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    GLI ARTICOLI DI ERIDANOSCHOOL
- Astrologia e dintorni

BEN ANCORATI ALLA TERRA.
     a cura di Alessandro Besana
 
Ben ancorati alla terra.
Isaac Newton ritratto da Godfrey Kneller (1689)

«Se ho fatto qualche scoperta di valore, ciò è dovuto più ad un'attenzione paziente che a qualsiasi altro talento.»


Breve biografia

Fisico e matematico tra i più grandi di ogni tempo. Ha dimostrato la natura composita della luce bianca, ha codificato le leggi della dinamica, ha scoperto la legge della gravitazione universale ponendo le basi della meccanica celeste ed ha creato il calcolo differenziale ed integrale. Nato orfano di padre il 25 Dicembre 1642 in Woolsthorpe, nel Lincolnshire, sua madre si risposa con il rettore di una parrocchia, lasciando poi il figlio sotto le cure della nonna.
E' solo un bambino quando il suo paese diviene teatro di una battaglia legata alla guerra civile, nella quale dissensi religiosi e ribellione politica dividono la popolazione inglese.
Dopo un'educazione rudimentale nella scuola locale, viene spedito all'età di dodici anni alla King's School di Grantham, dove trova alloggio nella casa di un farmacista di nome Clark. Ed è proprio grazie alla figliastra di Clark se il futuro biografo di Newton, William Stukeley, potrà ricostruire molti anni dopo alcune caratteristiche del giovane Isaac, come il suo interesse per il laboratorio di chimica del padre di lei, le sue corse dietro ai topi nel mulino a vento, i giochi con la "lanterna mobile", la meridiana e le invenzioni meccaniche che Isaac costruiva per divertire la graziosa amica. Malgrado poi la figliastra di Clark sposi successivamente un'altra persona (mentre lui rimane celibe a vita), fu comunque una delle persone per cui Isaac proverà sempre una sorta di romantico attaccamento.

Alla sua nascita, Newton è l'erede legittimo di una modesta eredità legata alla fattoria che avrebbe dovuto cominciare ad amministrare una volta divenuto maggiorenne. Sfortunatamente, durante il periodo di prova alla King's School, diviene chiaro che l'agricoltura e la pastorizia non sono proprio il suo mestiere. Così, nel 1661, all'età di 19 anni, entra al Trinity College di Cambridge.
Dopo aver ricevuto la laurea di baccellierato nel 1665 un'epidemia provoca la chiusura dell'università. Torna allora a Woolsthorpe per 18 mesi (dal 1666 al 1667), durante i quali non solo effettua degli esperimenti fondamentali e getta le basi teoriche di tutti i seguenti lavori sulla gravitazione e sull'ottica ma, sviluppa anche il suo personale sistema di calcolo.
La storia che l'idea della gravitazione universale gli sia stata suggerita dalla caduta di una mela sembrerebbe fra l'altro autentica. Stukeley, ad esempio, riporta di averla ascoltata da Newton stesso.

Tornando a Cambridge nel 1667, Newton completa velocemente la sua tesi di master e prosegue intensamente l'elaborazione di un lavoro iniziato a Woolsthorpe. Il suo professore di matematica, Isaac Barrow, è il primo a riconoscere l'inusuale abilità di Newton in materia e, quando nel 1669, abbandona il suo incarico per dedicarsi alla teologia, raccomanda il suo pupillo come successore. Newton diventa così professore di matematica all'età di 27 anni, rimanendo al Trinity College per altri 27 con quel ruolo.
Grazie alla sua prodigiosa ed eclettica mente ha modo di fare anche esperienza politica, precisamente come deputato al Parlamento di Londra, tanto che nel 1695 ottiene la carica di ispettore della Zecca di Londra. L'opera più importante di questo matematico e scienziato sono i "Philosophiae naturalis principia mathematica", autentico immortale capolavoro, nel quale espone i risultati delle sue indagini meccaniche e astronomiche, oltre a gettare le basi del calcolo infinitesimale, ancora oggi di importanza indiscussa. Tra gli altri lavori si annovera "Optik", studio in cui sostiene la famosa teoria corpuscolare della luce e "Arithmetica universalis e Methodus fluxionum et serierum infinitarum" pubblicato postumo nel 1736.

Newton muore il 31 marzo 1727 seguito da grandissimi onori. Sepolto nell'abbazia di Westminster, sulla sua tomba vengono incise queste altisonanti e commoventi le parole: "Sibi gratulentur mortales tale tantumque exstitisse humani generis decus" (si rallegrino i mortali perché è esistito un tale e così grande onore del genere umano).


