il volto quando emerge dalla viscere della terra rendendolo invisibile):
“è lui il legame segreto, il destino segreto, il “mondo interno a ciò che ci è dato”. Noi non possiamo percepire Ade, ma egli è in ogni luogo e in ogni momento”
Il paranoico invece ne percepisce continuamente la presenza e si concentra in modo ossessivo in strategie di coscienza rivolte a sollevare quel velo e svelare il segreto, in un delirio ipervigile teso all’analisi, alla rivelazione, all’esegesi dei segni, a neutralizzare le ombre attraverso il ferreo controllo della mente. “Paranoia” significa esattamente questo, “malattia della mente”, “para-noetica, mentale, cognitiva, un disturbo del significato”, che è come dire, aggiunge Hillman, una “malattia del Sé”.
Lidia Fassio ci ricorda come Plutone possa essere definito archetipo del Sé:
“Plutone è sicuramente il nostro centro operativo interno, il computer di bordo […], quel potere creativo che ha in sé un potenziale femminile ed uno maschile - terra e cielo - corpo e spirito, che insieme contiene tutte le potenzialità della vita che sono direttamente collegate con il centro operativo universale (energia cosmica = Y). Questo computer di bordo possiede tutte le informazioni necessarie per condurci al fatidico divenire, il che significa che ha un'intelligenza ed una capacità di dirigere - o meglio di orientare - le nostre azioni, proprio in virtù del fatto che conosce esattamente il progetto, lo ha in mente e non lo perde di vista un istante. Questo centro operativo che, personalmente, chiamo il Sé, può però essere chiamato con altri nomi quali: anima, energia, Dio...”
Potremmo in altri termini vedere in Plutone il dispositore del destino, inteso quale necessità a compiersi del destino individuale nella trama misteriosa delle corrispondenze con i destini collettivi. Custode del segreto in grado di dare senso di verità alle nostre vite, una divina intelligenza che istruisce il disegno invisibile di una legge insieme fisica e psichica, personale e sovrapersonale, e ne muove da ‘sotto’ lo sviluppo.
Plutone è anche, insieme a Saturno, uno degli archetipi che rimandano al senso del nostro limite terreno di uomini mortali, alla sfera infera, densa, tenebrosa, nella quale più intensamente e minacciosamente sperimentiamo la dimensione della Caduta. C’è nella sua forza un aspetto coercitivo, materico e pulsionale, di fronte al quale i desideri apollinei dell’Io impallidiscono: Egli ci costringe al confronto con l’Ombra, non come un vago concetto da salotto junghiano, ma come discesa dolorosa nel mondo di sotto, nella gravità dei corpi, delle loro passioni, ossessioni, umori, nella sfera dei sentimenti che giudichiamo meno nobili, anzi brutti, cattivi, espressione di quel male che vogliamo tenere distante dalle nostre vite. La disperazione cieca e il tantalico combattere del paranoico con l’oscuro Nemico impossibile da sconfiggere, richiamano questa condanna e non è un caso se forse sono proprio i rapporti difficili fra Plutone e Saturno a essere più frequentemente indicatori di tale morbo dell’anima. Certo, la combinazione Plutone-Saturno in un tema natale, specie quando coinvolga il Sole in aspetti dinamici, può indicare più di altre questa lotta plumbea inscenata dall’Io e dal Super-Io nei riguardi dei propri mostri inferi, una sorta di delirio di controllo, lucido quanto gelido di sentimenti, che chiama il Logos alla massima mobilitazione contro il magma ribollente delle terre di sotto.
Il pericolo del letteralismo
Proviamo a prendere in esame alcune definizioni di paranoia, partendo ancora una volta da quella che ne dà Hillman:
“una realtà noetica dentro la quale il soggetto è fissato e che conferisce significato a tutti gli altri eventi”; “un disturbo del significato”, “manifestazione di una rivelazione noetica vissuta in modo letterale”
“La paranoia, secondo la psicopatologia classica, è la certezza assoluta in una o più idee, certezza che non può essere scalfita né dall’esperienza né dalla critica. Anzi: per il paranoico tutte le obiezioni, le contraddizioni, la non congruenza con i fatti osservati, servono ad alimentare la sicurezza nelle sue idee. Cioè singolarmente se la certezza viene messa in dubbio da osservatori esterni, il dubbio, fondamento di ogni ricerca degna di questo nome, diventa invece prova ulteriore per rinsaldare la propria certezza: il pensiero del paranoico è quindi inattaccabile.” (Nicola Lalli, Credenza, fede e paranoia: dall’individuo al gruppo. psicopatologia delle sette, Relazione tenuta al XLIV Convegno Nazionale della Società Italiana di Psichiatria. Montesilvano (PE) Ottobre 2006)
“La paranoia si sviluppa come risposta a una minaccia di disgregazione del mondo interno, che produce come conseguenza un tentativo di ricostruzione/riparazione spesso tendente a sistematizzare il pensiero, facendone un “auto-contenitore” finalizzato al “controllo onnipotente” (Piera Aulagnier, Presentazione: Il caso Schreber: il sottile fascino della soluzione paranoica, in “Rivista di Psicoanalisi”, 4, 2006)
“Realtà noetica” fissa, “certezza assoluta in una o più idee”, “pensiero inattaccabile”, “autocontenitore finalizzato al controllo onnipotente”: dunque ciò che ritorna in queste definizioni è il costante tentativo di costruzione di un sistema autosufficiente di significati che riproduce un ‘Ordine’ cristallizzato, eretto contro il pericolo della disgregazione dell’Io da parte del Sé. Lo sforzo è posto nella fissazione apodittica, nell’intrepretazione letterale dei segni, che fa da argine all’irrompere delle energie trasformative.
