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LA RIFLESSOLOGIA “PSICHICA” DI CALLIGARIS: IL LAVORO DI UN GENIALE NEUROLOGO (PARTE 1)
     a cura di Chiara San Giuseppe, Gilberto Sassaro, Marino Lusa
 
LA RIFLESSOLOGIA “PSICHICA” DI CALLIGARIS: il lavoro di un geniale neurologo (parte 1)
"tratto da Medicina Naturale, periodico Accademia nazionale di scienze igenistiche naturali - "G. Galilei" di Trento".

Raccontare chi era il dott. Giuseppe Calligaris e soprattutto in cosa consistano le sue scoperte non è agevole. Occorre innanzitutto calarsi nel contesto della medicina di inizio Novecento e più in generale nella cultura, non solo scientifica, di quel tempo perché Calligaris è soprattutto un uomo del suo tempo, e di esso usa metodologie (quali la radioestesia allora molto in voga anche tra i medici, ma anche la fisica delle onde appena scoperta) e paradigmi, ma quello che scoprì è talmente straordinario, che ancor oggi fa fatica ad affermarsi e ad essere creduto, anche se le conoscenze scientifiche attuali più avanzate gli stanno dando ragione.
Chi avvicinasse – oggi, senza mediazioni - la sua immensa produzione sperimentale relativa alle sue scoperte neuro-riflessologiche, 16 volumi più centinaia di articoli nelle principali riviste mediche del tempo, avrebbe l’impressione di un visionario, colto e raffinato, dotato di grandissima umanità, ma pur sempre visionario, e così venne trattato, anzi bistrattato, dall’accademia ufficiale negli ultimi anni della sua carriera di neurologo.
Carriera medica costellata, peraltro, di successi e raggiungimenti scientifici ben documentati anche dalle sue pubblicazioni come docente di neurologia presso l’Università de La Sapienza di Roma.
Ma andiamo con ordine.
Giuseppe Calligaris, nato a Forni di Sotto il 29 ottobre 1876, in una famiglia di possidenti terrieri per parte di madre, era figlio di un valente medico friulano, che a Udine sul finire del secolo aprì un “Gabinetto idro-elettroterapico” in cui venivano praticate l’idroterapia - così come ancor oggi la insegna la nostra scuola – e tutte quelle innovazioni terapeutiche dovute alla neonata elettricità; vi si curavano soprattutto malattie nervose e del ricambio. Giuseppe Calligaris quasi certamente sulla scorta di questa esperienza paterna si laureò in medicina a Bologna nel 1901 con una tesi intitolata “Il pensiero che guarisce” incentrata sulla capacità risanatrice della suggestione, e in quelle poche e giovanili pagine si può già scorgere qualcosa delle sue future scoperte e cioè che gli organi e le loro funzioni, la totalità del corpo insomma, ha un filo diretto con le emozioni e i pensieri e viceversa, cosa che riuscì a dimostrare nei decenni successivi.
Avviato ad una importante carriera universitaria, conobbe tutti i più grandi medici e scienziati del tempo e grazie alla fiducia che seppe conquistarsi come assistente del prof. Giovanni Mingazzini, neurologo e psichiatra, che deteneva la cattedra di neurologia e clinica delle malattie nervose e mentali all’Università di Roma, potè dedicarsi, oltre che all’insegnamento, ai suoi studi neurologici sulla sensibilità cutanea e le sue anomalie.
Bisogna ricordare che la neurologia e la psichiatria, materie ancora giovani, stavano proprio allora fondando i propri statuti scientifici e terapeutici, in particolar modo lo studio del sistema nervoso e dei suoi riflessi era agli albori, solo allora si cominciava a comprenderne la meraviglia e la complessità. Anche la prima guerra mondiale, con la carneficina che portò con sé, consentì ai giovani medici – Calligaris fu ufficiale medico sul fronte friulano – di seguire da vicino e studiare patologie neurologiche complesse (la sindrome dell’arto fantasma, paralisi, lesioni nervose, oltre che le più svariate patologie mentali ecc.) e di interessarsi ai meccanismi dell’anestesia come supporto alla sempre più praticata chirurgia. Presto però, gli sviluppi della biochimica e i relativi farmaci che ne derivarono misero in secondo piano questa interessante neurologia sperimentale di cui Calligaris si occupava sia a Roma, che nella sua clinica udinese aperta nel 1909.
Ma ormai la strada che gli si era palesata studiando i riflessi del sistema nervoso, e quello che andava scoprendo, la rete di rimandi che – passando per la pelle - governa il corpo umano nella sua interezza di psiche e soma, lo aveva definitivamente conquistato. Tra l’altro i risultati del suo lavoro erano già così avanti che “avrebbero potuto rivoluzionare l’intera scienza medica” se confermati, come si legge in un giornale dell’epoca.