Un orfano venuto al mondo il giorno di Natale.

Hanna Ayscough Newton era furente. Non c’è gestante che non si auguri un travaglio ed un parto tranquillo: il che non significa indolore in quanto non sarebbe realistico aspettarselo bensì rilassato e sereno.
Hanna era in collera con suo marito Isaac il quale era partito sui due piedi per correre in aiuto di re Carlo I lasciando lei sola, e per di più incinta. Il re era stato cacciato da Londra dalla folla inferocita di rivoltosi e da un parlamento ostile e assetato di potere. Carlo I aveva cercato rifugio a Nottingham, a una cinquantina di chilometri da Woolsthorpe, dove abitava la famiglia Newton, e da lì aveva appena dichiarato guerra. Questa era una dichiarazione di guerra civile, che vedeva i membri di una stessa famiglia gli uni contro gli altri. Apparentemente si trattava di un conflitto per stabilire chi avrebbe regnato sul Paese, se il re o il Parlamento; in realtà, si rivelò un confronto tra cielo e terra. “Il motivo della disputa tra il partito del re e noi”, dichiararono i sostenitori del parlamento, “consisteva nel decidere se il sovrano avrebbe dovuto regnare come un Dio a proprio talento…o se il popolo doveva essere governato da leggi create dal popolo stesso.” In risposta a questa sollevazione, re Carlo aveva abbandonato il suo castello, organizzando a Nottingham un esercito lealista con cui adesso si stava dirigendo alla volta di Londra. Nonostante l’esercito fosse ben equipaggiato e agguerrito, la prima grande battaglia contro le forze parlamentari si concluse, senza vincitori né vinti, con ben cinquemila caduti. Tra questi ultimi ci fu anche Isaac Newton.
Quando giunse la tragica notizia Hanna era incinta e prossima al parto. Pur comprendendo e rispettando l’importanza della guerra sostenuta dal re contro le forze parlamentari, era straziata ora dalla rabbia, ora dal dolore per aver perso il marito che, cadendo in battaglia, lasciava orfano il nascituro. L’unica cosa che la consolava era la credenza degli abitanti del villaggio secondo cui i figli nati dopo la morte di uno dei genitori erano dotati di particolari capacità taumaturgiche, nonché da una buona dose di fortuna. Si fece ancor più coraggio quando dette alla luce il bambino il 25 Dicembre: un orfano venuto al mondo il giorno di Natale, proclamarono i compaesani, era sicuramente destinato a diventare una persona straordinaria. Ma non appena vide il neonato, cui aveva dato lo stesso nome del padre defunto, che in ebraico significa Dio ti sorride, Hanna cominciò a temere che le felici previsioni fossero azzardate. Il piccolo era nato prematuro di alcune settimane, era uno scriccioletto e tutto induceva a credere che non sarebbe sopravvissuto. Ma si sbagliavano. Col passare dei giorni, il piccolo Isaac si attaccava alla vita con un impeto sempre crescente, dimostrando una cocciutaggine e una forza di volontà eccezionali: da vero capricorno. E non fu nemmeno indenne dai problemi di salute legati a Saturno: nei primi anni di vita, il piccolo Newton era tanto debole da dover indossare un collare ortopedico per tenere dritta la testa.
Il tema natale di Newton evidenzia un sole congiunto all’Imum Coeli in quarta casa: la quarta Casa è quella dove ci ritiriamo in noi stessi, il centro interiore in cui il nostro “Io” trova la base operativa dalla quale affronta l’esistenza. Per tale motivo è tradizionalmente associata col focolare domestico, con le proprie radici. Qui la madre gioca un ruolo importantissimo, specialmente nei primi anni di vita perché ispiratrice di fiducia e sicurezza. Ora, Saturno nella IV o il Capricorno nell’IC a volte indicano un’atmosfera domestica percepita come fredda, restrittiva o priva di affetto, oppure una madre assente o non del tutto presente fisicamente o affettivamente.


Il difficile rapporto con la madre.