La minaccia del nascosto può essere deviata tramite la proiezione all'esterno dell'ombra plutoniana, trincerandosi in strutture di pensiero ‘forte’ impermeabili al dubbio: si pensi alle teorie complottiste, all’odio verso lo straniero che da sempre alimenta certe ideologie politiche, o alla chiusura autoprotettiva in sistemi fideistici di alcune religioni o sette, in cui il male è oggettivato in tutto ciò che sta fuori dal dogma.
Mentre l’insorgenza del disturbo è molto dibattuta fra gli psicologi. Freud ne individua classicamente la causa nella negazione del desiderio omoerotico, Jung vi vede una sorta di possessione dell’archetipo del Sé in quanto archetipo del significato (posizione ripresa da Hillman), per Lacan le radici profonde della paranoia si rintracciano in un dissidio fra l’Io e l’Ideale dell’Io, tesi condivisa anche da Melanie Klein; e molte altre teorie si potrebbero ricordare, come quella recentemente avanzata da Arnaldo Ballerini e Mario Rossi Monti che all’origine della sindrome pongono un forte sentimento di vergogna negata. Nell’esperienza delle costellazioni familiari, da cui non pretendo qui di trarre alcuna teoria, spesso ciò che mina da sotto la sicurezza dell’Io assumendo la forma della persecuzione è un tragico fantasma di passato - il destino collettivo e della stirpe - che getta la sua ombra sul futuro, condannando il soggetto alla lotta contro quella stessa Distruzione che ora incalza il suo personale destino. D’altra parte, il tema dell’eredità materiale e psicologica, è fortemente connesso a Plutone , come ben dimostrano le valenze della casa ottava. Specialmente quando questa eredità contiene in sé il seme di una maledizione dovuta al sovvertimento colpevole delle leggi naturali da parte di chi ci ha preceduto (sappiamo come le famiglie plutoniane siano sovente portatrici di tematiche di abuso: di potere, psicologico, emotivo, sessuale, talvolta spinto fino all’incesto), essa può agire per la psiche sotto forma di minaccia paranoica.
Seppure proveniente da un passato che spesso rimane inconscio e dall’inconscio appunto preme, il pericolo di disintegrazione incarnato da Plutone si propone nella paranoia come attuale e immanente alla realtà del soggetto, che oppone alla distruttività del dio oscuro da cui è incalzato la costruzione difensiva di un pensiero onnipotente. L’insorgenza della paranoia costella dunque un altro tema quanto mai plutoniano, quello del Potere: un Io ipertrofico perchè troppo fragile, non potendo far spazio alle istanze del Sé, inscena un processo di inflazione della tematica di potere che sfocia nell’autodeificazione (si pensi alla megalomania, ai deliri religiosi che sovente accompagnano i casi più gravi, o a fenomeni storici di paranoia collettiva come gli attuali fanatismi dell’Isis, in cui in nome dell’onnipotenza del proprio pensiero si esercita sugli altri diritto di vita o di morte).
Scrive Liz Greene: “Plutone è il grande e divino equilibratore dell’hubris. Senza di esso l’uomo crederebbe di essere lui stesso Dio” .
Il pericolo del letteralismo consiste in ultima analisi proprio in questo.
La poesia come antidoto alla paranoia
Se la paranoia, come sottolinea Hillman, rappresenta un cortocircuito nel dialogo fra il Sé, che si esprime simbolicamente, e l’Io che interpreta alla lettera i segni estromettendo la possibilità di dubbio, contraddizione, ambiguità, indicibile, sarà tornando a dare spazio alla valenza simbolica della rivelazione, al suo non darsi mai per intero, mai alla lettera appunto, che potremo individuare una via di guarigione per l’anima.