Un po’ di storia della riflessologia

Come abbiamo detto Calligaris lavorava nel campo della sensibilità e dei riflessi cutanei, aderendo agli importanti studi neurologici che solo alla fine dell’Ottocento si poterono sviluppare in Europa, grazie a quel processo conoscitivo causale-analitico della scienza naturale che rese possibile la scoperta di collegamenti nervosi tra interno ed esterno dell'organismo umano. La rilevazione dei riflessi, che da questi collegamenti deriva, costituì la premessa all'individuazione di un ordine anatomico e fisiologico.
E’ importante ricordare che la metodologia scientifica dell’epoca era dominata dall’antagonismo tra l’approccio meccanicista e quello vitalista.
La teoria riduzionista-meccanicista concepiva la natura come un insieme di fenomeni concatenati da leggi deterministiche indirizzate a lasciare le cose immutabili nel tempo. L’organismo, si pensava, lavora essenzialmente come una macchina. Quindi la medicina si interessava agli organi, ai tessuti, alle cellule e alle singole molecole e cercava di comprendere le funzioni dell’intero organismo in base alle sue strutture elementari; i riduzionisti infatti erano convinti che l’attività di un organismo è meramente l’espressione delle sue reazioni chimiche.
La teoria vitalistica, invece, considerava gli esseri viventi come qualcosa di sostanzialmente diverso dalla materia inerte e passiva, ovvero come entità che non si potevano interpretare in modo completo solo in base ai principi della chimica e della fisica. I processi vitali dovevano essere guidati da qualche cosa di specifico, da un principio organizzatore presente solo negli esseri viventi detto “forza vitale” che li indirizzava verso vie prestabilite. Sulla base di queste osservazioni i fautori della filosofia vitalistica, pur non essendo in grado di stabilire in che cosa consistesse questa forza misteriosa, come si originasse e come portasse a compimento la sua opera, tuttavia la consideravano come espressione di un principio superiore. Quest'ultimo, estraneo alle leggi di natura, sarebbe stato tuttavia capace di strutturare gli elementi fondamentali degli organismi viventi in modo che cooperassero alla produzione di un determinato risultato tipico di ciascuna specie animale o vegetale.
Calligaris situa i suoi studi sui riflessi nervosi sulla linea di convergenza tra questi due sistemi e sviluppa un tipo di approccio sperimentale ed un modello teorico integrazionista, la cui applicazione porterà al definitivo superamento della controversia meccanicismo-vitalismo e porterà alla nascita della nuova medicina olistica.
E’ importante notare che nelle medicine orientali la possibilità di condizionare e curare l'organismo partendo da piccoli punti o aree della superficie corporea è sempre stata riconosciuta e praticata da millenni, mentre nel mondo occidentale si è dovuto attendere il raggiungimento dell’approccio neurologico integrazionista, basato sugli studi del vivente e sull’interazione tra cellule nervose. Si sono potuti così inquadrare i concetti di comunicazione e cogliere la specificità stessa del funzionamento del sistema nervoso, procedendo verso una concezione di organismo biologico e psichico come totalità organizzata e non più somma di parti.
Di questo approccio Calligaris è un pioniere; ne farà il suo punto di partenza, la sua base scientifica per approdare alle meravigliose scoperte della sua riflessologia.
Ma vediamo ora in breve quali sono le scoperte dei padri della riflessologia neurologica da cui parte Calligaris.