Quando Isaac aveva appena due anni, la madre ricevette una proposta di matrimonio dal reverendo Barnabas Smith, un vedovo benestante di sessantatre anni di North Witham, una cittadina a poco più di un chilometro da Woolsthorpe. Hanna decise di accettare la proposta e si trasferì a North Witham senza il figlio, che affidò alle cure della propria madre. Già in circostanze normali essere abbandonati in così tenera età sarebbe stato traumatico, ma tutto questo avveniva nel 1645, mentre in Inghilterra la guerra civile infuriava ovunque. Woolsthorpe, inizialmente sotto la protezione del re, era stata occupata dalle forze parlamentari. Ogni settimana echeggiavano le fucilate delle scaramucce combattute nei dintorni. Tutta questa confusione spaventava il piccolo, gracile Newton; per di più quando egli piangeva e cercava la consolazione della madre, non la trovava.
Nel 1649 Newton cominciò ad andare a scuola. Da sempre di salute cagionevole, il bambino aveva paura di prendere parte ai giochi violenti organizzati dagli altri ragazzi e quindi si teneva in disparte. In quello stesso anno, Isaac rimase ancora più sconcertato quando in paese arrivò la notizia che il parlamento, dominato dai puritani e guidato da Oliver Cromwell, aveva sconfitto l’esercito reale; addirittura re Carlo era stato decapitato. Con il passare degli anni, il giovane Newton aveva concepito un affetto filiale per quel sovrano fanfarone, ed era fermamente convinto che un giorno quel presunto sostituto del padre sarebbe accorso per salvare lui e il villaggio dalla furia dei malvagi partigiani del parlamento.
La luna di Newton si trova in Pesci, pianeta focale di un quadrato a T, tra Nettuno e Plutone, non ci sorprende quindi il rapporto sicuramente difficile con la madre e la sua emotività fragile impregnata da sentimenti salvifici. L’innata vulnerabilità psicologica è ben visibile anche dall’espressione dei suoi occhi ritratti da Godfrey Kneller (1689). Coloro che possiedono questa posizione planetaria sono persone estremamente sensibili e ricettive. Per alcuni possono essere necessari periodi di ritiro per ristabilire la pace e l’equilibrio interiori. Lo stesso Newton sentiva questo bisogno e così prese l’abitudine di isolarsi dal caos circostante per abbandonarsi sempre più alle proprie riflessioni. Trovò luoghi appartati in cui rimaneva seduto per ore, non tanto a osservare la natura che lo circondava quanto piuttosto a immergersi in essa. Il giovane Isaac scoprì così che, concentrandosi totalmente sui minimi dettagli dell’ambiente circostante, sarebbe riuscito a dimenticare le proprie sventure, scoprendo novità interessanti sulla natura. Notò ad esempio che l’arcobaleno ha sempre gli stessi colori, che Venere si sposta più velocemente di Giove nel cielo notturno e che i bambini, giocando al girotondo si inclinano sempre un po’ all’indietro, come attratti da una forza invisibile.
Dicevamo poco sopra dei rapporti difficili di Newton con la propria Madre. Ebbene, non aveva ancora compiuto sette anni quando la madre tornò con alcuni bambini sconosciuti. Il reverendo Barnabas era venuto a mancare, ma non prima di aver generato tre figli, uno dei quali di pochi mesi. Anche adesso che sua madre era tornata, pensava Newton con rabbia e inquietudine, lui non avrebbe potuto godersi tutto il suo amore e la sua attenzione. Nei primi mesi dopo il suo ritorno a casa, la signora Newton-Smith cercò di spiegare al figlio in collera che aveva sposato il vecchio pastore soltanto per garantirsi una solida sicurezza economica. Gli spiegò che il pastore di North Witham aveva pagato i lavori di restauro e ampliamento della proprietà dei Newton e aveva lasciato in eredità proprio a lui, Isaac, un vasto podere. Niente di quello che sua madre gli raccontava avrebbe però potuto mitigare la sua amarezza per essere stato abbandonato. Isaac odiava la madre e spesso aveva sognato di dare fuoco a lei e al suo secondo marito.
Effettivamente la luna quadrata a Plutone offre spunti omicidi o di violenza nei confronti della propria madre e più in generale verso la figura femminile, spunti che possono essere tranquillamente espressi attraverso la fantasia o sublimati in relazioni molto passionali, dove passione ha il significato di patire. E’ ovvio che non ci si sente a proprio agio con tali sentimenti, perché se noi dovessimo mettere in pratica questi impulsi, potremmo distruggere le stesse persone che amiamo, potremmo spazzare via persone per assicurarci la nostra sopravvivenza. Chi ha Luna Plutone deve fare i conti con la tensione intrinseca a tale ambivalenza. Amore e odio vanno a braccetto in una relazione intima. Più si ama qualcuno, più la propria felicità e realizzazione dipendono da lui. Perciò, se l’altro ti delude, il rischio è di incamerare rabbia e di prendersela per il semplice fatto che esercita un potere molto forte su di noi.
Con la quadratura di Plutone sulla propria Luna Isaac deve aver colto il lato controllante e manipolatorio della propria madre, tendente a fargli fare quello che voleva. Gli ha negato la fiducia di base per potersi aprire al prossimo e poter comunicare i propri sentimenti. Ecco forse l’origine della sua irascibilità e della sua insofferenza nonché l’incapacità di accettare alcun legame stretto.
Così negli anni successivi, mentre la guerra civile tra sovrano e sostenitori del parlamento aveva termine ne scoppiava un’altra tra madre e figlio. Alla fine, l’unica cosa che fece cessare questo scontro fu una separazione forzata: stavolta però fu il giovane Isaac a lasciare la madre. Per il dodicenne Newton era giunto il momento di frequentare la scuola superiore a Grantham, a circa dodici chilometri di distanza. Visto che era troppo lontana per poterla raggiungere a piedi, la madre aveva già preso accordi per farlo alloggiare presso i Clarke, vecchi amici dei Newton.