Per Hillman è Mercurio la possibilità di salvezza dalla paranoia, in quanto il dio dell’inganno non consente letteralismi, ama il bizzarro, lo scherzo, il lapsus, incarna “lo spirito di umorismo del divino”, la sua imprevedibilità e imprendibilità. Hermes è il dio della poesia, la forza immaginativa dell’anima che conduce i messaggi: così come l’umorismo traspone il significato, la poesia lo spiazza “impedendo così l’imprigionomento nel testo della rivelazione” . E non a caso nel mito Mercurio si pone come unico interlocutore di Plutone, lo psicopompo che può scendere nelle profondità infere e risalire senza rimanerne offeso: egli può frequentare gli spazi del Nascosto e trarne in superficie i messaggi, poiché la sua modalità di consegna è appunto ‘ermetica’, mai letterale, ambigua per definizione.
Altri psicoanalisti di scuola freudiana pervengono a una simile soluzione, indicando come antidoto alla paranoia l’integrazione del femminile:
“Cos’è questo femminile che spaventa tanto e che la paranoia rigetta? Freud in Analisi terminabile e interminabile (1937) chiama “rifiuto della femminilità” sia l’invidia del pene per la donna sia la ribellione verso la propria impostazione passiva per l’uomo. “Questo tratto così sorprendente della vita psichica umana” (533) è la metafora stessa del limite: limite all’analizzabilità, limite della capacità di conoscenza di noi stessi (Semi, 2006), limite delle nostre teorie, limite della natura umana. Questo limite è dunque il “femminile”, una sorta di “ombelico del sogno”, punto di indecidibilità, di insaturo, di attesa, di parola sospesa.”
Il femminile come aspetto antitetico e sfuggente a ciò che può essere pronunciato con certezza, limite dell’umana conoscenza, parola sospesa come ogni parola poetica.
Vengono in mente gli scritti di un grande autore, Giacomo Leopardi, la cui avversione per i sistemi di pensiero in cui tutto si tiene, sfocia in un’opera massimamente antisistemica come lo Zibaldone di pensieri:
«La nostra ragione non può assolutamente trovare il vero se non dubitando; ella si allontana dal vero ogni volta che giudica con certezza; e non solo il dubbio giova a scoprire il vero, ma il vero consiste essenzialmente nel dubbio, e chi dubita sa, e sa il più che si possa sapere.» (Leopardi, Zibaldone di pensieri , Garzanti, Milano, 1991, p.1655).
Il poeta degli “interminati spazi”, amante della notte e delle sue creature, autore di una lirica intensamente plutoniana come La Ginestra, che nello Zibaldone sosteneva l’importanza in poesia dell’indistinto e della profondità; questo grandissimo pensatore e poeta lirico, aveva il Sole in Cancro congiunto a Saturno nell’ottava casa, a formare un grande trigono con Plutone in Pesci nella quarta e con Nettuno all’Ac Scorpione.
Astrologia e paranoia
L’astrologia è uno di quei sistemi di pensiero, come ben sappiamo, ad alto rischio paranoico, quando si irrigidisce nel letteralismo e pretende di interpretare i segni senza quell’ariosità mercuriale in grado di guidarne saggiamente la mano. E d’altronde un Plutone importante è spesso implicato nei temi natali degli astrologi.
Non bisogna poi negarsi che spesso i consultanti si rivolgono essi stessi all’astrologo incalzati da pensieri paranoidi, sotto la pressione di una minaccia di distruzione che si presenta loro nelle vesti, spesso plutoniane, della depressione, della perdita, dello smarrimento di senso e di speranza. C’è una forte richiesta di ricevere in questi casi una risposta certa dall’astrologo, una domanda di chiarificazione definitiva (e spesso di rassicurazione e consolazione) che proviene dal fondo doloroso di un’anima caduta nella propria tenebra. Se l’astrologo risponde a questa richiesta confidando troppo nelle proprie capacità interpretative e cadendo nell’equivoco che il sistema conoscitivo offertogli dall’astrologia significhi anziché simboleggiare la verità del consultante, egli si pone di fronte al Nascosto in un’attitudine paranoide, e dunque dannosa.
Attenendosi alle intuizioni di Hillman e al nostro femminile, sarà allora forse più importante porgere ascolto che interpretare, evocare le immagini fidandosi dell’autonomo potere catartico del simbolo, piuttosto che inchiodarle a un dettato troppo definito, favorire l’accesso a una pluralità di possibilità, anziché fissare il consultante a un preciso significato o destino. Non si tratta di essere reticenti, perchè essere reticenti presupporrebbe conoscere le risposte e non darle; piuttosto, come ci ricorda Leopardi, sapere di non sapere, essere pervasi dal dubbio e dunque portatori di una “parola sospesa” perché tesa alla ricerca della verità, non alla sua asseverazione.
Insomma, si tratta forse sempre di più di imparare a fare astrologia come si farebbe poesia.