Il neurologo inglese Henry Head (1893) fu il primo a descrivere i segni riflessi della malattia. Dimostrò come l’organo affetto da malattia, quando le sue funzioni diventano squilibrate, non sia più in grado di manifestare in sé il dolore complessivo ed i recettori del dolore degli organi interni non possano più trasmettere impulsi di dolore alle aree conscie del cervello. Vengono riflessi invece messaggi urgenti di disturbo in determinate zone cutanee relative (dermatomi) ai tessuti subcutanei (sclerotomi) del segmento dal quale provengono e nella stessa area dove il dolore è prima percepito. In queste zone si individuano dei punti più dolorosi che forniscono così una proiezione informativa esterna e vengono definiti come “dolori trasposti” (transferred pains). L’iperestesia di queste zone non è tattile, ma termica e dolorifica ed i confini sono costanti e netti. Head dimostra che queste zone di iperestesia massima non sono in rapporto con l’innervazione radicolare, ma giudica che siano il riflesso cutaneo dei diversi campi midollari. Quindi non si tratta di bande rizomeriche, ma di campi mielomerici. Cioè Head pensò che il midollo fosse decomponibile in tanti segmenti naturali.
Studi più recenti hanno riconosciuto ed avvalorato la tesi di Head. Infatti viene oggi riconosciuto che le vie di riflesso sono efficaci in entrambe le direzioni; ossia le reazioni tra interno ed esterno, si manifestano sia come riflessi viscero-cutanei, sia come cutaneo-viscerali.
Il tracciato di tutti questi riflessi passa sul segmento spinale come punto di distribuzione. In particolari sezioni spinali le sensibili fibre nervose della superficie corporea s'incontrano con quelle degli organi interni. Le afferenze dalla pelle e dagli organi interni portano alle cosiddette “convergenze” (nel sistema nervoso centrale).
Determinate aree cutanee, muscolari, intestinali, vascolari e ossee mediante la connessione degli stessi nervi spinali possono essere delimitate come dermatoma, miotoma, enterotoma, angiotoma e sclerotoma. Bisogna tuttavia tenere presente che le aree segmentali filogeneticamente affini hanno perduto la loro diretta vicinanza. Durante lo sviluppo embrionale si sono avuti spostamenti sempre maggiori, sicché alcuni segmenti agiscono come “distaccati” l'uno dall'altro. Questo meccanismo segmentale spiega non solo le zone di Head, ma anche tutti i fenomeni della riflessologia.
Grazie agli studi di Head il dott. W.H.Fitzgerald (1872-1942) potè intuire l’importante scoperta delle linee o zone therapy che influenzerà tutta la moderna riflessologia.
Egli notò che la pressione su una specifica parte del corpo ha un effetto anestetizzante su un’area relativa.
Sviluppando questa teoria, divise il corpo in dieci zone e dieci linee immaginarie, le cosiddette linee di Fitzgerald, che iniziano dalla testa fino a giungere alle mani e ai piedi (cinque linee sul lato sinistro e cinque su quello destro); nei piedi è possibile tracciare altrettante linee, cinque sul piede sinistro e cinque sul piede destro, corrispondenti a quelle corporee. Inoltre, su ognuno dei piedi si possono tracciare anche tre linee orizzontali, una alla base delle dita, una circa a metà tra le ossa corte e quelle lunghe del piede e, infine, una a livello del calcagno. La sollecitazione dei punti che si trovano lungo le linee si effettua attraverso piccole pressioni che il terapista effettua con i polpastrelli entro una zona delimitata (massaggio zonale).
Le zone di sinistra collegano unicamente le parti del corpo che si trovano a sinistra, e gli organi collocati a destra hanno la loro corrispondenza soltanto nelle zone riflesse del lato destro. Così, un disturbo all'occhio sinistro potrà essere curato massaggiando la zona riflessa del lato sinistro, ossia il terzo dito del piede o il dito medio della mano sinistra.
In sintesi: la sua teoria dimostrava come il sistema nervoso agisca come coordinatore delle varie parti del corpo e come i riflessi siano l’espressione più semplice dell’interazione del sistema nervoso, abilitando l’intero corpo a funzionare verso un unico e specifico scopo definito.