Iniziazione al mondo delle idee.

La famiglia Clarke spesso invitava ospiti di una certa cultura; l’intelletto di Isaac poteva quindi essere adeguatamente stimolato. Ma la cosa più stupefacente era la vasta collezione di libri nella soffitta del signor Clarke. Quello era il vero eremo, il santuario ideale, pensava Newton estasiato, mentre seguitava a immergersi in tutte le materie della scibile umano. Finalmente quel curioso, brillante e versatile mercurio in terza casa in Sagittario poteva trovare pane per i suoi denti.
Sia i libri sia gli ospiti dei Clarke ebbero l’effetto benefico di iniziare quel fanciullo introverso a un mondo di spiriti a lui affini: il francese Renè Descartes, autore di una teoria sui colori ricorrenti dell’arcobaleno, il tedesco Giovanni Keplero, scopritore della teoria secondo cui un pianeta si sposta tanto più lentamente quanto più è lontano dal sole; e infine l’olandese Christiaan Huygens, che diede il nome di forza centrifuga al fenomeno del girotondo osservato da Newton alcuni anni prima. In questo periodo trascurò un po’ troppo gli studi scolastici tanto era preso dalla sua nuova famiglia adottiva di intellettuali. Per giunta si era invaghito della graziosa e gentile figliastra del signor Clarke, Katherine, sebbene la sua timidezza gli impedisse di esprimere i propri sentimenti, tranne che attraverso il mobilio in miniatura che le costruiva. Ed è proprio grazie alla figliastra di Clark se il futuro biografo di Newton, William Stukeley, potrà ricostruire molti anni dopo alcune caratteristiche del giovane Isaac, come il suo interesse per il laboratorio di chimica del padre di lei, le sue corse dietro ai topi nel mulino a vento, i giochi con la "lanterna mobile", la meridiana e le invenzioni meccaniche che Isaac costruiva per divertire la graziosa amica. Malgrado poi la figliastra di Clark sposi successivamente un'altra persona (mentre lui rimane celibe a vita), fu comunque una delle persone per cui Isaac proverà sempre una sorta di romantico attaccamento.
Grazie alle entusiastiche raccomandazioni del reverendo Ayscough e del signor Stokes, oltre ai suoi meriti personali, il giovane Newton fu immediatamente ammesso al Trinity College: il collegio più illustre di tutta l’Università di Cambridge. La signora Newton-Smith era abbastanza ricca da provvedere agevolmente all’istruzione del figlio; ciononostante aveva deciso di negargli il proprio aiuto, tanto che Isaac finì classificato tra i subsizer. Questo era l’appellativo con cui venivano chiamati gli studenti poveri che si mantenevano gli studi lavorando come domestici part-time al servizio di altri studenti finanziati invece dai genitori. Perciò ancora una volta, Newton si ritrovò deriso dai suoi pari che si sentivano superiori a lui; per la verità, sarebbe stato più agevole sostenere l’umiliazione se nel suo intimo Newton stesso non si fosse sentito inferiore e indesiderato.
A livello astrologico la luna in pesci pianeta focale di un quadrato a T sottopone Newton a tutta una serie di problemi emotivi originati da conflitti con la madre. Di certo l’ultrasensibilità alle reazioni esterne e la tendenza a ritirarsi in se stesso e nelle proprie fantasie. Problemi che hanno la loro origine nell’incapacità di abbandonare il bisogno di sicurezza e di protezione data da un rapporto o una vita familiare che garantiscano amore e sostegno; un bisogno però che Newton ha sempre visto frustrato e non riconosciuto da una madre austera e manipolatrice.
Senza accorgersene, il giovane tornò alle vecchie abitudini. Appena era libero dalle lezioni, dai servizi religiosi e dalle sue mansioni di domestico, l’insicuro ragazzo prodigio di Woolsthorpe si sprofondava nei dettagli del mondo naturale. Cominciò a fare esperimenti sul cuore di un’anguilla per capire l’origine del battito sincronico o sui propri occhi nella speranza di capire esattamente come fanno gli esseri umani a percepire luci e colori. Tutte le osservazioni venivano scrupolosamente annotate sui suoi taccuini, che si portava appresso ovunque, denotando l’intensità della sua concentrazione e la sua illimitata curiosità. “Della luce e del colore”; “Della gravità”; “Di Dio”: questi erano i semplici titoli delle speculazioni intraprese dall’eccentrico ragazzo, ed erano i sintomi di una fame inesauribile concepita da una mente originale e geniale.


Il tonfo di una mela.

Se non che, nel 1665, accadde un fatto imprevisto: giunse a Cambridge la notizia che la terribile piaga della peste aveva colpito Londra costringendo gli abitanti a rifugiarsi nelle più sicure campagne. Nonostante Cambridge si trovasse a oltre settanta chilometri di distanza, le autorità decisero di chiudere l’università sperando in tal modo di evitare che si ripetesse un evento del passato: nel XIV secolo, la Peste Nera si era diffusa come un vento di morte per tutta l’Europa trasformando Cambridge in una città fantasma. Newton tornò a Woolsthorpe; anche la presenza della madre era preferibile al rischio di essere uccisi da quella tremenda epidemia.
Mentre le anguste vie di Londra erano percorse dall’isterismo e battute dall’ala della morte, il ventiduenne Isaac passava le sue giornate in giardino cercando di decifrare i particolari di una matematica che un giorno sarebbe stata definita calcolo. Ma più di tutto assaporò la solitudine.
Era sera, una sera d’estate; Newton stava riflettendo seduto su di una panchina quando il tonfo di una mela caduta da un albero poco distante fece sussultare il giovane, distogliendolo dalle sue profonde meditazioni. Nei pochi attimi che gli occorsero per tornare in sé l’orizzonte si fece rosso e comparve lentamente il bordo superiore di un enorme luna piena. L’attenzione si concentrò sulle immagini della mela e della Luna. Si, quella luna che simbolicamente rappresentava per lui non pochi problemi emotivi era lì davanti ai suoi occhi imponente nel suo lento sorgere. Perché le mele cadono perpendicolarmente sulla superficie terrestre, anziché obliquamente o a spirale come aveva supposto Descartes con la sua teoria dei vortici? Che cosa sarebbe accaduto alla mela se fosse partita da un punto più alto: da un miglio, da cento miglia, dall’altezza della Luna? Sarebbe sempre caduta sulla superficie terrestre? Seguendo questo ragionamento, la Luna non subisce la forza gravitazionale della terra? Ma allora perché non cade sulla terra? Non c’era alcun dubbio, ipotizzò Newton: tutto era dovuto al fatto che la forza centrifuga di Huygens trascinava la Luna lontano dalla terra; e se le due forze contrapposte si annullavano, forse allora sarebbe stato chiaro perché la Luna riusciva a rimanere all’infinito nella sua orbita a girotondo. Inoltre, se questa è la forza che agisce tra Terra e Luna perché non applicarla ai pianeti che ruotano attorno al Sole. L’attrazione terrestre, infatti, esisterebbe a qualsiasi distanza, anche la più remota che si possa immaginare. La sua energia non si esaurisce mai del tutto; solo, s’indebolisce man mano che ci si allontana dalla Terra verso l’infinito.
L’orbita di Saturno segue quindi le stesse leggi che regolano la caduta di un mela! Ecco dove sta la grandezza di Newton: con la teoria della gravitazione aveva formulato delle leggi universali, valide cioè per la terra così come per il cosmo. Si tratterà della più grande rivoluzione da quando la scienza era stata fondata, la fisica terrestre di Galileo era stata unificata con quella celeste di Keplero.
Sarebbero trascorsi oltre vent’anni prima che il mondo sapesse ciò che era successo quella sera. Ci sarebbe voluto tutto quel tempo perché Newton perfezionasse e rendesse pubblici i suoi risultati; ma quando il giorno arrivò, i cieli si abbatterono al suolo con il frastuono assordante di un milione di mele cadenti.