La riflessologia di Calligaris

Da queste scoperte Calligaris sviluppò una serie di geniali intuizioni nell’ambito delle sue ricerche sulla sensibilità cutanea dell’uomo (1908). Praticando l’esame della sensibilità dolorifica con uno spillo faradico in pazienti ammalati di paralisi di varia origine, potè disegnare sul corpo alcune zone rappresentate da linee iperstesiche. Queste zone corrispondevano a quelle dell’innervazione radicolare (distribuzione del dolore dal rachide spinale ai dermatomeri, come secondo Head).
Continuando nella ricerca si accorse come le zone dorsali potevano a loro volta venir suddivise, sempre mediante linee iperstesiche parallele tra loro, in altre zone più strette finchè tutto il tronco appariva segnato da tanti segmenti trasversi e distanti tra loro 10 -12 millimetri.
Seguendo linee di ipersensibilità potè tracciare una serie di linee parallele che scendevano dalle coscie alle ginocchia fino ai piedi. Così fu per le linee dalle spalle giungendo in corrispondenza della linea assiale di ogni dito e quelle vicine si posizionarono negli spazi interdigitali.
Ripetendo la ricerca in senso trasversale, trovò che le linee iperstesiche si potevano suddividere in tanti segmenti, formando anelli distanziati tra loro 10-12 mm.
Disegnando sul torace due linee trasverse e poi sulle stesse, due linee longitudinali, risultò la figura di un quadrato di 12 mm. di lato.
Trovò che il suo centro era iperestesico ed allora ne cercò le diagonali e si accorse che queste proseguivano anche fuori dal quadrato stesso.
Poi divise ancora il quadrato, mediante altre due linee mediane ed intersecantesi, in altri 4 quadrati. A loro volta gli stessi potevano essere ulteriormente suddivisi in altri 4 quadrati aventi 3 mm. di lato che risultavano, con le loro diagonali, fatti ad immagine perfetta del primo in quanto il centro, i loro lati e le diagonali risultavano essere anch’esse iperestesiche. Individuò e verificò lo stesso fenomeno negli anche individui normali e sani.

Calligaris suppose quindi che la cute del corpo umano presenta tutta la sua superficie divisa da linee che seguono 4 direzioni: longitudinale, trasversale, obliqua destra ed obliqua sinistra, che a loro volta formano quadrati che egli chiamò “fondamentali”.
Continuando queste ricerche sui quadrati Calligaris aprirà mondi inaspettati, e finora nascosti, sulla cute dell’uomo.