Il regno celeste si dissolve.

Ventitré secoli prima già Platone ammoniva il suo popolo all’impegno nell’apprendere l’origine scientifica del moto e della durata dei corpi celesti. Con grande abilità retorica asseriva l’importanza della conoscenza astronomica: “senza la conoscenza dei cieli una città non sarà mai retta con vera saggezza politica, e la vita umana non potrà mai raggiungere la felicità”. Il Sole, la Luna, le stelle: tutto, secondo loro, funzionava in maniera impeccabile, descrivendo cerchi regolari intorno alla Terra. E fra tutte le curve conosciute, i cerchi erano considerati divini in quanto perfettamente simmetrici, ed erano eterni, non avendo né inizio né fine. Quello che sconcertava gli astronomi erano cinque macchie di luce non brillante che sembravano vagare qua e là, come ubriache, attraverso il cielo notturno. Platone stesso ne era sbigottito; questo comportamento anomalo non era affatto divino, in effetti richiamava alla mente le sfrenate marachelle di Zeus ed Era. Gli astronomi greci cominciarono ben presto a chiamare quelle capricciose divinità pianeti, che in greco significa “vagabondi”. Mentre gli altri corpi celesti sembravano sfrecciare intorno seguendo orbite immaginarie, spiegavano Platone e i suoi adepti, i pianeti si spostavano assai più liberamente sopra la superficie di sfere immaginarie. Visto che tali sfere erano simmetriche ed eterne esattamente come orbite il moto planetario non era meno divino del moto della Luna e delle stelle. Aristotele continuò la diffusione delle idee platoniche teorizzando l’esistenza di due regni ben distinti. Uno comprendeva la Terra e la sua atmosfera; al di là, dalla Luna in avanti, c’era quello celeste. Il regno terrestre era corruttibile e mutevole perché la quaterna di elementi basilari (terra, fuoco, aria, acqua) e il loro dover sottostare a quattro qualità (freddo, caldo, secco, umido) erano già di per sé mutevoli e corruttibili.
Inoltre, spiegava Aristotele, tutti e quattro gli elementi terreni tendevano a spostarsi in linea retta: la terra e l’acqua si spostavano in linea retta verso il basso mostrando la loro gravità; all’opposto aria e fuoco sembravano possedere una leggerezza innata, preferendo sempre muoversi in linea retta verso l’alto. Qualità queste che hanno una sorprendente affinità simbolica con i temperamenti associati agli elementi astrologici.
Il regno celeste era tutt’altra cosa. Esso era composto da un quinto elemento di base: l’Etere. Questa materia miracolosa si poteva manifestare sotto varie forme, immaginava Aristotele, dando vita a qualsiasi massa celeste, dal Sole alla Luna, dalle stelle ai pianeti, fino a una rete ben intrecciata di sfere in movimento sopra le cui invisibili superfici ruotavano i corpi celesti con le loro esattissime orbite. A differenza dei quattro elementi terreni l’Etere era inalterabile e incorruttibile. Platone aveva avvicinato religione e scienza, Aristotele le aveva sposate fra loro nel più affettuoso e stabile dei matrimoni. “Lo studio che ci occorre per approdare alla vera religiosità” aveva affermato Platone, “è l’astronomia”. Da parte sua la scienza dipingeva un’immagine perfetta del cielo e avvalorava l’esistenza di una divinità suprema. Dall’altro lato, la religione contribuiva ad ampliare il raggio d’azione della scienza, accrescendone la reputazione.
Nel 1543 il teologo polacco Niccolò Copernico scatenò una rivoluzione scientifico-religiosa esortando all’abbandono delle concezioni aristoteliche: secondo le sue teorie, il Sole, e non la Terra, era il centro dell’Universo.
Dal punto di vista scientifico, i detrattori sottolinearono come non si avesse nessuna sensazione del moto della Terra; se questa ruotasse effettivamente intorno al Sole girando contemporaneamente sul proprio asse, si determinerebbero fenomeni evidenti. Alcuni astronomi ipotizzarono addirittura che tutto sarebbe stato spazzato via dalla superficie terrestre, proprio come le goccioline d’acqua schizzano via da una ruota bagnata.
Negli anni successivi, dopo che si ebbe l’avvistamento dell’esplosione di una stella e quello più sorprendente di una cometa che sorvolava al di là della luna, la scienza cominciò a valutare l’ipotesi che Aristotele si fosse sbagliato. Egli aveva sostenuto, e tutti gli avevano creduto, che le comete erano provocate da perturbazioni di fuoco all’interno dell’atmosfera terrestre, a un’altezza non molto superiore a quella delle normali nuvole. Era inimmaginabile che una cometa potesse scorrazzare per i cieli al di là della Luna. Arrivarono poi le scoperte di Keplero e di Galileo che avvalorarono l’ipotesi eliocentrica di Copernico. Dissolvendo il regno celeste, la scienza stava dunque minacciando di depredare la religione di quel potere e di quel fascino misteriosi che le erano sempre derivati dall’essere collegata con la maestosa grandezza divina. Negli anni a venire, Newton avrebbe constatato il crescente allontanamento tra scienza e religione, in seguito ne avrebbe decretato la separazione. Demolendo l’idea di un universo separato, rigidamente suddiviso in due regni, la rivoluzione scientifica di Newton annientò quella avviata duemila anni prima da Platone.