Successivi sviluppi delle sue ricerche

Quando nel 1929 il Mingazzini suo mentore morì, Calligaris avrebbe potuto ereditarne la cattedra a Roma, ma la morte del padre avvenuta un anno dopo - che lo lasciò unico responsabile della clinica a Udine - e la sua instancabile attività sperimentale lo portarono a rinunciare alla carriera universitaria tenendo solo la libera docenza che gli lasciava più tempo per i suoi studi. In quegli anni aveva pubblicato già più di 40 lavori sulle linee iperestetiche sopra descritte.
E proprio del 1928 è la sua prima importante e incredibile scoperta: scopre infatti che la stimolazione, o la “carica”, come egli la chiamò, della linea assiale di un dito o di una linea interdigitale provoca – in ogni individuo – sempre lo stesso riflesso, e iperestesia, viscerale e, contemporaneamente, genera un sentimento sempre uguale: ossia scopre, sperimenta con costanza e può annunciare, l’esistenza del riflesso cutaneo – viscerale – psichico.
Conscio che questa scoperta nel campo della psiche era di un’importanza capitale la annuncia con emozione in una conferenza tenuta il 21 gennaio 1928 davanti all’Accademia delle Scienze di Udine, che darà poi alle stampe, ricevendo ben pochi consensi se non aperte opposizioni.
Qualche anno dopo, nel 1931, mentre è intento con i suoi assistenti, grazie a dei volontari che si sottopongono ai suoi innumerevoli esperimenti, a sistematizzare la realtà del riflesso cutaneo – viscerale – psichico, durante un’esplorazione cutanea una intelligente e sensibile percipiente lo avverte che sfiorata in un certo punto prova una sensazione strana.
Calligaris, le crede e arresta il polpastrello del medio su quel punto: qualche minuto di “carica” ed ecco che la signora “vede” svolgersi, davanti ai suoi occhi chiusi, uno di quei misteriosissimi ed affascinanti fenomeni che da lì in poi verranno chiamati gli “esperimenti del Calligaris”, cioè la rappresentazione visiva di immagini inerenti all’interno del corpo, al passato, al futuro, ecc.
In quel giorno ebbe luogo una delle più fantastiche scoperte della storia della scienza: si erano disvelate le placche e le loro meraviglie.
Dopo la scoperta della particolare distribuzione della sensibilità cutanea, fatta nei primi anni, dopo la sperimentazione e la sistematizzazione dei rapporti/riflessi cutaneo – viscerale – psichico, le catene e le placche svelano a Calligaris le loro incredibili potenzialità, che condividono con tutta la totalità della cute.
Infatti le placche rappresentano l’elemento anatomo – funzionale attraverso cui tutto l’universo (esseri animati e cose) comunica con l’individuo e questi a sua volta, con tutto l’universo.
La nuova, importantissima scoperta del fenomeno visivo associato alla stimolazione delle linee e delle placche - a cui Calligaris dedicherà gli anni rimanenti della sua vita, tutto il suo tempo, la sua intelligenza ed energia e anche tutto il suo patrimonio – gli permetterà di investigare al di là dei confini del mondo sensibile ossia nella “meta - fisica” così come intesa da Aristotele, cioè “al di là della fisica”, nell’infinitamente piccolo e infinitamente grande, ma pur sempre partendo dal corpo.
Calligaris esplora così, forte di questo potente strumento, molte discipline di cui apre una nuova e più profonda, possiamo dire “occulta” comprensione: pensiamo ai libri dedicati al cancro, alle malattie infettive e a quelle mentali, ma anche all’affascinante e misterioso campo della ricerca psichica – allora molto in voga tra gli scienziati positivisti - con la sua moltitudine di incredibili fenomeni paranormali, a cui dedica parecchi studi ed esperimenti prima, e libri poi, riuscendo a riprodurre a piacimento - grazie alla stimolazione delle placche - gran parte di quei fenomeni metapsichici a cui la scienza non sapeva a dare una spiegazione.
Ma cosa c’è dietro a questa scoperta, come possono avvenire i suoi incredibili esperimenti? Calligaris, da vero uomo di scienza, era un feroce oppositore dello spiritismo, dei cui fenomeni – chiaroveggenza, telepatia, autoscopia, eteroscopia - era peraltro in quanto neurologo un grande conoscitore. E nella scienza ha cercato e ha trovato la spiegazione, come racconta nel suo libro "Telepatia e radio-onde cerebrali":
“… il labirinto delle Catene Lineari del corpo e dello spirito, nel quale mi aggiro da tanti anni, rinchiuso prigioniero insieme con i miei critici, non è altro che un circuito oscillante delle irradiazioni dell'Universo…”.
Il corpo umano è, quindi, costellato da complessi sistemi di linee e placche che costituiscono i punti di contatto con le radiazioni dell’Universo circostante, che viene inteso come un immenso organismo pervaso da molteplici vibrazioni, solo alcune delle quali sono le radiazioni conosciute (elettromagnetiche,ecc).
I punti e le placche presenti sul corpo umano rispecchiano tali vibrazioni, tali pacchetti di informazioni, e si può quindi dire che l’Universo è rappresentato sul corpo dell’uomo: "come in alto, così in basso".
Occorre solo aprire le “porte cutanee” perché ciò che ci circonda possa esprimersi, possa arrivare alla coscienza.
Così spiega il mistero delle placche Edoardo Bratina (1913 - 1999), scienziato e teosofo, fu presidente della Società teosofica italiana fino al 1995, suo allievo, amico e instancabile sostenitore :
“La carica delle placche permette di abolire, per tutta la sua durata, quell’ostacolo che impedisce alla coscienza in stato di veglia, ossia all’IO per esprimersi in termini freudiani, di conoscere quello che avviene nel subcosciente, ossia nell’Es e nel superio. Queste placche ci permettono di conoscere le meravigliose facoltà della nostra psiche e di utilizzarla”.
Ciò che Calligaris ha scoperto può lasciare, a un primo approccio, interdetti e per questo va sottolineata – con forza - l’attitudine fenomenologia della scienza calligariana: partendo, senza pregiudizi, dallo studio dei fenomeni riflessologici indotti dalle sollecitazioni cutanee, avvallati da una rigorosissima pratica sperimentale, intravide e spese la vita a scoprire, delineare e chiarire un ordine, una straordinaria legge di natura.
Quella del Calligaris non è quindi una teoria, frutto di una mente geniale, in cerca di conferme come spesso accade, ma esattamente il contrario.
E grazie alla sua meticolosità nel riportare le modalità di centinaia di esperimenti chiunque può sperimentare e riprodurre a piacere ciò che viene affermato in ogni pagina dei suoi scritti.

(continua)
 

 
 
 
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