Crollano le difese.

Passata la peste Newton ritornò nella sua università. A soli 27 anni diventa professore di matematica al posto di Barrow. Quando presentò la prima parte del suo “Principia”, il libro in cui sono contenute le sue rivoluzionarie scoperte, viene acclamato come un genio. La sua fama varca i confini dell’Inghilterra, e in pochi anni diventa la più importante personalità scientifica in Europa. E’ un mito vivente della scienza, paragonabile a un Einstein del nostro secolo.
Dire che Woolsthorpe andava orgogliosa del suo figlio più illustre sarebbe un grottesco sminuire la realtà; il piccolo villaggio a dir poco lo venerava, e si attribuiva il merito di averne pronosticato il successo; quel ragazzo, orfano di padre e nato il giorno di Natale, era ormai un professore di prim’ordine, un cattedratico alla facoltà di filosofia naturale dell’Università di Cambridge.
Era considerato un genio, un mostro d’intelligenza; eppure, a trentasei anni compiuti mentre si avvicinava alla casa padronale per stare accanto alla madre gravemente malata, tremava come un bambino. Isaac aveva un’aria stravolta e macilenta. In quei quindici anni di assenza aveva contratto un grave esaurimento da cui doveva ancora riprendersi del tutto. Il crollo era stato innescato dal troppo lavoro e aggravato da un affaticamento emotivo cui non erano estranei i suoi continui diverbi con i colleghi. Entrando nella stanza della madre vide che questa aveva il volto livido e parlava con grande fatica, anche se riuscì ad accennare ad un debole sorriso di saluto. A quella vista Newton si commosse: aveva provato tanto odio per lei, ma adesso, di fronte alla sua estrema vulnerabilità, alla sua mortalità così evidente, qualcosa nel suo cuore si addolcì. Non dimentichiamoci che il Sole dell’illustre professore di Cambridge era pur sempre in Capricorno. Cosa poteva fare, se non rimuovere e seppellire sotto terra tutti quei sentimenti dolorosi, frustranti e ambivalenti riguardanti la madre che amava e nello stesso tempo odiava. Quale miglior sistema di difesa può avergli suggerito Saturno se non quello dell’evitamento e dell’irrigidimento. Ora, al capezzale della madre malata crollarono tutte le barriere disvelando un amore filiale tenero e inespresso. Era stato insolente con lei, addirittura crudele, ma ormai era acqua passata, il suo unico desiderio era dimostrarle quanto l’aveva sempre amata, e quanto aveva desiderato che lei lo ricambiasse. Newton la curò con tale amore somministrandole personalmente i medicinali e applicando la sua abilità manuale nella medicazione. Nel giro di qualche settimana la madre morì e fu sepolta nel cimitero del villaggio. Forse aveva cambiato atteggiamento troppo tardi, ma almeno era riuscito a ritrovare quell’amore filiale nei confronti della madre che anche astrologicamente parlando rivestiva un importanza non indifferente nel tema di Newton: Sole in quarta casa e Luna in pesci quadrata a Nettuno e a Plutone pianeta focale di un quadrato a T.


Dalla terra verso il divino.

In pesci troviamo anche Saturno: il governatore del suo segno e Giove. Indubbiamente l’energia creativa, romantica, spirituale e visionaria del segno dei pesci deve aver contribuito non poco all’ingegno di Newton che, non solo seppe andare oltre, unificando i regni terrestre e celeste ma, maturò anche una dimensione profondamente religiosa e metafisica della realtà. Newton cercava un contatto col divino. Ne cercava le azioni e gli effetti nel mondo della natura, nel nostro mondo. Le sue grandi scoperte di fisica, matematica, ottica, astronomia, il suo capolavoro scientifico, i “Princìpi Matematici”, con l’introduzione del concetto di forza, in particolare di forza gravitazionale, la sua rivelazione di una legge di attrazione universale che spiegava e giustificava il moto dei pianeti e di tutti i corpi celesti, non furono per lui che sottoprodotti relativamente poco importanti di una ricerca diversa, più rilevante e più elevata. La ricerca di Dio.
Così questo capricorno che ha trovato la legge che ci fa stare coi piedi per terra, utilizzando tra l’altro un metodo rigorosamente scientifico, fatto di osservazione e controllo, come lui stesso ammette: “Se ho fatto qualche scoperta di valore, ciò è dovuto più ad un'attenzione paziente che a qualsiasi altro talento” aveva in realtà come oggetto la fusione con l’Assoluto.
Insomma, secondo Newton, Aristotele sbagliava a credere in un Dio relegato in un regno celeste separato dalla Terra. Ed era altrettanto sbagliato credere che a causa dell’inesorabile “corruzione” gravitazionale di quel regno così perfetto Dio fosse stato estromesso dall’Universo. Al contrario, il Creatore era presente, e sempre lo sarebbe stato, in ogni punto della sua creazione. “Egli è l’Essere eterno e infinito; onnipotente e onnisciente; la Sua esistenza si estende di eternità in eternità; la sua presenza, da infinito a infinito”, aveva sostenuto con passione il vecchio scienziato naturale.

A restituirci quest’immagine mistica e spirituale, un po’ diversa rispetto a quella comunemente associata a Newton di un freddo pensatore, scienziato razionale, definito positivista ante litteram è stata la scoperta, ai primi del novecento, di molte testimonianze, tenute riservate per secoli con estrema cura dai suoi discendenti.
Si tratta di una mole impressionate di manoscritti, che comprendevano studi di alchimia, appunti di laboratorio, letture e interpretazioni cabalistiche ed eterodosse della Bibbia, ed altri scritti, altrettanto imbarazzanti. Lo studio di questi documenti ci ha permesso di cogliere compiutamente il personaggio Newton nella sua effettiva profondità e nelle spinte interiori che lo avevano condotto e guidato su un cammino così eccezionale, tanto estraneo alla sua ben nota e riconosciuta attività scientifica.
Con l’aiuto dell’astrologia abbiamo potuto ricostruire un’immagine più umana e forse più autentica di Newton che ben si accorda con le considerazioni fatte da studiosi dopo la pubblicazione dei suoi studi esoterici. La nuova immagine è quella di un uomo con forti valori pesci emotivamente fragile, timido, arrabbiato con la propria madre per tutte le angherie subite e soggetto a forti esaurimenti nervosi. Ma anche quella di un uomo che ha saputo andare oltre, che ha unificato i due regni: terrestre e celeste, precedentemente tenuti separati e distinti. L’immagine di uomo sensibile che ha cercato nella sublimazione con il Tutto, con l’Assoluto quell’amore che non ha trovato tra gli uomini. Newton ha ampliato i confini, ha portato l’influenza della gravitazione terrestre oltre i cieli, oltre la luna, oltre Saturno, ha cercato un contatto con Dio, con il divino.

Ancora un paio di brevi considerazioni: la luna, questo pianeta così rilevante nel tema di Newton, ebbene, è grazie alla sua scoperta, alla legge gravitazionale che il 20 luglio del 1969 oltre 600 milioni di telespettatori ammirarono l’astronave Saturno V posarsi lievemente sulla superficie rocciosa del Mare della Tranuillità e vedere Neil Armstrong passeggiare nel regno celeste.
Con l’equazione di Newton, nel corso degli anni gli astronomi riuscirono a calcorare l’orbita della Luna con una precisione tale che i tecnici della Nasa furono in grado di conoscere la posizione del loro obiettivo in ogni momento.
 

 
 
 
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